La libera parola. (Philadelphia, Pa.) 1918-1969, October 26, 1918, Image 4

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    Appendice de "La Übera Parola" Numero 27
FRANCESCO MASTRIANI
LA CIECA DI SORRENTO
ROMANZO
Era il cuor della notte. L'oscu
rità era tale, che i due malvagi
non si vedevano l'un l'altro, e in
cedevano a passi frettolosi.
Nunzio aveva dato a Tommaso
la borsa piena d'oro e un fazzo
letto in cui erano diversi oggetti
d'oro e d'argento rubati alla mar
chesa; egli portava la cassettina.
Attraversando un podere, udi
rono il latrare di un mastino, ed
affrettarono i passi ; ma il cane
fu loro addosso in un momento.
Nunzio, più giovane, più robusto,
fuggì come un lampo, temendo
non solo di essere azzannato dal
la bestia, ma di venire scoperto
dalla gente che avrebbe potuto
accorrere ai guaiti del cane. For
se nell'animo suo dominava la
preoccupazione di svignarsela
con la cassettina. e godersi lui so
lo quel ben del diavolo che ave
va sotto il braccio. E la fortuna
lo favorì, poiché, col pretesto di
sottrarsi alle minacce del cane,
scappò ratto come il vento, e
svoltò per la prima imboccatura
che potè scorgere nel fuggire.
Intanto Basileo restò solo di
fronte all'arrabbiato mastino: in
vano tentò di far ammutulire e di
ammansale quel feroce guardia
no. il quale corse per un buon
tratto dietro al Pisani, e poi. più
stizzito, tornò indietro e si slan
ciò sul notai o .
Un fischio fu udito, e poscia li
na voce che chiamò per nome l'a
dirato animale. Basileo si vide
perduto; si fece animo, trasse un
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affilato nel momento
in cui la bestia gÌT saltava addos
so, glielo conficcò propriamente
in mezzo agii occhi.
Il cane mise un gaito di dolore
e cadde. Tommaso Basileo racco
mandò la sua salvezza alle gam
be, e corse con quanta lena ave
va in conx>, pel timore di essere
raggiunto e per la speranza di
ritrovare il compagno.
Ma questi, fuggendo sempre
alla ventura, e senza saper dove,
si trovò, sulì'albeggiare, nelle vi
cinanze di un villaggio poco oltre
San Giorgio a Cremano. Ivi ri
mase per tutto quel giorno, e la
sera si rimise in cammino per
Napoli. portando seco il suo te
soro. ila arrivato a San Giorgio,
ebbe sentore di essere inseguito:
mise a prova la forza delle gam
be, svoltò vari crocicchi, eboe la
ventura di ficcarsi in un portone
a due uscite, una delle quali met
teva sopra un vigneto ; ruppe pa
li, stecconi, ingraticolati e pergo
le. saltò come scoiattolo e. cac
ciatosi sotto uno scoscendimen
to di muro, decise di passar qui
vi la notte.
Il giorno appresso, non sì to
sto la luce penetrò in quell'antro.
Nunzio si avviò con precauzione
verso Napoli. Quivi giunto a sal
vamento, suo primo pensiero fu
quello di nascondere il tesoro che
portava, e che ad ogni momento
avrebbe potuto tradirlo. Già ave
va pensato dove celarlo a tutti gli
sguardi ; infatti, toltone un gio-,
iello che doveva servirgli per
campare alcun tempo, andò a sot
terrare la cassettina sotto una
quercia, nella selva del marchese
del Gallo, sul Vallone di San Gen
naro dei poveri.
Fatta questa operazione, egli
visse per qualche mese tranquil
lo e vagabondo sotto altro nome,
e cambiando sempre paeselli e
villaggi. Aveva interamente di
menticato il notaro Basileo, e la
sua coscienza non gli rimordeva
di aver sottratto a costui la par
te del comune delitto, poiché il
Pisani pensava che Basileo do
veva contentarsi di quel tanto di
oro e di argento che era stato in
volato alla marchesa Rionero, e
che era rimasto a lui.
Non si può dire le orrende
notti che passava Nunzio Pisa
ni. gli sbalzi di spavento, le larve
dei suoi sogni, il grido lacerante
della sua coscienza! Le ultime
parole della marchesa, la voce
ed il pianto della bambina gli rin
tronavano alle orecchie con tre-'
menda voce; e lo scellerato ri
cordava i suoi poveri figliuoli, il
cui amore, per giustizia di Dio,
gli si ribadiva nel petto. Talvolta
gli pareva che Caterina e Gaeta
no languissero per fame, che la
prima morisse di tisi, abbando
nata alla vergogna, all'infamia,
maledicendo il padre; che il se
condo fosse anch'egli posto sulla
via dei delitti e del patibolo; tale
altra sognava che suo figlio fos
se ucciso in rissa, e ne vedeva,
come fosse realtà, sgorgare il
sangue da un'ampia Irrita; ve
deva la madre cacciata di porta,
imosinare stentando una vec
chiezza disordinata e maledetta.
La sua disperata tenerezza pa
terna era tale, che aumentava i
suoi rimorsi ; eran tali i fantasmi
che lo assalivano, che lo sciagu
rato mandava di notte temi» la
menti ed urli come di bestia fe
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roce ; e non dormiva più, ma pas
seggiava per le vie solitarie nel
cuore delle notti invernali onde
sottraisi al tormento dei suoi
medesimi pensieri.
La giustizia intanto correva
dietro di lui; il marchese Rione
ro aveva promesso un guiderdo
ne immenso a chiunque conse
gnasse nelle mani dell'autorità
l'assassino di sua moglie
Una taglia era messa sulla te
sta del Pisani, il quale vedeva
spesso aggirarglisi intorno per
sone che sembravano fiutarlo, e
lo guardavan fisso, e lo seguiva
no. Per cui pensò di trovar luo
go appartato e remoto, dove fos
se malagevole il pescarlo; e tro
vò ricetto in casa di una contadi
na, nel comune di Qualiano pres
so Napoli; si era già provveduto
di un buon archibugio da caccia;
le disse però di essere un galan
tuomo che veniva in quel villag
gio a caccia, che vi si sarebbe
trattenuto per un pezzo, e le da
-1 va due carlini al giorno per vitto
e alloggio.
Stando così le cose, un bel gior
no pensò che, nel caso in cui fos
se arrestato e condannato a mor
te, il tesoro nascosto nello Step
pato (così chiamavasi la selva
del marchese del Gallo) sarebbe
perduto per lui e per i suoi figli;
perciò decise di scrivere una let
tera al suo complice Basileo, nel
la quale, facendogli noto lo stato
della sua presente esistenza, lo '
avrebbe pregato di far recapita
re ai suoi figliuoli in Calabria la
metà del tesoro che a lui, Pisani,
spettava qual frutto del comune
delitto; per ricompensa di que
sto servigio, che doveva esser
fatto con delicatezza estrema, il
Pisani gli prometteva il silenzio
sulla complicità di lui. Scritta
questa lettera, ebbe modo di
mandarla segretamente a! nota
ro; il quale gli rispose che avreb
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!be fatto appunto quello che il
Pisani desiderava, e gli racco
mandava di tener la parola, di
non rivelare la sua complicità,
come egli avrebbe fedelmente
mantenuta la sua promessa di
far pervenire ai figliuoli di lui in
Calabria la metà del tesoro ru
bato.
Nunzio viveva tranquillo e con
l'animo quasi in pace, quando u
na sera fu arrestato nel momen
to in cui sedeva a lieto banchet
to con la sua albergatrice.
Quella donna aveva scoperto
chi fosse il supposto cacciatore,
e, sedotta dal guiderdone pro
messo dalla giustizia e dal mar
chese Rionero, consegnava nelle
mani della giustizia l'assassino di
Albina di Saintanges.
Dopo un anno, il dì 9 ottobre
1828, Nunzio Pisani moriva sul
la forca, nella piazza del Merca
to di Napoli.
La giustizia degli uomini era
soddisfatta.
Tommaso Basileo, dopo la not
te dell'assassinio e del furto, non
avendo avuto più contezza di
Nunzio, si persuase che questi
l'osse fuggito in Calabria, por
tando seco la cassettina delle gio
ie. Qualche volta gli nasceva il
dubbio che quegli fosse stato ar
restato in Napoli o in altra pro
vincia del regno. Insomma, pas
sati alquanti mesi, il notaro non
pensò più al Pisani, e si contentò
' della porzione del furto che gli
era rimasta nelle mani, e che pur
valeva qualche migliaietto di du
cati. Gli passò, sul principio, per
la mente di denunziare il Pisani
per vendicarsi di lui ; ma lo rat
teneva la paura che quegli, sco
perto l'autore della denunzia, pa
lesasse il complice. Questa pau
ra fu più potente del desiderio
della vendetta.
Basileo, scacciato ogiù pensie
ro, viveva tranquillo ; la sua spi
lorceria allontanava da lui ogni |
sospetto, essendo tenuto in con-|
cetto di uomo povero. Non si può
dunque dire qual fosse la sua sor- j
presa nel ricevere e leggere la
lettera di Nunzio Pisani che gli
scriveva da Qualiano. Il suo cuo- ;
re sobbalzò d'una gioia oppressi- j
va: la cassettina era sua! Il ga-1
glioffo comprendeva che Nunzio \
gli aveva rivelato il luogo ov'era
riposto il tesoro perchè non ve- i
deva più speranza di sottrarsi i
alla giustizia.
Nel momento in cui il notaro i
ricevè la lettera del Pisani, era j
intento a ricercare talune noti
zie nel quaderno delle scritture,
tra cui stava legato il testamento
all'anima che fu schietto poi dal 1
cavalier Amedeo : egli aveva rice
vuto poco innanzi' una lettera da
Palermo, da persona che gli do- j
mandava per l'appunto quei rag
guagli, sui quali egli stava occu
pato. Nell'effervescenza della |
gioia in cui lo immerse la letti'
ra della lettera del Pisani, e prc !
muroso di sperdere ogni om
della sua complicità col Calabre;
lacerò in mille pezzi la lettera <
Palermo, credendo di lacera
quella del Pisani, che invece ey
pose in mezzo a quel qtiaderri
come lettera di affari ad es.
pertinenti. Ciò spiega in quai ni
do Gaetano s'imbattesse ne
lettera del padre, allorché and
va cercando il testamento all',
nima.
Il tesoro fu tolto dallo Stepp
to. e andò a riposare nel casse:
tone dell'avaro.
Basileo seppe la cattura dr
suo complice e tremò per sè. M
Nunzio Pisani mantenne la sr;
promessa e serbò il più assòluto
silenzio sul suo compagno di do
litto; egli aveva confessato Fa
sassinio e il furto, ma si era ost'
nato a negare l'esistenza delle.
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I verla perduta nel fuggire di pae
! se in paese.
L'avaro, per indurre maggior
| mente Nunzio a non parlare, ave
va cercato sempre di nascondere
ai suoi la vita infame che ei me
nava, l'assassinio, il furto e la
| prigionia; e però non aveva con
essi nessuna corrispondenza epi
stolare, anche a ragione della vi
ta fuggiasca e nomade a cui il
! suo delitto lo costringeva.
La condanna a morte di Nun
zio Pisani colpì di spavento lo
scellerato Basileo, il quale trema
va sempre che quegli palesasse,
per terror di coscienza, il compli
ce del misfatto. E non respirò
che quando la testa del Pisani
cadde sul patibolo.
(Continua)
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