La libera parola. (Philadelphia, Pa.) 1918-1969, July 20, 1918, Image 4

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    Appendice de "La Libera Parola" Numero 14
FRANCESCO IVI ASTRI Al\l I
LA CIECA DI SORRENTO
ROMANZO
Dai preludi del motivo che ella
sonava, il marchese, accortosi del
pezzo musicale che la figliuola a
vrebbe cantato, disse al medico:
Dottore, ascoltate : poesia e
musica è tutta roba sua; è una
romanza da lei composta, col ti
tolo la Cieca di Sorrento.
"Come un rio che rompe l'onde
Sotto l'ombra d'un cipresso,
Che neppur le proprie sponde
Di mirar gli vien concesso:
Così trista, cosi oscura
Passo ognor la vita mia.
Per me spenta è la natura,
Per me il sol non ha splendor!
NelPalbor del viver mio
Vidi in sogno il paradiso;
Ed un angiolo di Dio
Mi baciava gli occhi e il viso;
Ma una notte di Sventura
L'alma luce mi rapia!
Per me spenta è la natura;
Sol quell'angiol vedo ancor!"
La musica che rivestiva questi
malinconici versi era talmente
patetica e ispirata, che di per sè
sola avrebbe resa l'idea dell'au
trice senza il ministero della pa
rola; e la voce che si sposava a
quei concenti era pregna di tanta
ineffabile soavità, che l'anima e
sulava ascoltandola. Il marchese
aveva il viso tutto bagnato di la
crime, che cercava di rasciugarsi
e dissimulare, ma indarno.
Dottore, ecco innanzi a voi
la povera cieca di Sorrento. Che
mi dite? Sarà la mia povera fi
glia eternamente cieca ? Dottore,
rendete la vista, rendete il sole a
mia figlia, e la mia vita è vostra.
A queste parole, che il marche
se, nell'eccesso della sua tenerez
za, aveva proferite a voce alta e
distinta, Beatrice aveva messo
un piccolo grido e si era alzata
in piedi, quasi per rendere omag
gio alla presenza di un forestie
ro che ella intuiva presente con
suo padre nella sua stanza.
Oliviero Blackman aveva udito
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la romanza di Beatrice ; muto, e
statico, incantato, la sua anima
di marmo pareva liquefarsi sotto
un'incognita forza; i suoi occhi
torvi e sinistri, si erano fissati
sulla fanciulla, e jl difetto orga
nico della sua pupilla era quasi
sparito dietro lo sforzo della sua
volontà per guardare in volto
quella non mortale creatura. E
quando il marchese gli ebbe ri
volto quelle parole di disperata
tenerezza, Oliviero gli afferrò la
mano e gliela strinse in modo
convulso, mormorando tra i den
ti, quasi avesse risposto a sè me
desimo e non al marchese:
lt will do, bv God, it will do.
Indi si accostò alla giovane, si
sedè accanto a lei, e ricominciò
a guardarla con attenzione con
centrata; esaminò gli occhi di lei,
si fece narrar dal marchese la ca
gione di tanta sciagura e s'im
merse poi in profonda meditazio
ne. Il padre di Batrice e Geltru
de pendevano con ansietà dalle
labbra del medico; i loro cuori
battevano con estrema violenza,
e dico i loro cuori, poiché Gertru
de si sentiva seconda madre di
quella giovinetta, e nutriva per
essa un'immensa tenerezza. Sol
tanto Beatrice pareva fredda e
indiffemete in mezzo a quel tu
multuar di speranze e di timori,
se pure il suo dolce sembiante
non esprimeva un senso di dolce
pietà: era effetto della sua ange
lica rassegnazione al volere del
l'Ente supremo? Sì, certo, ma ad
un tal sentimento religioso anda
va congiunta la convinzione pro
! fonda della impossibilità dei mez
zi dell'arte a ridonar la luce degli
occhi, per inci, invece di commi
serar sè, internamente compian
geva suo padre e Geltrude, che, a
suo, si abbandonavano a vana
speranza.
Scorso un quarto d'ora nel rac-
coglimento del medico e nell'an
sia degli altri astanti, Oliviero si 1
alzò. Egli era pallido, commosso,
agitato.
Domani dispe al marche
se vi falò noto il mio pensie
ro.
E vivrò fino a domani in
questa tremenda incertezza?
esclamò il padre.
Diciassette anni e un gior
no di più, rispose freddamente
Blackman, alludendo al tempo da
che Beatrice era cieca, come gli
avevano testé raccontato.
La voce di Blackman aveva
messo un brivido nelle ossa della
fanciulla, ed un'ombra di confu
sa e mesta ricordanza le passò
pel cervello.
Il marchese e il medico erano
usciti.
Il pranzo fu brillantissimo e al
legro, poiché il marchese Ilione
ro, avvezzo alla vita del bel mon
do ed alle convenienze della buo
na società, si abbandonò coi suoi
convitati a tutta quella espansio
ne di cuore, a cui sovente si ab
bandonano gli uomini onesti e
dabbene. Alla comune giovialità,
era estraneo solamente Oliviero,
il quale, secondo il consueto, non
scambiò che pochissime parole
col conte, che gli sedeva accanto.
Ei stava seduto dirimpetto a
Beatrice, la quale aveva alla sua
destra il padre, e alla sini
stra il cavalier Amedeo co
me colui che già aveva annunzia
to a tutti i suoi prossimi spon
sali con la bella cieca.
Blackman era cupamente con
centrato, e fissava i suoi torbidi
occhi, con strana attenzione, ora
su Beatrice, ora sul marchese,
ma più frequentemente sul ca
valier Amedeo, il quale pareva
gradisse poco il malaugurato
sguardo dei medico. Cosa incon
cepibile! Lina mortale antipatia
era nata tra quei due personaggi
fin dal loro primo vedersi, anti
patia che si traduceva per ora
sui loro velli, e che andava in
cerca di un'occasione per scop
piare apertamente e senza ri
guardo alcuna ; poiché nell'uno
campeggiava l'orgoglio e la va
nità che null'altra stimava tran
ne che un illustre natale; e nel
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LA LIBERA PAROLA
l'altro signoreggiava il sogghi
gno del filosofo che si china sol
tanto all'ingegno e alla virtù. E
l'occasione non indugiò a presen
tarsi per dar lo scatto a quell'ar
cano sentimento di odio sorto gi
gante fra quei due.
Dòpo il desinare, i convitati
passarono nel salotto dove era
preparato il servizio da tè. Varie
partite di giuoco furono propo
ste.
Oliviero s'accostò al cavalier
Amedeo e lo invitò a giocar con
lui una partita di ècartè. Il fidan
zato di Beatrice fu sommamente
soi preso a questo invito, che non
si aspettava dal medico inglese;
ma non poteva ricusare, senza
offendere tutte le leggi della
buona educazione e offendere in
pari tempo l'amor proprio del
marchese Rionero, il quqJe sem
brava mostrale tanta deferenza
verso il convitato forestiero. Da
altra parte, un lampo di gioia
brillò ne' suoi occhi, pensando
che forse gli porgeva l'occasione
di umiliare quell'uomo, pel qua
le nutriva tanta antipatia.
Accetto l'invito, rispo
se.
Entrambi si sedettero ad un
tavoliere. Il conte Beniamino
i Lionelli ed altri si fecero intomo
ai due giuocatori.
Quanto giochiamo? chie
se Amedeo.
Quanto vorrete, rispose
l'inglese.
Un napoleone alla partita,
così per divertirci, disse il ca
valiere, che credeva di avere u
miliato con quella proposta il suo
avversario, il quale si mostrava
calmissimo.
Oh, scusate, disse Oli
viero ma non giuoco questa
somma.
E troppo forte per voi?
domandò Amedeo, felicissimo di
aver dato questa umiliazione al
l'inglese.
No, è troppo tenue; non
perdo il tempo per così poco.
Amedeo fu atterrito.
Come! Si tratta semplice
mente di passai - la serata!
Io non giuoco mai per di
vertirmi.
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re l'altrui denaro?
Precisamente Questo èlo
scopo di tutti i giocatori.
; Tanta stoica franchezza diver
tiva tutti gli astanti e faceva la
I disperazione di Amedeo.
Dunque soggiunse que
sti che somma intendete giuo
care ?
Non meno di mille napoleo
ni alla partita, rispose fredda
mente Oliviero.
! Gli astanti impallidirono e si
guardarono l'un l'altro. Amedeo
aveva ricevuto un colpo di pugna
le al cuore.
Voi celiate, signore !
No, signore, non scherzo
mai.
Ma questa è una somma e
norme ! E' la fortuna d'una fa
miglia!
Per me, è quanto spendo
talvolta per levarmi un capriccio.
Insomma, volete giocar questo
denaro ?
Ma io non ho addosso simil
somma.
Poco importa; se vinco, mi
farete una cambiale.
Amedeo restò qualche tempo
in silenzio; poi, con voce risolu
ta, disse :
No, non giuoco.
Oliviero si alzò contento del
suo trionfo, e gettò sul cavaliere
uno sguardo di disprezzo. Poco
dopo si ritirava nella stanza che
il marchese gli aveva preparata.
IV.
LA PREGHIERA.
Entrato nella sua camera,
Blackman accese un sigaro e si
| gettò sopra un divano turco. Dal
la disposizione del proprio animo
ei sentiva che per quella notte il'
sonno non lo avrebbe visitato; i
noltre, il domani era per lui un
giorno di crisi nella sua vite, poi
ché un pensiero ardito gli si era
fìtto nel cervello e lo torturava.
Aggiungi che egli aveva pro
messo al marchese di dargli una
j risposta decisiva il domani sullo
{stato di cecità della sua figliuola,
led aveva necessità di raccoglier
jsi alcune ore per scrutare nelle
vaste sue cognizioni sulla costi-,
tuzione organica degli occhi e de
cidere il gran problema della pos- ;
sibiliti*, d'una guarigione pertet- !
ta. Egli si trovava in uno di quei
momenti solenni, nei quali si tro- ;
va un artista che è sul punto di
cominciare un lungo e di I ficil la
voro, dal quale si ripromette fa
ma imperitura.
Blackman si abbandonò a pro
fonda meditazione. L'arte medica
ne formava esclusivamente il
soggetto ? Non potremmo dirlo,
poiché confessiamo di non avere
ancora frugata l'anima di lui
nelle sue latebre ; ma per certo
egli non aveva per la mente sol
tanto gli aforismi d'lppocrate e
di Galeno, e questo si argomen
tava dal fatto che, alzatosi poco
dopo, camminava concitato per la
camera, e mormorava poche in
telligibili parole: sembrava agi
tato.
Ad una parete della camera
pendeva un grande specchio con
cornice dorata ed intagliata ad
arabeschi.
Blackman si fermò innanzi al
ilo specchio, e stette a contem
plarsi : aveva gettato lungi da sè
il sigaro ed incrociate le braccia.
Orrore! Orrore! escla
mò. Deforme, deforme come
Glocester, come Quasimodo, co
me Triboulet ! Mai come ora sen
tii tanto amaramente la mia
sventura! Gobbo, guercio, lab
bruto! Maledetto il momento in
! cui mia madre mi concepì! Ep-
I pure nell'odiare gli uomini io tro
jvavo conforto alla disgrazia! E
'quanto più cresceva in me que
sto sentimento d'odio, tanto più
sentivo scemare la mia deformi
tà!
E Blackman ripeteva involon
tariamente e per consuetudine le
parole di Riccardo 111 nel Sha
jkespeare, suo autore favorito:
"But I, that am not shaped for
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g'.
That dogs bark at me, as I bai»
by them.
And therefore, since I cannot uro!
ve a lover,
I am determin'd to prove a viU
lain,
And hate the idle pleasure of
these days."
"Ed ora io amo ! ! Zitto, cht
l'aria non lo sappia, che io me
desimo l'ignori! O Dio, comincù
ora a comprendere con qual cri
terio Tu regoli questo mondo
Tu hai voluto che io m'innamo'
t assi d'una cieca ! Ma quale or I
renda voragine divide me da coi
lei ! Eppure io l'amo ! Oh, se
anche il padre suo fosse cièco'
Ma che dico! tutti gli uomini doi
vrebbero esser ciechi! Chi mai
senza fremere di sdegno, potrei
he veder in me il marito di q Ue i
l'angelo?
Blackman stette alcun poco in
silenzio, senza togliersi dinanzi
allo specchio.
lnfame istrumento, e.
| sclamò poscia leggo in te la
mia condanna eterna ! Dolci e
spansioni di due cuori che si a
mano, sguardi che si incendiano
di voluttà, che si adorano, ve
non sarete per me che arderti ti
immagini, e niente altro! Mai |f
mai sentirò il bacio d'una donn;il
stamparsi su queste mie labbtfl
di demone! Oh, che mi vai tuttJl
l'oro guadagnato, se non potiv 112
comprarmi un raggio di amore
Che mi vai la potenza che ho 4
tórre alla morte migliaia di esk J
stenze, se non potrò far mia nepiii
pure una di queste? Che mi vaga
di aver veduto chine a' miei g. ;
nocchi altezze sociali per otten®
re un quarto d'oro del mio tempii
se mai tra le mie braccia potili
stringere una sposa che mi amiß
Infame interprete della natuiiP
degno trovato dell'umana mi; 1
ria, specchio esecrato, va', ti m >i
ledico, come ho già maledetto I
genere umano e la natura
(Continua)
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