IL PATRIOTA m Arte, Letteratura j f (the patriot) Tif Scienza, Umorismo * La Bevanda degli Eserciti Attraverso Varie Epoche ARMI E VINO Fra i tanti studi che potranno farsi allorché sarà finita l'immane conflagrazione che affligge oggi l'- umanità, ci sarà anche quello dell' influenza della bevanda sul com portamento dei vari eserciti. Poiché il vino non scalda solo il corpo ma anche l'anima, e dà, se condo Plutarco, una balda sicurez ze e un ardire deliberato che aiuta a compiere le buone azioni, jisve glia, al dire di Orazio, la speranza e la forza, e dà il coraggio di al zar la testa e di non temer la spa da. Giulio Cesare racconta che pres so gli Svevi l'importazione del vi no era totalmente interdetta per ché da essi si credeva che questo liquore snervasse gli uomini e in debolisse il coraggio. Ma la real ta é che quei popoli temevano il contatto e l'invasione dei mercan ti di vino latini, precursori delle armate somane. Fatto sta che pro prio quegli Lvevi non tardarono a fare quello che fecero i Galli ; at tratti dal gustoso liquore "sner vante" scesero in orde armate ver so il paese del sole e del buon vino Pare infatti che i barbari si si ano decisi ad invadere i paesi do ve é vivo il culto dell'arbusto sa cro a Bacco, per l'ardente deside rio del vino. Plinio racconta che i Galli ebbero per primo motivo di invadere l'ltalia, la gola dei fichi secchi, delle uve, dell'olio e del vinto portati loro da Helicone, un cittadino elvetico che era stato a Roma come artigiano. L'idea si trova anche in Tito Li vio ein Plutarco. Questi dice che fu un toscano. Arrone, la cui mo glie era stasta involata dal pupil lo di nome Lucumo. Non avendo potuto ottenere giustizia per ques to affronto, andò a domandare vendetta ai Galli. E per incitarli a scendere in Italia, portò loro del vino. Essi apprezzarono talmente questo liquore, che, preparate le armi, in intere orde si staccarono da Barry, Chartres, Auvergne, e, lasciate le ghiande dei loro boschi, con donne e fanciulli, non sgomen ti del duro passo delle Alpi, scese ro in cerca del paese dai vini deli ziosi. Non diversamente avvenne delle orde d'oltre Reno e Danu bio, alle quali Cimbri e Svevi ave vano insegnato la via del paese del sole e dei buoni vini. In Francia la legge che vietava di mandar vino ai barbari, ebbe poca efficacia perché i barbari del Nord, sedotti da questa bevanda, vennero a cercarsela. E Borgog noni, Visigoti, Franchi inondarono le terre dell'impero. I loro sforzi per propagare sempre più le viti furono secondati da regolamenti di favore. La legge Salica e quel la dei Visigoti, infatti, commina vano fortissime ammende a colui che avesse strappato un ceppo di vite o rubato un grappolo d'uva. La protezione che il governo ac cordava alla vite la fece ritenere quasi una pianta sacra. Chilpéric che si provò a tassare ogni posses sore di vigne a fornirgli un 'anfo ra di vino all'anno per la sua ta vola, suscitò un vera rivoluzione nel Limosino, e l'ufficiale manda to a percepire il tributo, fu massa crato. Del resto, quale maggior connu bio fra Marte e Bacco della leg- gendaria spedizione di Bacco nel le Indie? Alla testa di un 'armata di gente tutto incoronata di pampini, con in mano tirsi e alla bocca flauti, il dio del vino va alla conquista dell' India. Conquista non difficile, pa re, perché invece di resistenza tro va dell'adorazione; lungi dall'im porre taglie e tributi ai vinti—ci fa sapere Luciano—insegna loro la coltivazione delia più deliziosa delle piante, la vite. Fuori della leggenda, la spedi zione di Alessandro attraverso l'- India, se si deve credere a Quinto Curzio, fu tutta una lunga feste bacchica. Il vino vi correva a tor renti. Il gran capitano fece ac campare per dieci giorni i suoi sol dati sulla montagna di Merode tutta coperta di vigneti perché po tessero largamente compensarsi delle fatiche, col dolce liquore di Bacco. Del resto, Alessandro il Grande era egli stesso un bevitore di rispetto. Invincibile come capi tano non lo era come bevitore, per ché in un eccesso di libazione uc cise Clito e fece incendiare Perse poli. In quei momenti certo an dò troppo al di la dei consigli, che, molto più tardi, il nostro buon Re di dava al conte Federico Vetera ni : Bevete dunque ; e giorno e notte in guerra State col fiasco, e generoso e forte, E sarete più bravo della morte, E il maggior capitan che viva in terra. Altri capitani furono meno gran, di d'Alessandro, ma certo come lui bevitori. 11 console Papirio, ad esempio, il vincitore di Aquillonia, prometteva a Giove una piccola coppa di vino se avesse trionfato sui Sanniti, ma pare che per sé fosse assai meno parsimonioso. Traiano fu un solenne bevitore, a sembra che sia stato imitandolo, che Adriano entrò nelle sue .gra zie. Che dire di Marc' Antonio triumviro, il quale ebbe perfino il poco pudore di scrivere un libro sulla propria übriachezza? Catone durante tutta la campa gna di Spagna bevve soltanto il vinello dei marinai, dice Plinio ; é vero ; ma Seneca racconta che si rifece poi largamente al ritorno. Di Cesare non consta una pre dilezione pel vino. Ma, conosci tore profondo dei suoi strumenti di vittoria, usò largamente del vi no per spronare e confortare le le gioni, e per solennizzare i trionfi. In uno di questi a ventiduemila concittadini fece distribuire per ogni gruppo un cadus di vino di Chio e un 'anfora di Falerno. E al tra volta, all'epoca del suo terzo Consolato, distribuì vini greci di Chio e di Lesbo e al tempo stesso Falerno e Mamertino ; quattro spe cie di vino in una volta; profusi one che non si era mai vista, nota Plinio. Ma le armate romane non si val sero del vino solo per il conforto dei soldati e la letizia nei trionfi; esse ebbero per la vite il culto che si doveva alla pianta colonizza trice per eccellenza. Un ceppo di vite era l'insegna di comando del centurione ; esso era anche lo strumento privilegi ato di castigo pel soldato romano; un comune bastone di legno vol gare serviva invece a battere i mi liti ausiliari. □ Sabato, 30 Giugno 1917 n= E colle vittoriose aquile di Ro ma spandeva la sua area di c-ulti vazione la vite. Fu Probo che fece piantere viti in Pannonia e nella Moesia, tro vando in quel seducente lavoro il modo di combattere la frequente turbolenza e l'indisciplina delle legioni. I primi viticultori di Ungheria, Dalmazia, Serbia e Bul garia furono dunque i legislatori romani di Probo. Come un piffero di montagna —Evans in Baltimore American. 11 capitano del sottomarmo Gli americani mi avvistarono... andai per affondare e... fui affondato! I MOSCONI IIN RONDA IL DECALOGO DELL'UOMO RISPETTABILE l.o—Vestite sempre elegante mente, perché un uomo tanto più é stimato quanto più veste bene. 2.o —Per comparire istruito non occorre essere istruito. Tocca a voi dire che lo siete e la gente vi crederà. 3.o —Siate "smart": Smart é sinonimo d'intelligente, intelligen te é sinonimo d'imbroglione. In America chi non é ''smart'' non ha diritto di vivere. 4.o—Procuratevi molti amici, ma calcolate prima se c'é il vostro tornaconto. 5.o —Abbiate tante opinioni per quante sono le opinioni delle per sone con le quali avete rapporti, cosi vi troverete sempre d'accordo con tutti. 6.o—Siate filantropo e caritate vole, perché spesso quel che date é un prestito ad usura. 7.o —Scusate tutti i vizi e le col pe, ma non perdonate mai a nes suno la colpa di non avere denaro. —Se siete italiano professate fede repubblicana in America e monarchica in Italia. Cosi potete essere un buon patriota e rispetto so delle istituzioni altrui. 9.o —Preferite sopra ogni cosa ciò che meglio protegge gli affari vostri. lO.o—Ricordatevi che il tempo é danaro. Non impiegate mai il vostro tempo senza ricavarne un profitto. Se. per esempio, dovres te spendere cinque minuti per sai E' vero che romano fu anche quell'imperatore Domiziano al quale risale il pazzesco divieto di coltivar viti. Ma Domiziano, bas so tiranno, é passato molto male alla storia; lui, che radunava il Senato per avere indicazioni sul modo di cuocere un rombo, e che, calvo come una palla da bigliardo, scriveva un trattato sul modo di conservare i capelli. Arturo Marescalchi vare la vita di un mendicante o quella del cane di un milionario, salvate il cane. Nel salone di un albergo di Pa dova, una signora, non più giova nissima, bruttina anzi che no, e che ha ancora delle pretese, dice al ma rito : —Hai tu notato, Anselmo, quel giovanotto ch'é seduto all'altro ca po della tavola e che mi guarda in modo cosi insistente, mentre scrive ? Il marito, uomo placido e che sembra apprezzare la moglie al suo giusto valore, risponde : —Ma non serive, mia craa, dise gna, quel signore... fa il tuo ri tratto... lo si capisce subito. —E' proprio cosi? Anche ques ta mattina, sulla terrazza, mi guardava con aria di tanta ammi razione che proprio me ne sentivo confusa. Il marito, con indifferenza: —Ah! Dopo tutto niente d'im possibile. —Dev'essere un pittore che ha trovato in me il tipo dei suio sogni. Forse vuole ritrarre la mia testa per un quadro. Sono curiosa di sapere il suo nome. Ehi, camerie re, sapete come si chiama quel si gnore che sta disegnando? —Si, signora... E' quello che fa le caricature nel giornale. —Il sustantivo terra édi genere femminile perché nessuno conosce precisamente la sua età. LA MEDAGLIA D'ARGENTO NOVELLA Da che aveva conosciuto il sol dato Salvatore Giordano, del., fan teria, il piccolo Luciano non gio cava più cogli altri fanciulli ai giardini pubblici. Egli amava dis correre eoll'eroe delle cose di guerra, e preferiva ascoltare uno dei suoi fatti d'armi, piuttosto che divertirsi al pallone o colle biglie. Salvatore Giordano, di origine napoletana, fu chiamato sotto le armi fin dai primi giorni della di chiarazione di guerra. In molti combattimenti ai quali aveva pre so parte, si era fatto distinguere per il suo coraggio ed il suo valore e se all'entrata di G... non fosse stato ferito, certamente a quest' ora egli avrebbe continuato a com battere ed a farsi onore. Il medi co che lo curò, trovo necessità ur gente di fare l'amputazione di tut ta la gamba destra ed il ferito sop portò l'operazione senza un grido né un lamento, da vero eroe. 11 suo valore, gli guadagnò la meda glia d'argento, ed egli con orgo glio la portava tutte le domeniche, quando usciva alla passeggiata. Fu, andando dunque ai giardini che fece la conoscenza di un fanci ullo che divenné la sua gioia. Era un bel brunettino, dagli occhi neri, dall'aria intelligente, dell'età di undici o dodici anni. Ed ecco co me fu il principio di questa gran de amicizia. Un dopo pranzo, Luciano gioca va al pallone, e senza volerlo lo fece cadere vicino alle stampelle del soldata. L'uomo e il fanciullo cominciarono allora a conversare, ed attirati dalla simpatia recipro ca, diventarono ben presto dei bu oni amici. Si vedevano tutti i giorni alla stessa ora, l'uomo contento di rac contare i suoi fatti, l'altro più con tento ancora di ascoltarlo. Lo in terrogava spesso, curioso di sape re tante cose, della guerra giacché lo vedeva vestito da soldato e sen za una gamba. Salvatore che ave va sempre amato i piccoli, ed ave va una simpatia speciale per Lu ciano, appagava sorridente la di lui curiosità, e tutti i giorni con impazienza aspettava le quattro del pomeriggio per recarsi ai giar dini. Se il giovane amico lo aveva preceduto, ciò che quasi sempre accadeva, scorgendolo da lontano, gli correva incontro colle braccia aperte. E Salvatore, tutto felice, di quésta festosa accoglienza, si sede va su una panchina, posava le grucce, prendeva il fanciullo nelle sue braccia con molta delicatezza, lo metteva a sedere sulla sua uni ca gamba, e li tutti e due discor revano. Di domenica Luciano non veniva mai ai giardini ; ciò spicca va al soldato che in detto giorno rimaneva solo, mentre avrebbe de siderato di fargli vedere la meda glia, della quale non gli aveva par lato mai. —Senti, Luciano —gli disse un sabato nel lasciarlo —se verrai do mani ti farò vedere una cosa che ti piacerà assai. Punto nella sua curiosità, il fan i ciullo promise di venire, ed ali 'in domani invece di andare al cine matografo, domandò alla gover nante di accompagnarlo come gli altri giorni ai giardini. Giordano lo attendeva, impazi ente di far vedere al suo amico I'- j oggetto a lui prezioso, la ricom pensa del sacrificio fatto per la Patria. Il ragazzo esaminò attentamen te la medaglia, la rigiro fra le sue maniue, poi alzando i suoi oc chi neri verso quelli del soldato domando : —Chi te l'ha data? Salvatore sorrise, rammentando quel giorno nei quale, mentre l'al ba spuntava sull 'orrizzonte, con un impetuoso slancio, saltava fuori dalla trincea caricando alla baio netta, e gridando: "Savoia!" e tu appunto in questo attacco che il nemico ancora una volta fu re spinto, ma egli cadde gravemente ferito. Passata la visione di quel gior no bello e triste nello stesso tem po, rispose al fanciullo : —Vedi, Luciano, una palla ne mica mi spezzò la gamba, la (piale dovette essere amputata, ed il gen erale venuto al mio letto, dopo a vermi baciato mi appese al petto questa medaglia che mi é tanto cara. E Luciano attentamente lo ascol tava. muto per un minuto e poi es clamò : E' molto bella la tua meda glia! —Lo so, mio caro, essa é tutto il mio conforto. —E guardandosela, una lagrima gli scese dai ciglio. Poi tacquero, ma il fanciullo sen ti il vivo desiderio di averla in do no e si fece animo per dirgli : —Mi vuoi bene? —Certamente, mio caro, non si amo forse del buoni amici? Ebbene, se tu proprio mi ami r dovresti regalarmela. li soldato rimase sorpreso a tali parole. (ili si domandava se l'amasse, e dietro la sua risposta affermativa si voleva una prova, e questa pro va era la sua medaglia in Balbettò qualche sillaba, poi ris pose: —Non... posso. Il fanciullo, colpito a tale rifiur to, divenne triste, baciò la meda glia, e scappò via. TI soldato lo vide raggiungere la governante, e uscire con lei dal giardino. Cinque giorni passarono, cinque giorni durante i quali Salvatore non rivide il piccolo amico, e ne era assai affitito, poiché alla com pagnia di questi si era dolcemente abituato. Tutti i dopo pranzo, e gli lo attendeva al solito posto, ma invano. Pensava alla causa di questa as senza, ma nulla trovava per gius tificarla. finché un giorno, più ira paziente e triste del solito, giacché sapeva il nome della via ed il nu mero di casa di Luciano, prese la risoluzione di andarvi per interro gare la portinaia. Da questa sep pe che il piccolo era seriamente ammalato. Non la lasciò finire di parlare : il buon soldato infilò le scale, col cuore stretto, colle la grime agli occhi e suonò all'uscio dell'abitazione. Un signore, il pa dre stesso di Luciano, aprì la porta e sorpreso gli domandò che cosa volesse. Col respiro, affannoso, con voce roca. Giordano spigò il motivo della sua visita, ed allora fu amo revolmente introdotto nella came (Continua in 8. a pagina)