fUUiUWUHiUUHiHUUMWnUUHUHUMHUUmniW IL PATRIOTA «i | Arte, Letteratura | \ (the patriot) Scienza, Umorismo $ - 'V'V %''%• %•"% %-■%- %%■ %% | FRA IL TRENO \ E LA BELVA Occupato nei grandi tagli di leg name della Columbia Inglese, nell' America del Nord, Ralph Stock trainava tutti i giorni i gigante schi tronchi d'albero legati con u na catena e trascinati sull'imper vio terreno dalla forza di vigoro si cavalli. A notte si ritirava nel bunk-roorn con due suoi compagni di lavoro, due taglialegna alti e forti come querce, con certi mu scoli alle braccia che parevano corde d'acciaio i quali abbatteva mo senza posa i colossi della fore sta a uno a uno, col monotono sci sci della loro sega. Dei due tagliatori uno partico larmente aveva attirata l'attenzi one di Ralph, per la sua faccia ca ratteristica e interessante, diffusa tutta di quel rosso animato che attesta il lungo flagello dei venti e delle piogge, e solcata dalla fronte al mento da una profonda cicatri ce color del sangue. Egli non a veva mai osato interrogare Mike Davidson, sulle cause che gli ave vano deturpato in quel modo il volto, quando una strana circo stanza gli diede il modo di cono scere il mistero. Era mezzanotte e i tre compa gni dormivano nella capanna, quando Ralph fu destato da un improvviso rumore. Egli si levò a sedere sul letto e guardò intorno. Con vivo stupo re vide l'uffrno dtfla cicatrice qua si ritto sopra le coltri, con alte le braccia ed agitate freneticamente in gesto di terrore, gli occhi sbar rati, la cicatrice più sanguigna che mai, mentre dalle labbra gli usci vano con un urlo le parole : —Ferma !... Ferma !... Ad un tratto i lineamenti scom posti si distesero nuovamente nel la calma e Davidson ricadde giù, nel suo sonno, come un fanciullo. L'incontro con l'orso. La mattina dopo Ralph nulla disse di quella scena; ma alla se ra, quando le pipe furono accese e bene avviate, egli si fece animo e chiese al taglialegna: —Sapete che cosa avete fatto ieri notte? —10?... No, non so nulla ri spose egli. Ralph allora riferi quanto ave va veduto e udito. Vi fu un lungo silenzio. —Voi scherzate! —disse quindi Davidson. —Nemmeno per ombra, é la pu ra verità —ribatté Ralph, sorri dendo. Anche l'altro sorrise. —Era già un anno buono che non mi succedeva più—disse. —Ah, perché prima vi accade va... —Ogni notte, potete dire, quan do sognavo quell'orribile avven tura... Si passò una mano sulla fronte; scosse via la cenere dalla pipa e dopo una pausa di riflessione nar rò : "Ero un giovanotto allora, ven ticinque anni, e le ragazze mi fa cevano l'occhiolino dolce. Lavo ravo al taglio degli alberi, proprio in queste montagne, e guadagnavo più di oggi. Mi piaceva anche al lora molto il fumare e spesso cer cavo di sottrarmi alla sorveglian za dell'assistente per procurarmi questo piacere. "Un giorno che mi ero allonta nato abbastanza da non essere vi sto, e fumavo tranquillamente la mia pipa, udii dietro di me un ru more tra i cespugli. Credendo che fosse l'assistente, afferrai la mia scure, nascosi la pipa in tasca, e giù di buon passo pel sentiero no to. ' < "M'accorsi subito che qualcuno mi seguiva ostinatamente, e allo ra mi voltai a guardare chi fosse. Rimasi li come inebetito... L'as sistente?... Macché; era un enorme orso grizzly che mi veniva contro fissandomi con i suoi piccoli occhi, spingendo fuori delle fauci la lin gua rosea, voracemente. M'era quasi addosso, e le sue intenzioni non ammettevano dubbio. Ma pri ma che potesse assalirmi io mi slancia i contro la belva e le pi antai la scure in una spalla Essa vi rimase cosi affondata che non » mi riusci più di strapparla via, ad | onta di ogni sforzo. Se cosi non fosse stato, ora io non avrei questa cicatrice sul viso, poiché d'un trat to l'orso m'avventò contro una delle sue zampe anteriori, ed ebbi subito la sensazione che la carne della mia faccia fosse strappata. Fra le due minacce. ''Mezzo accecato dal sangue che sgorgava dalla ferita mi diedi a correre senza sapere dove mi di rigessi. Udivo dietro di me lo schiantarsi delle piante e voltan domi a guardare scorgevo l'orso che mi inseguiva a dieci o undici metri di distanza, con gli occhi in ferociti. La scure era sempre in fìssa nella sua spalla e il sangue gli colava dalla piaga, lasciando al suolo una linea di rosso. "Avevo i capelli irti sul capo, il sangue m'inondava orribilmente, eppure continuavo a correre, a cor rere, cosi, a casaccio, ben sapen do che l'arrestarsi voleva signifi care la morte. 4 'Mi sentivo mancar già le forze, allorché uscii finalmente, più va cillando che correndo, dalla fore ste, all' aperto, e gettai un grido vedendomi vicino alle rotaie della ferrovia, proprio dove un trespo lo di ponte attraversa un burrone sul cui fondo all'altezza di 50 o 60 metri, mugghia continuo il tor rente. " —Ecco una via di salvezza pensai. Dietro di me sentivo sem pre la belva inesorabile, sbuffante come una macchina. Detersi alla meglio il sangue che mi oscurava la vista e mi trascinai sul ponte. Voi sapete come sono fatte queste costruzioni : hanno la larghezza sufficente appena appena per le ro taie e lo spazio di una trentina di centimetri fra una traversina e l'- altra. Mi avventurai dunque per quelle sbarre di legno, e quando fili a metà strada mi volsi a guar dare e non potei trattenermi dal sorridere, ad onta della mia feri ta. "Se l'orso fosse stato una crea tura umana non avrebbe potuto e sprimere con maggior evidenza il suo disappunto. S'era fermato in capo al ponte, con la scure sempre piantata nella spalla, scuotendo rabbiosamente la testa. '' Se uno sguardo potesse mai uccidere un uomo, io avrei dovu to essere in quel momento un ca davere. "Ad un tratto però la belva si mosse, con lentezza, ma seguendo le mie peste, e nel medesimo tem po un fragore ben noto mi fece tremare il cuore. Era il rumore di un treno in viaggio !... Lo udivo correre oltre la curva che si per deva aun miglio di distanza. L'- orso non sembra aver troppo fret □ Sabato, 17 Novembre 1917 ta ma si avvicinava lo stesso. Il bivio era terribile. Se andavo a vanti era la morte; se tornavo in dietro era ancora la morte. Il grizzly non era più che a una ven tina di metri da me, e potevo udi re il suo soffio, man mano che s'in oltrava. La belva lanciata in aria. "Non vi era dunque più scam po per me poiché il treno si avvi cinava fulmineo. M'arrestai allo ra e gettai quel grido che mi udi ste emettere nel sogno. Invano. Mi gettai da un lato, vedendo che non vi era più tempo da perdere, e chiudendo gli occhi mi lasciai spenzolare fuori del ponte, reggen domi sul margine con la sola pun ta delle dita. "Sentendomi sotto i piedi i so stegni dell'impalcatura mi appog giai alle sbarre elà attesi. Di sul _______ mv&r- ;S ;.. : , '' : ' a AEROPLANO INGLESE IN SERVIZIO DI ESPLORAZIONE UN PAESE IDEALE Un giornalista, che é tornato re centemente da un viaggio nella re pubblica di Liberia, parla di quel paese con vivo senso di ammirazi one pei suoi costumi semplici e pacifici. Oh ! sentir parlare di un paese pacifico... Parliamo della repubblica di Li beria. Il giornalista in questione rac conta dunque che trovandosi a Monrovia, capitale della Liberia, fu avvicinato da un indigeno, affa bile e nero come l'ebano, che con dolci ed insinuanti maniere gli of fri delle cartoline illustrate... —Belle cartoline, signore... Tu comprarle subito... Io vendere per p0c0... —Grazie, no —rispose il giorna lista : e tirò di lungo. Ma un europeo suo conoscente, che dimorava da lungo tempo nel paese, lo ammoni : % —Comprate qualche cartolina : é indispensabile. Altrimenti sa rete mal visto a Monrovia. Il ne gro che ve le offre é un personag gio molto influente.... —Personaggio influente? —Si 2 é... il ministro delle poste e telegrafi ! Ah ! il dolce paese di Liberia, do dove i ministri non disdegnano di comunicare cosi democraticamen te con i miseri mortali... Ma Monrovia non é una città barbara, come potrebbe credersi. Ha un ministro delle poste e te legrafi che vende cartoline illu strate, ma ha anche un Parlamen to. Questo Parlamento é situato al ponte l'orribile testa dell'orso mi guatava, bagnandomi il volto sel vaggiamente di bava. "Frattanto tutto il ponte rom bava, scosso dall'impeto pesante del treno, ed io mi aggrappai ai sostegni come un gatto, per non essere precipitato nell'abisso. Sul la mia testa s'allungò una grande zampa per ghermirla, ed io mi spinsi più indietro che potei... Il treno passò, con un fracasso enor me. I suoi respingenti investiro no in pieno l'orso, lo rotolarono per pochi attimi in mezzo alle tra versine, poi lo lanciarono in aria, fuori del ponte. Lo vidi roteare come un'aquila colpita e poi pre cipitare giù giù giù... finché scom parve in fondo al burrone. ''Allora io risalii sul ponte e raggiunsi i miei compagni. primo piano di una graziosa ca panna di bambù. E per andara questo primo piano c'é una scala a piuoli, portatile. Questa scala a piuoli ha una grande importanza nella politica locale. Tutte le votazioni, tutti i parlamentari ne dipendono. Il successo di una votazione di pende spesso dalla prontezza con cui i deputati sono capaci di sali re la scala in parola. Quando tutti i membri di un partito politico sono arrivati in ci ma alla scala ed entrati cosi nel... Parlamento, un compare rimasto in basso afferra la scala, e scappa con quella. Il partito ritardatario arriva e non trova il modo di salire su. In tanto, di sopra, si procede alla vo tazione, molto semplificata, come si vede. Il sistema non é poi malvagio. Peccato che nel costruire il nuo vo Montecitorio non si sia pensato alla scala a piuoli per le votazioni. PER RIDERE Mi avevano molto raccomanda lo, principalmente per l'aria buo i>a. una casa fuori della città: e andai a vederla. Intorno intorno c'era fitta di ci miniere che mi persuadeva poco: e lo dissi al padrone che mi decan tava l'aria sana, purissima di quel le parti. —Con tante ciminiere, scusi, l'- aria non dev'essere eccellente. —Oh ! —rispose lui. —Ma sa che sono tutte fabbriche di prodotti farmaceutici? ♦ * * IL RE FILOSOFO E BURLONE Ogni antenato di Guglielmo 11 ha una caratteristica speciale. Ab biamo —cosi—il Re sergente, il Re visionario, il Re abulico, il Re alienato, l'lmperatore martire, il Re filosofo I biografa, di solito, si sono particolarmente interessati a gli Hohenzollern. dato che questa famiglia d'eccezione presenta non pochi casi di anormalità tìsica e psichica. La paziente e coscienzi osa ricerca dei biografi su questi ammalati psicopatici, ci dà l'esat ta fisonomia e ci offre la valutazi one di certi uomini che ressero in disturbati i destini della Germania Fra i biografi degni di fiducia, ri cordiamo Gustavo Desnoiresterres. il Lavisse, Paul Dubois, Fauche Borei, il Ri'oot che documentarono le manifestazioni strane, eolleri ; riche, il disordine cerebrale di | quei principi. Ho ricordato i principali biogra- j fi—ma sarebbe indispensabile un volume per enumerarli tutti. Ciò dimostra come l'anormalità nella famiglia Hohenzollern sorpassi i limiti stessi di uno straordinario interesse. Fermiamoci a due scrit tori contemporanei. Eduard de Rougemónt e il dott. Cabanes Co storo riassumono densamente ed esattamente in un libro, che a una rapida sintesi, cento e più volumi che racchiudono le follie crimina li e le amenità puerili di quei Ne roni in trentaquattresimo e, al tempo istesso, come tipo faceto e burlone, Federico II non si allon tana molto dai suoi predecessori. Egli fu il violatore di ogni princi pio di moralità e di pace domesti ca. Usurpatore, egoista, scettico,, dominatore, il grande Federico a veva, pero, il dono di una certa grazia simpatica, in virtù della quale si rendeva meno odioso per gli abusi e le cp.pricciosità del suo dispotismo. Ma nella popolarità germanica la sua figura é falsata e, quel che é peggio, ingrandita. Lo si porta ad altezze vertiginose, ignorando che questo principe non fu un genio—ma semplicemente un uomo dotato di ingegno e di buona coltura. Ebbe, é vero, fra i suoi amici anche Voltaire, ma di que sta amicizia preziosa egli si servi va appunto per la riflessione del suo nome e del suo dilettantismo poetico-filosofico. Basta aprire u na lettera scritta da Federico a Voltaire per accorgersi della adu lava il grande francese allo scopo di farsi ricambiare la stessa am mirazione. E Voltaire, principe dell'ironia, ricambiava signoril mente. Il Re filosofo adoperava queste espressioni: "Voltaire ha l'eloquenza di Cicerone, la dolcez za di Plinio, la saggezza di Agrip pa; egli riunisce, in una parola, quanto di virtù e di talenti biso gna raccogliere da tre dei più grandi nomini dell'antichità. Ci ha trasportati fuori di noi stessi e io non ho potuto che ammirarla e tacermi. " Federico si vantava di possede re lo stesso carattere del suo cele bre amico e Voltaire... ne conveni va: "Sire, scriveva il poeta, voi avete dei crampi ed io pure : voi amate la solitudine, ed io pure, voi prondete delle medicine, ed io pu re; con questo concludo che ero fatto per morire ai piedi di Vostra Maestà. ' ' Uno dei divertimenti preferiti da Federico 11, come ci dice il Ca banes, era quello di mettere in ri dicolo le persone e di giocar loro tiri birboni—e spesso pensanti e volgari. Le vittime designate dal suo capriccio erano per lo più per sonaggi di Corte e amici intimi. L* Imperatore provava un gusto mat to a vederli umiliati, mortificati ai suoi piedi. 11 Cabanés ne riassu me alcuni assai gustosi e origina lissimi. Un cortigiano amava la toelet ta? Gettavano dell'olio sul suo più ricco vestito. Amava il dena ro? Inventavano una storia per metterlo nell'imbarazzo. Si cre deva minacciato dall'idropisia? Gli si faceva credere che era vera mente idropico. Aveva una gran voglia di andare in un determina to luogo? Riceveva una lettera destinata a impedirgli di recarvisi. Fra queste vittime, quella che più ebbe a patire da lui, fu il mar chese d'Argens. Costui, per sua disgrazia, era molto timido e stra ordinariamente pauroso. Un gi orno, entrato nei palazzo reale, percorre il giardino, esamina gli appartamenti, trova tutto incante vole e di buon gusto —ma nel sa lotto che era veramente bello e or nato di pitture, invece di paesaggi e di marine, vede dipinte sulla te la la scene più facete della sua vi ta. Qui il marchese vestito da uf ficiale, si trovava all'assedio di I Phillippsburg e testimoniava della viltà; là suo padre lo diseredava. Un altro quadro lo rappresentava a Costantinopoli; in un altro an cora si vedeva un chirurgo inten to a fargli una operazione. Il dis graziato andò su tutte le furie e fece cancellare. Federico li ne ri se di cuore e non smise di perse guitare quel povero di spirito. Più tardi, il marchese d'Argens, bo naccione e incredulo, capito di nu ovo nelle mani di Federico. Una' inatitna il nobilotto si rifiutò di uscire di casa, accusando uu forte raffreddore. L'imperatore lo •-ve da a chiamare di autorità. D'Ar gens übbidisce, ed eccolo alla pre senza del Sovranno. Federico gli fa subito notare che una delle sue gambe é molta gonfia e aggiunge di curarsi. Il D'Argens, che ave va anche la fobia di tutte le ma lattie, appena arrivato a casa si mette a letto, ma quale non fu La sua meraviglia nel constatare che per la fretta di recarsi dal So vranno invece di cinque paia- di calze, com'era sua abitudine, ne ' aveva soltanto otto alla gamba destra! Anche Voltaire che, del resto non se ne aveva a male, servi spes so da strumento piacevole. Fede rico di faceva quasi sempre accom pagnare nei suoi viaggi dagli 'j ci più cari. Voltaire era uno di questi. Durante una gita, il re sparse la voce che portava seco u na scimmia rarissima, vestita da paggio ma cattiva, e per questo raccomando a quelli del suo segui to di non farla mai uscire dalia vettura. La scimmia era... Vol tire. Quando il poeta volle discendere dalla vettura, i postiglioni, fedeli alle istruzioni ricevute, gii furono sopra, lo picchiarono forte. Vol taire che sconosceva il tedesco ncn si rendeva conto dello strano procedimento, ma quando gli fu spiegata la cosa, lo scherzo Lo in | dispetti e giuro di vendicarsi. Po chi giorni dopo. Federico II rice veva una scimmia meravigliosa, dotata di una grande imitazione, e che Voltaire aveva educata a co piare i minimi gesti, l'andatura e persino il tic di Federico. La scim mia fu chiamata: il signor Duce.
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