IL PATRIOTA# rte ' Letteratura 5 (THE PATRIOT) XJ monismo GLI ANGELI Ifonralla di Mario Massa Auff! Tanta corsa,., tant'ansia, tanto affanno: e giungere con un quarto d'ora di anticipo! Le sette precise. Il diretto partiva invece alle sette eun quarto. Questi be nedetti orari di ferrovia, ehe cam biamo ogni mese! S'é da perdere la testa ! E lui, per giunta, ci ave va peruto pure una lira per la car rozza, lanciata a tutta corsa a raggiungere un fantasma di tre no sbuffante nell'impazienza della partenza... che se ne stava 11 mo gio, placido, sotto la tettoia vuota, sbadigliando di noia! 8i buttò sopra una panca, si a sciugo il sudore. Le sette... Come é varia la vita! A quell'ora in cui un giorno tre miamo di gioia stringendo il cuore d'una donna che ci ama, un secon do giorno sudiamo d'ansia per cor rere là dove ci chiamano gli affa ri, un terzo ammazziamo il tempo attorno a un tavolo di caffé chiac chierando di politica, un quarto, .magari, soffochiamo d'angustia negli spasimi di un crampo allo stomacò. ' u ' ; 01 je sette... La sei-a innanzi prief essamente alle sette, gocciavano di Pagaia del sfle, incuti vialje solitario, tj|ri da urrà stralia e'anco ra avventila- à'awore, g'éva fra le bracala una èella don-' na. Bella, ah si; ventidue anni, chiusi con semplicità elegante in, un lungo eappetto mÉfrrone, onde come da un calice, sbocciava la j 1 < morbida e fresca brunezza d'un ròso ovale. Poi, una voce! una v©oe! Aveva dolcezza—chissà (fi flauto, quella, voce cosi esile, co si-pallida, cosi velata, cosi sfuma ti- ■W». *Come s'erano conosciuti? Nel modo più strano. Già più volte s'erano incontrati, veduti, sfiora ti, senza salutarsi, ma sorridendo _ leggermente quasi per un mutuo tenue consenso di simpatia. ' Una sera—l'altra sera—pa: all'angolo 4'un strada, venendo da direzioni opposte, il caso li fa urtare. Due parole di scusa; la scusa si piega in un timido complimento; dal complimento scivola una breve di chiarazione di simpatia, sussurra ta a mezza voce nella trepidazione della risposta ; si fa la strada in sieme, dove? chissà?; si cammina, si cammina; si esce in un largo viale di platani su cui piove palli do l'oro del crepuscolo ; le mani si muovono irrequiete nell'avidità di toccarsi; un po' d'audacia... No, un bacio soltanto tremò sot to la penombra viola della sera; un bacio da fratello e sorella, in fretta, perché era già tardi; tre mavano d'argento, i platani. Ma fu la promessa dolce di mille e mille altri. Si sarebbero veduti: la sera dopo, ogni sera, lungamen te. Non potendo, avrebbero scrit to, sotto uno pseudonimo, fermo posta. Lei avrebbe cercatoci ri maner sola, libera, per dedicarsi a lui esprimergli tutto l'empito della simpatia onde il cuore aveva tre mato ad ogni incontro, legarsi con un» amicizia affettuosa, chissà! con un amore buono e profondo, con un amore di cui la sua vita a veva avuto perennemente sete... Sola? libera? Aveva dunque Un fidanzato, un marito, un amante? Mistero. Primo patto: non inda fare. Accettasse se aveva piace re (caspita, se aveva piacere!); ma» per ora, nessun'altra spiega zione. Gli bastasse sapere eh <3 un viro oscuro fascino d'attrazione le aveva subito suscitate il suo viso chiaro e leale; ella aveva deside rato a Lungo di rivederlo, di par largli; una terribile voluttà d'a mare, sentiva affluire al cuore ; co ' megli uomini, anche le donne han no il diritto di non morire d'ipo crisia sotto le leggi ingiuste di u na convenzione stupida onde l'a vevano appiecieata addosso a un u0m0... Un marito? Ah, s'era scoperta ! Un marito. Da gentiluo mo, eh ? Delicatezza e prudenza. L'avevano dunque appiccicata ad dosso a un omaccione grosso co me una botte, con un pancione da fattore di campagna, due mustac chi da maresciallo dei carabinieri, una voce cavernosa... E. il carino era che ci faceva il sentimentale con tutto quell'adipe in corpo! "Bimba mia! Animuccia mia! Cuoricino mio!", e le palpava le mani, le accarezzava il viso... Brr ! N'era stanca, lei. Aveva bisogno d'altro che d'esser stritolata da un atleta, lei, cosi sottile, cosi deli cata, cosi...' 1 i£ */*.. _ V.v 41 Si parte !»' ' Oooh ! Altro che jlc, cosine,sottili è delicate! Il tre no partiva*. Sarebbe stato enorme, dopo ajteso d «a. vedeteselo scappare* sotto -il nàSb... i>fl «i-i *1691*15» »«3 oiit>jUP *'* rie: - ■ w Sali, chiuse* si rallegran dosi- che lo era vuoto e che avrebbe viaggiato so j •j, . -jj 10, dormendo un lungo sonno tran quillo. Solo? Non tini di spegnere il cerino che, tradì, la maniglia cric chiò, lo sportello s'apri e due va ligie vennero spinte innanzi. Un signore indugiava a salire, par lando con una donna; domandava teneramente. ' ? 44 —Ti ricorderai di me?" Z Che seccatura viaggiare in com pagnia, senza libertà, accanto a gente che ti comincia a parlare dei propri guai, ti scatta in sussulti di nevrastenia, ti rompe il sonno rus sando, ti... . 44 —Perché mi fai questa do manda?" Trasali. ■ " —Non sai che vivo solo per te!" Possibile ? ì - ! -.. "Solo per la tua felicità, per il tuo bene?" La voce, quella Dolce, pallida, velata: un flauto. 44 —Cara, cara, cara!" Tre baci schioccarono, e il signo re sali. Il treno fischiò s'avviò. Dal finestrino aperto, egli riconob be, sorridendo di sorpresa, il cap potto marrone, il volume bruno dei capelli, il lampo vermiglio del la bocca... Lei, lei • • • Quel signore dirimpetto, dun que; della larga faccia di euoco, 1 ispida di due baffoni schizzanti in nanzi per dieci centimetri ,(' 4 da maresciallo dei carabinieri " s cul torea!); quell'omone dalla,grossa pancia ballante sopra le eoscie. madido di sudore, sbuffante come una foca, era il marito di quell'- altra cosettina fatta di foglie di rosa e di chiari di luna, di cristal lo e di ariaf —Permette ? Lo svegliò, come un boato una voce ricordò l'aggettivo — 44 cave rnosa ' B signore 8 'era alzato, cer cava un posto comodo per lo vali gie. , —Che fastidio portarsi diedro dei bauli !—e sbuffava, sbuffava. Le donne! Andate a prendere Sabato, 24 Novembre 1917 a sul serio le donne ! Oggi ti casca no nelle braccia gemendo che vk" vono solo per la tua felicità, con la medesima disinvolutra con cui. ieri son cascate nelle braccia d'un al tro, magari conosciuto all'angolo di una strada... —Permette ? Il signore s'era affondato net di vano, accendeva un sigaro. —Fumi quanto vuole. ? —Sono trabueos. Un odore che non piace a tutti. Poveretto! Gli si leggeva sulla faccia di luna piena una voglia matta di parlare : sorrideva (le punte dei baffi, agli angoli, s'apri vano), si passava la mano sulla fronte, s'agitava, smaniava, come chi porti in euore il tumulto dolce d'una tenerezza da sfogare. A che ora s'arriva a Castellani f * mare di Stabia? ' —Non so. —A un'ora dopo mezzanotte,:mi pare,. . • ••. , ■ -—Può darsi. 1 —0 alla due? —Può anche darsi. C'era da divertirsi a cavargli da sotto i baffi a poco a poco, incon sapevolmente. il segreto che lo tormentava! Cominciarono dall'o- 1 rario ferroviario : passarono* a par lare delle varie acque diuretiche di Castellammare di Stabia; si fèr niarono un momento sulle varie qualità dei sigari esteri; Saltaro no' allo splendore delle stèììè che fcralucev%no tramando dtó" Ve'tTl*' de,i finestrini ; una sosta di passag gio : —Oh, la vita é bella!; C il si- 1 gnore scoppiò, bofonchiando in fretta, convulso,. gli occhioni Ìli- < eenti, i baffi sconvolti dalla mano che vi strisciava sopra per asciu gar La saliva. —Ha visto quella signora, ac canto a me, quando son partito? —Mi sembra... —Portava un paltò marrone. —Non ci ho badato... —E' mia moglie, quella. Ha vo luto accompagnarmi fino alla zione. Còme mi ama! Che deli catézza, che sfumature di senti menti! S'immagini; ieri sera ini infastidirono dei disturbi, coni ri spetto parlando, agli intenstitìi. (Ne soffro da cinque anni). Ebbe ne, bisognava veder lei, che pre mura! 4 'Povero Vittorio mio!"; e sempre attorno. "Perché non vai a Castellammare di Stabia? Li ci sono acque miracolose. Vai. Guarisci. Ti voglio veder sano, giocondo".;. • L'altro potè appena frenare il lampo del sorrise ehe gli solletica va gli angoli della bocca. —Le dicevo io: "E come farai senza di me?" (Le dispiace tanto, poverina! di rimaner sola). E lei-, 4 4 Ma io faccio qualunque sacrifizio per te." Tesoro Tesoro! Si fer mò; dolce: —Il signore ha moglie? —Per carità! —Come! Non prende .moglie? —Dio me ne seampi! Lo disse con un'ari* cosi spaven tata ehe il fazzoletto dell'omacchi one dirimpetto, strisciante sulla frónte bagnata, improvvisamente j sostò e scivolò fino alle ginocchia. —La eapàseo, Io Qual che disillusione. Una donna che non l'ha compreso o una donna ehe l'ha tradito. Indovino! Ma. creda a me—gli ocehi, i baffi tre* marono un poco—r, creda a me. Ci sono le donne che amano davvero. Se ci sono ! -Ne stia sicuro. Ci vuol tempo a trovarle; tempo e fede. 10, per esempio, ci ho speso tutta la mia giovinezza. Ma, creda a me, quando la si é incontrata la donna che ti comprende si ha un angelo accanto... Permette ehe smorzi la luce! Tanto anche lei arriva a Napoli... Grazie. Un an- gelo si ha accanto, creda a me. Buttò il suo grasso quintale di polpa lungo il divano. L'altro az zardò, a mezza voce : —E' quanto tempo si trattiene a Castellammare di Stabia? —Io vorrei una quindicina di gi orni ; ma mia moglie insiste per tutto il mese. Sono indeciso. Chis -7 sa? —Certo 0 ei si va per guarire del tutto 0 non si ci va affatto... —E ' vero, é vero. Diceva anche mia moglie cosi. Aveva ragione, poverina! E io la sgridavo!... —Con un mese a Castellammare é garantito.: ogni forma di catarro viscerale scompare radicalmente. —E io radicalmente vorrei gua rire Capirà, é una brutta seccatu ra.,. tSi, allora ; senz 'altro un me se. Glielo scriverò domattina, alla mia bimba. Buona notte, signore, Vittorio Ravanelli, negoziante di rosoli. . . . „ . Si voltò,-chiuse gli occhi, s'ad dormentò, mugolando teneramen te la gioia di un sogno azzurro pie no di angeli dalle pupille di stelle e dalle alucce d'oro e stringendo forte un lembo del divano che, nell'inganno del sonno, doveva es sere un braccio della moglie. Anche l'altro si stese, chiuse gli occhi, s'addormentò; e anche l'al tro sognò un bel sogno profuma to, nella bluastra del treno. Ma gli»angeli, ahimé, non avevano né le alucce d'oro jjé le pupille "di« stelle, e piegavano 4a 1 bocca in certi lampi di malizia che somigliavano assai a quelli del dia volo, quando ne pensa qualcuna delle sue. Mario Massa. ' (VV .PER RIDERE Il soldato Marmotta s'incammi nava tranquillamente verso la pi azza del Duomo quando, allo svol to l'una via, andò quasi a cozzare col capitano medico. —Ma voi siete quello del forun colo che ho visitato stamattina ! . esclamò l'ufficiale fissandolo seve ramente;—Vi avevo prescritto di non portare la cravatta e invece messa. E' Cosi che obbe / dite ai miei ordini ! ; Marmotta spiegò che per ottene re la libera uscita dal sergente di picchetto, aveva dovuto mettersi in tenuta regolamentare. -—Cosa c 'entra il sergente di pic chetto !«tuonò il capitano.—ll me dico sono io, o é lui! Toglietevi subito la cravatta, e andatevene prima che vi ordini agli arresti. Il soldato si mise la cravatta in tafecà e'continuò la sua strada. Ma, in piazza del Duomo, mentre col naso in aria -seguiva il volo d'un aeroplano, una voce con tono sec co ed energico gli gridò : —Voi, militare! Mi pare che si ate senza cravatta! H povero Marmotta si voltò, e rimase pietrificato nel trovarsi da vanti al colonnello. Levò di tasca maeehinalmente la striscia di tela incriminata, ma non ebbe né il co raggio, né il . tempo di spiegare co irne stavano le eose. . —Rimettetevi la cravatta —ordi- k . : m " - S nò il colonnello. . - Marmotta, più morto che vivo, obbedì. —Ed ora, dietro fronti Rientra te in. quartiere direttamente, e consegnatevi per dieci giorni di prigione. La disdetta, però, non aveva fi nito di perseguitare il disgraziato Marmotta.Appena in caserma si trovò di nuovo a faccia a faccia col capitano medico. . —Ancora eon la cravatta?— e sclamò, fulminandolo eon lo sguardo. E ' troppo ! Questo si ehi ama infischiarsi dei superiori ! Fa- PAURE E FOBIE Si discorre molto, di questi tem pi, di paura, di fobia, ecc. Non é quindi superfluo accennare a note voli osservazioni, recenìen|entc compiute, e delle quali interessanti dati in varie pubblica zioni, ma specialmente in uno stu dio del dott. Janet, che può defi nirsi uno specialista del genere*. L'uomo in perfetta salute non conosce la paura, che sotto una doppia forma: la-paura del perico lo di cui ha coscienza e che gli con cepisce al disopra delle proprie forze, ed il panico, che si abbatte di colpo sulla sua coscienza, con uno choc ideo-emozionale. L'uomo debole conosce poi una forma di paura cronica, ossessionante, che si ramifica in tante diverse paure : le fobie. Le "paure intellettuali". Alcune di queste fobie sono sta te definite dal Meunier : paure in tellettuali; esse nascono da uno stesso meccanismo mentale ; la paura di sé stesso. La 4 'paura di sé stesso" é la più angosciosa di tutte le paure. Essa combatte nel cuore e nella mente-di chi-ne -C'affetto, incessan ti lotte che,, purè* gene .raziocinanti, noii sono perciò meno epp?ime»ùe Ah in mé! Nietzsche'-aveva ragione i la; civiltà ci ha in certo modo,libera ti dalla paura delie belve—soppri mendo le belve—ma ci ha lasciato la paura di noi stessi, la paura di quel me ammalato che viene ana lizzato minuziosamente e che an che negl'incubi del sonno, anche nelle ebbrezze cercate, persiste in flessibile. I varii generi di fobie. Le fobie propriamente dette so no meglio conosciute delie paure intellettuali. I medici le hanno descritte e forse anche troppo vol garizzate nella loro clientela ec cessivamente nervosa. Si é avuto quindi un fatto assai curioso: che cioè per taluni—e naturalmente per i meno ammalati—la fobia é divenuto un peso sopportabile. Non solo taluni fanno mostra di essa, ma la esagerano a piacere, la ricercano in sé stessi e finiscono per iscoprirla ! Ed i medici cata logano, senza troppo preoccuparsi delle conseguenze. In tal modo possiamo distingue re l'agorafobia 0 paura delle gran di piazze; la claustrofobia 0 paura degli ambienti chiusi ; la 0 paura delle malattie ; la micro fobia, paura dell 'infinitamente pic colo; l'astrofobia, paura àétiams pi; l'antropofobia, paura dellaasijP cietà; la tanatofobia, paura della morte ; l'autotanatofobia, paura del suicidio; la fobofobia, paura di aver paura ; la pantofobia, pau ra universale, paura di tutte le cose, ecc., ecc. . . Ma tutte queste distinzioni pu ramente verbali sono una ben po ea eosa. Altrimenti importante e delicato é lo studio del meccani- rete dieei giorni di prigione, e poi ritornerete alla visita. Fu cosi che il soldato Marmotta dovette fare dieci giorni di prigi one per non avere portato la cra vatta, e poi altri dieci per averla portata. • • • Colta alla stazione alla parten za del diretto per... Un viaggiatore giunge all'ulti mo momento, ansante e trafelato, e sale rapidamente in un comparti mento pieno zeppo. - sn?o psicologico, ehe serre di base s ji Questi varii stati. Di esso si ét - diffusamente ed esaurì- s f .entemente il Janet, in uno studi» ) J>reso in molta consideratone da~ - 'Wf scienziati. Come si può fuarira Per l'uomo affetto da fobia. In atto più semplice diviene talvolta i insormontabile. Il Meunier rao~ i conta di aver conosciuto un giova - ne artista, ossessionato, a volta • - volta, dal desiderio e dalla paura > del suicidio. Egli non osava ahi > tare nei piani elevati delle casa,, i non osava toccare una rivolteli > né attraversare le vie corse dal i veicoli. Ora, come egli era pove h rissimo ed era obbligato, dalla su» fstessa professione, ad uscire ogni sera, fu costretto dalla neceiìgit» ad abitare un sesto piano, a fare lunghe corse attraverso i punti pia tumultuosi di Parigi, a rientrare * casa, in un quartiere equivocò, mu nito di una rivoltella, che i suoi a mici gli avevano fatto acquistar» a vivatforza. Si capisce otìjae do quoti- ViMè IV-pers«irAffetré"di ToM ragionano e, qualche volta, ragio nano giusto. ' Sostenuto dalVo sfor i 20 quotidiano, dèlio sforza conti i nuo.che era costretto a compierli su sé stesso, il giovane artista gua ri o ,per lo meno, la fobia che Io a-> ì veva sempre perseguitato, si occul . tó. La paura del ' 4 malocchio' r Le paura del malocchio é una dei . forme più basse delle paura intel » iettuali, le quali non hanno il ea » rattere meschino e ridicolo dell» fobie. Vi sono degli esseri che han no pau:ra di certi occhi o paura dff > tutti gli occhi. Nella via, essi han ì no paurfc degli sguardi dei passan ì ti che "arrestano" i loro pensieri ì o addirittura "li portano via"; io . un salone essi diventano incapaci i di associare due idee, se quei tali l occhi li fissano. E' questo indub > biamente un fenomeno di autosug*- - gestione, interessante a i ma ehe, psicologicamente, si risol ve nella paura di perdere le padror - nanza su sé stessi. Al grado più elevato si trova li» i paura della " meditatone ", cha é runa delle più temibili, percké pn6> ■ condurre difilato alla follia. s L 2§ er conchiudere, i "paurosi" a abbici", hanno, più che altro, bi ~ di una volontà amica, di ui* i balsamo per Le loro ferite; baimi» i bisogno di qualcuno che pigli pa i ternamente la loro testa fra le oia - ni e dica loro forti parole. Ma tn* j vare tali persone nella vita é raros i giorni passano ed i poveri acaa»*» - lati oscillano tra le angoseie appa~ - na palliate, per qualche istante > dalle med eie del corpo e da queil* - dell'anima. T. VL i Un giovinotto, tra i viaggiatati stipati nella carrozza, urtato bm , scàmente dal sopravvenuto, ai ia . scia sfuggii alcune frasi di pr»- > testa. Il viaggiatore ritardatari* k risponde per le rime. Replica irosa del giovinottou La lite sta assumendo propowt oni allarmanti. Ad un tratto,. 91 giovinotto -esclama : —Ma cka modi son questi f La finisca o la metto a posto iol £ l'altro di rimando: —Magari ! Nono cerco di magfiat
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