La libera parola. (Philadelphia, Pa.) 1918-1969, May 20, 1922, Image 1

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    LA LIBERA
I forti caratteri sono gli Dei
Supremi della Storia Nazionale.
Cav A. Giuseppe Di Silvestro, Direttore
1626 So. Broad Street
ANNO V. - Numero 20
i fui. Si. hi li F. ni iiii in i uà ìiié" ti ni cuti
iiiiffliiiaiiiiii
New York, 4-5-1922
Cav. Giuseppe Di Silvestro,
Direttore "La Libera Parola"
S. E. Cor. Ith & Christian sts.,
Philadelphia, Pa.
Egregio Sig. Direttore,
S'abbia i miei più sentiti rin
graziamenti per l'ospitalità ac
cordata alla mia lettera nel suo
settimanale. La prego di fare al
trettanto con questa mia lettera,
che spero sarà l'ultima.
Non menzionerò le imputazio
ni e le accuse, piccole, grandi e
mezzane, di cui è irta la colonna
di sue postille, come un rovo è
irto di pruni; perchè ho in men
te altra meta che una polemica.
Del resto i suoi commenti fini
scono bene, cioè secondando il
mio programma di conciliazio
ne fra due Ordini. Dunque ci sia
mo. Ella ha però raccolto, ci
bato e pasciuto una madornale
maldicenza sul mio conto. Non
so chi le abbia riferito che quan
do fui in Reading coll'On. Po
drecca io abbia detto male del
l'Orfanotrofio dell'Ordine Figli
d'ltalia nel suo Stato. Se di lei
mi si raccontasse la stessa frot
tola non la stamperei prima di
avere ascoltato lei stesso, per
chè non condanno senza contro
prova; ma Ella, che non era
presente, raccolse la diceria ma
ligna e, senza controprova, la
stampò due volte. Ma veniamo
ai fatti.
Io credo che le grandi istitu-;
zioni italo-americane debbano
socorrere gl'italiani di tutto il |
mondo quando essi vengano col
piti da sventure eccezionali, co-j
me la guerra, la fame, il terre
moto; ma che quando si tratti di i
alleviare dolori che, essendo co- i
mime retaggio di tutta la carne
umana, sono in America ed al
trove, le nostre istituzioni deb-i
bano prima pensare agl'italiani ;
d'America, ai loro orfani, ai lo
ro malati, ai loro vecchi, ai lo- j
ro indigenti ; e poi a quelli d'al
trove. Questo pensiero espressi
a Reading, come in molte altre
occasioni; e per dimostrare che
pensando prima ai nostri orfa
ni e ai nostri malati gl'italiani
d'America non faremmo che a
dempiere ai nostri doveri più
immediati (che hanno preceden
za sugli altri doveri) dissi che i
Milanesi ordinariamente non co
struirebbero un'ospedale pei To-J
rinesi nè i Veneziani un'orfano-j
trofio pei fiorentini ; nè perciò
gli uni o gli altri sarebbero tac
ciati d'impatriottismo. E pro
prio allora peroravo la causa dei
tubercolotici di guerra italiani,
perchè di tali sventurati in A
merica non ne abbiamo. Il suo
orfanotrofio era lontano le mil
le miglia dai mie pensieiù; ma
se per via di affinità e di paren
tele si volesse cacciarvelo dentro
a mano armata, ne uscirebbe
[ più lodato che biasimato. Chi
f diamine le ha ficcato in capo l'i
dèa ch'io n'abbia detto male? Se
Ene parlassi, dovrei dirne bene,
I perchè l'Orfanotrofio e la Banca
■ dell'Ordine Figli d'ltalia sono
■nella Pennsylvania due afferma
zioni pratiche dell'operosità ita
liana, a cui Ella magari avrà
contribuito non poco.
I Un'ultima osservazione. Ella,
caritatevolmente, m'accusa di
avversare la fusione dei due Or
| dini per cupidigia d'ufficio. Pri-
E ma di tutto quest'accusa non do
i vrebbe venire proprio da lei, il
| cui ufficio di Grande Venerabi-j
le cominciò colla notte dei tempi I
e finirà col giudizio universale;
e poi permetta ch'io le dica che
la mia rinunzia o la sua, o quella
di qualunque ufficiale o numero
d'ufficiali non approderebbe a
nulla, perchè porterebbe a galla !
altri ufficiali delle medesime!
idee. Gli ufficiali sono emana
zione delle masse, e le masse del
l'Ordine Indipendente Figli d'l
talia sono per adesso giustamen
te risentite delle molte cose che
per molti anni si son dette e fat
te senza tener conto delle loro
sensibilità.
Ma il tempo delle parole do
vrebbe esser finito. Le ho scrit
to quest'altra lettera perch'Elia
ingiustamente m'accusava di bel
nuovo d'aver denigrato l'Orfa-
notrofio e non volli lasciare una
penosa impressione nei lettori
della "Libera Parola" ed in lei
stesso. Ora che l'affare è chiari
to cominci lei a moderare la sua
penna innegabilmente acre, a
praticare un principio di tolle
ranza ed a far sì che il mio e
suo desiderio d'armonia fra i
due Ordini divenga presto un
fatto compiuto. Però non potrà
{aspettarsi che, se altri ci faccia
|la guerra noi facciamo là pa
ce.
Quanto alle logge del Massa
chusetts, tutte le sue asserzioni
sono false. S'informi meglio e se
ne accorgerà.
S'abbia intanto un fraterno
saluto
Jerome J. Licari
Supremo Venerabile
— i
La scorrettezza deli'avv. Licari
Il Venerabile Supremo del
l'Ordine Indipendente Figli d'l
talia, avvocato Jerome J. Lica
ri, ci manda quest'altra lettera
che, non avendola potuta ospita
re nel numero scorso di questo
giornale, perchè arrivataci
quando in esso non vi era più
spazio, pubblichiamo in quello
odierno. L'avv. Licari però non
avrebbe più diritto alla nostra
ospitalità e non glie la concede*
remo per l'avvenire se prima e
gli non ci prometterà che, nel
caso voglia continuare ad av
vantaggiarsi della nostra mai
smentita imparzialità, si servi
| i à solo del nostro giornale, per
chè così vuole il più elementare
dovere di correttezza. Se poi, e
gli, avido, forse, di reclame, vuo
le che il pubblico il quale non leg
ge i nostri legga invece i suoi
scritti, noi non ci presteremo più
al suo giuoco.
L'avv. Licari, discusso da "La
Libera Parola" aveva il diritto
di rispondere sulle colonne di
questa e noi il dovere di conce
dergli lo spazio, cosa che abbia
mo fatto con immenso piacere.
Sono i lettori del nostro giorna
le che debbono sapere quello che
il capo degli Indipendenti ha da
dire in contraddittorio, e non
quelli di quei giornali che non
leggono i nostri scritti. Il pub
blico, che è giudice supremo del
nostro contesto, non potrebbe
formarsi un concetto esatto e
giudicare imparzialmente se
guendo solamente uno dei con
tendenti. Questo Io può fare
il pubblico dei nostri lettori, che
ascolta le due campane, ma quel
lo che sente solamente la sua
darà sempre ragione a lui ; ed j
in questo caso avverrebbe pro
prio ciò che l'avv. Licari ci rim-|
provera, che "cioè i lettori che i- !
gnorano la nostra 'controprova'
raccoglieranno, ciberanno e pa-:
«•peranno" fatti magari non ve-;
ri e "condanneranno" noi senza
averci ascoltato, perchè non |
hanno avuto l'opportunità di leg
gerci. E' chiaro, avv. Licari?
Questa volta, poi, altri giornali
ci hanno preceduti nel pubbli
care la seconda lettera dell'avv.
Licari, perchè avranno avuto
più spazio nel numero della set
timana scorsa, sebbene alcuni si
siano rifiutati, o i "falsari" di
documenti pubblici sono stati più
solleciti, i quali hanno definito
"falsità" la notizia riferitaci da
galantuomini provati che non
hanno e non vogliono avere nul
la di comune con gli "artisti" di
Regina Coeli.
L'avvocato Licari potrebbe *ob
biettarci che i lettori de "La Li
bera Parola" sono nostri amici
0 fratelli dell'Ordine regolare,
perciò essi non potrebbero giu
dicare entrambi imparzialmen-
Partenze da Philadelphia
Vine Street Pier
1 DUCA degli ABR 14 Giugno
Ì AMERICA 3 Agosto
AMERICA 20 Settembre
AMERICA 3 Novembre
, AMERICA 21 dicembre
AVAIMTI SEMPRE, COINJ L_A FIACCOLA IISI PUGNO
PHILADELPHIA, PA., SABATO, 20 MAGGIO, 1922
Ite. Ebbene, se questo fatto può
suscitare un dubbio nel suo ani
i vno si serva pure di tutti i gior
nali degli Stati Uniti, ma sotto
ai suoi articoli, scritti o tradotti
da altri non importa, "incolli"
anche i nostri, nonostante "pro
fessori" finora trombati nelle
loro aspirazioni li abbiano criti
cati.
Uno Mi e inceli silo
L'avvocato Licari dice: "la
mia mèta non è la polemica".
Dobbiamo credergli? E chi l'ha
suscitata, se non lui? La noti
zia equivoca fatta dare dalla
: stampa delle 27 logge del New
England passate agli Indipen
denti, da lui corretta solamente
dopo che da altri fu chiarito
l'equivoco e l'insinuazione con
dro l'Orfanotrofio dei Figli d'l
talia di Pennsylvania sono pro
vocazioni abbastanza gravi per
stabilire il contrario di quanto
l'avv. Licari afferma, e la sua
! smentita odierna è così tardiva
e talmente stiracchiata per cre
derla sincera. Noi ne prendia
mo nota, non senza però osser
vargli che la sua difesa, di co
lore oscuro, non riesce affatto
allo scopo che egli si è prefisso
e noi rimaniamo ancora convin
ti che l'avv. Licari parlò male
dell'Orfanotrofio per due ragio
| ni : perchè ci è stato riferito da
molti, soci e non soci dell'Ordine
Figli d'ltalia, persone degne di
lede e superiori perciò ad ogni
sospetto; perchè il capo dell'Or
dine Indipendente, nella sua se
< onda lettera, non è riuscito a
smentire nulla.
Avrebbe fatto meglio l'avv.
Licari a dire che la sua poca fa
miliarità con la lingua italiana,
per cui non ha nessun torto, gli
! aveva fatto esprimere male il
; suo pensiero. Ma neanche que
| sto palliativo gli sarebbe giova
to perchè pare che nel corso del
suo discorso, alla conferenza Po
drecca, gli facesse ombra l'Ordi
ne Figli d'ltalia del quale si per
mise di "sparlare" più di una
volta. Disse anche, per esempio,
che questo nomina i suoi so
ci onorar» fra gl'italiani d'lta
lia e l'Ordine Indipendente in
vece li sceglie fra gli america
ni. E che cosa ei entrava questa
altra grande scoperta? Non a
veva altro da dire il capo supre
mo dell'Ordine con l'aggettivo,
perchè egli dovesse rivolgere
i suoi dardi proprio contro
di noi? Per un venerabile supre
mo non è affatto decóroso ricor
rere a simili trivialità. Si vede
che l'avv. Licari "intinge spesso
di fiele la sua lingua" e quando
si trova in quello stato di mente
si compiace di insidiare la niù
bella e nobile unica del gene
re lstituzione Italiana in que
sto paese. Ma, vivaddio, noi non
lo permetteremo e ricacceremo
nella strozza di chicchessia, fos
se anche l'avv. Licari, le insi
nuazioni. le insidie, il veleno.
Il capo supremo dell'Ordine
Indipendente, dicevamo, non ha
nulla smentito con la sua stirac
chiata difesa. Se la nostra mo
desta intelligenza non è stata
sufficiente a farci comprendere
il rebus, ci auguriamo che i no
stri lettori riescano a scioglierlo.
Egli dice. .ma che quando si
tratta di allievare dolori che,
essendo comune retaggio di tut
ta la carne umana, sono in Ame
rica ed altrove, le nostre istitu
zioni debbono prima pensare a
gli italiani d'America ,ai loro ar
iani, ai loro malati, ai loro vec
chi, ai Urro indigenti; e poi a
quelli d'altrove. Bravo, avv. Li
cari : e perchè allora eravate in
tervenuto al comizio Podrecca,
che va in giro per raccogliere
denaro per i tubercolotici di
guerra d'ltalia i quali sono mol
to lontani di qui? Ma il capo su
premo soggiunge subito, (in
terpretando a modo suo), pro
prio allora peroravo la causa dei
tubercolotici di guerra italiani,
PERCHE' DI TALI SVENTU
RATI IN AMERICA NON NE
ABBIAMO.
Questa è grossa e serve sola
mente .a confondere il pubblici
dei nostri lettori, fra i quali so
no coloro che assistettero al co
mizio Podrecca, e a far loro di
menticare che egli disse male de
nostro Orfanotrofio. Dice davve
ro l'avvocato Licari che d
tubercolotici italiani non ni
>jabbiamo in America? Anche
-1 se non volessimo tener conto di
-1 quelli che ci ha dati la guerra,
> come li ha dati all'ltalia in mag
i giore proporzione, quasi tutti i
' | rimpatriati con biglietti conso
■ lari e i tre quarti dei ricovera
ti negli Ospedali americani so
no affetti da tubercolosi. Favo
risca l'avv. Licari visitare con
noi il "General Philadelphia Ho
ispital" e si assicurerà che le cor
sie sono gremite di tali sventu
-1 rati. Lo stesso stato di cose noi
crediamo esista negli ospedali di
i altre città.
■j Un'altra osservazione: dissi
■ continua, il nostre contradditto
re, che i Milanesi ordinariamen
te non costruirebbero un ospe
' dale per i Torinesi nè i Venezia
-1 ni un Orfanotrufi'i per i ftorni
tini. Piano, avv, Licari. L'ospe-j
; dale serve per ricoverarvi gli
ammalati, specialmente gravi, ai
quali le cure debbono essere prò- j
1 digate immediatamente ; ed è !
logico che essi non debbano viag
j giare dall'uri capo all'altro di li
na Nazione, se non vogliono pe
rire prima di raggiungere la
meta; perciò è naturale che es
so sorga nella stessa città o nel
-Ile vicinanze dove deve be«
1 neficare. L'Orfanotrofio, inve
ce, può sorgere dovunque; per
chè gli orfani, i quali non vi sa
rebbero ricoverati se non fosse
ro di buona salute, non hanno
premura di raggiungerlo imme
[ diatamente per esservi accettati.
11 confronto, dunque, non regge,
perchè se dovesse essere come
dice l'avv. Licari di Orfanotro
fi se ne dovrebbero creare li
no per ogni grande o piccola
città. Questa confusione nei con
fronti ci convince ancora di più j
, che il nostro contradittore o j
, non ha la concezione esatta di j
|un Orfanotrofio o volle, a ra- !
gion veduta, "sparlarne" ed ora
non sa come riparare all'errore
commesso.
La diceria, dunque, non è ma
\ tigna. nè essa è una frottola.
, Frottole sono quelle che ci vor
-1 rebbe far ingoiare l'avv. Licari
| per correre al riparo, troppo
i tardivamente, della sua incon
sulta ed insensata critica.
Fatti ci vogliono e non parole
Dice bene il capo degli Indi
; pendenti quando afferma che il
! tempo (h lle parole dovrebbe es
\ ter finito, specialmente delle
! parole che servono a nascondere
il pensiero, delle parole equivo
che. Proprio così dicevamo noi
isu "La Libera Parola" del Lo
aprile u. s., quando scrivevamo
"Più fatti ci vogliono, meno
chiacchiere; più arrosto, meno
fumo; più generosità, meno mi
nacce: più galantomismo, meno
rappresaglie". Noi, modesta
mente, facciamo fatti, ci si mo
stri altrettanto dall'altra parte
e batteremo le mani.
Noi fummo sempre per un'intesa
''Spirituale" ma...
E' fortemente dispiaciuto l'av
vocato Licari che la ca
rica del sottoscritto in se
io all'Ordine Figli d'ltalia sia
:ominciata con la notte dei tem
oi e finirà col (/indizio universa
e. La colpa, o il merito, non è
sua. Egli è stato eletto sempre
ìd unanimità (perchè si è> cre
duto che fino ad oggi non fosse
sostituibile) senza usare mezzi
ìquivoci, senza strappare ordini
Jel giorno, senza essersi mai
Tiesso in condizioni di umiliato,
Facendosi mettere fuori dalle se
lute da suoi inferiori. Del resto,
dicevamo, i dignitari dell'Ordi
ne Figli d'ltalia di Pennsylva
nia, auspice il Grande Venera
bile, avevano fatto sapere che
prima di effettuarsi l'unione
dei due Ordini essi avrebbero
rassegnate le dimissioni. Avreb
be l'avv. Licari, nelle nostre
condizioni, fatto altrettanto?
Ha egli mai pensato che al
mondo vi fossero persone di tan
ta abnegazione? Ha mai pensa
to che nell'Ordine regolare vi
fossero tali elementi da sacrifi
care nell'altare della pace il pro
prio io ? Si deve così concludere
che dalla parte nostra vi sono
uomini innegabilmente concilia
tivi ed umani da dimenticare le
offese, gl'insulti, le insinuazio
ni, le insidie; dall'altra, ci dispia
ce di dirlo, vi sono uomini re-
frattari a qualunque forma di
concilia7.ione. E lo proviamo per
chè quella che andiamo esponen
do è storia di ieri ed anche di
oggi.
Invitiamo e non siamo invitati
Al banchetto datosi in Phila
delphia il gennaio del 1915 in oc
casione della Suprema Conven
zione dell'Ordine Figli d'ltalia
noi invitammo il Grande Con
cilio degli Indipendenti di que
sto Stato. Costoro non ci hanno
mai invitato. Ci si potrebbe ob
biettare che questo è un fatto
lontano che non deve addebitar
si all'attuale capo supremo dei
nostri cugini. Ne citiamo uno
freschissimo.
Sotto gli auspici della loggia
Santo Stefano di Camastra No.
29 dell'Ordine Figli d'ltalia di
Reading, Pa.. è stato dato un
banchetto n lonstre, per quella
città, al lieo avvocato James C.
|Todaro. Il Comitato preposto al
simposio ha invitato la loggia
j Libertà degli Indipendenti, ma
(luesta non ha sentito il dovere
di rispondere. Solamente do
po qualche giannizzero ha
fatto sapere che la lettera d'in
vito non era stata scritta in car
ta intestata e non portava il
timbro sociale. In compenso pe
rò hanno accettato l'invito e so
no intervenute tutte le Società
locali, meno una, che è sorella
siamese della "Libertà", quali la
Vittorio Emanuel 11, la Cavalie
ri del Rosario, la San Giuseppe
di Relmonte Mezzagno, la Cala
brese e l'lndipendent Polical
Club, Società che, invece, aveva
no rifiutato l'invitato degli Indi
pendenti sebbene di una di esse
sia socio Salvatore Ciofalo, e di
un'altra presidente un compo
nente del comitato convenzione
dell'altro Ordine.
Contemporaneamente a que
sto banchetto, nella stessa città,
con l'intervento del capo supre
mo, sebbene, non sappiamo per
chè, la stampa americana loca
le non ne ha fatto cenno, si è
tenuta la Grande Convenzione
degli Indipendenti. Nessuno in
vito è pervenuto uè a quelle log
ge. nè alla direzione centrale
dello Stato.
Siamo stati sempre provocati
Nel saluto di quattro colonne
e mezza, che un giornale italia
no di quella città, ha dato ai
congressisti, giornale che per i
ronia si chiama "Il Popolo", vi
sono ACRI parole per noi. "La
Libera Parola" ha ricevuto una
comunicazione che rivendica la
umiliazione fatta patire a quella
colonia italiana con la parata dei
151 compreso i due cavalli dei
due poliziotti che precedevano il
funereo corteo, e noi non abbia
mo pubblicato.
L'Ordine Figli d'ltalia nelle
sue convenzioni discute i propri
problemi. Alla Convenzione de
gli Indipendenti tenutasi a Rea
ding, sotto gli occhi del Supremo
Venerabile avv. Licari, un dele
gato, che è un "artista" se la
prendeva con i Figli d'ltalia ed i
suoi dirigenti quasi che fosse
colpa di questi ultimi se l'Ordi
ne Indipendente è l'Ordine
Indipendente.
Eil è così che il capo degli In
dipendenti, sebbene in risposta
alla nostra accettazione appena
vi accenna, vuole inaugurare l'in
tesa "spirituale". A proposito:
quando è, avvocato Licari,
che vogliamo sederci in
torno ad un tavolo e sev
:.a boria e preconcetti discutere
la pace e l'armonia fra i due.
Ordini? Il sottoscritto ha data
la sua adesione all'iniziativa.
Non l'ha notato, avv. Licari? Ci
ripetiamo: Si vuole una inte
sa spirituale? Ebbene, avanti;
il sottoscritto ne qarantisce. l'at
tuazione per la Pennsylvania.
Ci pensi bene, avv. Licari,
perchè un'intesa di questo gene
re porta di conseguenza il patto
che gii Indipendenti non debbo
no ingrandire le loro file con gli
espulsi e i rigettati per fatti di
sonorevoli dell'Ordine Figli d'l
talia.
A. Giuseppe Di Silvestro
Le 21 Logge del New England
Mentre confermiamo che nes
suno sforzo fece il Venerabile
Supremo dell'Ordine Indipen
1 dente Figli (l'ltalia, avv. Jero
, aie J. Licari, per guadagnare l>
\ 27 logge del New England, i
. riprova che i Figli d'ltalia noi
■ le accettarono nel loro seno pub
buchiamo un ordine del giorno
d>l (ìr. Concilio dell'Ordine re
golare del Massaehussctts clic
dice così :
I
ORDINE FIGLI D'ITALIA ED
ORDINE INDIPENI)EN TE
Si dà lettura di un comunicato
della loggia Unione e Progresso
No. 208 richiamando l'attenzio
ne del G. C. E. sulla sottile pro
paganda fatta da alcuni che già
appartennero all'Ordine Figli
d'ltalia in America per ostaco
larne lo sviluppo e disconoscer
ne le meritate benemerenze, e
per evitare che nella mente del
pubblico resti la erronea impres
sione, ad arte creata dai cugina
istri, di un qualsiasi tacito ac
cordo esistente tra i due Ordini,
su proposta del Grande Oratore
Luigi Fiato, si approva il se
guente.
ORDINE DEL GIORNO
i II Gran Concilio Esecutivo de!
Massachusetts. Ordine Figli di
Italia in America, riunito in ses
sione ordinaria il giorno 19
Marzo 1922, avuto sentore del
fatto compiuto, circa il passag
gio dei Figli d'ltalia del New
England nell'Ordine Indipen
dente, il quale passaggio mo
stra lo sleale atteggiamento dei
nostri avversari, che non volle
ro e non seppero riconoscere le
idealità di intenti a cui ispirava
si il nostro Ordine, allorquando
per iniziative di terzi, per ben
tre volte si trattò la fusione
delle comuni forze;
Considerato che i Figli d'lta
lia del New England, con l'av.
venuto passaggio nelle file del
l'Ordine Indipendente, non han
no per nulla salvato le assurde
velleità di cui facevansi scudo
per giustificare la rottura delle
trattative intavolate con noi per
la fusione dei due Ordini, ciò che
dimostra la loro mala fede de
terminata, inginstifacabile av
versione al nostro Ordine, il
quale, allora come oggi, informa
i suoi atti esclusivamente al
bene collettivo di tutti gli Italia
ni ;
Rendendosi interprete dei sen
timenti delle sue Logge Filiali,
i cui rappresentanti in altra oc
casione si rivelarono contrari a
scendere sul campo delle tratta
tive con i nostri fratellastri, sa
pendo per esperienza la lóro ri
luttanza a trattare sinceramente
ed a sacrificare le proprie am
bizioni personali sull'altare del
la concordia e bene collettivo:
Prendendo atto, e plaudendo
all'invito protesta inoltrato dil
la Loggia Unione e Progresso N,
208 di Boston, mediante il qua
le si invoca la adozione di e
nergici provvedimenti per sfa
tare la sottile propaganda fatta
ad opera di chi, pur facendo
parte una volta del nostro Ordi
no, non trovando in loro stessi la
forza di mantenere alto un solen
ne giuramento, volontariamente
preso, ma essendo dotati di va
cillante volontà e mossi da insi
curi propositi, uscirono dall'Or
dine con pretesti puerili e cer
cherebbero ora di ostacolarne il
progressivo sviluppo e disconot
scerne le meritate benemerenze:
DELIBERA
di rendere di pubblica ragione
che mentre l'Ordine Figli d'lta
lia in America è sempre dispo
sto di collaborare con Associazio
ni Italiane in generale e dar lo
ro ogni aiuto morale e finanzia
rio possibile in tutte quelle ini
ziative filantropiche o patriotti
che che esse potessero prendere,
e mentre nei supremi interessi
dell'ltalia e degli Italiani ess.v
Ordine è sempre disposto a strin
gersi con tutti i gruppi di nostra
razza pur di avvalorare le forze
fattive dei nostri di fronte al po- !
polo che ci ospita, negherà alle
! logge testé passate all'Ordine
! Indipendente qualsiasi coopera
! zione possa servir loro come mez
zo di sviluppo del proprio orga
nismo e di affermazione della
propria esistenza, perchè la loro
condotta nel passato, nei rap
porti con l'Ordine Figli d'ltalia
in America, le ha rese demeri
tevoli di qualsiasi considerazione
di cordialità.
pliii]
D <=■
I * rr 1
quel che devi, avvenga
che può'.
Abbonamento Annuo $ 2.0*
UNA COPIA 3 SOL»
Nostalgie dt
•A d'Abruzzo
La donna americana mi aorri
de. Un sorriso scialbo, senza sen
timento, a cui i denti d'oro dan
no un riflesso metallico. Poi, ma
sticando la sua "chewing gum"
e facendo versacci con le lab
bra troppo rosse, mi domanda:
"Dearie, have you got any mo
ney?". E se ne va, con un fare
maschile, gettando all'aria le sue
curve femminee.
Rimango solo. Penso, con no
stalgia profonda, ad altri sorri
si che quindici anni d'America
non hanno fatto dimenticare.
Sorrisi che infondevano il fa
scino dell'amore e la vertigine
della passione. Sorrisi di donne
della mia terra d'Abruzzo che,
come quello della Figlia di lorio,
davano lo spasimo della sensua
lità, o che, come l'altro d'una fi
gurina di Madonna nell'Abbazia
di Tocco Casauria, scovrivano
la beatitudine d'un affetto pu
ro. sereno. Sorrisi schietti di vil
lanelle focose, e sorrisi languidi
di signorine sentimentali. Sorri
si di pacchiane dalle guancie di
albicocca, e di Signore dal volto
di alabastro. Sorrisi della popo
lana di Scanno, in un trionfo
monumentale di merletti. Sorri
si selvaggi di zingara e sorrisi
mistici di devota Ma il più
bel sorriso era quello della na
jtura. Sacra'terra d'Abruzzo! _
Visione di cieli d'opale e di chio
stre di monti. Chiesette bianche
sperdute fra le vigne appassio
nate. Villette occhieggianti fra
file di cipressi neri. Chiari pae
si ridenti sull'acque, valli sono
re, prati vergini, boschi cupi e,
lontano, l'azzurro del mare.
* * *
Ricordo. Ella mi sorrideva, la
[piccola sartina, compagna della
mia scapigliata vita di studente.
Non eravamo soli. Parecchi com
pagni di studi, con le loro sarti
ne, avevan deciso di marinare la
scuola, quel giorno.
Maggio rivestiva l'ampia val
le della Pescara d'un verde me
raviglioso. Il nastro d'argento
del fiume, sacro alla poesia d'an
nunziana, brillava fra i platani
in fiore. Dapertutto la natura
cantava l'inno della primavera
inoltrata. Un coro polifonico di
vita e d'amore. Il sole era tra
montato nell Adriatico, in un
trionfo di fuoco, e già veli di vio
la e di carminio salivano .dalla
valle, verso il massiccio della
Maiella. Solo la punta del Gran
Sasso rimaneva, superba, da un
ultimo raggio accesa, fiaccola
vivida sul violetto invadente e
dominava la terra teramana.
L'ultimo mio Maggio a Chieti.
Un vinetto dorato aveva riscal
data la nostra fantasia. Luglio,
col terrore degli esami, perfetta
mente dimenticato. Il futuro?
Sogni, chimere, su cui regnava
sovrana la sartina, reginetta del
l'ago e dei nostri cuori:
Si tracannava il vinetto dora
to e si faceva all'amore, magni
ficamente. E cantavamo la can
zone goliardica :
E' bella la vita
Dello studente,
Senza pensieri
E senza far niente,
Oilì, Oilà..
Un cane, nel vicino pagliaio,
evidentemente divenuto senti
mentale anche lui, abbaiava con
modulazioni prolungate e stra
zianti, col muso per aria. Ma che
c'importava se il nostro canto
commoveva anche i cani?
Con la sua pipa,
Col suo boccale,
Ogni stagion
h'a carnevale,
Oilì, Oilù
Ed, impugnando i boccali di
terracotto, urlevamo minaciosi:
Ed alla forca
/ diligenti,
Il disonore
Di noi studenti!....
Ed alla forca
I professori,
I direttori,
E gli sgobboni....
chiudendo con uno strano ulula
to di accompagnamento:
Lapimmapon, lapimmapon...
Eravamo eroi d'una boheme
sfrenata non c'è che dire! Spe
cie quando le tasche erano im
pinguate momentaneamente del
l'ultimo appannaggio mensile ITALIAN WEEKLY NEWSPAPER
"Entered as second-class matter April 19, 1918, at the post office at Philadelphia, under the Art of March 3, 1879".
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