The patriot. (Indiana, Pa.) 1914-1955, June 30, 1917, Image 5

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    IL PATRIOTA m Arte, Letteratura j
f (the patriot) Tif Scienza, Umorismo *
La Bevanda degli Eserciti
Attraverso Varie Epoche
ARMI E VINO
Fra i tanti studi che potranno
farsi allorché sarà finita l'immane
conflagrazione che affligge oggi l'-
umanità, ci sarà anche quello dell'
influenza della bevanda sul com
portamento dei vari eserciti.
Poiché il vino non scalda solo il
corpo ma anche l'anima, e dà, se
condo Plutarco, una balda sicurez
ze e un ardire deliberato che aiuta
a compiere le buone azioni, jisve
glia, al dire di Orazio, la speranza
e la forza, e dà il coraggio di al
zar la testa e di non temer la spa
da.
Giulio Cesare racconta che pres
so gli Svevi l'importazione del vi
no era totalmente interdetta per
ché da essi si credeva che questo
liquore snervasse gli uomini e in
debolisse il coraggio. Ma la real
ta é che quei popoli temevano il
contatto e l'invasione dei mercan
ti di vino latini, precursori delle
armate somane. Fatto sta che pro
prio quegli Lvevi non tardarono a
fare quello che fecero i Galli ; at
tratti dal gustoso liquore "sner
vante" scesero in orde armate ver
so il paese del sole e del buon vino
Pare infatti che i barbari si si
ano decisi ad invadere i paesi do
ve é vivo il culto dell'arbusto sa
cro a Bacco, per l'ardente deside
rio del vino. Plinio racconta che
i Galli ebbero per primo motivo di
invadere l'ltalia, la gola dei fichi
secchi, delle uve, dell'olio e del
vinto portati loro da Helicone, un
cittadino elvetico che era stato a
Roma come artigiano.
L'idea si trova anche in Tito Li
vio ein Plutarco. Questi dice che
fu un toscano. Arrone, la cui mo
glie era stasta involata dal pupil
lo di nome Lucumo. Non avendo
potuto ottenere giustizia per ques
to affronto, andò a domandare
vendetta ai Galli. E per incitarli
a scendere in Italia, portò loro del
vino. Essi apprezzarono talmente
questo liquore, che, preparate le
armi, in intere orde si staccarono
da Barry, Chartres, Auvergne, e,
lasciate le ghiande dei loro boschi,
con donne e fanciulli, non sgomen
ti del duro passo delle Alpi, scese
ro in cerca del paese dai vini deli
ziosi. Non diversamente avvenne
delle orde d'oltre Reno e Danu
bio, alle quali Cimbri e Svevi ave
vano insegnato la via del paese
del sole e dei buoni vini.
In Francia la legge che vietava
di mandar vino ai barbari, ebbe
poca efficacia perché i barbari del
Nord, sedotti da questa bevanda,
vennero a cercarsela. E Borgog
noni, Visigoti, Franchi inondarono
le terre dell'impero. I loro sforzi
per propagare sempre più le viti
furono secondati da regolamenti
di favore. La legge Salica e quel
la dei Visigoti, infatti, commina
vano fortissime ammende a colui
che avesse strappato un ceppo di
vite o rubato un grappolo d'uva.
La protezione che il governo ac
cordava alla vite la fece ritenere
quasi una pianta sacra. Chilpéric
che si provò a tassare ogni posses
sore di vigne a fornirgli un 'anfo
ra di vino all'anno per la sua ta
vola, suscitò un vera rivoluzione
nel Limosino, e l'ufficiale manda
to a percepire il tributo, fu massa
crato.
Del resto, quale maggior connu
bio fra Marte e Bacco della leg-
gendaria spedizione di Bacco nel
le Indie?
Alla testa di un 'armata di gente
tutto incoronata di pampini, con
in mano tirsi e alla bocca flauti, il
dio del vino va alla conquista dell'
India. Conquista non difficile, pa
re, perché invece di resistenza tro
va dell'adorazione; lungi dall'im
porre taglie e tributi ai vinti—ci
fa sapere Luciano—insegna loro
la coltivazione delia più deliziosa
delle piante, la vite.
Fuori della leggenda, la spedi
zione di Alessandro attraverso l'-
India, se si deve credere a Quinto
Curzio, fu tutta una lunga feste
bacchica. Il vino vi correva a tor
renti. Il gran capitano fece ac
campare per dieci giorni i suoi sol
dati sulla montagna di Merode
tutta coperta di vigneti perché po
tessero largamente compensarsi
delle fatiche, col dolce liquore di
Bacco. Del resto, Alessandro il
Grande era egli stesso un bevitore
di rispetto. Invincibile come capi
tano non lo era come bevitore, per
ché in un eccesso di libazione uc
cise Clito e fece incendiare Perse
poli. In quei momenti certo an
dò troppo al di la dei consigli, che,
molto più tardi, il nostro buon Re
di dava al conte Federico Vetera
ni :
Bevete dunque ; e giorno e notte
in guerra
State col fiasco, e generoso e forte,
E sarete più bravo della morte,
E il maggior capitan che viva in
terra.
Altri capitani furono meno gran,
di d'Alessandro, ma certo come
lui bevitori. 11 console Papirio, ad
esempio, il vincitore di Aquillonia,
prometteva a Giove una piccola
coppa di vino se avesse trionfato
sui Sanniti, ma pare che per sé
fosse assai meno parsimonioso.
Traiano fu un solenne bevitore,
a sembra che sia stato imitandolo,
che Adriano entrò nelle sue .gra
zie. Che dire di Marc' Antonio
triumviro, il quale ebbe perfino il
poco pudore di scrivere un libro
sulla propria übriachezza?
Catone durante tutta la campa
gna di Spagna bevve soltanto il
vinello dei marinai, dice Plinio ; é
vero ; ma Seneca racconta che si
rifece poi largamente al ritorno.
Di Cesare non consta una pre
dilezione pel vino. Ma, conosci
tore profondo dei suoi strumenti
di vittoria, usò largamente del vi
no per spronare e confortare le le
gioni, e per solennizzare i trionfi.
In uno di questi a ventiduemila
concittadini fece distribuire per
ogni gruppo un cadus di vino di
Chio e un 'anfora di Falerno. E al
tra volta, all'epoca del suo terzo
Consolato, distribuì vini greci di
Chio e di Lesbo e al tempo stesso
Falerno e Mamertino ; quattro spe
cie di vino in una volta; profusi
one che non si era mai vista, nota
Plinio.
Ma le armate romane non si val
sero del vino solo per il conforto
dei soldati e la letizia nei trionfi;
esse ebbero per la vite il culto che
si doveva alla pianta colonizza
trice per eccellenza.
Un ceppo di vite era l'insegna
di comando del centurione ; esso
era anche lo strumento privilegi
ato di castigo pel soldato romano;
un comune bastone di legno vol
gare serviva invece a battere i mi
liti ausiliari.
□ Sabato, 30 Giugno 1917 n=
E colle vittoriose aquile di Ro
ma spandeva la sua area di c-ulti
vazione la vite.
Fu Probo che fece piantere viti
in Pannonia e nella Moesia, tro
vando in quel seducente lavoro il
modo di combattere la frequente
turbolenza e l'indisciplina delle
legioni. I primi viticultori di
Ungheria, Dalmazia, Serbia e Bul
garia furono dunque i legislatori
romani di Probo.
Come un piffero di montagna
—Evans in Baltimore American.
11 capitano del sottomarmo Gli americani mi avvistarono... andai per
affondare e... fui affondato!
I MOSCONI IIN RONDA
IL DECALOGO DELL'UOMO
RISPETTABILE
l.o—Vestite sempre elegante
mente, perché un uomo tanto più
é stimato quanto più veste bene.
2.o —Per comparire istruito non
occorre essere istruito. Tocca a
voi dire che lo siete e la gente vi
crederà.
3.o —Siate "smart": Smart é
sinonimo d'intelligente, intelligen
te é sinonimo d'imbroglione. In
America chi non é ''smart'' non
ha diritto di vivere.
4.o—Procuratevi molti amici,
ma calcolate prima se c'é il vostro
tornaconto.
5.o —Abbiate tante opinioni per
quante sono le opinioni delle per
sone con le quali avete rapporti,
cosi vi troverete sempre d'accordo
con tutti.
6.o—Siate filantropo e caritate
vole, perché spesso quel che date
é un prestito ad usura.
7.o —Scusate tutti i vizi e le col
pe, ma non perdonate mai a nes
suno la colpa di non avere denaro.
—Se siete italiano professate
fede repubblicana in America e
monarchica in Italia. Cosi potete
essere un buon patriota e rispetto
so delle istituzioni altrui.
9.o —Preferite sopra ogni cosa
ciò che meglio protegge gli affari
vostri.
lO.o—Ricordatevi che il tempo
é danaro. Non impiegate mai il
vostro tempo senza ricavarne un
profitto. Se. per esempio, dovres
te spendere cinque minuti per sai
E' vero che romano fu anche
quell'imperatore Domiziano al
quale risale il pazzesco divieto di
coltivar viti. Ma Domiziano, bas
so tiranno, é passato molto male
alla storia; lui, che radunava il
Senato per avere indicazioni sul
modo di cuocere un rombo, e che,
calvo come una palla da bigliardo,
scriveva un trattato sul modo di
conservare i capelli.
Arturo Marescalchi
vare la vita di un mendicante o
quella del cane di un milionario,
salvate il cane.
Nel salone di un albergo di Pa
dova, una signora, non più giova
nissima, bruttina anzi che no, e che
ha ancora delle pretese, dice al ma
rito :
—Hai tu notato, Anselmo, quel
giovanotto ch'é seduto all'altro ca
po della tavola e che mi guarda
in modo cosi insistente, mentre
scrive ?
Il marito, uomo placido e che
sembra apprezzare la moglie al
suo giusto valore, risponde :
—Ma non serive, mia craa, dise
gna, quel signore... fa il tuo ri
tratto... lo si capisce subito.
—E' proprio cosi? Anche ques
ta mattina, sulla terrazza, mi
guardava con aria di tanta ammi
razione che proprio me ne sentivo
confusa.
Il marito, con indifferenza:
—Ah! Dopo tutto niente d'im
possibile.
—Dev'essere un pittore che ha
trovato in me il tipo dei suio sogni.
Forse vuole ritrarre la mia testa
per un quadro. Sono curiosa di
sapere il suo nome. Ehi, camerie
re, sapete come si chiama quel si
gnore che sta disegnando?
—Si, signora... E' quello che fa
le caricature nel giornale.
—Il sustantivo terra édi genere
femminile perché nessuno conosce
precisamente la sua età.
LA MEDAGLIA D'ARGENTO
NOVELLA
Da che aveva conosciuto il sol
dato Salvatore Giordano, del., fan
teria, il piccolo Luciano non gio
cava più cogli altri fanciulli ai
giardini pubblici. Egli amava dis
correre eoll'eroe delle cose di
guerra, e preferiva ascoltare uno
dei suoi fatti d'armi, piuttosto che
divertirsi al pallone o colle biglie.
Salvatore Giordano, di origine
napoletana, fu chiamato sotto le
armi fin dai primi giorni della di
chiarazione di guerra. In molti
combattimenti ai quali aveva pre
so parte, si era fatto distinguere
per il suo coraggio ed il suo valore
e se all'entrata di G... non fosse
stato ferito, certamente a quest'
ora egli avrebbe continuato a com
battere ed a farsi onore. Il medi
co che lo curò, trovo necessità ur
gente di fare l'amputazione di tut
ta la gamba destra ed il ferito sop
portò l'operazione senza un grido
né un lamento, da vero eroe. 11
suo valore, gli guadagnò la meda
glia d'argento, ed egli con orgo
glio la portava tutte le domeniche,
quando usciva alla passeggiata.
Fu, andando dunque ai giardini
che fece la conoscenza di un fanci
ullo che divenné la sua gioia. Era
un bel brunettino, dagli occhi neri,
dall'aria intelligente, dell'età di
undici o dodici anni. Ed ecco co
me fu il principio di questa gran
de amicizia.
Un dopo pranzo, Luciano gioca
va al pallone, e senza volerlo lo
fece cadere vicino alle stampelle
del soldata. L'uomo e il fanciullo
cominciarono allora a conversare,
ed attirati dalla simpatia recipro
ca, diventarono ben presto dei bu
oni amici.
Si vedevano tutti i giorni alla
stessa ora, l'uomo contento di rac
contare i suoi fatti, l'altro più con
tento ancora di ascoltarlo. Lo in
terrogava spesso, curioso di sape
re tante cose, della guerra giacché
lo vedeva vestito da soldato e sen
za una gamba. Salvatore che ave
va sempre amato i piccoli, ed ave
va una simpatia speciale per Lu
ciano, appagava sorridente la di
lui curiosità, e tutti i giorni con
impazienza aspettava le quattro
del pomeriggio per recarsi ai giar
dini. Se il giovane amico lo aveva
preceduto, ciò che quasi sempre
accadeva, scorgendolo da lontano,
gli correva incontro colle braccia
aperte.
E Salvatore, tutto felice, di
quésta festosa accoglienza, si sede
va su una panchina, posava le
grucce, prendeva il fanciullo nelle
sue braccia con molta delicatezza,
lo metteva a sedere sulla sua uni
ca gamba, e li tutti e due discor
revano. Di domenica Luciano non
veniva mai ai giardini ; ciò spicca
va al soldato che in detto giorno
rimaneva solo, mentre avrebbe de
siderato di fargli vedere la meda
glia, della quale non gli aveva par
lato mai.
—Senti, Luciano —gli disse un
sabato nel lasciarlo —se verrai do
mani ti farò vedere una cosa che
ti piacerà assai.
Punto nella sua curiosità, il fan
i ciullo promise di venire, ed ali 'in
domani invece di andare al cine
matografo, domandò alla gover
nante di accompagnarlo come gli
altri giorni ai giardini.
Giordano lo attendeva, impazi
ente di far vedere al suo amico I'-
j oggetto a lui prezioso, la ricom
pensa del sacrificio fatto per la
Patria.
Il ragazzo esaminò attentamen
te la medaglia, la rigiro fra le
sue maniue, poi alzando i suoi oc
chi neri verso quelli del soldato
domando :
—Chi te l'ha data?
Salvatore sorrise, rammentando
quel giorno nei quale, mentre l'al
ba spuntava sull 'orrizzonte, con un
impetuoso slancio, saltava fuori
dalla trincea caricando alla baio
netta, e gridando: "Savoia!" e
tu appunto in questo attacco che
il nemico ancora una volta fu re
spinto, ma egli cadde gravemente
ferito.
Passata la visione di quel gior
no bello e triste nello stesso tem
po, rispose al fanciullo :
—Vedi, Luciano, una palla ne
mica mi spezzò la gamba, la (piale
dovette essere amputata, ed il gen
erale venuto al mio letto, dopo a
vermi baciato mi appese al petto
questa medaglia che mi é tanto
cara.
E Luciano attentamente lo ascol
tava. muto per un minuto e poi es
clamò :
E' molto bella la tua meda
glia!
—Lo so, mio caro, essa é tutto il
mio conforto. —E guardandosela,
una lagrima gli scese dai ciglio.
Poi tacquero, ma il fanciullo sen
ti il vivo desiderio di averla in do
no e si fece animo per dirgli :
—Mi vuoi bene?
—Certamente, mio caro, non si
amo forse del buoni amici?
Ebbene, se tu proprio mi ami r
dovresti regalarmela.
li soldato rimase sorpreso a tali
parole.
(ili si domandava se l'amasse, e
dietro la sua risposta affermativa
si voleva una prova, e questa pro
va era la sua medaglia in
Balbettò qualche sillaba, poi ris
pose:
—Non... posso.
Il fanciullo, colpito a tale rifiur
to, divenne triste, baciò la meda
glia, e scappò via.
TI soldato lo vide raggiungere la
governante, e uscire con lei dal
giardino.
Cinque giorni passarono, cinque
giorni durante i quali Salvatore
non rivide il piccolo amico, e ne
era assai affitito, poiché alla com
pagnia di questi si era dolcemente
abituato. Tutti i dopo pranzo, e
gli lo attendeva al solito posto, ma
invano.
Pensava alla causa di questa as
senza, ma nulla trovava per gius
tificarla. finché un giorno, più ira
paziente e triste del solito, giacché
sapeva il nome della via ed il nu
mero di casa di Luciano, prese la
risoluzione di andarvi per interro
gare la portinaia. Da questa sep
pe che il piccolo era seriamente
ammalato. Non la lasciò finire di
parlare : il buon soldato infilò le
scale, col cuore stretto, colle la
grime agli occhi e suonò all'uscio
dell'abitazione. Un signore, il pa
dre stesso di Luciano, aprì la porta
e sorpreso gli domandò che cosa
volesse.
Col respiro, affannoso, con voce
roca. Giordano spigò il motivo
della sua visita, ed allora fu amo
revolmente introdotto nella came
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