t %% %% %% *%%■ %% %% %% %% %% %% %% %% %% %% %% %%>9 IL PATRIOTA »É| Arte, Letteratura | j (the patriot) UT Scienza, Umorismo * GLI EPISODI DELL'ESILIO L'ITALIANO Rimaneva quasi sempre chiusa durante la giornata quella porta N. 5, Hatton Gorden, a Londra: s'apriva solo all'imbrunire, e do po "il maestro italiano" come lo chiamavan tutti in quella Via, v'- entravano ragazzi cenciosi, suona tori d'organino e venditori di sta tuine di gesso, i ragazzi italiani insomma, quegli accattoni venuti a mandre, come bestie, dal loro paese lontano a vendere miseria. Ed entrati deponevano gli orga nini, i topi bianchi e le piccole sta tue ed ascoltavano in silenzio la lezione. Non s'era aperta che da quattro mesi la scuola e gli alun ni erano tuttora scarsi: alcuni ve nivan fin dal primo giorno assidu amente, altri facevano delle ap parizioni ad intervalli, altri s'eran dileguati del tutto, inghiottiti nu ovamente nel mare tumultuoso del la smisurata città. Qualche vol ta avveniva che la porta si schiu desse pian piano e (lue occhi dall'- espressione tra spaurata e attoni ta frugassero rapidamente la stan za : quindi i ad un invito del mae stro il nuovo alunno entrava e si sedeva presso gli altri ad ascolta re. E il maestro seguitava la sua lezione con quel suo linguaggio inusitato e strano tanto era pieno d'amore e d'idee che li sconcerta vano. E cosi accadde che un gior no, parlando egli della patria e dei legami che avvincono l'un l'al tro i nati d'una stessa terra, uno degli ultimi venuti, un venditore di statuine, un lungo ragazzo pal lido e smunto, gli domandò s'egli avesse mai conosciuto sua madre. Tutti scoppiarono a ridere tanto l'insulsaggine di quella domanda apparve evidente, ma il maestro non sorrise neppure. —Di dove sei? — —Di Castello. —• —No, non ho mai conosciuto tua madre. — Ma un giorno venne un uomo che senza togliersi nemmeno la pi pa di bocca e il cappello prese quel lungo ragazzo pallido e smun to per un braccio e gli ordinò di ricaricarsi sulle spalle le sue sta tuine di gesso edi seguirlo. Il maestro accorse: il ragazzo quasi piangeva dalla stretta brutale. —Esci, poltrone—esclamava l'- uomo infuriato —ti dò io la scuo la! Va a fare il tuo mestiere, ci altrone ! - Il maestro intervenne. —Non stringete questo ragazzo in tal modo: che cosa vi ha fatto? —Siete voi il direttore della scu ola, di grazia?—soggiunse l'altro, ironico—e allora, vi prego, fate pure lezione e non immischiatevi nei fatti dogli altri.— Il viso pallido del maestro s'ac cese. —lnnanzi tutto, vi dico, lascia te questo ragazzo e toglietevi il cappello di testa : poi uscite di qui —e tendeva il braccio fremente ali 'uscio. L'uomo si rabbonì. —Via, signor direttore, io non volevo fargli del male. Egli per de il suo tempo invece di fare il suo mestiere ch'é di vendere le statuine di gesso ,e non porta a casa mai nulla, nemmeno quanto é necessario» per vestirlo e dargli da mangiare.— Il ragazzo intanto s'era ricarica to la sua bisaccia sulle spalle e at tendeva ancor tutto tremante. An che il maestro ridivenne calmo. —Sentite, questo ragazzo dopo aver girato tutta la giornata per le strade a vender la sua roba in vece di gettarsi a quest'ora sopra una panca viene qui ad imparare qualcosa che gli può essere utile: e che danno vi fa perciò? Voi gli prendete a giorno a giorno tutta la sua vita, egli vi domanda un'- ora: con qual coraggio gliela ne gate ? —Ma tocca a me nutrirlo... — —Guardatelo là, quel ragazzo ! Non inasprite inutilmente, ve lo consiglio, altrimenti c'é la polizia, voi lo sapete bene. Date retta a me, lasciate qui il ragazzo ; fra un ' ora ve lo renderò di nuovo— L'uomo si mise a ridere d'un breve riso convulso e si vedeva chiaro che, se avesse potuto, sa rebbe saltato addosso al maestro e allo scolaro insieme: ma poi fini per andarsene, salutando di mala grazia. Da quella sera il ragazzo non venne più. * Il maestro lo trovò una mattina lungo il Tamigi mentre, avendo schierata in bell'ordine la sua pic cola tribù sul parapetto, attende va pazientemente i compratori. Il ragazzo gli sorrise con un'espres sione di grande letizia. —Oh, signor maestro, come so no contento di rivedervi ! Non son potuto più venire a scuola perché il padrone me l'ha proibito asso lutamente, e guai se disobbedisco. —Lo avevo immaginato ;ti trat ta assai male il tuo padrone?— Il ragazzo fece una smorfia. —E' un po' violento, ecco: ma non ci toglie il mangiare, come fanno tanti altri. — Il maestro stette pensoso con lo sguardo rivolto giù all'acqua, dal la quale saliva una nebbia densa. Lo scosse quella voce mansueta. —Oh, signor maestro, voi lo co noscete il mio paese e ne parlava te tanto bene a scuola, che quasi, mi pareva di esserci ! Eh si, il cie lo sereno, i bei campi coi fiori e le belle acque trasparenti! Voi ci ritornerete, non é vero? — —Io non so, ragazzo mio.— Il ragazzo sorrise mentre gli oc chi brillavano. —Anch'io vorrei ritornarci, ma io non posso. Se scappassi il mio padrone mi farebbe subito arres tare: e poi é tanto lontano, e c'é da traversare il mare. Perché ci ho ancora la mamma al mio paese, che sta nella casa del mio patri gno, la seconda casa uscendo ver so la collina, con un orticello con tre alberi di gelso avanti alla por ta, dove ci sono le galline e i coni gli. Oli il mio patrigno, quello li é una bestia, signore!— Fu un lampo che si spense subi to. —Ma la mia mamma, la mia mamma mi vuole tanto bene: io sono il suo unico figlio. Non la ve do da tre anni e perciò vi doman davo, ché, se mai voi ci ritornaste laggiù, potrei mandarle a dire per mezzo vostro che siete tanto buo no qualche cosa di me; ed essa ne avrebbe gran piacere.— Ambedue erano commossi. —Io non so se ci ritornerò né quando. Ma ad ogni modo posso farle sapere le tue notizie lo stes so. Che cosa vuoi che le si dica? —Oh, signore, fatele dire cosi, alla mia mamma, che il suo Giu seppe pensa sempre a lei. che ogni sera si ricorda di dire quella bella preghiera che lei gli aveva tanto raccomandato, che sta bene, si, si gnore, che sta bene e che spera di tornare al suo paese a rivederla e Sabato, 29 Settembre 1917 □ a stare sempre insieme. — Aveva parlato rapidamente, co me se volesse finire prima che un nodo di pianto gli impedisse d'an dare avanti. Il maestro gli mise una mano sulla spalla. —Coraggio, Giuseppe; tua ma dre saprà tutto questo: come si chiama ? —Teresa, signore, Teresa Rat tuzzi, e sta nella seconda casa u scendo dal paese verso la collina... La risposta che giunse dopo al cuni giorni fu un colpo anche per il maestro. La povera donna era morta da più di cinque mesi. Co me dare la notizia al povero ra gazzo ? Quasi egli desiderò di non più ritrovarlo ed evitò le vie dove l'avrebbe potuto facilmente in contrare: temeva però di vederlo D Corpo Aereo di Pompieri in S. Diego, Cai. San Piego, Cai., sta per diventare una delle più' progredite citta'. Es sa possiede qualunque cosa v'e' in ogni altra citta' degli Stati Uniti ed i noltre ha un corpo aereo di pompieri, eh'e' ritenuto unico a lmondo. comparire da un momento all'al tro in iseuola. Ma una sera, in Hyde Park, mentre s'avviava al la redazione d'un giornale senti una voce dietro di sé, la nota voce. —Signore, signor maestro... — Egli si volse e vide venire il lungo ragazzo un po' curvo sotto la sua bisaccia, un po' affannando per la corsa fatta. —Signore, vi ho vista di lonta no: questa sera sarei venuto cer tamente a scuola per vedere... per sapere...— Si sentiva nelle parole tronche il battere del suo cuore. Il maestro resto un po ' indeciso : poi si risolse: —Giuseppe, dobbiamo parlare: poggia intanto il tuo sacco.— Il ragazzo obbedi. Aveva pio vuto di recente e per non imbrat tare il sacco di fango e per non ingombrare il marciapiedi lo ad dossò al parapetto d'una cancel lata. Il maestro riprese in tono grave, fissandolo : —Giuseppe, credi in Dio? — L'altro sbarrò gli occhi, diven tando più pallido. —Perché mi domandate questo» —Perché tua madre é adèsso e rimarrà per sempre presso di te e ti guarda, perché ella é con Dio.— Il ragazzo porto con violenza le due mani alla faccia. —E ' morta ! E ' morta ! Ah ! Ah, povera mamma, é morta e io non la vedrò più, io non la vedrò mai più la mia povera mamma ! Xon pianse : quando staccò le mani dal volto le sue guance ! smunte avevano l'impronta livida delle dita, ma negli occhi nuota vano ancora le due prime lagrime, j nell 'abbassare un brac-' ciò diede un urtone al sacco che precipitò con fracasso. —Oh povero me ! Le mie sta tuine rotte! Oh povero me!— co, ne tolse ad una ad una le sta tuine intatte: s'erano infranti un busto di Wellington e un corpo di piccola Venere. —Oh povero me! — ripeteva e gli meccanicamente, guardando i frantumi e rovesciandoli nel fan go ; e quasi fu sul punto di scoppi are in pianto. —Quanto hai perduto?—doman dò il maestro. —Trenta pence, signore, tren ta... — Quel numero gli dava la misura della punizione imminente e gli accresceva terrore. •—Oh povero me, trenta pence. Poi ad un tratto interruppe quella sua lamentazione uguale: divenne rosso come per subita ver- S'accosciò al suolo, tremando in tutta la persona, e apri il suo sac- gogna: si ricurvo in silenzio per rimettere a posto le sue statuette salve. Qualche ragazzo s'era fermato a guardare; qualcuno dei passanti si soffermava. S'udivano delle frasi. —Ecco l'ltaliano, ha rotto i suoi cocci ! --Ora faranno la colletta per l'- italiano ! —La solita storia!— —La solita funzione!— Il maestro taceva, pallidissimo; aiutò il ragazzo a legare il suo sacco, poi prima che se lo rimet tesse in ispalla gli disse: —Coraggio...— S'interruppe per cercare qual cosa nel taschino del suo panciot to. —Senti, Giuseppe, io non ho in questo momento i trenta pence che devi portare al tuo padrone per le statuine rotte. Ho quest' lorologino d'argento; ne potrai ri cavare facilmente quanto t'occor-: re: prendilo pure.— E come quello esitava, guardan-. do perplesso l'orologino senza de-! cidersi a prenderlo, glielo mise e- , gli stesso nella saccoccia della sua ! giubba frusta —Ed ora avanti, figliuolo!— L'altro potè appena mormorare un "grazie" soffocato, curvando si per raccogliere il suo fragile ca rico. • Grande fu la sorpresa del mae stro nel vederlo arrivare due gior ni dopo dinanzi alla porta N. 5 Hatton Garden, parecchio tempo prima che cominciasse la lezione, j Il ragazzo pareva un po' imbaraz zato, come se non sapesse da che parte incominciare. —Signor maestro, l'altro ieri g ro tanto confuso che non seppi « 1 LA NOVELLA UMORISTICA NIENTE DI NUOVO?.. Policarpo Codicelli, ricco possi dente del paese, smontò sbuffando dal treno e diede un sospirone di sollievo scorgendo sulla banchina ! il fido servo chichibio che l'atten [ deva. S affrettò a consegnargli i | bagagli ed entrò nel "buffet" del la stazione ove bevette una diacci ata, ché si sentiva morir dal cal do; indi si pose in cammino, im paziente di rincasare. Era di ri torno da un lungo viaggio d'affa ri, che lo aveva costretto a rima nere assente dal paese per parec chie settimane. S'asciugò il volto grondante di sudore e domandò al domestico: —Niente di nuovo? —Niente, signor padrone ! —Allora tu precedimi, perché io voglio camminare con comodo; cosi intanto avvertirai la mia fa miglia del mio arrivo e mi prepa rerai un buon rinfresco. Auf, che caldo! Trovassi almeno una vet tura; ma qui attorno non ne vedo alcuna... Pazienza ! E continuò il suo cammino sotto quel cocente sole d'agosto che gli toglieva il respiro. Chichibio s'- allontanò in pochi istanti dal pa drone; quando questi, tenendogli involontariamente gli occhi addos so, s'accorse che egli aveva fatto "dietro front" ritornandogli in contro. Policarpo, incuriosito, af frettò il passo per accorciargli la strada ; e, quando fu a portata del la voce, cosi lo interpellò: —Ebbene cosa c'é? —Oh, signor padrone, mi sono dimenticato di dirle che é morto il pappagallo! —Che! Oh, povera bestiola! Ma dimmi : come fu ? —A furia di mangiar carne di cavallo... signor padrone. —GJome! Che dici, imbecille! —Sicuro ; perché sono tutti mor ti i cavalli di Vossignoria; ed io ho pensato che la loro carne si sa rebbe potuto almeno utilizzare a qualche cosa... cosi... —Dio de' cieli! Ma spiegati: perché sono morti i miei cavalli? —Di fatica, signor padrone ; per LE PRIME TRINCEE a i Le trincee, che cosi grande im portanza hanno assunto nella guerra moderna e che generalmen te vengono considerate come un ritrovato dell'epoca nostra, furo no invece adoperate nel secolo XVII dai turchi. Di esse infatti si trova menzione nelle Memorie del famoso principe di Ligne, mor ite nel 1814; il quale, allorché Ca terina II di Russia dichiarò nel 1787 guerra alla Sublime Porta, partecipò, nella sua qualità di ge nerale, al principio della campa gna. Uomo di vasta coltura e scrittore elegante oltre che solda to valoroso, il principe mandò al lora le proprie impressioni dal campo all'amico conte di Segur. al quale scrisse una serie di lette re che ancor oggi si leggono col più vivo interesse, e in una delle quali si nota il seguente brano:! "I turchi dispongono di due ec cellenti mezzi ausiliari tattici. Il primo é dato dalla loro grande ar te d'adoperare la cavalleria per 1 dissumulare la posizione della fan- ' teria; il secondo consiste nella lo ro abitudine di scavare la terra, praticandovi delle grandi buche, | allo scopo di ottenere cosi riparo contro i proiettili dell'artiglieria nemica. Ciascun soldato ha la aver loro fatta trascinare tropp'- acqua, quando tentammo di spe gnere il fiienile incendiato. —Mio Dio! Ma s é incendiato anche il fienile ! Se é vero ciò che tu dici, io sono rovinato ! Purtroppo é vero; e Vossigno ria potrà accertarsene coi propri occhi, quando saremo giunti alio svolto della strada. Mi sovvengo che forse potrò essere rimborsato dall'Assicurazi one: meno male... No, no, non vogliono pagar nulla, quei signori! Sono venuti a visitare le rovine (poiché, mal grado i nostri sforzi per domare 1 incendio, tutto é ridotto in rovi na) ed hanuo dichiarato che il lo ro statuto prescrive di non potere in questo caso risarcire dei danni, perché la causa di quell'incendió, secondo loro, può essere dolosa... —Oh, povero me! Ma quale fu la causa dell'incendio? Suvvia, parla ! Nel fare i funerali del povero suo padre, che inori il giorno pri ma dell'incendio, si passò coi ce ri accessi accanto al pagliaio che fiancheggia il fienile; perciò, dis gradatameli te, una persona che camminava in coda al corteo, ap piccò senza accorgersene il fuoco al pagliaio, il quale poi lo comu nicò al fienile vicino. Volgendo il tergo alla casa e anche per la com mozione generale che regnava fra noi, nessuno immaginò quanto era successo. Eal ritorno... —Basta ! Tu mi fai impazzire ì Oh, povero padre mio ! Cosi sano e robusto quando ti lasciai! Oh, ma di che malattia é morto egli? —Di crepacuore per la morte della sua consorte, la signora ma dre di Vossignoria... Buon per Policarpo se intanto giunsero a casa ! Si mise in letto; e per poco non morì anch'egli; senonché, grazie alle amorose cure di Chichibio, presto si ristabili. FRANCESCO BELLENTAIN. propria buca, nella quale rimane celato finché dura il mento." Come si vede, il moder nissimo mezzo di combattimento: tanto in uso oggi che l'impiego delle artiglierie ha raggiunto pro porzioni addirittura fantastiche, ora già conosciuto allorquando i cannoni cominciavano appena ad essere usati. PEELOR & FEIT Avvocati in cause civili e criminali Indiana IN GATTABUIA Walter Slaninsky, di Ernest, fu arrestato e messo in prigione dal lo sceriffo H. A. Boggs, sotto l'ac cusa di aggressione. Secondo in formazioni ricevute dal medesimo « sceriffo, l'alterco ebbe principio quando Slaninsky fu accusato di aver ottenuto l'esenzione dal ser vizio militare dalla commissione del distretto N. I dietro la dichia razione di avere moglie e figli da mantenere. Ora pare ch'egli non abbia nessuno che dipenda da lui e sarà mantetenuto in prigione fi no a che non saranno terminate le indagini a suo riguardo.
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