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E quanti litri furono vuotati? 1! conto che aveva presentato Angelo del Signor ne annoverava una cifra inverosimile: e l'oste già si preparava a graffiare il suo avere, quando Carlo Fornaseri detto "Bijélk'' dichiarò so lennemente che il conto sarebbe sta to saldato all'indomani con la so praggiunta di una mancia generosa. Quando i tre paesani, furono usci ti, l'oste andò indagando le ragioni di quell'insolita scorpacciata e il mistero di certe frasi. Ricordava che nel cambiare loro i piatti, l'aveva colpito qualche parola, qualche e spressione, come: "bue che non man gia non tira!"; come: "questa sarà l'ultima arata!"; come dopo, le bot tiglie di Angelo andranno come la nebbia al sole!"; come: "il pentolo ne sarà, a' dir poco, più grande di quello che agganciano alla catena i falciatori delle "Barbare", quando cuociono la polenta"; e poi aveva sentito parlare di compere farsi, di case da costruire, di grandi cose da attuarsi. La sua donna, prima di salire le scale, gli aveva detto: —Che abbiano ereditato da qual che beccamorti di loro zio, forse? E non ci diede gravita. Ma Angelo » rimuginava: —Quelli hanno avuto il diavolo da parte loro; scommetterei il collo, che hanno nelle mani il tesoro, quel te soro di cui tutti parlano e nessuno sa dove sia seppellitto. M'hanno det to che mi daranno anche la mancia; sfido io, altro che mancia possofto darmi! E fu il ad un pelo, per raggiunger li. l)a anni e anni, si parlava a S. Ma ria di Zevio di questo te?oro, di que sto pingue tesoro nascosto. Era esso qualcosa di mostruoso, di incredibilmente dovizioso: col suo va lore si sarebbe acquistato l'intero paese con le praterie che lo circon davano e si sarebbe potuto campare da re. 11 cumulo favoloso—a quanto nar rava la "• dizion—era proprio stato d~po ;:'tato in una vasta pentola di rame battuto, alla profondità di qual che metro, da alcuni ufficiali croati 1 quali—trucidati in battaglia—aveva no abbandonato il prezioso, senza a ver potuto comunicare a qualcuno o ve esso si sarebbe trovato. 11 tesoro, dunque, giaceva in qual che luogo; non erano storielle da ve glia, ma fatti reali; il pentolone non era stato portato il dal dorso del de monio; esso non era che la conse guenza naturale e diretta d'un tragi co episodio militare. Xelle stalle, nei crocchi, s'azzar- clava pronunciare persino il nome della tal posizione ove il tesoro pro babilmente sarebbe stato depositato. Alla supposizione, tutti facevano lo gnorri; ma all'indomani, ben si vedeva l'effetto di quei conversari. Erano buchi aperti nei seminati; siepi divelte ed arse per rabbia; vec chi troneacci di moro a di quercia che venivano abbattuti a suon di scu re e aperti nei loro vacui ventri fu ligginosi. Una mattina, anzi, si trovo il Pon te rosso' mezzo crollato, come se una titanica talpa avesse scavato una ta na da fiere sotto le sue fondamenta. Invece, nella notte, sotto l'arcata aveva lavorato e tutta forse il picco ne, sulle credute peste del tesoro. Angelo e Agostino Bonetti detti ; "Saladi" e Carlo Fornaseri detto 'Bijéle", al contatto con le tenebre, si fecero taciturni e con gli arnesi del mestiere sulle spalle si recarono sul luogo indicato dal presagio. Una febbre sorda li aveva assaliti. Il sortilegio, desunto da speciali segni celesti, dopo lunghi anni di at tesa fiduciosa e rassegnata, aveva annunziato ove giaceva quell'opulen za sbalorditiva. Esso diceva, nel suo oscuro lin guaggia di cabala: "... a pochi metri di profondità, nel centro di un trivio arboràto, verso il fiume..." Perfettamente: era la "Buca dei Grisoni", sulla strada dell'Adige. I segni non fallavano di un ette. 11 vecchio Agostino vedeva bene entro l'oroscopia! Quanto denaro lo at tendeva! Milioni e poi milioni! Gran moneta dovevano aver portato quegli ufficiali erano in fama di gente ricca ed ambiziosa. La leggenda di codesta ricchezza orientale si era radicata rosi tenace ente.n 1 cervello del popolo, che tor nava vano ogni tentativo di sfatarla o, per lo meno, di ridurla ai limiti del credibile. Si era giunti persino a narrare che, una volta, questi pezzi grossi di croati, essendosi ridotti a corto di munizioni, ebbero la felicissima idea ! di caricar la mitraglia a furia di fio r n:, scongiurando in tal modo una disastrosa sconfitta! Cosi raccontavano i nonni, cosi a vevano appreso i padri, cosi credeva no i figli... La notte era una lucente grandi nata di stelle: e un giuzzo di luna, al tramonto, pareva si fosse impigliato come un bizzarro lucciolone, tra la ramaglia arruffata dei pioppi, nel | fondo, tanto tardava a scomparire. , La • Buca" arborata sembrava at tendesse nel silenzio: e i tre cercatori di fortuna vi giunsero muti e guar d r.gh'i. La "Buca" era un piccolo trivio lievemente avvallato, in cui una not te, nel tempo dei tempi, due giganti cognominati "Grigioni", con la loro presenza soltanto, avevano fugato il demonio che era apparso sotto le spo glie di un enorme, pauroso caprone dalle corna di stambecco, dal man tello irto di strali d'istrice e dalla coda di camaleonte, arricciata a gui sa d'un colossale punto interrogativo I tre uomini deposero i picconi e i badili; Agostino, poi, si diede a stra i scicare uno stivale sui ciuffoli del ! l'erba, come per palpare ove fosse il punto preciso del tesoro; e il tatto miracoloso della scarpona in breve la scoperse. Era proprio nel centro, fra la chiostra dei ritti pedali delie sette robinie. —Piantate i picconi qui!—ordinò j agli altri due che attendevano impa- I zienti il comando. E additò loro il punto. —Picchiate sodo! —continuò. Fra poco, vi darò man forte col ba- I dile. La tempesta dei colpi sordi, sulla ! terra arida e abbarbicata dalla gra migna, cominciò a scatenarsi, infer -1 naie, come se tutto il furore di quei petti, d'un tratto, fosse affluito per i muscoli delle braccia. —Tutto va bene —osservò Agosti no afferrando il badile, per trarre la terra smossa. j --Siamo già profondi mezzo me tro —gridò Fornaseri. Vi fu uno scoppio di giubilo. Poi il travaglio s'ingagliardi. —Ancora un metro, forse, e poi sbatteremo il piccone nel fosso! —Ti pestiamo sulla zucca, famige rato pentolone! Il mucchio" della terra cresceva sui bordi della fossa. Fornaséri, ad un tratto, avverti col piccone una cosa resistente. Tutti e tre sussultarono d'allegrez za. —Ci, sei, ti tocchiamo con le mani! —Toh—ruggì Angelo Bonetti prendi questo sputo ancor amaro di cicca, prendi! Ad un colpo più energico, scaturì una scintilla; il creduto pentolone e ra un grosso ciottolo quarzoso. Il masso fu fatto uscire. Il lavoro di sterro ripigliò affannoso. Sentenziò Carlo, per nulla scorag giato: —Buon segno, quel sasso! Vuol d're che ce lo avevano messo sopra, per proteggere il denaro! E' natu rale! La buca toccava quasi il metro di profondità. Il suolo cominciava a in durire e il piccone pareva attessp sull'asfalto. Il lavoro procedeva furibondo, sel vaggio. Lp faccie, stralunate, gron davano. Ad un tratto, un colpo di Forna séri ebbe una lieve eco sorda nello strato sottostante: il pentolone era a contatto delle loro mani. Continua a pagina 3 MILIONARIO AMERICANO CHE SPOSA UN'ITALIANA PARIGI —11 milionario americano Robert Goelet, di New York, si uni in matrimonio colla signora Fernan da Rocchi, di Perugia, figlia del prof. Mariano Rocchi, insegnante di pittu ra nell'Accademia di Belle Arti della capitale umbra. La signora Rocchi, famosa per la sua bellezza ottenne nel 1916 il dvor zio dal suo primo marito, Nicholas Brabukinsky, in New York. Musicista e poliglotta di abilità non comune, ella s'era resa assai no ta a Parigi per la sua opera prestata nella Croce Rossa durante la guerra Fu appunto mentre attendeva al suo lavoro di pietà, che conobbe il milionario americano. Il Goelet, promosso capitano per merito di guerra, appartiene ad una delle famiglie più ricche d'America.' Egli conta 49 anni e la sposa 24. Dopo una breve permanenza nel- Riviera, essi si stabiliranno in New York. DIRETTORIO Dl # PROFESSiONiSTi E COMMERCIANTI 0! 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