The patriot. (Indiana, Pa.) 1914-1955, January 12, 1918, Image 6

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    J Appendice Numero I
SD LA FRASCA I
L Grande Romanzo di j[
Pietro De Coulevain |
Parigi
Parigi, Aibergo di Castiglione.
Eccomi forse arrivata alla fine
del mio viaggio.—Da cinquanta
sette anni il mio cervello funziona
il mio cuore batte, i miei piedi
camminano senza che io provi il
minimo segno di stanchezza. Bi
sogna proprio dire che il mio or
ganismo sia resistente! —Era de
stino ch'io dovessi far da sola
quest'ultima tappa; un giorno,
contro ogni previsione, scoppio nel
mio limpido cielo un terribile u
ragano che mi tolse marito, fami
glia, casa, tutto : e da quel giorno
vivo all'albergo: "sulla frasca."
Per qualunque donna che si trovi
nelle mie condizioni, la vita d'al
bergo é la più pratica e la più pia
cevole ! Infatti il trovarsi spersa
in un appartamento troppo gran
de, il sedersi sola dinanzi alla ta
vola, allietata un tempo da cari
volti, il sentire lo scricchiolio dei
mobili durante le lunghe serate in
vernali, il veder lentamente diser
tare gli amici e i conoscenti, ed
essere in relazione col mondo, sol
tanto per mezzo di giornali, sareb
be stata una morte a piccoli sorsi.
La Provvidenza me ne ha liberata
ed io la ringrazio senza fine.
Il mio pensiero, alleggerito da
ogni cura domestica, da ogni pre
occupazione materiale, é come rav
vivato da una elettricità più sotti
• / /
le, piò potente ed ha spiccato un
volo novello.
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vano, io mi sono sentita rinvigo
rire ed ho potuto levar l'ancora
per l'ultima volta. Certo questo
: fenomeno non riflette me sola ! Co
i
rot diceva che per intendere l'an-i
• ma e la bellezza di un paeseggio,
bisognava "saper sedersi": io ri
tengo di esser riuscita, dopo aver
molto brancolato però, a saper se
dermi per guardare l'esistenza,
poiché, dal punto in cui mi sono
posta, essa mi appare bella e buo
na; si, buona. Io non vedo più
l'uomo come un cieco senza guida,
ma come un cooperatore dell'ope
ra divina e come questa immorta
le: lo vedo camminare nell'eterni
tà condotto verso gloriosi e lontani
ideali, e questa nuova visione é
per me una sorgente di preziosi
insegnamenti, di consolazioni, e di
speranze senza fine. Perché non
dovrei largire gli uni e le altre a
coloro che ne hanno bisogno? per
ché non penserei per color che non
hanno il tempo di pensare? per
ché non guarderei per coloro che
non hanno il tempo di guardare?
"Sulla frasca", dall'alto, lo
sguardo spazia più lungi, oh mol
-1 to più lungi.
Parigi.
Tutta la mia casa si compone di
una camera e di uno spogliatoio al
quarto piano di un albergo di pri
ma classe nel quartiere degli stra
nieri, e tutti i beni terrestri che
posseggo, sono racchiusi in tre
bauli. Lo scenario del mio quinto
atto non é né splendido né sfarzo
so, ma, non ostante, mi pace infi
, ultamente. La finestra della mia
camera sta sopra una via elegante
dalla quale vedo passare delie tur
be di esseri umani, interessanti,
tanto per la varietà delle loro con
dizioni che per il loro portamento :
scorgo anche una striscia stretta
ma lunga della veduta di Parigi,
da Santa Clotilde alla Basilica del
Sacro Cuore, dal giardino delle
Tuileries al boulevard degli Itali
ani, e i bagliori del tramonto il
luminano goriosamente il lembo
- di cielo che mi é concesso. Un nu
i mero di cose inverosimili, sono
» racchiuse nei pochi metri, che cal
• posto : un letto, un divano, due ta
-1 vole, due poltrone, un baule. So
> pra una parete, fra le pieghe di
• una stoffa antica, si vedono appe
si i ritratti de' miei ultimi amici:
' sopra un'altra quelli delle mie co
» noscenze, delle persone che hanno
1 lasciato un ricordo piacevole nella
■ mia esistenza : poi le fotografie dei
1 cani ai quali ho voluto bene: di
i Bianchina, di Graziosa, di Bob, di
Jack e queste fotografie io le sor
prese nel fondo de' loro occhi, So
pra uno scaffale, a destra del ca
minetto, i miei libri favoriti: la
Bibbia, Omero, Dante, Shakespea
re, Molière, Diderot, Don Quichot
te, Manon Lescaut : sopra allo scaf
fale le Verità di Lefévre; sotto,
Sant'Agostino e Santa Monica d'-
Ary Sheffer; in faccia alla porta
d'ingresso, la Vittoria di Samo
thrace. Accanto al letto, appun
tata cogli spilli, un'incisione di
Villette, strana e bella : nello sfon
do di un cielo nero, traversato da
lampi, si erge una gran croce sulla j
quale, un uomo da' lineamenti'
grossolani e male sbozzati, é in- '
chiodato ; é il cattivo ladrone che j
agonizza con i capelli scomposti !
da un vento burrascoso. Egli non
é solo; una popolana gli cinge il
elio con le braccia premendo le
labbra su quelle di lui : per arri
vare a quella bocca ella ha dovuto
salire sopra un asinelio bianco con-
dotto da un fanciullo il quale, tut
to vergognoso, si appoggia contro
il legno infamante. Quale amore é
questo? Quello di Montmatre, di
Saint-Ouen, di San Lazzaro? Non
so ; ma in quel bacio, in quel corpo
che si tende, che si allunga fino al
crocifisso, vi é una forza di tene
rezza materna che fa credere al
perdono. Tutte queste cose popo
lano la mia solitudine, mi stimola
no il cervello e il cuore, e ne fan
no scaturire pensieri e sentimen
to.
La camera mia, questa abitazi
one volgare che per me, abituata
alle vaste sale dagli alti soffitti, al
le stoffe seriche, agli oggetti arti
stici cari all'occhio e al tatto, a'
bei quadri, dovrebbe essere insop
portabile, mi sembra invece, quan
do é adornata di fiori e vi brilla
un buon fuoco, gaia e deliziosa. Io
mi sono affezionata agli oggetti
che mi circondano forse per la lo
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ro stessa bruttezza: e la pastorel
la col cappello rotondo, con la co
lomba sulle spalle, col montone a'
piedi e il bastone in mano, e lo
stesso orologio a pendolo che pri
ma mi avrebbero fatto orrore, mi
son divenuti cari. Sopra ogni al
tra cosa poi mi é caro il gran bau
le a striscie rosse e azzurre con le
mie iniziali che faccio e disfaccio
sempre con piacere uguale e di
cui le etichette mi ricordano che
sono un essere nomade.
Questo baule racchiude tutto
quanto é necessario alla mia vita
divenuta ormai cosi semplice : in
un compartimento vi é ancora la
mia ultima acconciatura che por
terò nella bara: le scarpe che do
vranno calzarmi. Chi potrebbe a
vere della civetteria per me? Caro
baule! Morendo lo rimpiangerò
più di un palazzo, ed il pensiero
che mani straniere disperderanno
il suo contenuto, mi cagiona un
sentimento spiacevolissimo. leri
non ho potuto fare a meno di sor
ridere volgendo gli occhi intorno
e me. Sul camminetto una statu
etta di Sant'Antonio da Padova,
dono di un'amica molto religiosa,
ai muro un ferro di cavallo, il vi
schio dell'ultimo Natale, l'olivo
di Pasqua: amuletti, feticci, sim
boli come sotto la capanna dei no
stri primogenitori : é un insieme
curiosissimo. So bene che non mi
porteranno fortuna e non mi pre
serveranno da alcun male, ma in
fine son là!
CONTINUA
PEELOR FEIT
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Indiana
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