LA LIBERA PAROLA (The Free Word) PUBLISHED EVERY SATURDAY by A. GIUSEPPE DI SILVESTRO EDITOR-IN-CHIEF 906 Carpenter St. Phila., Pa. Bell Phone, Walnut 74-72 Anno 1. - Giugno 22, 1918 - No. 10 SUBSCRI F»X I O INI One year, io advance . . $ 2.00 Six months „ • • tr J»25 Single copy . . • • % 112 0.03 ADVERTISING RATES per insertlon Display adt. per inch, single column $0.75 Politicai notices 44 44 44 1.00 Amusements 44 44 4 * 0.75 per mo nt H Display adt. per inch, single column $2.00 Politicai notices 44 44 44 3. 00 Amusements 44 4 4 44 2 .00 Reading matter per line of 13 ems 0.15 Translation and set up type paid separately Ali payments musi be made to LA LIBERA PAROLA motti di spirito chiacchiere e freddure giornalismo e giornalisti Pasquale Farina, professore nel campo dell'arte a 18 anni, avendo mo strata la velleità di diventare giorna lista, incominciò a fare all'amore con Costantino Costantini e nei discorsoni che gli teneva gli andava esponendo tutto un programma radioso per l'ay venire de "11 Momento", giornale set timanale che di quei tempi era contro il solito faccendiere coloniale. "Aggiungendo la parte inglese", ra gionava Pasquale Farina, professore nel campo dell'arte a 18 anni, "io, che ho molte aderenze fra gli americani, farò colpo su di essi e le ditte, nelle quali sono interessati, sentiranno la necessità di darci la loro reclame, Pubblicando poi le vignette, non im porta se esse costeranno un occhio, e parlando continuamente di arte, riusci remo a convincere le autorità cittadine a ricordarsi di me per i lavori di re stauro". c'è bisogno di dire se queste previ sioni facevano fare l'acquolino in boc ca a Costantino Costantini? Infatti in ■tigni angolo di strada si vedeva costui e lo si sentiva dire e ripetere che il suo giornale sarebbe presto diventate un bel giornale, un grande giornale, un giornalone. Mentre le trattative erano a buon punto, venne lo scandalo suscitato dal faccendiere coloniale per l'arrivo della Missione; venne il risentimento della colonia: vennero gli ordini del giorno, mentre si andava preparando il comizio di protesta. momento opportuno per Pasquale Farina, professore nel campo dell'arte a 18 anni, che dal faccendiere aspet tava l'appoggio per quella tale decisio ne delle autorità cittadine! il telefono incomincia a lavorare; i camerieri del Manufacturer's Club ap prestano le tavole per le colezioni che si moltiplicano; l'interesse del nostro protagonista per la così detta Federa zione si sveglia e si accentua, e la vel leità di scrivere tutto lo conquide. pare fosse stato in uno di questi in contri che Pasquale Farina, professore nel campo dell'arte a 18 anni, avesse «letto al faccendiere coloniale: "ma la sci fare a me, cavaliere; con il Prof. Pasquale Farina non si scherza, met terò a posto io quella canaglia", e sic come, incoraggiato dal momento psico. logico, pare anche si fosse intrattenu to a parlare, con idee grandiose, della trasformazione de "Il Momento" il faccendiere coloniale che, dopo tutto, non è un imbecille, parando subito il colpo, gli avrebbe risposto: "ma pro fessore, ha lei dieci o quindicimila dollari da buttar via?" l'articolo che Pasquale Farina a vrebbe dovuto pubblicare sull'Opinione doveva essere scritto in inglese e la stampa americana avrebbe dovuto ri produrlo. E l'articolo fu preparato mercè l'intervento di uno scrittore di un giornale North americano. Ci è sta to riferito da persone degne di fede, che se fosse stato pubbiVato com'era scritto, nessuno avrebbe potuto impe dire che a Pasquale Farina, profes sore nel campo dell'arte a 18 an ni, fosse data una lezione manua le. Cosicché sconsigliato, invece che in inglese e sull'"Opinione" fu inserito in italiano su "Il Momento". Tutti ricordano quel monumento di bello scrivere e di incoerenza. Uno scritto incompreso ed" incomprensibile. Ma Pasquale Farina, professore nel campo dell'arte a 18 anni, 6Ì giustifi cò dicendo che aveva scritto per pa triottismo perchè convinto che i panni sporchi si debbano lavare in famiglia. Pasquale Farina, patriota! quando è risaputo, tanto per dirne una, che una società paesana, che l'ha a socio ono rario, avendolo invitato ad un'opera di assistenza civile, non ha avuto nean che il piacere di ricevere una risposta. a proposito di coerenza non perchè volessimo difendere chi «li difese non ha bisogno, ma deside reremmo che i dormienti si svegliasse ro e rivelassero il loro nome, per sape re se certe lezioni di moralità e di coe renza sono date da persone superiori ad ogni sospetto. salvato dal suicidio un nostro insigne colono mari tato due o più volte e con figli, aveva fatto credere non ad una ma a diverse signorine che le avrebbe sposate. Sco perto il trucco il nostro Don Giovanni minacciò di togliersi la vita. Commos sosi il nostro Jack corse subito al sal vataggio. In compenso di questo no bile atto, l'insigne colono, che sa così bene imitare il commediografo Scar petta, promettendo a questa e scon giurando quella, oggi mal digerisce l'amico Jack, sólo perchè questi è con tro il faccendiere coloniale che una volta tentò di prendergli i frutti del suo lavoro. invito a pagamento mercè il pagamento di un dollaro cadauno Aristodemo, non quello della tnigedia, parecchi giorni fa invitò a | casa sua diversi fratelli di una istitu zione. A pranzo consumato qualcuno ringraziò delle cortesie ricevute, ma non disse verbo circa il dollaro paga to. Ragione per cui siamo stati incari : cati noi di ricordarlo. per finire Un padre ritrova dopo mezzanotte un suo figlio fermo in una piazza. Gli batte in una spalla e dice: Che fai qui? Aspetto una cittadina. SUPER ASPIDI EI USCII Attila e Guglielmo L'autore di queste brevi note stori che è un uomo, cui può essere negate ogni merito, tranne quello d'aver volu to vedere il diavolo da vicino e d'aver 10 fatto ballare. E come il natale de Rinnovamento dell'arte in Italia è se gnato dalla notte, nella quale il diavo lo apparve nel sogno ad un pittore pei rimproverarlo d'averlo dipinto pi C brutto di quel ch'ei fosse; così la di sciplina d'un pensatore virile s'inizis dallo scontro del proprio diavolo, t spirito che sia, con i tanti e vari dia voli abitatori della creta d'Adamo. Questa volta, osservino i miei let tori, ho due diavoli fra le mani: Atti la e Guglielmo, unno l'uno e tedescc l'altro. Il re degli Unni si lamenta, come 11 diavolo della leggenda, d'essere sta to raffigurato più brutto di quel ch'e fu quando era in vita. "Leggi," m'ingiunge Attila, "legg le tue storie latine e quelle gotiche « saprai se m'hai offeso ritraendomi co me l'archetipo dei mostri alla Gu glielmo". L'imperatore dei tedeschi è un bel l'uomo: io bruttissimo fui; ma la nui deformità fisica non fu uguale aIU pravità di cuore di quello, perchè li supera; il mio cuore d'Unno, però nella guerra cercò l'idillio e !a ventu ra delle armi tentò con animo e mod da cavalier'errante, quasi da cavatici servente dell'imperiale donzella "Salsi colei che inanellato pria, disposando, m'avea con la sua gemma' Amor mi trasse a sfrenare le mi< orde di devastatori sui colli della Ve nezia; e non la forza dei Romani m indusse a levar le tende dall'ltalia i a tornarmene in Pannonia, rimandan do gli ambasciatori lieti a portar li novella che Roma era salva per U grazia dell'Unno. Fui re analfabeta e non imperatori enciclopedico; ma non distrussi Lo vagno, centro di cultura e arca santi di codici preziosissimi alle genti col te. 10. "voleva più dire l'Unno; mi posi fine al suo lamento, rassicuran dolo che giustizia gli sarebbe stati resa; chè il romano è giusto anche co barbari; e, com'è mio uso, passai a servizio di Attila, a beneficio del qua le corsi a leggere le storie di Animia nus Marcellinus, un milite romano, ch< negli ozi della pace, da testimoni! oculare, descrisse gli Unni al lori primo irrompere in Europa. "La nazione degli Unni," scrive Ani mianus Marcellinus, "poco nota nelle antiche istorie, estendentesi dal mai d'Azof al mar ghiacciato, supera tutt i barbari in barbarie. Nei primi anni d'infanzia, l'Unno ? sfregiato dai genitori con ferite sul le guancie, affinchè negli anni della vi rilità le conseguenti cicatrici impedi scano il crescere della barba e dei baf fi; ond'è ch'egli raggiunge la matu rità e la vecchiaia, come un eunuco sbarbato e sbuffato. L'Unno ha membra vigorose e sim metriche e bel collo; ciò nonostante la 6ua figura è un prodigio di brut tezza: il suo dorso è così piegato che tu lo prenderesti per un animale bi pede o per que' pali mal tagliati che si vedono sorreggere i ponti. E come esso non ha quasi sembianza d'uomo così conosce tanto poco la civiltà che non usa fuoco nè altri ingredienti pei preparare il cibo, nutrendosi di radi ci che trova per i campi e di carne mezzo-cotta d'ogni sorta d'animali. Dico mezzo-cotta, poiché l'Unno dà una certa cottura alla carne metten dola fra le l sue coscie e la groppa del cavallo. Questo barbaro non cerca mai ri covero nelle case, che riguarda quali sepolcri, o v'entra soltanto se costret to dalla più dura necessità: errando per montagne e per selve è educato fin dall'infanzia a sopportare la fame e la sete estremi e non si fabbrica nemmeno una capanna qualunque fat ta di canne. Pezze di lino o pelli di talpe cucite insieme coprono la sua persona; e lo stesso vestito egli usa in casa e fuori; e una volta che abbia indossato una di siffatte tuniche, non la cambia fin ché questa non cada a brandelli. Pel le di capra copre le sue gambe vellose e curve berrette gl'incorniciano la te sta. Va calzato, ma cammina penosa mente, chè le scarpe non sono confor mate ai piedi, ed è reso per ciò ina datto agli scontri fra pedoni. D'altra parte, egli forma un corpo solo col ca vallo, brutto a vedersi anch'esso, che spesso cavalca alla guisa delle donne, in groppa al quale vive notte e giorno, compra e vende; e, quando scende la notte, si piega sullo smilzo collo del suo animale e vi cade su in profondo sonno o vagola fra gli strani fanta smi dei sogni. Sorgendo una disputa su questioni importanti, egli caval cando si reca al luogo dell'adunanza. Le deliberazioni non sono rese so lenni da alcuna austerità di re; ma, pur essendo nell'insieme soddisfatto della guida disordinata dei capi, l'Un no non ha ritegno ad interrompere 1 dibattiti con qualunque idea gli frulli por il capo. Sul campo, gli Unni, se attaccati, resistono talvolta all'urto in ordine di battaglia e riempiono l'aere con urli e grida varie e discorsi. Più spesse, es si combattono senz'ordine di battaglia ed essendo molto veloci e presti nei movimenti si sparpagliano per poi raccogliersi rapidamente in. rade for mazioni e apportare così rovina sui vasti piani o mettere a sacco il campo Ma da quest'ora, non ci sono j cittadine in piazza. I A quattro ruote no, ma a due I gambe sì. 1 OPERAIO: più tu lavori più tu concorri ad ottener la vittoria sui bar bari invasori. I nemici fanno affida mento sul tuo mancato lavoro per le munizioni e in attesa che ciò avven ga maggiormente si imbaldanziscono. Ogni rilassatezza nel tuo lavoro è il prolungamento della guerra. LAVORA DI PIÙ' SANCIO PANZA del nemico, prima che questi siasi av veduto del loro avvicinarsi. Non v'è alcuno fra essi che coltivi la terra o che guidi l'aratro. Tutti va gano senza fissa dimora, senza casa, senza legge o sancite usanze, con car ri per albergo, dove le loro mogli essi sono poligami tessono lor vesti schifose e allevano la prole fino alla pubertà. Se tu ne l'interroghi, non v'è alcuno fra loro, che sappia dirti il suo luogo d'origine: ei fu concepito in un luogo e partorito in un altro, allevato in un altro ancora, forse più lontano. Gli Unni sono violatori delle tregue incostanti; sempre pronti a lasciarsi andare dove li meni il primo alito d'un nuovo desiderio; alla rabbia arrende voli senza resistenza alcuna. Finalmente, quali animali privi di ragione, essi sono incapaci di distin guere ciò ch'è apparente da ciò ch'è reale. Sono, però, maestri nei giuochi di parole e abbondano di detti impe netrabili. Sgomento di superstizione non li commuove e li arde una sete d'oro inestinguibile. Kssi liticano con i compagni senza esserne provocati e, nello stesso gior no, senz'averne ricevuto soddisfazio ne, si riconciliano. * * # Tali erano gli Unni verso la fine del quarto e il principio del quinto seco lo, prima ch'essi dall'incontro co' Ro mani potessero dirozzarsi alquanto della nativa barbarie e Attila li gui dasse in Gallia a farsi sconfiggere e in Italia a distruggere e a volgere in fuga ossequiosa davanti agli apostoli Pietro e Paolo minaccianti come vuole la leggenda o in cospetto del la carità di patria di Leone primo, pontefice e cittadino romano, come in segna la storia. Che gli Unni distruggessero le cit tà per cui passavano non è maravi glia, nè da imputarsi a colpa del loro re. I barbari tutti traevano verso Roma e Bisanzio, verso la civiltà greco-lati na degl'imperi d'Oriente e d'Occiden te: i Goti di Teodorico e più tardi 1 Longobardi; altri per goderne in un amplesso il quale non poteva essere che distruzione e schianto, quali i Vi sigoti d'Alarico, i Vandali di Gense rico, e gli Unni d'Attila. Quest'ultimo agognò mai a fondare un suo impero sulle rovine di quelli di Roma e di Bisanzio, poiché tale im presa era superiore alle capacità e a gli usi d'un barbaro puro, essendo più che guerra, una contesa con gl'istru menti e le arti della pace co' Roma ni e co' Greci per vivere in mezzo ad essi come loro signore. Cotali impre se non sono possibili a barbari puri, come Attila, ma a quelli colti, quali Teodorico e Amalasunta, donna tra gotica e romana. L'architettura, i modi del viver ci vile e domestico e fino a un certo se gno il caliere dei romani poterono in crociarsi c-in i nuovi elementi barba rici e farsi gotici alcun poco; ma non avrebbero mai potuto "unneggiarsi." Gli Unni apparivano ai Romani, quali Ammianus Marcellinus li descri ve, animali privi di ragione j con appena le sembianze di uomo; e come tali distrusse ne, ma per infondere nel giuocattolo della civiltà greco-latina capitata lo ro nelle mani quel po' di vita ch'ei conoscevano, per farne un uso qua lunque di essa come di cosa altrimen ti inutile e inerte. Gli Unni, infatti, del tempo d'Atti- j la erano meno barbari <Ji quelli con- ' temporanei d'Ammianus Marcellinus e potevano essere frenati nell'atto di manomettere ciò ch'essi non compren devano, ma che altri proclamava es sergli caro ed essere grande. Il senso di sgomento che Attila provò dinanzi a Lupus, vescovo di Troyes, e a Leone primo, non trova la via del cuore negl'imperiali del l'Hoenzollernismo. Fra barbari affini agli Unni, Attila potè estendere i suoi, domini e lascia re un buon ricordo di sè, se non una propria dinastia. Le saghe scandina ve e germaniche principalmente can tano di lui con accenti di simpatia. La "frightfielness" d'Attila, il ter rore che questi spargeva, era parte in volontario, derivando dalle distruzioni talvolta inevitabili, come la sua mag giore quella di Aquileia e par te voluto, intendendo l'Unno a vince re senza ardue prove, nelle quali ebbe sevnpre la peggio, e senza troppo a spettare. Atterrire, anziché combatte re, per sottomettere è anche il meto do dei Tedeschi, il quale era perdonà bile, e in qualche modo, ragione vole in Attila. Non volendo fondare un impero, il re degli Unni cercava de naro e provvigioni, e gli bastava do mandarli con gesti paurosi; epperò ne fece di tali che gli guadagnarono la fama ed il nome di "Flagellum dei". Gli Hoenzollem, aspirando a fonda re un impero universale, distruggen do non hanno le scuse degli Unni, i [luali non potevano curarsi di conser vare monumenti, che non volevano conquistare. Guerriero conquistatore, nel senso genuino del nome, è Napoleone; il qua le non unneggia nè tedescheggia, ma francheggia, rispettando i capolavori iloll'arte e portandoseli a casa per me glio custodirli e ammirarli. Come ladruncoli domestici, i tede schi fan man bassa sulle argenterie lelle case, nei paesi invasi, e quanto all'arte, distruggono per mostrare di possedere i! gonio Hi Binmarck e far : LA LIBERA PAROLA [proprio la vanterìa: L'arte?.... è | nulla, ed io ve lo provo riducendola in ! cenere e frantumi. | "Nihil majus" vedrà il sole nel suo | lucido corso della civiltà teutonica: la I letteratura, la filosofia, le arti, le j scienze, le industrie, la guerra sono i state fabbricate in Germania, il socia lismo di tutti i paesi è stato model | lato secondo il socialismo tedesco e fi- I nanco la rivoluzione bolshevica, in una j certa misura, è "made in Germany". Gli Unni, non rappresentavano ci ! viltà veruna nè facevano le vendette i su Roma conquistatrice, poiché i Ro mani, non ebbero per un lungo periodo ; d'anni rapporto alcuno con essi o li eb ! bero ausiliari, quindi nemici per breve , tempo, e da ultimo alleati per forza : e per amor. .. di tributo. In ogni gesto dell'invasore tedesco, c'è l'asta che memore della cruenta I mano dei Cesari, Germania avventa. Non avendo superato gli istinti di tri i bù, i Tedeschi, pur mostrandosi civili nella preparazione bellica, sono barba ri pure quando colpiscono. "Picchiate , sodo" ordinò il cancelliere all'inizio della guerra. "Picchiate duro". Attila non picchiò mai sodo come un tedesco perchè fu unno. Il Byron applicò ai tedeschi l'epite . to di Unni, e il Kipling all'inizio della guerra attuale seguì il fratello mag | giore nell'appellare la stessa gente. Ma Attila mi prega di sconfessare i ' tedeschi quali unni, perchè unni non furono mai. Le orde d'Attila facevanoparte di una delle famiglie turaniche, nè aria i ne nè semitiche, affini ai Turchi, ai ' Magiari, ai Finni e ai Turgusi. Un Tedesco antico, Jordanes, vesco vo gotico del sesto secolo, che descris | se i lineamenti e i costumi degli Un ni, trova l'origine esecrata di costoro nell'applesso d'una strega gotica con 1 | diavoli dell'inferno. Ma anche tale ori ; gine ingiuria gli Unni, perchè nella | mistura c'è l'elemento tedesco e quan ito ai diavoli dell'inferno via fa i troppo caldo qui sulla crosta del glo bo! Il crimine maggiore imputato ad Attila è la distruzione di Aquileia. Questa città, una volta che i barbari j avessero valicato le Alpi, era fatale | che dovesse cadere per non levarsi mai più. Aveva fatto così bene da avampo sto per parecchi secoli contro ai bar : bari in difesa di Roma, era tanto for te da esser inespugnabile e chiamata la vergine fortezza dell'ltalia Setten ! trionale. Attila sarebbe stato malsicu i ro nella sua marcia verso il centro d'l ! talia, se avesse lasciato in piedi e al le sue spalle la città più formidabile. Inoltre, l'assedio fu cosi lungo che il re | degli Unni aveva deciso di toglierlo quando dal volo delle cicogne trasse Ì auspicio a vincere e tentò l'assalto che i lece crollare le mura dell'invitta. Gli | Unni v'entrarono e la distrussero. Fra j il vigore della resistenza d'Aquileia e ■ la violenza necessaria a fiaccarla, fra i l'offesa e la difesa, v'è una proporzio |ne a cui Attila si conformò pur di -1 struggendo ed uccidendo. Era quella l'età del ferro e non già | del telegrafo senza fili e del sacialismo | tedesco; e, inoltre, con le città che gli j si arresero senza resistenza, quali Mi ! lano, Vicenza, Verona, Brescia, Berga [ mo, Pavia, Attila si condusse umana- I mente; non facendo strage dei cittadi ni, nè distruggendo gli edifici: confi ! scò gli averi di quegli e cercò i tesori | di questi. | Ciò che distingue Attila da' suoi col | leghi di distruzione nella storia non è ! già ciò ch'ei distrusse, ma ciò che non j volle distruggere deliberatamente. ! Che se il buon padre Dante non si pe ; rito di chiamare "il buon Barbarossa" j quel Federico che seminò il sale sulle ! rovine di Milano, io posso ben chia | mare Attila, il re buono che la città lombarda non distrusse. I Romani distruggevano senza im ; barbarire, allorquando necessità mili tari o politiche lo consigliavano; ma, | forse, sulle fiamme divampanti di Car ! tagine lacrime d'una pietà umana e | romana, superiore a quelle necessità, j caddero dagli occhi del console, quan ' do gli dei esaudirono la preghiera di Catone: lacrime che, forse, Attila non versò sulle rovine di Aquileia. Ma la distruzione di Lovagno, città I non militare, posseduta 6enza resi- i I stenza, centro di cultura, e abitata da I una popolazione inerme, non trova ri j scontro con le distruzioni unne. E già fra i dannati della storia la distruzio ne della città belga annoia Attila più che il suo letto d'infamia. Quella distruzione ha confronti con ! il fanatismo mussulmano. Omar fece questo ragionamento: 0 la biblio- • | teca d'Alessandria contiene libri che dicono ciò che il Corano dice ovvero 1 no; se si, essa è superflua; se no, essa è pericolosa. Vada dunque alle fiam me la biblioteca d'Alessandria. Sul limitare della biblioteca di Lo vagno, gli Hoenzollern ragionarono a un dipresso come Omar e la differen za fra questo e quelli è che quest'ulti- ! mo non conosceva i libri della biblio teca d'Alessandria, gl'imperiali della Kultur avevano letto o conoscevano i libri della biblioteca di Lovagno, ep però la distrussero. Gli Unni distruggevano dal sotto in ; su per contemplare le rovine; gl'im- , periati dal sopra in sotto per dare al-': la loro superiore civiltà un piedistallo ! degno. Attila non fu disumano nemico, seb- j bene la leggenda, che s'identifica con i la tradizione cattolica, abbia falsato la storia facendo del re degli Unni un ne mico degli uomini e di dio, così come ] la falsò (piando trasformò quel crimi- ' naie di Costantino in un angelo di bon tà. Egli è che la tradizione cattolica doveva prestare carattere di miracolo ad un fatto storico e inventò l'appa rizione della croce con "In hoc signo vinces" e degli apostoli Pietro e Pao lo minaccianti Attila sul Mincio. Af finchè le esortazioni o gli ammonimen ti di Leone primo al re degli Unni si trasfigurassero nel miracolo dell'appa rizione (fagli apostoli, la tradizione in ventò la leggenda, che non sarebbe stata brava se Attila fosse stato un buon figliuolo e l'impresa di volgerlo in fuga facile. Attila non fu disumano nemico. Egli era disceso in Italia per un'im presa melo-drammatica da compiervi: JERRY BARBAR, Pres. CHAS SANTORE. TVels. JERRY BARBAR & Co. SARTORIA DI la. CLASSE Il più' prande stabilimento in UnioDtown per pulire e stirare-aititi 14 E. Main St., Exchange Htoel Bidè - 59 Morgantown St., Uniontown, Pa. egli era nonostante i concomitanti ' terrori della sua calata nel bel pae j se un eroe da Metastasio e che pecca ' to che il Prati non ne facesse una bal -1 lata. Salsi colei che inanellato pria, di- I sposando, l'avea con la sua Onorìa ' figlia di Galla Placidio, e sorella del l'imperatore, della corte di Bisanzio dove sua zia, Pulcheria faceva le ven dette dell'imperiale maestà offesa, che non cinse di sufficiente difesa i lombi della principessina alle prese in Ra | venna, con la volgarità d'un servitore j aveva mandato ad Attila in Panno ; nia l'anello di sposa, creando il re de gli Unni suo sposo, suo imperatore e ! suo cavaliere. ; Attila scese in Italia in cerca della ! sua bella onde liberarla dalla prigio nia e ottenere dal matrimonio senza | fili la sanzione dell'imperatore Valen tinano. Il quale aveva torto e mentiva ! rifiutandosi e affermando che le donne ; non avevano diritti imperiali, proprio i quando Pulcheria imperava e teneva prigioniera Onoria in Bisanzio. , j 0 mio buon Attila, io faccio le tue vendette. Arrendendoti a Lupus, vesco 1 vo di Troyes, tu rispettasti la città in cui egli era il pastore; arrendendoti alla carità patria e alla fede di Leone primo, rispettasti Roma. Calcati bene la tua corona sul capo. Dio non te l'ha data Per abbracciar con gli occhi le va ghe sembianze di Venezia, Gabriele d'Annunzio se ne parti dal campo tut to solo e muto, compreso del senso re ligioso di chi s'awii ad un estremo convegno d'amore, quando la calata dei barbari nella città della laguna si temeva imminente. Il poeta era per suaso che nè invocazioni d'artisti, nè pianto di cittadini, nè scomuniche di papa, le quali diciamolo sottovoce che nessun ci oda non sarebbero venute, avrebbero trovato la via del cuore dei barbari imperatori, caracol lanti l'uno sul dorso dell'apostolo Pie tro, l'uno su quello dell'apostolo Pao lo. Confidami, Attila, confidami le pa role paurose o divine che Leone primo ! ti disse presso la tua tenda sul Min : ciò. Io sento un gran bisogno d'inse | gnarle a Benedetto XV affinchè le ri ! peta a Guglielmo e a Carlo, impera ' tori. Di là dal Piave, c'è un più grande e vero flagello degli uomini e di dio, [santo padre. Voi non lo credete? 'E 1 provatelo, dunque, il Tedescto. E' ben vero che voi avete chiavi, I che, disgraziatamente aprono soltan to le porte del paradiso, "fit tibi dabo claves regni coelorum". Ma, se l'apo stolo Pietro ha chiave non buone, l'a postolo Paolo ha la spada aguzza a a due tagli. Che se nè la speranza del paradiso nè la paura dell'inferno avessero pos sanza di volgere in fuga il "flagello hominum et deorum", varcate il Pia ve e la Marna e scontrateli. * * » i Che più indugiate, santo padre ? Te ! mete forse che il miracolo dell'appari zione dei santi Pietro e Paolo si rin ; novi o che non s'abbia a rinnovare? jSe temeste del primo caso del di j lemma, voi non avete la fede di Leo j ne primo; se del secondo io v'assi- I curo, santo padre, che il miracolo si rinnoverà. Chè la leggenda non è al ; tro che la elaborazione commossa del le genti d'un fatto storicamente vero j e magnanimo. C'è il treno, santo padre, c'è la di ligenza aerea, che accogliendovi sulla cupola di San Pietro, senza scon quassamento d'ossa, senza violare la | pudibonda virtù d'un tre volte santo ermafroditismo, senza rotture cioè di i neutralità, vi calerà sano e salvo pres 'so la tenda degli imperatori, colà don !de minacciano l'ltalia e Roma, tutto 1 il mondo e i paesi circonvicini. Attila è in via verso Roma. Leone i primo va ad incontrarlo, e quegli s'ar | rende alla carità di patria e alla fede del pontefice e del cittadino romano. ! Questo è il maraviglioso della storia. L'affresco di Raffaello raffigurante l'apparizione degli apostoli minaccian te ferma il maraviglioso della leggen da, ch'è sempre miracolo di qualche 1 santo. Varcate il Piave, santo padre, i che il miracolo si rinnoverà. Che se il I cuore del tedesco si mostrasse più fer mo di quel dell'Unno, il maraviglioso ; della storia, il vostro scontro con quel lo, si trasformerà nel meraviglioso della leggenda, nel miracolo, ch'io ! anticipo: Vi fu nel vigesimo secolo un ne | mico degli uomini e di dio che gli apo stoli Pietro, Paolo e Benedetto non ; riuscirono a sbigottire nè a volgere in | fuga; gli apostoli Pietro e Paolo se la ; scamparono volando un po' più su de gli aeroplani nemici e l'apostolo Be nedetto fu condannato "ad bestias", e | i soldati tedeschi se lo divorarono. » » * Io vedo da una finestra delle Logge di Raffaello un bianco capo accennar mi c in un viale dei giardini vaticani Giulio secondo strigliare una puledra bianca. In sella, santo padre? Viva dio! si vede un po' di fede, finalmente. Con tale atto di fede e di coraggio c'è da guadagnarvi la con versione dei Mussulmani, almeno di j quelli accampati nella cattedrale d'U dine. Avanti! 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