La libera parola. (Philadelphia, Pa.) 1918-1969, April 05, 1919, Image 4

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    de "Iji libera Parola** Numero *ct
FRANCESCO MASTRIANI
LA CIECA DI SORRENTO
ROMANZO
Beatrice, amica mia. sorel
.a mia, prese a dire Oaroìina
porche roti :r.. dirigi p.ù .a pa
ro.. * Perchè non mi diri men
to' Tu < - tu so; ami"alata:
io passo intiero .evirate accanto
a te, senza udir mai la tua voce !
Io dunque non sono l'amica tua*
Non mi vuoi p ù boro!
Caro* o diceva >e>to psro
ie. qu&s: coricata accanto a Bea
trice, e con lo mani d: costo; nel
lo sue. I o do .- k : era cosi
pieno d; vita e d : amore. ;e suo
guance eraro così anima:* dai
bei sentimento de i'ar'.ic.r -, che
Beat; ce so ia strinse ai so ? o ia
baciò salso poto con tenerezza e
s trema. Carogna restituì baci
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Io t: vojr ;o sempre bone, so
rella mia; proferì a stento
Beatrice perdonami nù sen
to così deboìo che non ho
forza. di panare Oh I ma
qu: QUI _ nei mio cuore in
questo povero cuore so tu p>
tessi leggerei—
— Ora sono contenta, amica
mia. ripijrìjò Carolina per
chè hai detto che mi vuoi bene
.incora ; ai tre non deskkrt ìi ve
derti co" p;otangente ri>tabi :ta.
Risfcb.i.ta! es. amò tri
stamente i'azr.r i-ita, e t
so o. tosso . assa : ..> voo
Caro- na, swgjr unse .O re
cava ;i petto c ho un fuoco
un ivi.inserte cerno è: cs iaia.
Poc'an: .;uand:o ero assopita,
mi «r.hrava di essere strango
lata indovina da chi? .Da
chi ?_ Da Nunzio Pisani.
Da N'anr o Pisani ! ripe
teva l'arca di Beatrice, senza
sapere chi fosse costai.
St da Nur.i t-> P. sauri. che a
veva semb: anse e la voce di Oli
viero Rltrhw.
D; tuo marito? domandò
Carolina sorpresa.
Bfstriee mosse le labbra ad
un sorriso.
Se tu sapessi che effetto
mi 112.» i'. sert.rmi dire: "me raa
\riro Re.'e nozze! r talamo che
r s prepara è que ite deve ripo
sa mia nvftdre.
Sempre- queste dee malin
. : ;* ■; <orel a nà; d:s<-e i's
r ,i iod. che andrò seria
tt>ì • te in ce era se ripeterai si
m li frasi.
Ebbene ìc ron le ripeterò
r ii; non vo.e. o affiggeif'. ma
p .ss., te poc'anzi momenti or
ribili Senti come ti he det
te— mi è sembrato ch'io fossi :
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LA LIBERA PAROLA
ne. contempo mi pareva che io
fossi due persone ben distinte:
'una era morta, l'altra era feli
ce i'una riposava sul etto fu
nebre. '.'altra riposava nelle brac
cia di un angolo ch'io trovai
re a stanza di m.a madre.—
Caro .na s accorse che "infer
ma v..- t "jrc no fa spavers
ta. e cereo di richiamaria a idee
pù nponeTdi Dobbiamo ag
irur.eere che la óguoìa dei con
te era stata predata dal marche
se K onero di previ:spome Rea
trice alla visita de. professori.
Reatri ce. si affrettò a
dirle Carolina rientra in te
non vaneggiare Non badare a'
sofrr. Pensa d. : sta! ..rti pre
ste A propos te. tu non sai?
Tuo padre ha fatto ver..re da Na.
poi. .: ..attro rs r medici suoi
amici Non già che «gii diffidi
ielle cognizioni di Oliviero: ma
s.. pure ■ ,:e. tenerissimo pa
dre non vede l'ora di vedenti al
iata Inoltre. 0 Arerò stesso ha
d ornar dato d. essere maggior
— r.sch ar.-.to. T. peveretto
teme che il suo amore lo ingan
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m. che annebbi il suo intelletto
su. giudizio de .a tua infermità
Povero padre! esclamò
sor damente Beatrice.
Poco iojxi Carolina sogjr. unse :
1 professori sono nell'altra
stanza a ragionar tra loro; essi
•spettano che tu sia disposta a
riceverli.
beatrice fece col capo un cen
no affermativo. Carolina andò ad
avvertire i medici che l'inferma
era pronta a ricevere la loro vi
sita. La figlinola del conte non
ti ascaro in pan tempo di comu
nicar loro tutto ciò che l'inferma
aveva detto.
I cinque uomini della scienza,
insieme et. marchese Rionero,
entrarono nella camera di Bea
trice. Si trattennero quivi per
tre quarti d'ora ali"incirca e ne
uscirono agitati, inquieti
Gaetano era d'una pallidezza
spaventevole. E marchese R;one
rc sembrava impazzito.
I pr; fessori chiesero al padre
d. Beatrice il permesso di rima
ner soli per qualche tempo. Si
chi-seno .n ima stanza per disco
i tene sul morbo della fanciulla e
deliberare sulla cara.
Due ere si trattennero a discu
tere.
E marchese Rionero aspetta
va con febbrile impazienza il ri
sultato delle loro conferenze.
I medici uscirono costernati,
avviliti: le loro fisonomie espri
mevano il più sincero dolore.
Ebbene? chiese loro con
ansietà Rionero.
Coraggio, signor marchese ;
Iddio vi ri serba forse un immen
so dolore.
Che! gridò il misero pa
dre. Che vuol dir ciò? Morrà
dunque mia figlia? Parlate.
Un silenzio di tomba accolse
questa domanda.
E marchese cadde privo di sen
si sopra una sedia. '
Lasciamolo al suo giusto
dolore, disse uno dei medici.
Ed accostatosi a un tavolino
scrisse:
"Signor marchese, il morbo di
vostra figlia ha del misterioso,
dell' incomprensibile Ma pu-
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E
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rmi ne: prezzi e ne. peso hanno saputo conquistarsi
le simpatie degl' tafani di Filadelfia servendo cosi' il po-
I vero come il ricco, scnsa parzial:ta\
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Quando vedete prontezza ne. servizio ce. carbone,
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• I. J.-L rraiide Tn : istor • .-t-JÌ per pulir* e «tirar* a:.- *
• * E ttair a. Lxchangt Hata? Bia& -5S HBTBnwar ». bnwnrowr. **• \
re, per quanto i nostri ],,
mi ci permettono di 112
scernere, la malattia °'l
inoltrata può essere una -TJ?
di tabe nervosa. Una grazia?
Dio soltanto può salvarla, pJ/
vedete per ora alla salvezza XL
l'anima sua. La nostra coscieo»
eia solennità della circostanr!
ci dettavano un linguaggio chi?
ro. Abbiate fiducia e coraggio R
dio vi assistar* ' ®"
(Continua)
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