É IX A -A t i ] Scienza, Umorismo | 1 * Perche' Trieste e' in mano dell'Austria Sanno tutti che Guglielmo 0- berdan votato al sacrificio, s'ap prestava a compirlo il 16 setteni- 1 bre 1882, quando fu arrestato a Konchi, villaggio nel territorio del comune di Montefalcone. Il gi-| orno dopo, doveva essere a Tries te, per "dare i nqualche modo un saluto al graziosisimo sovrano", Francesco Giuseppe 11, Impera tore d'Austria-Ungheria, che do veva giungervi a visitare l'esposi zione nazionale, inaugurata il pri mo agosto alla presenza del mini stro austriaco del commercio e dell'arciduca Carlo Lodovico d'- Austria. Questa esposizione era stata ideata, dal luogotenente im periale-regio, barone De Pretis, per solennizzare il quinto cente nario della dedizione di Trieste all'Austria, avvenuta appunto nell'anno 1382. Perché nel 1382 Trieste si data all'Austria? La ragione é da ricercare nelle dolorose discor die, nelle tristi gelosie, nelle con seguenti lotte fra le città italiane, special mente marinare e commer cianti. Epiche quelle tra Venezia e Genova : triste quelle tra Vene zie e Trieste. Venezia aveva ri dotta, dopo molte vicissitudini, Trieste, l'antica colonia romana di Tergeste la perla dell'Adriatico, in suo dominio; ma Trieste, gelo sa della propria indipendenza, mal tollerva il giogo impostole dalla potente vicina. Nel maggio del 1379, Vettor Pisani aveva veduta la sua formidabile armata scon fitta dai genovesi nelle acque di Pola, e i vincitori correvano ormai trionfalmente l'Adriatico. Pietro Doria si prefiggeva di conquista re Venezia stessa, e intanto strili geva d 'assedio Chioggia sul Mare, | mentre da terra Francesco da Car-1 rara signore di Padova, e Luigi 1 Re d'Ungheria, assediavano Tre viso. 11 IH agosto Chioggia cadeva, e vi sventolavano le bandiere di Ge nova. del Re d'Ungheria, del si gnore di Padova. Vittoria e con quista di breve durata. Venezia in uno sforzo supremo poiché, chie sta la pace, aveva avuto da Pie tro Doria le superba risposta che non se ne tratterebbe prima d'- aver messi le briglie e il freno ai cavalli di San Marco, s'accinse a una lotta titanica. Vettor Pisani per la sconfitta di Pola era condannato a sei mesi di carcere. 11 popolo domandò la 1U berazione sua e degli altri coman danti; e, allestita una nuova fiot ta di quaranta galere, il Senato lo fece ammiraglio. Il 1 gennaio 1380, ecco giungere dall'Oriente la fiotta di Carlo Zeno, e Chioggia. dopo formidabili assalti, abbatuto i 1 forte di Brondolo, veniva ripre sa. Pietro Doria, l'ammiraglio ge novese, vi peri. I quattromila ge novesi che la difendevano furono fatti prigionieri, e diciannove ga lere nemiche caddero in potere dei veneziani. Ma non per questo la sciagurata guerra fratricida ebbe ancor termi ne. La fiotta genovese si gettò contro l'lstria, infliggendole gravi danni: un nuovo esercito unghe rese condotto da Carlo di Durazzo, aveva stretto ancor più Treviso in un cerchio di ferro, e Trieste ap profittò del momento per sottrarsi alla signoria di Venezia, ribellan dosi e facendo atto di sottomissio ne al patriarca di Aquileia, come Pola, Capo d'lstria e altri paesi. II 13 agosto, Vettor Pisani rioccu pava Capo d'lstria; ma, inseguen do i genovesi lungo la costa di Puglia, moriva a Manfredonia. Mentre Carlo Zeno, succedutogli nel comando, continuava con for tuna la guerra per mare, Venezia vedeva Treviso presso a cadere nelle mani di Francesco da Car rara, il quale vi aveva concentra te tutte le sue forze. Allora, piut tosto che abbandonarla al signore di Padova, la cedette a Leopoldo 111 il Pio, duca d'Austria, che il 9 maggio 1381 s'afirettò a recarsi in persona a prenderne possesso. Ancor più deplorevole fu l'av venimento che segui la conclusi one della pace di cui si fece medi atore Amedeo IV di Savoia, sotto scritta a Torino l'B di agosto 1381. Venezia riconoseva belisi, nella pace col patriarca d'Aquile ia, l'indipendenza di Trieste, sal vo il tributo di vino e d'olio, dovu to "alla signora dell'Adriatico per la sua giurisdizione marittima" ma l'anno dopo, Trieste, insoffer ente cosi della dominazione di Ve nezia, come di quella del patriar cato d'Aquileia, eleggeva, fu det to "volontariamente" per suo pro tettore, Leopoldo 111 duca d'Au stria, a condizione che ne confer merebbe, e ne rispetterebbe tutte Je libertà municipali e tutti i pri vilegi. Assai peggior male che la sione di Treviso, la quale non fu e non poteva essere duratura, Fran cesco da Carrara, signore di Pado va, che aveva conservati alcuni castelli del Trevigiano, continuava fieramente a guerreggiare contro la città di cui 11011 era riuscito a ottenere il possesso, rimanendo a I mani vuote dopo cosi lunga e di- I sastrosa guerra. Leopoldo 111 invano scese con un esercito di ottomila cavalli a difendere Treviso e a munirla di viveri: il Carrarese non solo noni tolse l'assedio, ma s'impadroni di terre e di castelli dei dintorni, fin ché il duca d'Austria, persuaso che non avrebbe potuto conservaria, s indusse a farne mercato, e il si gnore di Padova l 'ebbe nel febbra io 1384 per cento mila fiorini d'- oro, insieme a Ceneda, Feltre e Belluno. Ma fu veramente libera dedizi one quella di Trieste? V'era ca pitano del popolo Ugone di Duino, parente del duchi d'Austria, e chi sa. come andassero le cose in quel turbolento medio evo, mentre le libertà municipali si spegnevano, e le signorie volgevano a principa ti. e i principati maggiori assorbi vano i minori, 11011 penerà.a intuire 1111 oscure intrigo politico, perpe trato ai danni di Trietse e della futura Italia : di quella Trieste, di cui Guglielmo Oberdan, do, cantava dall'esilio le "memo rie sante." L'acquisto di Trieste fu impor tantissimo per la casa d Austria, eompetitrice allora di quella di Lussemburgo, a cui apparteneva Carlo IV, imperatore di Germania. Rodolfo IV d'Absburgo. duca d'- Austria, al quale, se non sorrise ro la gloria e la fortuna, non man carono i soprannomi (fu chiama to a volta a volta il "Silenzioso", il ''Magnifico", il "Letterato", il Fondatore"), 11011 aggiunse a' suoi possessi che il Tirolo. Venuto a morte nel 1365 senza lasciar figli, divise i proprii dominii fra i suoi due fratelli, Alberto e Leopoldo Sabato, 14 Luglio 1917 HI. Al primo toccò l'Austria; al secondo, la Stiria, la Carinzia, il Tirolo, possessi di Svevia e d'Al sazia. L'imperatore Cario IV, ratifican do di buon grado quella divisione, disse: "Noi ci siamo adoperati a lungo a umiliare la casa d'Austria (era stata infatti privata dell'im pero), ed eccola ora che si diminu isce da sé". Leopoldo 111, con Trieste, aveva guadagnato ai suo Stato uno sboc co sul mare, avvicinandosi all'l talia settentrionale, dove ben pre sto i principi austriaci interver rebbero nelle contese fra le città e i loro signori. Ma il rispetto della libertà municipali e dei pri vilegi /iella città poco doveva du rare. Pervenuto nei 1440 al trono imperiale di Germania Federico IV, il padre di Massimiliano, l'avo di Carlo V e di Ferdinando d'Au stria. che fecero della loro casa la A LIDIA (dal vero) Lidia, mia dolce Lidia, Oh da quant'anni non t'ho riveduta! E pure é sempre memore Di te questo mio cor, che ti saluta. Chi sa? se tu memoria Serbi di me, che tanto t'adorai! ( hi sa ? se ancor sei giovine E cosi bella come ti lasciai! Di se mi'pensi e t'anima La voluttà, l'amore e la speranza; Se ancor sei dolce e candida,. Tutta sorriso, venustà, fragranza. Rammenta : core ed anima, • Sempre in omaggio al ben, che mi volevi, Ti diedi, quando suggerti La prima volta i.labbri mi facevi. Ancora, ancora, o Lidia, I biondi ricci tuoi conservo e dico: » Bei ricci biondi, datemi Nuove di lei; li bacio e benedico. Dei baci caldi e teneri Che ci scambiammo 1à... te ne rammenti? Quei baci ci ligarono In amistà d'amore i cuori ardenti. D'allora, e son moltissimi Anni decorsi già. non ho tue nuove. Vivi? o sei morta? Lidia, Dammi de l'amor tuo novelle prove. Che il tempo forse t'abbia II cor mutato, resa indifferente, 0 vile, o pur dimentica Di me, che t'ebbi e ancor ti serbo in niente! Oli ! quale atroce spasimo Sento nel core al torbido pensiero. Io per te ancora palpito, Ma tu chi sa se m'ami! Io t'amo e spero! Spero che possa riedere Presta costà per rivederti. E allora Mi leggerai ne l'anima La fiamma de l'amor,\che mi divora. DONATO STABILE, Lucerne Mines, Pa. 9 luglio 1917. Il professore legge un brano del lavoro di un allievo e ad un pun to gli osserva : —Ma insomma non vuol com prendere che usare il "mi" dopo il dativo "a me" é un errorp gra ve? Dove ha imparato simili scor rettezze? L'allievo tranquillamente pren de un librove vi Legge il brano di Giosuè Carducci del "Passo di Roneisvalle" dove é scritto: 4 'll cavallo mezzo morto Cosi prese a favellar : —Non mi dare a me la colpa dominatrice del vecchio e del nuo vo mondo, egli acquisto la città di Rieka. italicamente Fiume, e nel 1467 fece occupare Trieste dalle sue milizie togliendosi la maschera del protettore e dell'amico. Inva co l'anno seguente Francesco Bo nomo, a furia di popolo, cacciò l'- oppressore. Un altro anno appena era trascorso, e la furia austriaca imperversava su Trieste, messa a sacco, insanguinata dalle stragi. L'aquila, che aveva ancora una te sta sola, affondava il rostro e gli artigli nella carne e nel sangue della nobile città dall'anima itali ana. Federico IV, l'oppressore, sen za genio ma con tenace audacia, dava corpo di stato al retaggio amburghese, e assicurava quasi ereditariamente alla sua casa la corona imperiale. FAMULUS. che non *1 seppi ritornar!" Il professore che non sa più a i che partito appigliarsi grida indi -1 spettito : 1 —Ma non vede che il li parla una ; bestia? Che! un cavello deve sa ' pere la grammatica ? " ; —Ma é facile—esclama Oliviero, che ha fatto la guardia di finanza —superare la difficoltà : dal mo mento che si hanno i eonnstati del latitante, si facciano, servendosi Idi essi, delle fotografie, e se ne dia (una ad ogni carabiniere. Vedrete che l'acchiappano subito. Tutto si dimentica sui campi dell'onore Il colonnello comandante de 1.... fanteria aveva riunito per un bre vissimo rapporto tutti i suoi uffi ciali ridotti ad un numero assai e siguo dopo le azioni violentissime della fine di maggio. —Noi speriamo—egli diceva che il nostro reggimento abbia un pó di tregua per qualche giorno... nel nostro settore c'é calma in que sto momento... alla nostra sinistra non sappiamo però come vadane le cose. A questo punto, verso l'ingresso della caverna ove gli ufficiali era no adunati, vi fu un movimento di curiosità... un sergente di maggio rità conduceva un soldato, un pie colino, lacero, stracciato, col viso inondato di sangue., evidentemen te aveva dovuto correre molto pri ma di arrivare sin la, portava un biglietto. Lo volle consegnare personalmente al comandante del reggimento e solamente quando gliel'ebbe dato si asciugò.il sangue da una ferita al viso. 11 colonnello lesse forte, con e mozione : "Circondato, sul fortino di Cima Cor... resisto sino all'ulti mo, ho assoluto bisogno di soccor si, urgentissimo!..." —Cima C0r..,, fortino 8.. ma come mai sei venuto a finire qua da noi ? —Signor colonnello non ho po tuto continuare per la strada di retta : il bombardamento era trop po furioso da quella parte... —Tu sei de 1..., non é vero? —Signorsì, c'é il mio tenente nel fortino, bisogna aiutarlo subi to se n 0... Io sono il suo attenden ' te... —Questo biglietto andava por tato al tuo reggimento... noi non possiamo distogliere forze... -e poi le mie truppe finiscono ora di es sere impegnate... —Ed il mio tenente? —Penserò, penserò... Signori uf ficiali, c'é un vostro collega di un; altro reggimento, circondato con j pochi uomini, su di un fortimo al la nostra sinistra... si tratta di sai- j vare lui e la posizione! Guardate il biglietto! Io non mi sento di co mandare a questa o quella com pagnia... se qualcuno volontaria mente si volesse assumere l'impre- j sa. assai pericolosa... ....Il biglietto era arrivato nelle mani del sottotenente, di cui qual cuno era comandante # di compa gnia... fra essi Gino Vettori lesse avidamente (incile poche righe, poi arrivato alla firma cacciò un gri do: * 4 Attilio Corsi!... c'é scritto proprio Attilio Corsi" Jo, signor colonnello, doman do di andare... lasci andare me. non altri, signor colonnello! —Subito ! Prepari la sua compa gnia. oppure se vuole partire con due plotoni, forse é meglio... e tu. sei in grado di mostrare al tenen te la strada per il fortino? —Signorsì. —E la tua ferita? —E' una scalfittura. —Andiamo, presto—fece il te nente Vettori —vieni con me, andi amo ! Partirono subito con mezza com pagnia; gli altri due plotoni, ri masero a guardia della trincea al comando di un sergente. Vettori andava in testa ai suoi uomini, coll'attendente del tenen te Corsi... —Dove sono? Non si sente ni ente qua... —Bisogna salire su quel costo ne, qua il vento non ci porta i col pi; quando saremo lassù sentire mo... Vettori sembrava più ansioso dello stesso soldato e trascinava col suo impeto i suoi in una mar cia rapidissima. Arrivati sul co stone, nello scendere dall altra parte, sentirono i primi colpi iso lati. di fronte, ad un chilometro di distanza e poi un fittissimo suc cedersi di spari il ticchettio ner vosissimo di una mitragliatrice. —E" il mio tenente, che spara— disse 1 attendente.—(ìli hanno già intimato di arrendersi, ma lui. non 10 farà mai, tirerà sino all'ultimo c01p0... Alla vertiginosa filza dei colpi della mitragliatrice si aggiungeva no radi colpi di fucile. —I nostri tirano, anche loro, ma sono in pochi ! Poi d'un tratto, il vento portò per l'aria un clamoroso urrah!... 11 grido che gii austriaci lanciano quando vanno all'assalto. —Forse l'hanno preso il fortino! —No, la mitragliatrice spara an cora. —Hai ragione, sono sempre sal di. li respingono... —Dimmi, il 11li* tenente éun si ciliano? —Si. —E' di PalermoT —Si, anch'io. —Corsi si chiama, non é vero? E' piccolo, magro, bruno? —Si. —E' lui! su. ragazzi, cerchiamo di arrivare in tem|H> a salvarlo, é mio amico, quel tenente... era mio* nemico... ma dobbiamo salvarlo!.. ... come mai era amico e nemico nello stesso tempo? Si. i due te nenti, Attilio Corsi e Gino Vettori si conoscevano dalla loro infanzia erano della stessa citta, amicissimi ì per molti anni: come fratelli e poi diventarono nemici, si odiarono... —Perché? Per una donnina leg gera. fatua, una canzonettista <,la strapazzo, che era andata a Paler mo in un caffé ehantant... il Corsi se ne era innamorato pazzamente, ne era gelosissimo. Gino Vettori anche lui se ne era innamorato perché quella donna era bellis sima per quanto stupida, fatua, di quelle donne destinate a seminare zizzania tra gli uomini. / Pur essendo l'amica di < 'orsi quella donnina aveva incoraggiato la corte di Vettori, gli aveva dato un appuntamento, ma, nella stesso tempo aveva avvisato il ('orsi, cosi per la vana stupidita di mostrare quanto era desiderata —non pen sava quella donnina di trovarsi in un paese in cui gli uomini amano con fuoco, e sono gelosi con impe to. Corsi aveva colto 1 amico in fallo, la discussione violenta, lite, i sfida... senza duello, i>oi inimicizia, odio mortale... Anche quando erano partiti per la guerra non s'erano nemmeno salutati, eppure si erano incontra ti alla stazione... dopo tanti anni di amicizia, come se mai si fossero . . conosciuti- Quale destino aveva voluto che il biglietto «lei tenente Corsi an dasse fuori destinazione, che Gino Vettori l'avesse in mano e leggesse il nome dell'amico?!... —E' mio amico, come se fosse mio fratello—gridava Vettori ai suoi—dobbiamo salvarlo! (Con tinua)
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