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Lo recherà' la pri mavera già' tepente di fiati e tra poco vermiglia di pianti e corrusca di fragori, su tutte le fronti ove le armi fatte sacre per la causa che di fendono, osteggiano e urtono le for-1 midabili furie della forza brutale. | Non ancora il peana della liberazione di cui pure si odono di lontano i pri mi fermissimi accenti: non ancora la Pasqua terribile e rossa che pur già' s'annuncia al purpurei confini dei cie li. Non ancora. Ma e' lecito oggi scio gliere un austero canto alla bellezza e alla nobiltà' di questa nostra im mortale razza latina: la quale pro prio nei giorni in cui pareva tramon tate sotto le soverchianti onde delle genti barbariche cui tutto Iddio con cesse tranne che il genio ha ritro vato in se' stessa, rampollato nel san gue, tutto il Suo fulgore romano e si e' erta, fierissima ed invarcabile, con tro lo immane nemico a proclamargli che sul suo corpo non si passa se il diritto delle genti e se il nome di Dio non e' diventato una ignobile beffa. E' lecite sentirsi gonfiare il petto di orgoglio, dinanzi alle prove di smi surata bravura che i vinti di Sedan offrono al mondo sotto le vampeggian ti mura di Verdun: dove invano i tor renti umani degli ultimi Unni, lancia ti alla strage, cercano il varco sopra la morte, mirando ancora con gli oc chi trasognati Jfarigi, meta estrema del loro morire, estremo sogno della loro follia. Dinanzi a Verdun sta tut ta la Francia in arme: l'immensa spa da, brandita ancora con polso fermo dai vincitori di lena, balena e falcia e ributta la tremenda oste che pur accumola per l'offesa quanto di più' terribile e di più' formidabile potè' il genio umano creare per la sua furia spaventosa. I capitani della Civiltà' si ricorderanno che alla loro storia vanno intrecciati 1 nomi di Vendone, di Catinat, di Conde' di Turenna, di Hoche e di Napoleone: i soldati della Giustizia si sovvennero che le pagine più' gloriose delle gesta guerresche furono scritte dai loro padri remoti: il popolo di Francia, cioè' il popolo della Civiltà' e della Giustizia, volle che nulla potesse perire di ciò' che e' eredita' di Roma: e senti contro le sanguinose melme di Verdun che il diritto e' ancora una torza, che Dio e' ancora una fede, che la civiltà' lati e' ancora una fiamma ardente per cui combattere, soffrire e morire e che nessuna egemonia nel mondo può' essere creata sulle rovine dei popoli liben. *** Ricordiamo. Contro le trincee fran cesi che formano l'ultima cintura alla salvezza della Francia, da cento giorni gli eserciti appuntano e sca gliano con impeto inaudito i loro col pi di ariete: ed hanno, per sferrarli, la più' tremenda macchina bellica che sia mai comparsa nei secoli, per la distruzione e per la morte. La carne umana, rigogliosa carne teutonica, non e' risparmiata: fa anch'essa par te della catapulto. Diecimila cannoni sputano lingotti di acciaio rovente: mille falangi, passano, col volto tor vo e basso, sui sentieri del sangue si avventano disparatamente contro le muraglia di Francia. Sembra che a quell'urto nulla possa resistere; resi stono i Francesi. Il fiore delle solda tesche di Baviera, di Sassonia, di Brandeburgo, l'orgoglio delle terre prussiane, il forte seme di Assia e del Wuttembtrg, viene straziato dal valore latino: le onde rosse sono ri buttate rovescio. Parigi e' pur sem pre lontana: da Verdun non'si passa. E nel tempo istesso, al fragore che sale dai campi della >losa, ri- spondono di lontano e pur cosi vicini altri fragori di tuono. Chi osa driz zarsi sull'impervia trincea delle nevi e del fango per tendere la mano ai fratelli che sono alla loro ultima pro va? Ecco: dallo Stelvio all'lsonzo, per tutto il più' terribile bastione d'Europa, altri incendi, altri fuochi, altri impeti rispondono. Sono ì solda ti della gran madre Italia che han du rato un lungo anno per sbarrare le porte di loro casa già' aperte allo scherno e alla offesa: edora, saldi sulle raggiunte soglie, attendono il segno primaverile per balzare in a vanti e vendicare la liberta' i diritti della gente nostra. Ecco: dalla Divna al Danubio, avanzano i Russi: adu nate le immani energie del loro Im pero —il più' vasto del mondo guarite le criminose cancrene, rifatti d'armi edi fede, già' saggiano ì ne mici di ogni parte e taluno ne schian tano: sono i Serbi che sulle rovine della loro Patria giurano vendetta: la ! placheranno nel sangue di quelli che pur ieri cacciarono oltre il conteso Danubio: sono le armate di Salonicco che attendono l'era di sferrare sul vendereccio Coburgo il colpo mortale: sono i belgi che stretti attorno al lo ro bellissimo Re, difendono ancora J loro onore violato: sono le scolte di Vallona che chiudono le porte del mare nostro al mercante di Grecia: sono le schiere di Inghilterra che non conoscono se non la morte o la gloria: sono i lontani piccoli figli d'Oriente pronti all'ultimo colpo ove occorre e ove si chieda. Primavera rossa, ecco, per tutte le fronti s'annunzia. Sul fortissimo ne mico già' batte l'ali Nemesi implaca bile. Chiuse nel divino edio, serrate nelle forbite armi fatte eguali a quel le che le insanguinarono, le genti della civiltà' già' presentono l'ora della vittoria: e finche' essa non sor j rida, ferma nel sole, non avra' tregua ne il combattere ne il morire. Esse non vogliono distruggere: chiedono soltanto a Dio ed alla bocca dei loro cannoni che sia prostato al suolo chi prima apri le dighe del sangue al tor rente europeo. Chiedono che il mon do possa svolgere in serenità' di pa ce il suo lavoro di bontà' e di giusti zia: che ì loro figli non debbano at tendere l'ora torva delle paterne ven dette. Oggi si deve morire e si deve vincere: oggi i nemici devono inten dere che l'evo di Tamerlano e di Ba iazet e' finito per sempre. Non padroni nel mondo: non stragi di libere genti ne ludibrio di ideali e di fedi: non dominio di spade corru sche, sibbene lo spazio universo, a perto a tutte le civili conquiste, a tut te le fecondi energie in magnifica ga ra di uomini e di idee. Venga dunque e s'approssimi la di vina Primavera. Sara' la fine di un Sogno, sara' il principio di una nuo va vita. I tardi nepoti, scorrendo le pagine del terribile evo, si chiederan no turbati il perche' dello scempio orrendo, ma sapranno anche, per l'o nore della razza umana, che contro gli ultimi trogloditi della umanità' balzo' in arme, intrepida la Lupa di Roma: e vinse. Vinse cioè' la Bellez za, la Giustizia, la Fede, il Diritto e la Storia: in una sola parola, Roma vinse, per sempre. /\^AVvvvvvvvvvvvvvvvyvvvvv PENSIERI La prima deHe virtù' e' la devozio ne alla Patria. NAPOLEONE I. *** L'educaziane e' iFpane dell'anima. G. MAZZINI. *** Insegnare ai propri» figli a fare il bene e' lasciar loro l'eredita' più' pre ziosa. In» questo modo possiamo dire di essere utili anche dopo morto. M ANTEO AZZA. | - ALBERTO P. WYLAND DIRETTORE DI POMPE FUNEBRI E IMBALSAMATORE Aperto giorno e notte. Servizio rapido a prezzi miti TELEFONI LOCAL - BELL Spangler, Pa. 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