The patriot. (Indiana, Pa.) 1914-1955, September 29, 1917, Image 5

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IL PATRIOTA ȃ| Arte, Letteratura |
j (the patriot) UT Scienza, Umorismo *
GLI EPISODI DELL'ESILIO
L'ITALIANO
Rimaneva quasi sempre chiusa
durante la giornata quella porta
N. 5, Hatton Gorden, a Londra:
s'apriva solo all'imbrunire, e do
po "il maestro italiano" come lo
chiamavan tutti in quella Via, v'-
entravano ragazzi cenciosi, suona
tori d'organino e venditori di sta
tuine di gesso, i ragazzi italiani
insomma, quegli accattoni venuti
a mandre, come bestie, dal loro
paese lontano a vendere miseria.
Ed entrati deponevano gli orga
nini, i topi bianchi e le piccole sta
tue ed ascoltavano in silenzio la
lezione. Non s'era aperta che da
quattro mesi la scuola e gli alun
ni erano tuttora scarsi: alcuni ve
nivan fin dal primo giorno assidu
amente, altri facevano delle ap
parizioni ad intervalli, altri s'eran
dileguati del tutto, inghiottiti nu
ovamente nel mare tumultuoso del
la smisurata città. Qualche vol
ta avveniva che la porta si schiu
desse pian piano e (lue occhi dall'-
espressione tra spaurata e attoni
ta frugassero rapidamente la stan
za : quindi i ad un invito del mae
stro il nuovo alunno entrava e si
sedeva presso gli altri ad ascolta
re. E il maestro seguitava la sua
lezione con quel suo linguaggio
inusitato e strano tanto era pieno
d'amore e d'idee che li sconcerta
vano. E cosi accadde che un gior
no, parlando egli della patria e
dei legami che avvincono l'un l'al
tro i nati d'una stessa terra, uno
degli ultimi venuti, un venditore
di statuine, un lungo ragazzo pal
lido e smunto, gli domandò s'egli
avesse mai conosciuto sua madre.
Tutti scoppiarono a ridere tanto
l'insulsaggine di quella domanda
apparve evidente, ma il maestro
non sorrise neppure.
—Di dove sei? —
—Di Castello. —•
—No, non ho mai conosciuto tua
madre. —
Ma un giorno venne un uomo
che senza togliersi nemmeno la pi
pa di bocca e il cappello prese
quel lungo ragazzo pallido e smun
to per un braccio e gli ordinò di
ricaricarsi sulle spalle le sue sta
tuine di gesso edi seguirlo. Il
maestro accorse: il ragazzo quasi
piangeva dalla stretta brutale.
—Esci, poltrone—esclamava l'-
uomo infuriato —ti dò io la scuo
la! Va a fare il tuo mestiere, ci
altrone ! -
Il maestro intervenne.
—Non stringete questo ragazzo
in tal modo: che cosa vi ha fatto?
—Siete voi il direttore della scu
ola, di grazia?—soggiunse l'altro,
ironico—e allora, vi prego, fate
pure lezione e non immischiatevi
nei fatti dogli altri.—
Il viso pallido del maestro s'ac
cese.
—lnnanzi tutto, vi dico, lascia
te questo ragazzo e toglietevi il
cappello di testa : poi uscite di qui
—e tendeva il braccio fremente
ali 'uscio.
L'uomo si rabbonì.
—Via, signor direttore, io non
volevo fargli del male. Egli per
de il suo tempo invece di fare il
suo mestiere ch'é di vendere le
statuine di gesso ,e non porta a
casa mai nulla, nemmeno quanto
é necessario» per vestirlo e dargli
da mangiare.—
Il ragazzo intanto s'era ricarica
to la sua bisaccia sulle spalle e at
tendeva ancor tutto tremante. An
che il maestro ridivenne calmo.
—Sentite, questo ragazzo dopo
aver girato tutta la giornata per
le strade a vender la sua roba in
vece di gettarsi a quest'ora sopra
una panca viene qui ad imparare
qualcosa che gli può essere utile:
e che danno vi fa perciò? Voi gli
prendete a giorno a giorno tutta
la sua vita, egli vi domanda un'-
ora: con qual coraggio gliela ne
gate ?
—Ma tocca a me nutrirlo... —
—Guardatelo là, quel ragazzo !
Non inasprite inutilmente, ve lo
consiglio, altrimenti c'é la polizia,
voi lo sapete bene. Date retta a
me, lasciate qui il ragazzo ; fra un '
ora ve lo renderò di nuovo—
L'uomo si mise a ridere d'un
breve riso convulso e si vedeva
chiaro che, se avesse potuto, sa
rebbe saltato addosso al maestro
e allo scolaro insieme: ma poi fini
per andarsene, salutando di mala
grazia.
Da quella sera il ragazzo non
venne più.
*
Il maestro lo trovò una mattina
lungo il Tamigi mentre, avendo
schierata in bell'ordine la sua pic
cola tribù sul parapetto, attende
va pazientemente i compratori. Il
ragazzo gli sorrise con un'espres
sione di grande letizia.
—Oh, signor maestro, come so
no contento di rivedervi ! Non son
potuto più venire a scuola perché
il padrone me l'ha proibito asso
lutamente, e guai se disobbedisco.
—Lo avevo immaginato ;ti trat
ta assai male il tuo padrone?—
Il ragazzo fece una smorfia.
—E' un po' violento, ecco: ma
non ci toglie il mangiare, come
fanno tanti altri. —
Il maestro stette pensoso con lo
sguardo rivolto giù all'acqua, dal
la quale saliva una nebbia densa.
Lo scosse quella voce mansueta.
—Oh, signor maestro, voi lo co
noscete il mio paese e ne parlava
te tanto bene a scuola, che quasi,
mi pareva di esserci ! Eh si, il cie
lo sereno, i bei campi coi fiori e le
belle acque trasparenti! Voi ci
ritornerete, non é vero? —
—Io non so, ragazzo mio.—
Il ragazzo sorrise mentre gli oc
chi brillavano.
—Anch'io vorrei ritornarci, ma
io non posso. Se scappassi il mio
padrone mi farebbe subito arres
tare: e poi é tanto lontano, e c'é
da traversare il mare. Perché ci
ho ancora la mamma al mio paese,
che sta nella casa del mio patri
gno, la seconda casa uscendo ver
so la collina, con un orticello con
tre alberi di gelso avanti alla por
ta, dove ci sono le galline e i coni
gli. Oli il mio patrigno, quello li
é una bestia, signore!—
Fu un lampo che si spense subi
to.
—Ma la mia mamma, la mia
mamma mi vuole tanto bene: io
sono il suo unico figlio. Non la ve
do da tre anni e perciò vi doman
davo, ché, se mai voi ci ritornaste
laggiù, potrei mandarle a dire per
mezzo vostro che siete tanto buo
no qualche cosa di me; ed essa ne
avrebbe gran piacere.—
Ambedue erano commossi.
—Io non so se ci ritornerò né
quando. Ma ad ogni modo posso
farle sapere le tue notizie lo stes
so. Che cosa vuoi che le si dica?
—Oh, signore, fatele dire cosi,
alla mia mamma, che il suo Giu
seppe pensa sempre a lei. che ogni
sera si ricorda di dire quella bella
preghiera che lei gli aveva tanto
raccomandato, che sta bene, si, si
gnore, che sta bene e che spera di
tornare al suo paese a rivederla e
Sabato, 29 Settembre 1917 □
a stare sempre insieme. —
Aveva parlato rapidamente, co
me se volesse finire prima che un
nodo di pianto gli impedisse d'an
dare avanti.
Il maestro gli mise una mano
sulla spalla.
—Coraggio, Giuseppe; tua ma
dre saprà tutto questo: come si
chiama ?
—Teresa, signore, Teresa Rat
tuzzi, e sta nella seconda casa u
scendo dal paese verso la collina...
La risposta che giunse dopo al
cuni giorni fu un colpo anche per
il maestro. La povera donna era
morta da più di cinque mesi. Co
me dare la notizia al povero ra
gazzo ? Quasi egli desiderò di non
più ritrovarlo ed evitò le vie dove
l'avrebbe potuto facilmente in
contrare: temeva però di vederlo
D Corpo Aereo di Pompieri in S. Diego, Cai.
San Piego, Cai., sta per diventare una delle più' progredite citta'. Es
sa possiede qualunque cosa v'e' in ogni altra citta' degli Stati Uniti ed i
noltre ha un corpo aereo di pompieri, eh'e' ritenuto unico a lmondo.
comparire da un momento all'al
tro in iseuola. Ma una sera, in
Hyde Park, mentre s'avviava al
la redazione d'un giornale senti
una voce dietro di sé, la nota voce.
—Signore, signor maestro... —
Egli si volse e vide venire il
lungo ragazzo un po' curvo sotto
la sua bisaccia, un po' affannando
per la corsa fatta.
—Signore, vi ho vista di lonta
no: questa sera sarei venuto cer
tamente a scuola per vedere... per
sapere...—
Si sentiva nelle parole tronche
il battere del suo cuore.
Il maestro resto un po ' indeciso :
poi si risolse:
—Giuseppe, dobbiamo parlare:
poggia intanto il tuo sacco.—
Il ragazzo obbedi. Aveva pio
vuto di recente e per non imbrat
tare il sacco di fango e per non
ingombrare il marciapiedi lo ad
dossò al parapetto d'una cancel
lata.
Il maestro riprese in tono grave,
fissandolo :
—Giuseppe, credi in Dio? —
L'altro sbarrò gli occhi, diven
tando più pallido.
—Perché mi domandate questo»
—Perché tua madre é adèsso e
rimarrà per sempre presso di te e
ti guarda, perché ella é con Dio.—
Il ragazzo porto con violenza le
due mani alla faccia.
—E ' morta ! E ' morta ! Ah ! Ah,
povera mamma, é morta e io non
la vedrò più, io non la vedrò mai
più la mia povera mamma !
Xon pianse : quando staccò le
mani dal volto le sue guance !
smunte avevano l'impronta livida
delle dita, ma negli occhi nuota
vano ancora le due prime lagrime, j
nell 'abbassare un brac-'
ciò diede un urtone al sacco che
precipitò con fracasso.
—Oh povero me ! Le mie sta
tuine rotte! Oh povero me!—
co, ne tolse ad una ad una le sta
tuine intatte: s'erano infranti un
busto di Wellington e un corpo di
piccola Venere.
—Oh povero me! — ripeteva e
gli meccanicamente, guardando i
frantumi e rovesciandoli nel fan
go ; e quasi fu sul punto di scoppi
are in pianto.
—Quanto hai perduto?—doman
dò il maestro.
—Trenta pence, signore, tren
ta... —
Quel numero gli dava la misura
della punizione imminente e gli
accresceva terrore.
•—Oh povero me, trenta pence.
Poi ad un tratto interruppe
quella sua lamentazione uguale:
divenne rosso come per subita ver-
S'accosciò al suolo, tremando in
tutta la persona, e apri il suo sac-
gogna: si ricurvo in silenzio per
rimettere a posto le sue statuette
salve.
Qualche ragazzo s'era fermato
a guardare; qualcuno dei passanti
si soffermava. S'udivano delle
frasi.
—Ecco l'ltaliano, ha rotto i suoi
cocci !
--Ora faranno la colletta per l'-
italiano !
—La solita storia!—
—La solita funzione!—
Il maestro taceva, pallidissimo;
aiutò il ragazzo a legare il suo
sacco, poi prima che se lo rimet
tesse in ispalla gli disse:
—Coraggio...—
S'interruppe per cercare qual
cosa nel taschino del suo panciot
to.
—Senti, Giuseppe, io non ho in
questo momento i trenta pence
che devi portare al tuo padrone
per le statuine rotte. Ho quest'
lorologino d'argento; ne potrai ri
cavare facilmente quanto t'occor-:
re: prendilo pure.—
E come quello esitava, guardan-.
do perplesso l'orologino senza de-!
cidersi a prenderlo, glielo mise e- ,
gli stesso nella saccoccia della sua !
giubba frusta
—Ed ora avanti, figliuolo!—
L'altro potè appena mormorare
un "grazie" soffocato, curvando
si per raccogliere il suo fragile ca
rico.
•
Grande fu la sorpresa del mae
stro nel vederlo arrivare due gior
ni dopo dinanzi alla porta N. 5
Hatton Garden, parecchio tempo
prima che cominciasse la lezione, j
Il ragazzo pareva un po' imbaraz
zato, come se non sapesse da che
parte incominciare.
—Signor maestro, l'altro ieri g
ro tanto confuso che non seppi
«
1
LA NOVELLA UMORISTICA
NIENTE DI NUOVO?..
Policarpo Codicelli, ricco possi
dente del paese, smontò sbuffando
dal treno e diede un sospirone di
sollievo scorgendo sulla banchina
! il fido servo chichibio che l'atten
[ deva. S affrettò a consegnargli i
| bagagli ed entrò nel "buffet" del
la stazione ove bevette una diacci
ata, ché si sentiva morir dal cal
do; indi si pose in cammino, im
paziente di rincasare. Era di ri
torno da un lungo viaggio d'affa
ri, che lo aveva costretto a rima
nere assente dal paese per parec
chie settimane. S'asciugò il volto
grondante di sudore e domandò
al domestico:
—Niente di nuovo?
—Niente, signor padrone !
—Allora tu precedimi, perché
io voglio camminare con comodo;
cosi intanto avvertirai la mia fa
miglia del mio arrivo e mi prepa
rerai un buon rinfresco. Auf, che
caldo! Trovassi almeno una vet
tura; ma qui attorno non ne vedo
alcuna... Pazienza !
E continuò il suo cammino sotto
quel cocente sole d'agosto che gli
toglieva il respiro. Chichibio s'-
allontanò in pochi istanti dal pa
drone; quando questi, tenendogli
involontariamente gli occhi addos
so, s'accorse che egli aveva fatto
"dietro front" ritornandogli in
contro. Policarpo, incuriosito, af
frettò il passo per accorciargli la
strada ; e, quando fu a portata del
la voce, cosi lo interpellò:
—Ebbene cosa c'é?
—Oh, signor padrone, mi sono
dimenticato di dirle che é morto
il pappagallo!
—Che! Oh, povera bestiola! Ma
dimmi : come fu ?
—A furia di mangiar carne di
cavallo... signor padrone.
—GJome! Che dici, imbecille!
—Sicuro ; perché sono tutti mor
ti i cavalli di Vossignoria; ed io
ho pensato che la loro carne si sa
rebbe potuto almeno utilizzare a
qualche cosa... cosi...
—Dio de' cieli! Ma spiegati:
perché sono morti i miei cavalli?
—Di fatica, signor padrone ; per
LE PRIME TRINCEE
a i
Le trincee, che cosi grande im
portanza hanno assunto nella
guerra moderna e che generalmen
te vengono considerate come un
ritrovato dell'epoca nostra, furo
no invece adoperate nel secolo
XVII dai turchi. Di esse infatti
si trova menzione nelle Memorie
del famoso principe di Ligne, mor
ite nel 1814; il quale, allorché Ca
terina II di Russia dichiarò nel
1787 guerra alla Sublime Porta,
partecipò, nella sua qualità di ge
nerale, al principio della campa
gna. Uomo di vasta coltura e
scrittore elegante oltre che solda
to valoroso, il principe mandò al
lora le proprie impressioni dal
campo all'amico conte di Segur.
al quale scrisse una serie di lette
re che ancor oggi si leggono col
più vivo interesse, e in una delle
quali si nota il seguente brano:!
"I turchi dispongono di due ec
cellenti mezzi ausiliari tattici. Il
primo é dato dalla loro grande ar
te d'adoperare la cavalleria per 1
dissumulare la posizione della fan- '
teria; il secondo consiste nella lo
ro abitudine di scavare la terra,
praticandovi delle grandi buche, |
allo scopo di ottenere cosi riparo
contro i proiettili dell'artiglieria
nemica. Ciascun soldato ha la
aver loro fatta trascinare tropp'-
acqua, quando tentammo di spe
gnere il fiienile incendiato.
—Mio Dio! Ma s é incendiato
anche il fienile ! Se é vero ciò che
tu dici, io sono rovinato !
Purtroppo é vero; e Vossigno
ria potrà accertarsene coi propri
occhi, quando saremo giunti alio
svolto della strada.
Mi sovvengo che forse potrò
essere rimborsato dall'Assicurazi
one: meno male...
No, no, non vogliono pagar
nulla, quei signori! Sono venuti
a visitare le rovine (poiché, mal
grado i nostri sforzi per domare
1 incendio, tutto é ridotto in rovi
na) ed hanuo dichiarato che il lo
ro statuto prescrive di non potere
in questo caso risarcire dei danni,
perché la causa di quell'incendió,
secondo loro, può essere dolosa...
—Oh, povero me! Ma quale fu
la causa dell'incendio? Suvvia,
parla !
Nel fare i funerali del povero
suo padre, che inori il giorno pri
ma dell'incendio, si passò coi ce
ri accessi accanto al pagliaio che
fiancheggia il fienile; perciò, dis
gradatameli te, una persona che
camminava in coda al corteo, ap
piccò senza accorgersene il fuoco
al pagliaio, il quale poi lo comu
nicò al fienile vicino. Volgendo il
tergo alla casa e anche per la com
mozione generale che regnava fra
noi, nessuno immaginò quanto era
successo. Eal ritorno...
—Basta ! Tu mi fai impazzire ì
Oh, povero padre mio ! Cosi sano
e robusto quando ti lasciai! Oh,
ma di che malattia é morto egli?
—Di crepacuore per la morte
della sua consorte, la signora ma
dre di Vossignoria...
Buon per Policarpo se intanto
giunsero a casa !
Si mise in letto; e per poco non
morì anch'egli; senonché, grazie
alle amorose cure di Chichibio,
presto si ristabili.
FRANCESCO BELLENTAIN.
propria buca, nella quale rimane
celato finché dura il
mento." Come si vede, il moder
nissimo mezzo di combattimento:
tanto in uso oggi che l'impiego
delle artiglierie ha raggiunto pro
porzioni addirittura fantastiche,
ora già conosciuto allorquando i
cannoni cominciavano appena ad
essere usati.
PEELOR & FEIT
Avvocati in cause civili e criminali
Indiana
IN GATTABUIA
Walter Slaninsky, di Ernest, fu
arrestato e messo in prigione dal
lo sceriffo H. A. Boggs, sotto l'ac
cusa di aggressione. Secondo in
formazioni ricevute dal medesimo
«
sceriffo, l'alterco ebbe principio
quando Slaninsky fu accusato di
aver ottenuto l'esenzione dal ser
vizio militare dalla commissione
del distretto N. I dietro la dichia
razione di avere moglie e figli da
mantenere. Ora pare ch'egli non
abbia nessuno che dipenda da lui
e sarà mantetenuto in prigione fi
no a che non saranno terminate le
indagini a suo riguardo.