Published and dis trtbuted under permil No. 500 authonzedby the act of Octnhe r «, 1917. on file at the Post Office of Phtladelphia Fa., by «rder ot the Pres.dent, A. S. Burleson, Postmanter Ge,, LiA ] AJO/ ri I forti caratteri sono gli Dei Supremi della Storia Nazionale. A. GIUSEPPE DI SILVESTRO, Direttore 906 Carpenter Street ANNO 11. - Numero 8 UN PO' 01 CAVOUR -Non è il caso di occuparsi di quello che dicono i fogli di Za gabria intorno all'italianità del la jbalmazia, nè di commuoversi pei il vanto che menano delle gesta compiute dai croati sull'l sonzo e sul Piave, in servizio I dell'Austria contro l'ltalia. Il vanto è superfluo. I Croati han no fatto il loro dovere nel servi re ieri l'Austria sull'lsonzo e sul Piave, come la servivano nel se colo scorso a Brescia e a Milano. Ed è superflua anche la loro ! scienza storica ed etnografica per convincere i loro soci italiani e del loro diritto sulle nostre genti. Superfluo, l'orse, 'questo soltanto non è: constata " re. che una volta, dopo il '6O. i generali croati erano malmenati a Londra e minacciati di essere Spacciati nel Tamigi, dalla folla e .commossa al ricordo delle loro j Efcrudeltà e delle loro nequizie le vittime di Brescia e di Milano; ed oggi, invece, i pro pagandisti croati contro l'ltalia panno il loro quartiere generale pelle redazioni dei massimi gior nali di Londra oltre che di Pai-i --bi. E' vero che l'hanno anche pel cuore e nella mente di molti graziosi italiani, 112 Non perseguiamo dunque la letteratura, diciamo così, della stampa croata e quella complice Hi altri paesi di Europa. Occu piamoci, semplicemente, di quel la del nostro paese. & Ho qui sott'occhio le collezioni e i volumi di molti giornali e mol ti scrittori interventisti del pe riodo della neutralità. E' doloro so, ma per eccitare lo spirito pub blico e orientarlo verso la guer ra. questi giornali e questi scrit tori non avevano altra cura che dimostrare per l'ltalia la "assolu te!. imprescindibile" necessità di riconquistare tutta e intera la ■■redilà della Serenissima, a co minciare dalla Dalmazia e dall'l- ' Stria per finire a Trieste e Tren to: dimostrazione che dovette èssere straordinariamente effi cace, se è valsa alfine, non ostan te le risultanze della borghesia ' parlamentare che detiene il pote re, e che era diversamente o- ' rientata, a convincere e trascina re il paese alla guèrra. Ma ecco ■ Che, a guerra finita, quelli stessi giornali e quelli stessi scrittori 1 rinnegano il programma che era 1 loro servito a indurre il paese alla guerra, e ne sostengono un • altro, riveduto e corretto anzi ] mutilato ; un altro nel quale l'e redità della Serenissima appare Jiminuita o contestata, e una jarte di essa, la Dalmazia, con- ; siderata come res furtiva e ri- ' fiutata con solenne gesto di di- 1 sdegno e abbandonata ai cani. ( La Dalmazia? essi domanda- ' no a Dio e ai croati ma chi ' l'ha mai conosciuta? chi ne ha ' mai sentito a parlare cernie di co- 1 sa italiana ? Evidentemente si ' deve trattare di un equivoco. Nè ' ' Dante mai, nè Cavour, in sermo- ' ne italico o in franco idioma, ' hanno mai pronunziato o scritto 1 una così strana parola. Dalma zia? Ma questa strana parolai" non si trova neppure nel Dizio- 1 nano del Tommaseo. Dunque? < Dunque, delle due una: o si è 1 tratto in errore il pubblico prima I della guerra ; o si trae in errore oggi. 0 si è tratto in errore il | pubblico, quando, per eccitarlo | alla guerra gli si diceva che la | Dalmazia era assolutamente ne- ( cessaria e indispensabile alla in tegrità della patria e alla sicu rezza dell'Adriatico; o si trae in errore oggi, che gli si apprende non solo che la Dalmazia non è più necessaria alla sicurezza del l'Adriatico, ma che non può es sere più considerata come parte integrante della patria, perchè non è e non fu mai cosa italiana. Il dilemma ha le sue corna, che non è possibile fare sparire sot ti i nastrini rossi di alcuna mer ceria internazionale. Il grave nella polemica sulla Dalmazia è, pur troppo, questo; che gli antichi sostenitori delle ! integrali rivendicazioni naziona ' li, nel mutili- programma e nel l'abbandonare ai cani la Dalma zia, non si limitino già ad usare f§ argomenti politici, cioè argomen !ti per loro stessa natura Qpportu nistici e transitori, ma tentino anche gli argomenti storici e sta tistici ed etnografici, cioè gli ar gomenti fondamentali e sostan ziali, di lor natura permanenti ed immutabili, quegli stessi ar gomenti che i croati, vale a dire i nemici, sogliono usare, con evi dente offesa alle scienze nonché al senso morale e giuridico di ITALIAN WEEKLY NEWS PAPER WITH THE LARGEST CIRCULATION AVANTI SEMPRE, CON LA. FIACCOLA i INI PUGNO "Entered as second-class matter Aprii 19. 1918. at the post office at Philadelphia, Pa., under the Act of March 3, 1879". | tutte le genti di cultura e di ci i viltà, per contestare* il puro ca rattere della nostra lotta nazio nale, e per negare quindi agii i taliani il diritto di aspirare alla Dalmazia, ai Dalmati il diritto di > aspirare all' Italia. Fenomeno sorprendente, e veramente ina spettato, specie dopo la dura guerra combattuta : fenomeno sorprendente di transustanzione morale tra la farina italiana e la crusca croata che difficilmen te troverà apostoli in Cena per celebrarne la meraviglia. Si è citato anche Cavour, in o nore della tesi dei Croati. E si doveva risparmiare un tai nome per ttile tesi e per tale gente. Citare Cavour per attenuare o | contestare l'ltalianità della Dal mazia è una inqtile profanazione, che non può portare ad alcun | pratico risultato, perchè basta j appena voltare la pagina di cer to libro, per restituire nella pole mica, al suo vero posto, l'autorità del nome e riconsacrare la paro la del grande realizzatore dell'i dea nazionale. Non è vero che Cavour non co noscesse, come si vorrebbe dare a intendere, e non riconoscesse la Dalmazia nel programma del l'unità italiana. Come gli stessi | giornali e gli stessi scrittori in terventisti del 1014 e del 1915, I Cavour, nella famosa lettera del 28 dicembre 1860 al Valerio co nosceva e riconosceva la Dalma zia come l'lstria, come Trieste, come Trento; soltanto che, egli, che discuteva allora, di qua da Roma e da Venezia, aveva iì do vere di non compromettere e non fpir compromettere con atti e proposizioni avventate gli scopi prossimi con gli scopi remoti della realtà. Si doveva ancora an dare a Roma e a Venezia, ed ci gli, prevalente e provvidente rea lizzatore, si contentava della mo desta difesa di Ancona; "Debbo pure pregare la S. V. Ili,ma scriveva egli dunque al Valerio, regio commissario delle Marche di evitare ogni espressione dalla quale possa risultare che il Nuovo Regno italiano aspira a conquistare non so'o il Veneto, ma altresì Trieste con l'lstria e la Dalmazia." (Notate bene l'espressione, eh'è tutto il programma: Trieste con l'lstria e la Dalmazia). E dopo aver sommariamente accennato alla complessità del problema adiriatico, concludeva: "Ogni frase avventata in questo senso è un'arma terribile nelle mani dei nostri nemici, che ne approfittano per tentare d'inimi carci l'lnghilterra stessa, la (pia le vedrebbe essa pure di mal oc chio che l'Adriatico ridivenisse, com'era ai tempi della Repubbli ca veneta, un lago italiano. Que- sti pochi cenni basteranno, io credo, a porla in avvertenza di ciò. Per ora è d'uopo limitarsi a munir bene Ancona: ciò sarà sca ki a splendidi progressi in un av venire che i nostri nepoti non troveranno troppo remoto." (Notate l'argomento: Trieste con l'lstria e la Dalmazia non do vevano essere un'arma in mano dei nostri nemici da servire con tro l'immediato problema della liberazione del Veneto). Questo nel 1860, prima della liberazione del Veneto e della li berazione di Roma. E si dovreb be dunque concludere alla base di questa lettera che Cavour a vesse fin da allora rinunziato a Trento e.a Trieste oltre che al l'lstria e alla Dalmazia? I grandi italiani del Risorgi mento non erano i piccoli italiani | di oggi, e nella loro alta concezio ne storica e politica dell'unità i taliana, non entravano idee ed argomenti estranei alla essenza nazionale. La prudenza impone va, e imponeva nello stesso tem po anche la condizione dell'ltalia rinascente debole e senza armi in mezzo ad altri Stati ( forti e jben armati, di porre e risolvere una a una le questioni. Ma rin- ' viarie non significava per essi abbandonarle o disconoscerle. Anche nel più fiero momento del le agitazioni irredentiste, Fran cesco Crispi, che era costretto a i reprimere, affermava più alto che mai dai banchi del governo dell'ltalia alla sua piena reinte grazione territoriale. Nel rispon dere alla celebre interpellanza Cavallotti-Imbriani, nel 1889, e gli infatti concludeva così il suo discorso, che pure non era e non i voleva essere proclive alle agita zioni del momento: ; "L'illustre Marco Minghetti, i sedendo su questi banchi, in una PHILADFXPHIA, PA., 1 MARZO, 1919 discussione politica alla quale ei •u chiamato e nella quale seppe rispondere con fulgore di parola e con quella chiarezza d'idee che nr.i erano particolari, disse che per la questione della nazionalità bisogna scegliere tempi ed anche momenti opportuni, ma che, se mai questa questione risorgesse, se mai le guerre portassero a mo dificare la carta geografica di Eu ropa non sarebbe l'ltalia quella che dovrebbe temere, perchè noi nulla abbiamo a dare, molto po tremmo avere a raccogliere. Ma, se questi sono i principii che de vono animare ogni patriota, seg ga a quei banchi (accenna ai ban chi dei deputati) od a questi (accenna a quelli dei ministri), la virtù principale, e degli Stati, Grande Comizio all'AlhaÉra Theatre ' Connazionali, accorrete! Alle ore 2 P. IVI. di domani Domenica aII'ALHAM BRA THEATRE 12 strade Morris e Passyunk Ave si terrà un grande Gomizio per rendere il dovuto omaggio ni Presidente Woodrow Wilson il quale, tornato lunedì scorso in America, ripartirà alla volta di Europa la sera «lei . r > Mar zo. onde riprendere il suo posto nella (ìonferenza della Pace. l rfezionarc le linee curve la cui mirabile armonia dà l'espressione della bellezza muliebre. Ecco dunque che ii primo carattere dell'organismo femminile è quello della bellezza. E se la donna è bella è necessario che lo sia perchè possa attrarre il maschio all'accoppiamento e procreare ed eter nare la specie. Ed ecco anche come la natura ha decretato già che la don na sia l'obbietto dell'ammirazione e della gioia del maschio. Ecco perchè quando si dice che la donna non è che uno strumento di piacere pel maschio, a parte la sconcia volgarità della fra se, non si afferma nulla che non sia nella verità e ndla natura. Ammesso dunque che la bellezza sia la qualità prima dell'organismo femminile è ( liiaro che la donna senta ed abbia il diritto o quindi il dovere di conser varci bella. Di contro alla bellezza mu liebre sta la forza del maschio (pan nicolo adiposo scarso, ossa, e muscoli e tendini più pronunziati, pelle più ruvida, ecc. .). Si che naturalmente abbiamo qui due aspetti fisici, psichi ci, morali differenti, antitetici se è concesso che la psiche e la morale ab biano basi fisiche. Qui come si vede non si può invo care la parità di condizioni fra ma schio e femina, bensì chiara è la di versità naturale delle loro condizioni. Sono di contro due potenze: la bel lezza e la forza fisica profondamente diversi per natura, per caratteri, per mezzi, per fini. Nè l'una deve sover chiare l'altra, nè questa cozzare nel l'una, ma in vicendevole armonia di relazioni e di arrendevolezza fonder si nel divino delirio onde scocca la scintilla della vita. O che cosa vuole la suffragetta che si mozza le trecce e inforca gli occhiali e s'appiattisce il petto e grida alle rivendicazioni dei diritti femminili ? Signorina, se non sente il dovere di conservarsi bella, abbia almeno la cortesia di non farsi troppo brutta! Nei fenopieni della vita cellulare del nostro organismo esiste un'altra profonda, fondamentale differenza fra il maschio e la femina. La vita in fondo non è che un ciclo di fenomeni cellulari che ripete in ma niera più elaborata e complessa quel lo più semplice e volgare della inge stione, digestione e deiezione dei ma teriali nutritivi. Non è possibile nè compatibile con l'indole di questa Ri vista sc< ndtre nei particolari dei pro cessi della nutrizione. Basti appena accennare che ia nutrizione si compo ne di una lunga serie di fenomeni di integrazione e di disintegrazione della materia cioè di accumulo e di disper sione di essà onde si parla di fenome ni anabolici per indicare i processi di integrazione e di accumulo e di feno meni catabolici per significare quelli di disintegrazione e di dispersione di materia e di energia. Dai caratteri della urina siamo in grado di giudica re l'estensione degli uni e degli altri. L'urea che rappresenta l'ultimo pro dotto di disintegrazione dei cibi azo tati ci dà l'indice di quei fenomeni; una quantità alta di urea nelle urine ci prova che l'individuo disintegra o disperde una somma di energia su periore all'introito come una quantità bassa di urea ci insegna che l'indivi duo spende, per vivere, una somma di energia inferiore a quella che introi ta. Nel primo caso abbiamo cioè pro cessi catabolici esagerati, cioè uno spreco di energia, nel secondo caso in vece abbiamo processi di disintegra zione diminuita cioè risparmio di e ntrgia. Bene: la quantità d'urea nell'uomo è sempre superiore a quella della don na, vai quanto dire che, di fronte all'e nergia, mentre l'uomo la consuma laj donna la risparmia. Ed è naturale che sia così quando si pensi che la donna ,« EXTRA! .« RISPARMIATE MONETAI Se farete i vostri acquisti presso il noetro grande negozio P. LA BOCCETTA 901-803 SOS So. 8»h STREET*. PHILADELPHIA, PA. ove troverete specialità' per abiti da farsi su misura. Abiti di battesimo, Vesti per giovanetto, Vestiti per ragazzi. Camicie, Camioette, Sottane, Cappelli ed altro. Fa quel che devi, avvenga che può'. Abbonamento Annuo $ 2.00 Una Copia 3 Soldi ha il diritto e il dovere di risparmiar la" per spenderla a tempo opportuno i quando cioè il periodo della materni tà sopraggiunge ad imporle il compi to di nutrire in sè stessa una seconda crcautura! E per altro si delineano qui le due diverse tendenze fra organismo fem minile e maschile. Questo, destinato dalla speciale co struzione fìsica aT lavoro che logora ed usura i suoi introiti energetici, quello, per la relativa debolezza im piegato ai lavori leggieri della vita domestica e destinato ad accumulare energia e calore per le nuove creature che deve fecondare. Anche qui la dif ferenza è decisa, sostanziale, antiteti ca, ed e la prova materiale che l'orga nismo femminile non è costruito per sostenere gli urti ed i tra vagli fieli'esistenza che meglio si addicono alla costituzione ma scolina che è come ur.a macchi na in continua combustione di mate ria e in incessante sviluppo di ener gia e di calorico. Di tal che potremmo paragonare il maschio ad un genera tore, ia femina ad accumulatore e il paragone andrebbe a meraviglia se ci inoltrassimo a considerarli dal punto di vista sessuale. Di fatti è nella fun zione sessuale specialmente che i ter mini del paragone risaltano maggior mente quale sia l'atteggiamento dei duo individui umani e quali i compiti e quali i destini ultimi e (piali i di ritti naturali e sociali dell'uno e del l'altro. Con una eiaculazione sperma tica il maschio può liberare venti quattro milioni di spermatozoi che in energia potenziale rappresentano ven tiquattro milioni di nuovi esseri, men tre la donna non produce che pochi ovuli al mese! E se a questo si aggiunge che la ovulazione non coincide affatto col- I atto sessuale e che quindi dal punto di vista energetico la donna, nella co pula, compie una funzione del tutto passiva, si ha la prova patente che il maschio possiede e gode già por di ritto naturale una superiorità sessua le e fisiologica sulla donna che non g!i può venire in alcuna via contestata. Ancora. L'ovulazione femminile fi nisce ad un'età media che va dai 40 ai 42 anni, ia spe rmatogenesi nel ma schio si protrae fino ài 70 ai 75 anni! Parrebbe quasi che, anche quando stretti in un mutuo e fedele patto di amore, e fcìnina, esauriscono per legge fisiologica l'obbligo dell'u nione carnale, la donna cedendo a me ta via i bisogni della sua vita sessua le e l'uomo conservando la potenza e i diritti sessuali ancora capaci (ti spa droneggiare sulla esistenza sessuale di una seconda donna e di dare alla vita ed al mondo altri esseri umani. C ome dunque si può cianciare di in dipendenza sessuale se per forza di cose, se per diritto di natura il ma schio sovrasta la femina di una dop pia altezza e di una infinitamente più grande potenzialità sessuale? Che cosa diremo delle facoltà intel lettive ? Ha la donna le medesime pro prietà cerebrali del maschio? Può la donna avanzare il diritto di militare nella società e nel progresso civile col le stesse armi, sulle medesime tracce che il maschio? Dio mio, no, no. Ma come! Non credete voi alla anatomia? II cervello femminile pesa in media 2.'50 grammi in meno di quello maschi le. Il che prova che di quelle famose cellule cerebrali che governano la vita dello spirito e dell'intelletto la donna non ne possiede quante ne possiede il maschio! Questo è sacrosanto, care le mie suffragiste. Non vedete? Di fron te al maschio voi vi trovate già di fronte ad un colosso intellettuale co me già vi trovaste di fronte a un co losso fisico. E allora? Quale diritto a vete voi di gridare così alto contro la supremazia mascolina se mamma na tura ha voluto così ? Se l'anatomia non riesce a persuadervi studiate la psicologia.... ma no! la psicologia è co sa troppo ardua per un cervello di 1100 grammi! guardate nella vita pratica, nella storia passata e in quel la che si svolge sotto il nostro... na so e vi accorgerete, ragazze mie, che le consorelle vostre non hanno mai sa puto, o, meglio, non hanno mai potu to raggiungere un grado di evoluzio ne intellettuale che possa per un i stante solo reggere di fronte ai pin nacoli raggiunti dall'intelligenza ma schile. Voi ci avete data Cleopatra, Messalina e la Madre dei Gracchi, e merse delle loro virtù feminee buone e cattive nel mondo feminile per le virtù proprie ma non avete ancora sa puto affermarvi col vostro genio in nessuno dei campi dell'attività uma na. La filosofia, la letteratura, la pit tura, la musica, la scultura, l'architet tura, la meccanica, la chimica, la me dicina, l'agricoltura, v'han visto pas sare con pie' leggiero e grazioso, vi hnn fatto un inchino cavalleresco di , riverenza e di ammirazione e v'han lasciato tornare alle vostre faccende, le piccole faccende vostre che non