SORRISO NUOVO 6^ Làd quiole triste uulia stanzet ta, immersa ueua penombra tu quei tramonto ui marzo, m mi . provvisameute rotta uà una voce Giovanne. corte, Manetta, la ri ti li uoia uciia poi tinaia, ciuama va: Don Ciccì! Don Ciccì! Jjon cicalio si scosse, volse u -110 sguardo alla moglie che, 1111- inouiie su la vecchia poltrona di damasco giallo, snocciolava len tamente un rosario, e cinese : Vado io V i-* donna accennò di sì col ca po. Sospirando, don Cicalio si al zo, si raddrizzo su le gambe tre manti, strinse intorno ai corpo magro il redengotto di zigrino lustro, sbiadito e si avviò verso la imestreta che dava sul cortile. Chi è ì domandò con voce stanca che, certo, non sarebbe stata udita dalla ragazza se que sta, impaziente, non avesse atte so l'apparizione del vecchio im piegato, con il bel capo bruno ar rovesciato, gli occhi l'issi alia ii nestra del terzo piano. Una lettera, don Ciccì I Per voi! Alo'! Mo'! rispose il vec chio. E si staccò dalla finestra per dire, alla moglie: Una lettera, Teresì Vado a prenderla io E, sempre stentatamente, infi lò il corridoio buio che conduceva all'angusta anticamera. Uscì sul pianerottolo, cominciò a discen dere le scale; ma fu subito rag giunto da Marietta che, in quat tro salti, gli era andata incontro e gli tendeva una piccola busta bianca. Per voi, don Ciccì L'ha portata un momento fa una si gnorina disse la ragazza, ansante, rossa in volto per la cor sa. Ha raccomandato di darla a voi ; proprio a voi Grazie tante, Mariè Dovere dovere! prote stò la ragazza. Avete comandi, don Ciccì ? lo torno giù E, senza attendere risposta, si allontanò, leggera, cinguettando: Addio Rosina, vado alla guerra Don Ciccillo era rimasto a con siderare quella piccola busta bianca su la quale il suo nome e l'avvertenza "personale" erano vergati con una scrittura a lui i gnota. Chi gli scriveva? Perchè non lo lasciavano in pace? Le lettere ora dopo che gliene e ra giunta una con l'annunzio del la morte del figliuolo, l'unico suo sostegno, l'unico suo orgoglio, caduto in un combattimento sul Carso gli provocavano sem pre un senso di terrore, di ansia, gli facevano palpitare il vecchio cuore stanco, dolorosamente. Ed il ricordo del suo strazio, di quel l'indicibile momento nel quale la notizia orrenda era giunta devastatrice di tutta una sere na e modesta felicità gli tor nava, vibrante, gii strappava an cora sospiri, ancora lagrime. E con il petto che gli si solle vava, gli occhi inumiditi, le mani tremanti, egli aprì la busta. Po che parole: "Per la memoria del figlio vostro, vi scongiuro di ve nirmi a vedere. Ho bisogno di parlarvi di lui Non dite nulla a nessuno! Vi aspetto e spero. Domani alle undici. Chiedete di Concettina Rispoli : via Cristalli ni, 13." Niente altro. Chi era? Che vo leva ? Gli occhi di don Ciccillo, a quel ricordo del figlio, s'eerano riem piti ancor più di lagrime. Qualche cocente stilla di pianto andò a cadere sul foglietto. Concettina Rispoli? Un'amante, forse? Sto rie di gioventù Sarebbe anda to? Mentre rientrava nella stan zetta buia, nella quale sua moglie rimaneva sempre immobile su la poltrona, don Ciccillo non aveva ancora stabilito. Una cosa, tutta via, era decisa: Tacere. E, quan do la donna gli chiese: Chi ti scrive? egli rispo- se con aria annoiata: -—Niente niente!...... Una car ta del principale Il piincipale era un avvocato, nello studio del quale don Ciccil o copiava carta bollata de ven t anni. E il silenzio, tra quei due esse ri inconsolabili, piombò ancora, pi ustraziante di qualunque ma nifestazione di dolore. Rincantucciato sul sofà, don Ciccilol fantasticava. Concettina Rispoli? Chi poteva essere? E cercò, frugò nella sua memoria per richiamare un ricordo, un accenno, un'ipotesi. Nulla! Rie vocò tutti i discorsi del povero morto, la sua vita, nei minimi pai ticolari a lui noti Sempre nulla! Ese si trattava di una sciocchezza? Se I.e supposizioni si accavallava no, spuntavano una dopo l'altra, una su l'altra, a provigli; ma non valevano a liberarlo dall'in certezza. E, intanto, quella intensa rie vocazione gli ravvivava il dolore, 'lava, quasi, alla muta angoscia nella quale egli era piombato, scatti rinnovati di reazione, im peti di spasimo che lo avrebbero fatto singhiozzare, gemere, se non fosse stata lì sua moglie, ve ra imagine di madre dolorante, chiusa, impassibile nel suo scon finato tormento, nel suo inesau ribile strazio. Dal giorno della fa tale notizia, ella era rimasta co sì, intontita, piena di una specie di stupore tragico, sempre con vii occhi aridi, sempre con quel .'osario tra le mani, sempre con quel viso pallidissimo sul quale, di tanto i ntanto, una contrazione passava. Le ombre della sera scendeva no sempre più. Accendo il lume? ella chiese debolmente. Ma il marito si affettò a rispondere: Non ancora: non occorre! Perchè sul suo volto si sareb bero lette le tracce del silenzioso piànto che gli liberava il cuore d;i un peso opprimente. 11. Che avete questa mattina, don Ciccì? La voce grave dell'avvocato fece sobbalzare il commesso che se ne stava da un pezzo immoto, con la penna a mezz'aria, gli sguardi vaganti. Eh ? rispose, tornando in ;è ed arrossendo. Non vi sentite bene ? Così Così egli bal bettò, impacciato. Da una buona mezz'ora, cerca va il pretesto per allontanarsi dallo studio. Più volte aveva guardato l'orologio. —Se non vi sentite bene soggiunse bonariamente l'avvo cato, che aveva per quella labo riosa vecchiezza un senso di ri spetto e di compassione non fate complimenti, sapete? Meglio riguardarsi a tempo per evitare guai. Don Ciccillo aveva guardato ancora l'orologio. Le dieci ed un quarto! Appena in tempo avreb be fatto E bisognava trottare, anche ! D'un tratto la sua decisio ne fu presa. Se davvero non vi disturba, avvocato cominciò, Macché! Macché! Andate pure, don Ciccillo mio E pensa te alla salute! concluse napo letanamente il principale con un sorrìso incoraggiante. Poco dopo don Ciccillo trotte rellava sul marciapiede della Sa lita del Museo, con una specie di agitazione febbrile in tutte le ve ne. Non avrebbe saputo dire il perchè ; ma si sentiva pervaso da una commozione vaga. Che a spettava da quella visita? Che poteva fargli, che poteva dirgli quella sconosciuta? Non sapeva; ma un segreto istinto Io aveva indotto ad accorrere al richiamo, quasi avesse presentito che, dal l'incontro con quella donna, la sua povera esistenza di dolore e di fatica avesse dovuto ricevere un raggio nuovo di luce. Ed egli LA RASSEGNA —. PHILADELPHIA, PA., SABATO, 12 MAGGIO 1917 andava, a capo chino, con fretta nervosa verso i Cristallini, verso la casa sconosciuta nella quale gli avrebbero parlato di suo fi glio. Quando giunse, le undici erano da poco suonate. Nonostante la sua buona volntà, le gambe mal ferme lo aveva tradito. Chiese alla portinaia, una lurida vecchia che sporse il capo spettinato vera foresta di ispidi capelli gri giastri dallo sportellino del gabbiotto di legno annerito e tar lato : Abita qui donna Concettina Rispoli ? E attese, quasi temendo una risposta negativa. La voce rauca della vecchia rispose: —Sì al primo piano .... la prima porta E don Ciccillo s'avviò per le scale strette e sporche, odoranti d'umidità. Come gli batteva il cuore! Presso l'uscio si fermò un istante. Era socchiuso ed a lui giungeva il rumore d'una mac china da cucire. Beh ! disse ase stesso il vecchio Andiamo! e tirò, discretamente, il cordone del campanello. Uno squillo umile, dolce, som messo. Favorite! risonò una vo ce giovanile, mentre il rumore della macqjiina si affievoliva e poi cessava,. Don Ciccillo spinse la porta, si cavò il cappello, e mormorando ancora "Permesso?", entrò in li na stanzetta linda e modesta. Pof.'h i mobili semplici, lucidi, un chiarore blando, una tranquillità serena. Presso la finestra una macchina da cucire e, presso la macchina da cucire, una grazio sa figurina di donna, pallida, sottile, vestita di nero, dai gran di occhi scuri. Ella alzò il capo. Gli occhioni neri si fissarono sul visitatore e una viva fiamma le im])oi*porò il volto. S'era levata in piedi. Don Ciccillo Mira? bal bettò. Per servirvi rispose, turbato, il vecchio. Vi ringrazio, d'esser venu to ella continuò, con voce un po' velata, un po' tremante, Accomodatevi, prego E gli indicò un picolo sofà. Poi •rli sedette acanto. E tacquero entrambi, incapaci di vincere an cora il turbamento che li avvol geva. La giovine donna parlò per la prima : Vi ho pregato di venire, don Ciccì, perchè sentivo il bisogno di dirvi di parlarvi di lui Conoscete mio figlio? tremò la voce senile. Ella abbassò la testa. Gli volevo bene! Ah ! E un nodo atroce strinse la gola del padre, al ri cordo Da molto tempo gliene volevo, don Ciccì ! E tanto, tanto, tanto! ella proruppe, mentre le lagrime le salivano agli occhi Oh, tanto! E anche lui Do vevamo sposarci Il padre non disse nulla. Quand'è partito con tinuò Concettina, sempre più ap : assionatamente me lo ha giu rato ancora! Non vivevo che per lui, don Ciccì; per lui soltanto! Vi fu un momento di silenzio. Don Ciccillo aveva osato alza gli occhi in volto alla ragazza. Com'era bella! E una voce intima gli diceva anche che doveva esse re tanto buona, tanto affettuosa. Povera donna! Il vecchio s'inteneriva sempre più e avrebbe voluto parlare alla dolente, consolarla, asciugare quelle lacrime, lenire quel dolo re Eppure taceva ; eppure si sentiva incapace di articolare una parola. Ella, tuttavia, lesse negli occhi di lui la simpatia e ne fu rincorata. Il colloquio aveva perduto quel tono d'impaccio, di malessere: diventava più intimo. Le parole si snodavano più liberamente; le confessioni fiorivano. E da quanto tempo? chiese don Ciccillo. Da tre anni Tre anni ? egli ripetè, con accento che rivelava ingenua mente tutto il suo stupore e che voleva dire: "Ed io non avevo mai sospettato nulla!" Tuttavia in quel tono non v'e ra senso d'offesa. Egli considera la con una specie di tenerezza quella piccola donna che era sta ta l'amore di suo figlio e si sen tiva attratto verso di lei. E vole va sapere: voleva che ella gli parlasse di lui, sempre di lui. Vicini, sul piccolo sofà, quei due esseri che già sentivano d'a marsi, si parlarono a lungo, les sero le lettere del caro scompar so, contemplarono il suo ritrat to, si commossero e piansero in sieme. Ma Concettina aveva an cora qualche cosa da dire, qual che cosa di importantissimo. E non sapeva come cominciare. D'un tratto parve decidersi e disse : Vi giuro, don Ciccì, che sa rei morta come lui che mi sa rei ammazzata nel primo impeto di disperazione se non fosse stato per Ma s'interruppe bruscamente e celò il capo tra le mani. Don Cic cillo pareva attendere, ansiosa mente, la fine. Pen che cosa ? egli inter rogò, mentre improvvisa, radio sa, si faceva la luce nel suo spiri to. E quella rivelazione, intravi sta egli non ebbe neppure il modo di stupirsene non lo col piva dolorosamente; non urtava, come certamente avrebbe fatto in altre circostanze, la sua mora le borghese. Concettina singhiozzava. Per che cosa? disse ancora il Vecchio. Ma, questa vol ta, soffiò le parole all'orecchio della giovane donna che egli ave va attirata tra le braccia e della quale, meccanicamente, accarez zava i capelli nerissimi. Ed ella abbandonò il capo sulla spalla di lui, mormorando: Gli volevo tanto bene, tan to bene! Tacquero ancora, confondendo 1 loro singhiozzi. Poi egli 112 uil primo a chiedere: Dov'è? Dorme ! E don Ciccillo volle vedere il i icc'no, il figlio di suo figlio. In minta di piedi si avvicinò alla cul la o depose un baco su la testolina ricciuta. Il bimbo aprì gli oc chietti vivaci e la sua vocetta ar gentina trillò: Mammà! lx! piccole braccia si protesero verso la gio vane donna che lo attirò, lo sol levò, lo strinse appassionatamen te al seno. Per questo per questo te soretto son viva ancora! E lo baciava perdutamente. Poi fu la volta di don Ciccillo. Con un tremito delizioso, egli strinse al petto il corpicino esile, vibrante, coprì di baci il visetto timoroso sul quale qualche lieve contrazione annunziava non lon tano il pianto. Ma il sorriso ma terno venne a diradare le nuvole. Amoruccio mio, non teme re! 11 signore ti vuol bene Non è vero? Oh, sì ! mormorò don Cic cillo, inebriato, senza pensare tanto bene ti vuole il nonno! Il sorriso, comomsso dal suono della sua stessa voce che pronun ziava la dolce parola. Il nonno! ripetè, assapo randola, Il nonno! Dì, vuoi be ne al nonno? 11 piccino, sorridente, rincora to dal trionfante raggio di gioia jhe illuminava il volto della ma dre, rispose accennando con la testina tutta riccioli d'oro: Sì, sì ! Don Ciccillo era trasformato. Rideva, piangeva, s'agitava, per vaso da un'ondata di tenerezza, con una luce nuova nell'anima i naridita. Un bimbo! Un bimbo di suo figlio! Qualche cosa di lui che cosa di lui che riviveva ! Poi pensò a sua moglie. Si tur bò per un istante. Che avrebbe detto la vecchia? Ma fu un atti mo. Via! V'era da pensarci su? Egli la conosceva bene, la sua •anta donnetta Che avrebbe detto? Ecco: nulla! E don Ciccillo rideva al pensie ro che gli era balenato in mente, e rideva ancora, rassicurando Concettina, che a sua volta ave va formulato il dubbio. Che dirà? Vuoi sentire? Ebbene; nulla dirà Aprirà le braccia come quel vecchio bambi none di suo marito Qualche la crimuccia; ma, in fondo in fon do, una grande felicità! Ve drai ! Era corso subito a casa, più che mai irrequieto, più che mai \ibrante di gioia, dopo aver pro messo: Tornerò, oggi ! Ed era tornato quel giorno stesso, e poi il seguente; e poi sempre 111. La trasformazione non tardò :■ compiersi anche nella casetta 1 l iste dei due vecchi. Concettina aveva detto: "Verrò ad abitare con voialtri, don Ciccì. Voi siete vecchio e vi stancate troppo a lavorare Io ho la mia macchi na e molta clientela Che ne dite?" Che doveva dirne? Era la feli cità che gli si proponeva. E, co nil nuovo aprile, un sor ì iso aveva illuminato la tristezza falla vecchia casa. Un'anima nuova pareva avessero le cose decrepite e sbiadite; una inso spettata energia le due creature doloranti e mute. E la forza rin novatriee era una piccola donna bruna, infaticabile, che trovava il tempo di accudire con tenerez za figliale ai suoi vecchi e di la vorare con lena ininterrotta alla macchina rumorosa. E la forza consolatrice era un frugolino biondo, impertinente, che ricor dava un caro scomparso, che rappresentava una speranza, un legame tangibile d'affetto fra tre esseri colpiti da 1111 eguale dolo re. Giacomo di Belsito JOHN IVIASE' & CO. Salumeria Italiana 7tft> So, Bth St. l'hiiadelphia Fabbricanti della migliore specie di Salami, Salsicce e Codeghini, con specialità assoluta in PROSCIUTTI Importatoli di Formaggi, Riso. Funghi, Olio d'Oliva puro, Tonno all'olio, Sardine, Alici salate e a salsa piccante, Mostarda di Cre mona. Deposito dei migliori ANTIPASTI IL SOLE Provare per credere. A prez zi da non temere concorrenza. BANCA MAIELLA G. Tumolillo 829 So. Bth Street PH ILA DELPHI A Vaglia Depositi I Ji glietti d'imbarco No taio Pubblico Emporio Lupinacci 737 So. 7th Street Phila., Fa. WHITE HOUSE BAR Bth & League Sts. 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