LA LIBERA I forti caratteri sono gli Dei Supremi della Storia Nazionale. Cav A. Giuseppe Di Silvestro, Direttore 1626 So. Broad Street ANNO V. - Numero 20 i fui. Si. hi li F. ni iiii in i uà ìiié" ti ni cuti iiiiffliiiaiiiiii New York, 4-5-1922 Cav. Giuseppe Di Silvestro, Direttore "La Libera Parola" S. E. Cor. Ith & Christian sts., Philadelphia, Pa. Egregio Sig. Direttore, S'abbia i miei più sentiti rin graziamenti per l'ospitalità ac cordata alla mia lettera nel suo settimanale. La prego di fare al trettanto con questa mia lettera, che spero sarà l'ultima. Non menzionerò le imputazio ni e le accuse, piccole, grandi e mezzane, di cui è irta la colonna di sue postille, come un rovo è irto di pruni; perchè ho in men te altra meta che una polemica. Del resto i suoi commenti fini scono bene, cioè secondando il mio programma di conciliazio ne fra due Ordini. Dunque ci sia mo. Ella ha però raccolto, ci bato e pasciuto una madornale maldicenza sul mio conto. Non so chi le abbia riferito che quan do fui in Reading coll'On. Po drecca io abbia detto male del l'Orfanotrofio dell'Ordine Figli d'ltalia nel suo Stato. Se di lei mi si raccontasse la stessa frot tola non la stamperei prima di avere ascoltato lei stesso, per chè non condanno senza contro prova; ma Ella, che non era presente, raccolse la diceria ma ligna e, senza controprova, la stampò due volte. Ma veniamo ai fatti. Io credo che le grandi istitu-; zioni italo-americane debbano socorrere gl'italiani di tutto il | mondo quando essi vengano col piti da sventure eccezionali, co-j me la guerra, la fame, il terre moto; ma che quando si tratti di i alleviare dolori che, essendo co- i mime retaggio di tutta la carne umana, sono in America ed al trove, le nostre istituzioni deb-i bano prima pensare agl'italiani ; d'America, ai loro orfani, ai lo ro malati, ai loro vecchi, ai lo- j ro indigenti ; e poi a quelli d'al trove. Questo pensiero espressi a Reading, come in molte altre occasioni; e per dimostrare che pensando prima ai nostri orfa ni e ai nostri malati gl'italiani d'America non faremmo che a dempiere ai nostri doveri più immediati (che hanno preceden za sugli altri doveri) dissi che i Milanesi ordinariamente non co struirebbero un'ospedale pei To-J rinesi nè i Veneziani un'orfano-j trofio pei fiorentini ; nè perciò gli uni o gli altri sarebbero tac ciati d'impatriottismo. E pro prio allora peroravo la causa dei tubercolotici di guerra italiani, perchè di tali sventurati in A merica non ne abbiamo. Il suo orfanotrofio era lontano le mil le miglia dai mie pensieiù; ma se per via di affinità e di paren tele si volesse cacciarvelo dentro a mano armata, ne uscirebbe [ più lodato che biasimato. Chi f diamine le ha ficcato in capo l'i dèa ch'io n'abbia detto male? Se Ene parlassi, dovrei dirne bene, I perchè l'Orfanotrofio e la Banca ■ dell'Ordine Figli d'ltalia sono ■nella Pennsylvania due afferma zioni pratiche dell'operosità ita liana, a cui Ella magari avrà contribuito non poco. I Un'ultima osservazione. Ella, caritatevolmente, m'accusa di avversare la fusione dei due Or | dini per cupidigia d'ufficio. Pri- E ma di tutto quest'accusa non do i vrebbe venire proprio da lei, il | cui ufficio di Grande Venerabi-j le cominciò colla notte dei tempi I e finirà col giudizio universale; e poi permetta ch'io le dica che la mia rinunzia o la sua, o quella di qualunque ufficiale o numero d'ufficiali non approderebbe a nulla, perchè porterebbe a galla ! altri ufficiali delle medesime! idee. Gli ufficiali sono emana zione delle masse, e le masse del l'Ordine Indipendente Figli d'l talia sono per adesso giustamen te risentite delle molte cose che per molti anni si son dette e fat te senza tener conto delle loro sensibilità. Ma il tempo delle parole do vrebbe esser finito. Le ho scrit to quest'altra lettera perch'Elia ingiustamente m'accusava di bel nuovo d'aver denigrato l'Orfa- notrofio e non volli lasciare una penosa impressione nei lettori della "Libera Parola" ed in lei stesso. Ora che l'affare è chiari to cominci lei a moderare la sua penna innegabilmente acre, a praticare un principio di tolle ranza ed a far sì che il mio e suo desiderio d'armonia fra i due Ordini divenga presto un fatto compiuto. Però non potrà {aspettarsi che, se altri ci faccia |la guerra noi facciamo là pa ce. Quanto alle logge del Massa chusetts, tutte le sue asserzioni sono false. S'informi meglio e se ne accorgerà. S'abbia intanto un fraterno saluto Jerome J. Licari Supremo Venerabile — i La scorrettezza deli'avv. Licari Il Venerabile Supremo del l'Ordine Indipendente Figli d'l talia, avvocato Jerome J. Lica ri, ci manda quest'altra lettera che, non avendola potuta ospita re nel numero scorso di questo giornale, perchè arrivataci quando in esso non vi era più spazio, pubblichiamo in quello odierno. L'avv. Licari però non avrebbe più diritto alla nostra ospitalità e non glie la concede* remo per l'avvenire se prima e gli non ci prometterà che, nel caso voglia continuare ad av vantaggiarsi della nostra mai smentita imparzialità, si servi | i à solo del nostro giornale, per chè così vuole il più elementare dovere di correttezza. Se poi, e gli, avido, forse, di reclame, vuo le che il pubblico il quale non leg ge i nostri legga invece i suoi scritti, noi non ci presteremo più al suo giuoco. L'avv. Licari, discusso da "La Libera Parola" aveva il diritto di rispondere sulle colonne di questa e noi il dovere di conce dergli lo spazio, cosa che abbia mo fatto con immenso piacere. Sono i lettori del nostro giorna le che debbono sapere quello che il capo degli Indipendenti ha da dire in contraddittorio, e non quelli di quei giornali che non leggono i nostri scritti. Il pub blico, che è giudice supremo del nostro contesto, non potrebbe formarsi un concetto esatto e giudicare imparzialmente se guendo solamente uno dei con tendenti. Questo Io può fare il pubblico dei nostri lettori, che ascolta le due campane, ma quel lo che sente solamente la sua darà sempre ragione a lui ; ed j in questo caso avverrebbe pro prio ciò che l'avv. Licari ci rim-| provera, che "cioè i lettori che i- ! gnorano la nostra 'controprova' raccoglieranno, ciberanno e pa-: «•peranno" fatti magari non ve-; ri e "condanneranno" noi senza averci ascoltato, perchè non | hanno avuto l'opportunità di leg gerci. E' chiaro, avv. Licari? Questa volta, poi, altri giornali ci hanno preceduti nel pubbli care la seconda lettera dell'avv. Licari, perchè avranno avuto più spazio nel numero della set timana scorsa, sebbene alcuni si siano rifiutati, o i "falsari" di documenti pubblici sono stati più solleciti, i quali hanno definito "falsità" la notizia riferitaci da galantuomini provati che non hanno e non vogliono avere nul la di comune con gli "artisti" di Regina Coeli. L'avvocato Licari potrebbe *ob biettarci che i lettori de "La Li bera Parola" sono nostri amici 0 fratelli dell'Ordine regolare, perciò essi non potrebbero giu dicare entrambi imparzialmen- Partenze da Philadelphia Vine Street Pier 1 DUCA degli ABR 14 Giugno Ì AMERICA 3 Agosto AMERICA 20 Settembre AMERICA 3 Novembre , AMERICA 21 dicembre AVAIMTI SEMPRE, COINJ L_A FIACCOLA IISI PUGNO PHILADELPHIA, PA., SABATO, 20 MAGGIO, 1922 Ite. Ebbene, se questo fatto può suscitare un dubbio nel suo ani i vno si serva pure di tutti i gior nali degli Stati Uniti, ma sotto ai suoi articoli, scritti o tradotti da altri non importa, "incolli" anche i nostri, nonostante "pro fessori" finora trombati nelle loro aspirazioni li abbiano criti cati. Uno Mi e inceli silo L'avvocato Licari dice: "la mia mèta non è la polemica". Dobbiamo credergli? E chi l'ha suscitata, se non lui? La noti zia equivoca fatta dare dalla : stampa delle 27 logge del New England passate agli Indipen denti, da lui corretta solamente dopo che da altri fu chiarito l'equivoco e l'insinuazione con dro l'Orfanotrofio dei Figli d'l talia di Pennsylvania sono pro vocazioni abbastanza gravi per stabilire il contrario di quanto l'avv. Licari afferma, e la sua ! smentita odierna è così tardiva e talmente stiracchiata per cre derla sincera. Noi ne prendia mo nota, non senza però osser vargli che la sua difesa, di co lore oscuro, non riesce affatto allo scopo che egli si è prefisso e noi rimaniamo ancora convin ti che l'avv. Licari parlò male dell'Orfanotrofio per due ragio | ni : perchè ci è stato riferito da molti, soci e non soci dell'Ordine Figli d'ltalia, persone degne di lede e superiori perciò ad ogni sospetto; perchè il capo dell'Or dine Indipendente, nella sua se < onda lettera, non è riuscito a smentire nulla. Avrebbe fatto meglio l'avv. Licari a dire che la sua poca fa miliarità con la lingua italiana, per cui non ha nessun torto, gli ! aveva fatto esprimere male il ; suo pensiero. Ma neanche que | sto palliativo gli sarebbe giova to perchè pare che nel corso del suo discorso, alla conferenza Po drecca, gli facesse ombra l'Ordi ne Figli d'ltalia del quale si per mise di "sparlare" più di una volta. Disse anche, per esempio, che questo nomina i suoi so ci onorar» fra gl'italiani d'lta lia e l'Ordine Indipendente in vece li sceglie fra gli america ni. E che cosa ei entrava questa altra grande scoperta? Non a veva altro da dire il capo supre mo dell'Ordine con l'aggettivo, perchè egli dovesse rivolgere i suoi dardi proprio contro di noi? Per un venerabile supre mo non è affatto decóroso ricor rere a simili trivialità. Si vede che l'avv. Licari "intinge spesso di fiele la sua lingua" e quando si trova in quello stato di mente si compiace di insidiare la niù bella e nobile unica del gene re lstituzione Italiana in que sto paese. Ma, vivaddio, noi non lo permetteremo e ricacceremo nella strozza di chicchessia, fos se anche l'avv. Licari, le insi nuazioni. le insidie, il veleno. Il capo supremo dell'Ordine Indipendente, dicevamo, non ha nulla smentito con la sua stirac chiata difesa. Se la nostra mo desta intelligenza non è stata sufficiente a farci comprendere il rebus, ci auguriamo che i no stri lettori riescano a scioglierlo. Egli dice. .ma che quando si tratta di allievare dolori che, essendo comune retaggio di tut ta la carne umana, sono in Ame rica ed altrove, le nostre istitu zioni debbono prima pensare a gli italiani d'America ,ai loro ar iani, ai loro malati, ai loro vec chi, ai Urro indigenti; e poi a quelli d'altrove. Bravo, avv. Li cari : e perchè allora eravate in tervenuto al comizio Podrecca, che va in giro per raccogliere denaro per i tubercolotici di guerra d'ltalia i quali sono mol to lontani di qui? Ma il capo su premo soggiunge subito, (in terpretando a modo suo), pro prio allora peroravo la causa dei tubercolotici di guerra italiani, PERCHE' DI TALI SVENTU RATI IN AMERICA NON NE ABBIAMO. Questa è grossa e serve sola mente .a confondere il pubblici dei nostri lettori, fra i quali so no coloro che assistettero al co mizio Podrecca, e a far loro di menticare che egli disse male de nostro Orfanotrofio. Dice davve ro l'avvocato Licari che d tubercolotici italiani non ni >jabbiamo in America? Anche -1 se non volessimo tener conto di -1 quelli che ci ha dati la guerra, > come li ha dati all'ltalia in mag i giore proporzione, quasi tutti i ' | rimpatriati con biglietti conso ■ lari e i tre quarti dei ricovera ti negli Ospedali americani so no affetti da tubercolosi. Favo risca l'avv. Licari visitare con noi il "General Philadelphia Ho ispital" e si assicurerà che le cor sie sono gremite di tali sventu -1 rati. Lo stesso stato di cose noi crediamo esista negli ospedali di i altre città. ■j Un'altra osservazione: dissi ■ continua, il nostre contradditto re, che i Milanesi ordinariamen te non costruirebbero un ospe ' dale per i Torinesi nè i Venezia -1 ni un Orfanotrufi'i per i ftorni tini. Piano, avv, Licari. L'ospe-j ; dale serve per ricoverarvi gli ammalati, specialmente gravi, ai quali le cure debbono essere prò- j 1 digate immediatamente ; ed è ! logico che essi non debbano viag j giare dall'uri capo all'altro di li na Nazione, se non vogliono pe rire prima di raggiungere la meta; perciò è naturale che es so sorga nella stessa città o nel -Ile vicinanze dove deve be« 1 neficare. L'Orfanotrofio, inve ce, può sorgere dovunque; per chè gli orfani, i quali non vi sa rebbero ricoverati se non fosse ro di buona salute, non hanno premura di raggiungerlo imme [ diatamente per esservi accettati. 11 confronto, dunque, non regge, perchè se dovesse essere come dice l'avv. Licari di Orfanotro fi se ne dovrebbero creare li no per ogni grande o piccola città. Questa confusione nei con fronti ci convince ancora di più j , che il nostro contradittore o j , non ha la concezione esatta di j |un Orfanotrofio o volle, a ra- ! gion veduta, "sparlarne" ed ora non sa come riparare all'errore commesso. La diceria, dunque, non è ma \ tigna. nè essa è una frottola. , Frottole sono quelle che ci vor -1 rebbe far ingoiare l'avv. Licari | per correre al riparo, troppo i tardivamente, della sua incon sulta ed insensata critica. Fatti ci vogliono e non parole Dice bene il capo degli Indi ; pendenti quando afferma che il ! tempo (h lle parole dovrebbe es \ ter finito, specialmente delle ! parole che servono a nascondere il pensiero, delle parole equivo che. Proprio così dicevamo noi isu "La Libera Parola" del Lo aprile u. s., quando scrivevamo "Più fatti ci vogliono, meno chiacchiere; più arrosto, meno fumo; più generosità, meno mi nacce: più galantomismo, meno rappresaglie". Noi, modesta mente, facciamo fatti, ci si mo stri altrettanto dall'altra parte e batteremo le mani. Noi fummo sempre per un'intesa ''Spirituale" ma... E' fortemente dispiaciuto l'av vocato Licari che la ca rica del sottoscritto in se io all'Ordine Figli d'ltalia sia :ominciata con la notte dei tem oi e finirà col (/indizio universa e. La colpa, o il merito, non è sua. Egli è stato eletto sempre ìd unanimità (perchè si è> cre duto che fino ad oggi non fosse sostituibile) senza usare mezzi ìquivoci, senza strappare ordini Jel giorno, senza essersi mai Tiesso in condizioni di umiliato, Facendosi mettere fuori dalle se lute da suoi inferiori. Del resto, dicevamo, i dignitari dell'Ordi ne Figli d'ltalia di Pennsylva nia, auspice il Grande Venera bile, avevano fatto sapere che prima di effettuarsi l'unione dei due Ordini essi avrebbero rassegnate le dimissioni. Avreb be l'avv. Licari, nelle nostre condizioni, fatto altrettanto? Ha egli mai pensato che al mondo vi fossero persone di tan ta abnegazione? Ha mai pensa to che nell'Ordine regolare vi fossero tali elementi da sacrifi care nell'altare della pace il pro prio io ? Si deve così concludere che dalla parte nostra vi sono uomini innegabilmente concilia tivi ed umani da dimenticare le offese, gl'insulti, le insinuazio ni, le insidie; dall'altra, ci dispia ce di dirlo, vi sono uomini re- frattari a qualunque forma di concilia7.ione. E lo proviamo per chè quella che andiamo esponen do è storia di ieri ed anche di oggi. Invitiamo e non siamo invitati Al banchetto datosi in Phila delphia il gennaio del 1915 in oc casione della Suprema Conven zione dell'Ordine Figli d'ltalia noi invitammo il Grande Con cilio degli Indipendenti di que sto Stato. Costoro non ci hanno mai invitato. Ci si potrebbe ob biettare che questo è un fatto lontano che non deve addebitar si all'attuale capo supremo dei nostri cugini. Ne citiamo uno freschissimo. Sotto gli auspici della loggia Santo Stefano di Camastra No. 29 dell'Ordine Figli d'ltalia di Reading, Pa.. è stato dato un banchetto n lonstre, per quella città, al lieo avvocato James C. |Todaro. Il Comitato preposto al simposio ha invitato la loggia j Libertà degli Indipendenti, ma (luesta non ha sentito il dovere di rispondere. Solamente do po qualche giannizzero ha fatto sapere che la lettera d'in vito non era stata scritta in car ta intestata e non portava il timbro sociale. In compenso pe rò hanno accettato l'invito e so no intervenute tutte le Società locali, meno una, che è sorella siamese della "Libertà", quali la Vittorio Emanuel 11, la Cavalie ri del Rosario, la San Giuseppe di Relmonte Mezzagno, la Cala brese e l'lndipendent Polical Club, Società che, invece, aveva no rifiutato l'invitato degli Indi pendenti sebbene di una di esse sia socio Salvatore Ciofalo, e di un'altra presidente un compo nente del comitato convenzione dell'altro Ordine. Contemporaneamente a que sto banchetto, nella stessa città, con l'intervento del capo supre mo, sebbene, non sappiamo per chè, la stampa americana loca le non ne ha fatto cenno, si è tenuta la Grande Convenzione degli Indipendenti. Nessuno in vito è pervenuto uè a quelle log ge. nè alla direzione centrale dello Stato. Siamo stati sempre provocati Nel saluto di quattro colonne e mezza, che un giornale italia no di quella città, ha dato ai congressisti, giornale che per i ronia si chiama "Il Popolo", vi sono ACRI parole per noi. "La Libera Parola" ha ricevuto una comunicazione che rivendica la umiliazione fatta patire a quella colonia italiana con la parata dei 151 compreso i due cavalli dei due poliziotti che precedevano il funereo corteo, e noi non abbia mo pubblicato. L'Ordine Figli d'ltalia nelle sue convenzioni discute i propri problemi. Alla Convenzione de gli Indipendenti tenutasi a Rea ding, sotto gli occhi del Supremo Venerabile avv. Licari, un dele gato, che è un "artista" se la prendeva con i Figli d'ltalia ed i suoi dirigenti quasi che fosse colpa di questi ultimi se l'Ordi ne Indipendente è l'Ordine Indipendente. Eil è così che il capo degli In dipendenti, sebbene in risposta alla nostra accettazione appena vi accenna, vuole inaugurare l'in tesa "spirituale". A proposito: quando è, avvocato Licari, che vogliamo sederci in torno ad un tavolo e sev :.a boria e preconcetti discutere la pace e l'armonia fra i due. Ordini? Il sottoscritto ha data la sua adesione all'iniziativa. Non l'ha notato, avv. Licari? Ci ripetiamo: Si vuole una inte sa spirituale? Ebbene, avanti; il sottoscritto ne qarantisce. l'at tuazione per la Pennsylvania. Ci pensi bene, avv. Licari, perchè un'intesa di questo gene re porta di conseguenza il patto che gii Indipendenti non debbo no ingrandire le loro file con gli espulsi e i rigettati per fatti di sonorevoli dell'Ordine Figli d'l talia. A. Giuseppe Di Silvestro Le 21 Logge del New England Mentre confermiamo che nes suno sforzo fece il Venerabile Supremo dell'Ordine Indipen 1 dente Figli (l'ltalia, avv. Jero , aie J. Licari, per guadagnare l> \ 27 logge del New England, i . riprova che i Figli d'ltalia noi ■ le accettarono nel loro seno pub buchiamo un ordine del giorno d>l (ìr. Concilio dell'Ordine re golare del Massaehussctts clic dice così : I ORDINE FIGLI D'ITALIA ED ORDINE INDIPENI)EN TE Si dà lettura di un comunicato della loggia Unione e Progresso No. 208 richiamando l'attenzio ne del G. C. E. sulla sottile pro paganda fatta da alcuni che già appartennero all'Ordine Figli d'ltalia in America per ostaco larne lo sviluppo e disconoscer ne le meritate benemerenze, e per evitare che nella mente del pubblico resti la erronea impres sione, ad arte creata dai cugina istri, di un qualsiasi tacito ac cordo esistente tra i due Ordini, su proposta del Grande Oratore Luigi Fiato, si approva il se guente. ORDINE DEL GIORNO i II Gran Concilio Esecutivo de! Massachusetts. Ordine Figli di Italia in America, riunito in ses sione ordinaria il giorno 19 Marzo 1922, avuto sentore del fatto compiuto, circa il passag gio dei Figli d'ltalia del New England nell'Ordine Indipen dente, il quale passaggio mo stra lo sleale atteggiamento dei nostri avversari, che non volle ro e non seppero riconoscere le idealità di intenti a cui ispirava si il nostro Ordine, allorquando per iniziative di terzi, per ben tre volte si trattò la fusione delle comuni forze; Considerato che i Figli d'lta lia del New England, con l'av. venuto passaggio nelle file del l'Ordine Indipendente, non han no per nulla salvato le assurde velleità di cui facevansi scudo per giustificare la rottura delle trattative intavolate con noi per la fusione dei due Ordini, ciò che dimostra la loro mala fede de terminata, inginstifacabile av versione al nostro Ordine, il quale, allora come oggi, informa i suoi atti esclusivamente al bene collettivo di tutti gli Italia ni ; Rendendosi interprete dei sen timenti delle sue Logge Filiali, i cui rappresentanti in altra oc casione si rivelarono contrari a scendere sul campo delle tratta tive con i nostri fratellastri, sa pendo per esperienza la lóro ri luttanza a trattare sinceramente ed a sacrificare le proprie am bizioni personali sull'altare del la concordia e bene collettivo: Prendendo atto, e plaudendo all'invito protesta inoltrato dil la Loggia Unione e Progresso N, 208 di Boston, mediante il qua le si invoca la adozione di e nergici provvedimenti per sfa tare la sottile propaganda fatta ad opera di chi, pur facendo parte una volta del nostro Ordi no, non trovando in loro stessi la forza di mantenere alto un solen ne giuramento, volontariamente preso, ma essendo dotati di va cillante volontà e mossi da insi curi propositi, uscirono dall'Or dine con pretesti puerili e cer cherebbero ora di ostacolarne il progressivo sviluppo e disconot scerne le meritate benemerenze: DELIBERA di rendere di pubblica ragione che mentre l'Ordine Figli d'lta lia in America è sempre dispo sto di collaborare con Associazio ni Italiane in generale e dar lo ro ogni aiuto morale e finanzia rio possibile in tutte quelle ini ziative filantropiche o patriotti che che esse potessero prendere, e mentre nei supremi interessi dell'ltalia e degli Italiani ess.v Ordine è sempre disposto a strin gersi con tutti i gruppi di nostra razza pur di avvalorare le forze fattive dei nostri di fronte al po- ! polo che ci ospita, negherà alle ! logge testé passate all'Ordine ! Indipendente qualsiasi coopera ! zione possa servir loro come mez zo di sviluppo del proprio orga nismo e di affermazione della propria esistenza, perchè la loro condotta nel passato, nei rap porti con l'Ordine Figli d'ltalia in America, le ha rese demeri tevoli di qualsiasi considerazione di cordialità. pliii] D <=■ I * rr 1 quel che devi, avvenga che può'. Abbonamento Annuo $ 2.0* UNA COPIA 3 SOL» Nostalgie dt •A d'Abruzzo La donna americana mi aorri de. Un sorriso scialbo, senza sen timento, a cui i denti d'oro dan no un riflesso metallico. Poi, ma sticando la sua "chewing gum" e facendo versacci con le lab bra troppo rosse, mi domanda: "Dearie, have you got any mo ney?". E se ne va, con un fare maschile, gettando all'aria le sue curve femminee. Rimango solo. Penso, con no stalgia profonda, ad altri sorri si che quindici anni d'America non hanno fatto dimenticare. Sorrisi che infondevano il fa scino dell'amore e la vertigine della passione. Sorrisi di donne della mia terra d'Abruzzo che, come quello della Figlia di lorio, davano lo spasimo della sensua lità, o che, come l'altro d'una fi gurina di Madonna nell'Abbazia di Tocco Casauria, scovrivano la beatitudine d'un affetto pu ro. sereno. Sorrisi schietti di vil lanelle focose, e sorrisi languidi di signorine sentimentali. Sorri si di pacchiane dalle guancie di albicocca, e di Signore dal volto di alabastro. Sorrisi della popo lana di Scanno, in un trionfo monumentale di merletti. Sorri si selvaggi di zingara e sorrisi mistici di devota Ma il più bel sorriso era quello della na jtura. Sacra'terra d'Abruzzo! _ Visione di cieli d'opale e di chio stre di monti. Chiesette bianche sperdute fra le vigne appassio nate. Villette occhieggianti fra file di cipressi neri. Chiari pae si ridenti sull'acque, valli sono re, prati vergini, boschi cupi e, lontano, l'azzurro del mare. * * * Ricordo. Ella mi sorrideva, la [piccola sartina, compagna della mia scapigliata vita di studente. Non eravamo soli. Parecchi com pagni di studi, con le loro sarti ne, avevan deciso di marinare la scuola, quel giorno. Maggio rivestiva l'ampia val le della Pescara d'un verde me raviglioso. Il nastro d'argento del fiume, sacro alla poesia d'an nunziana, brillava fra i platani in fiore. Dapertutto la natura cantava l'inno della primavera inoltrata. Un coro polifonico di vita e d'amore. Il sole era tra montato nell Adriatico, in un trionfo di fuoco, e già veli di vio la e di carminio salivano .dalla valle, verso il massiccio della Maiella. Solo la punta del Gran Sasso rimaneva, superba, da un ultimo raggio accesa, fiaccola vivida sul violetto invadente e dominava la terra teramana. L'ultimo mio Maggio a Chieti. Un vinetto dorato aveva riscal data la nostra fantasia. Luglio, col terrore degli esami, perfetta mente dimenticato. Il futuro? Sogni, chimere, su cui regnava sovrana la sartina, reginetta del l'ago e dei nostri cuori: Si tracannava il vinetto dora to e si faceva all'amore, magni ficamente. E cantavamo la can zone goliardica : E' bella la vita Dello studente, Senza pensieri E senza far niente, Oilì, Oilà.. Un cane, nel vicino pagliaio, evidentemente divenuto senti mentale anche lui, abbaiava con modulazioni prolungate e stra zianti, col muso per aria. Ma che c'importava se il nostro canto commoveva anche i cani? Con la sua pipa, Col suo boccale, Ogni stagion h'a carnevale, Oilì, Oilù Ed, impugnando i boccali di terracotto, urlevamo minaciosi: Ed alla forca / diligenti, Il disonore Di noi studenti!.... Ed alla forca I professori, I direttori, E gli sgobboni.... chiudendo con uno strano ulula to di accompagnamento: Lapimmapon, lapimmapon... Eravamo eroi d'una boheme sfrenata non c'è che dire! Spe cie quando le tasche erano im pinguate momentaneamente del l'ultimo appannaggio mensile ITALIAN WEEKLY NEWSPAPER "Entered as second-class matter April 19, 1918, at the post office at Philadelphia, under the Art of March 3, 1879". WITH THE LARGEST CIRCULATION
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