LA LIBERA PAROLA I forti caratteri sono gli Dei Supremi della Storia Nazionale. Cav A. Giuseppe Di Silvestro, Direttore 1626 So. Broad Street ANNO V. - Numero 26 Ut PAROLA DEL BUSSO "Credo che potrebbe essere presidente dei nostri soviety" disse il delegato del Governo Russo Cicerin esprimendo ad un gruppo di diplomatici la sua impressione sul nostro Re. E successivamente, lo stesso, par lando col Sovrano, pare gli ab bia detto: "Dui modo con cui Ella è amato dal suo popolo, ca pisco che ella è per il popolo un piccolo padre." Mai, riteniamo, più grande elogio venne fatto da un capo di rivoluzionari ad un sovrano di Stato! Qual'è il significato di questo elogio? Noi vi scorgiamo anzi tutto il riconoscimento dei gran di meriti del nostro Sovrano che, soldato fra i soldati, dopo aver diviso con essi le fatiche, i disagi, le ansie tremende di una guerra lunga e dura, non di sdegna ora, durante la pace, di avvicinare gli umili; anzi se ne compiace, ed ha per tutti la pa rola buona, d'incitamento al ben fare, mentre coll'opera sua per sonale Egli mira a far sì che l'ltalia grande nella guerra e vittoriosa, possa uscire, dallo presenti distrette ponendo fine alle infauste contese di parte ed inaugurando un'era di pacifico progresso, che dovrà darci il benessere e la ricchezza. Ma l'importanza dell'elogio, del quale, per l'amore che noi portiamo al nostro Re, vivamen te ci compiacciamo, non è tutta qui. Il Cicerin nel pronunciare quelle parole non pensava, evi dentemente. soltanto al Re, ma pensava all'ltalia, a questa no stra grande Patria del diritto e madre di tutte ie libertà e vole va dire implicitamente: "L'lta lia non è la Russia ! Se da noi la pianta delia libertà avesse al lignato come qui, sotto il bel so le d'ltalia, noi russi non avrem,- mo avuto bisogno di fare una rivoluzione, di sovvertire il re gime, perchè non ce ne sa rebbe stato bisogno! Se il nostro Czar fosse stato come il vostro Re, cioè un vero "piccolo pa dre", se non si fossero cono sciute le torture della Siberia, le colpe della burocrazia ladra e corrotta, di una polizia feroce, se avessimo avuto il beneficio della vostra civiltà, se il popolo russo non fosse stato artata mente tenuto così ignorante, se il culto della libertà fosse stato anche da noi, così come da voi, rispettato, non avremmo dovuto spargere tanto sangue, per spazzar via questo putridume, per instaurare un nuovo regime, del quale noi Russi, ammettia mo però tutti i gravissimi di fetti, tanto è vero che siamo venuti a Genova per veder di risanare le nostre piaghe e di metterci d'accordo con quella borghesia occidentale e con quell'odiato capitalismo, che so lo può aiutarci a ricostruire ciò che per nostra colpa è stato di strutto." Questi, o simili pensieri, do vevano succedersi nella mente del rivoluzionario Russo, quan do egli pronunziò, a riguardo del nostro Re, quelle frasi di e logio che debbono ritenersi sin cere, dato che nessuno certo le aveva da lui sollecitate! Ma quelle parole suonano an che un monito pei sovversivi di Italia. Il Cicerin, col suo conte gno, sembra dir loro: "Di chf cosa vi lagnate; voi che godett della migliore libertà? Per