La libera parola. (Philadelphia, Pa.) 1918-1969, September 14, 1918, Image 6

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    Appendice de "La Libera Parola"
FRANCESCO MASTRIANI
LA CIECA DI SORRENTO
ROMANZO
Non ossequiarvi, ma ado
rarvi! esclamò Gaetano ca
dendo alle ginocchia di lei.
Grazie, Beatrice, voi mi avete
salvato dalla disperazione e dal
la morte! Io sono felice, piena
mente felice.
A queste parole, che una stra
na combinazione poneva sulle
labbra di Gaetano, il marchese
Rionero impallidì. Erano le pre
cise, identiche parole che egli
proferiva a Parigi ai piedi di Al
bina di Saintanges.
Nè Gaetano, nè Beatrice, si po
tevano accorgere del turbamento
del marchese.
La fanciulla aveva fatto alzare
il medico e si era seduta sopra
un divano.
La mia vita d'ora in poi è
dedicate alla vostra felicità, Bea
trice. Voi mi fate amare l'esi
stenza, che prima abborrivo, e
che mi ei a di un peso insoppor
tabile. Tenuissimo pegno della
mia gratitudine vi sarà la luce
che restituirò agli occhi vostri,
come ne faccio ora solenne giura
mento innanzi a Dio e a vostro
padre.
Il marchese e sua figlia rima
selo stupefatti della estrema au
dacia che la scienza dava a quel
l'uomo, il quale pronunziava un
solenne giuramento, il cui adem
pimento sembrava impossibile
senza una grazia di Dio.
Voi non sarete mia, con
tinuò Gaetano se prima le te
nebre non si saranno diradate da
gli occhi. Ricordatevi delle paro
le che vi dissi in giardino. "Io ti
renderò la vista, o sarò cieco co
me te !"
Signor Blackman disse la
cieca con voce fioca e tremante
qualunque donna che non fosse
nella misera mia condizione, si
stimerebbe fortunata di essere
prescelta da un uomo così illustre
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Numero 21
come voi siete. Che dirò io, se do
vrò accoppiar la gratitudine al
rispetto del vostro ingegno?
La gratitudine ! Che dite,
Beatrice? Oh, d'ora in poi, ecco
quale saia per me la vita, l'avve
nire, l'universo: voi e vostro pa
dre!
E il vostro genitore, più
non esiste? domandò il mar
chese.
Una nube passò sulla fronte di
Gaetano, che coirugò le sopracci
glia e involontariamente abbassò
gli occhi, straziato dalla vergo
gna.
No, marchese; mio padre
più non esiste, rispose poi con
voce alterate e cmmossa.
Il marchese osservò il turba
mento del medico, e lo attribuì al
dolore di un figliuolo che ricorda
la morte del padre.
E vostra madre? chiese
Beatrice.
Tutti morti non ho fami
glia, soggiunse Gaetano con
voce soffocata e rabbiosa. La
mia famiglia, se Dio mi concede
rà tanta suprema felicità, sarete
voi, e vostro padre. Io ricomin
cerò la mia esistenza ; mi permet
terete di darvi il dolce nome di
padre ?
Gaetano diè un bacio sulla ma
no del marchese, il quale a quel
bacio sentì un brivido coirergli
per le ossa, e, macchinalmente,
strinse la mano del giovine medi
co.
Intanto, di quasi tutta questa
scena, era stato testimone un uo
mo entrato nel salotto mentre il
marchese e Oliviero, seduti di
faccia a Beatrice, voltavano le
spalle alla porta d'ingresso.
Quell'uomo era il cavaliere A
medeo.
XI.
IL CAVALIER AMEDEO
E' ormai tempo che i nostri
lettori stringano più intima cono
scenza con questo personaggio
che abbiamo presentato.
Il cavaliere Amedeo Santoni,
di antica famiglia napoletana, e
ra unico superstite tra cinque
figli che suo padre, semplice for
nitore di marma, aveva procreati
con una ricca siciliana. Due ma
schi e due femmine disparvero
dal mondo nel breve spazio di
pochi anni, parte a Palermo e
parte a Napoli, e Amedeo restò
solo ad ereditare le ricchezze del
padre. Amedeo, alla morte del
padre aveva sedici anni e duecen
to piastre al mese. L'ambizione e
l'avarizia divoravano il cuore del
giovinetto, e queste due passioni
crescevano in lui a mano a mano
ch'egli cresceva di età. Un nastro
all'occhiello dell'abito era il suo
sogno color di rosa ; e avrebbe da
to tutto, fuorché i suoi denari,
per possedere un titolo di nobiltà
eun posto distinto nell'alta ari
stocrazia napoletana.
Egli sapeva che suo padre ave
va sostenuto una lunga 3 dispen
diosa lite per rivendicare un feu
do in Sicilia, al quale andavano
congiunti antichi privilegi e tito
li; un testamento distruggeva
queste ragioni, o almeno le inde
boliva grandemente, un testa
mento mediante il quale quel feu
do doveva essere alienato e ven
duto per suffragare l'anima del
testatore. Non occorrono per il
nostro racconto, nè minutamente
li conosciamo, i particolari di
questo lunghissima lite; ma il
fatto è che un giorno il tribunale
di Napoli decise vinta la causa a
favore di Amedeo Santoni per
non essersi trovato il testamento
originale. Prima di questo tem
po, e senza saper come e perchè,
Amedeo co m pai ve nella Società
napoletana con un nastro rosso
all'occhiello della giubba e col ti
tolo di cavaliere.
E il cavalier Amedeo si slan
ciò nel gran mondo, dove fu ac
colto e ben voluto pel suo spirito
e pei - l'avvenenza dei suoi modi.
Facile parlatore, perchè superfi
cialmente cognito di belle arti e
di lettere, esimio suonatore di
pianoforte, ricco, scovane e bello,
eerli brillava tra i fatui del giorno,
e si studiava di dimenticare e di
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LA LIBERA PAROLA
far dimenticare che suo padre fu
un semplice fornitore.
L'ambizione intanto lo rodeva.
Non era pago del semplice titolo
di cavaliere: egli aveva bisogno
di un posto brillante, di una cari
ca elevata, d'una missione diplo
matica ; ed eccolo buttarsi tra gli
uomini politici, ed insinuarsi nei
salotti dei ministri.
Il marchese Rionero, benché
da molti anni ritirato intiera
mente dai pubblici uffici, e per
sua volontà esiliato in Sorrento
e tutto dedito alle cure che ri
chiedeva il misero stato della fi
gliuola, godeva sempre, per giu
sta deferenza, del suo credito e
della sua influenza. I ministri an
davano talvolta a consultare la
sua saggia esperienza ed il suo
fino tatto diplomatico, per cui gli
era facile ostenere quel che bra
mava. Inoltre, la sua intemerata
probità e la sua larga beneficen
za avevano ristretto intorno a lui
un cerchio tele, che l'invidia, la
calunnia e la maldicenza non o
savano invadere e valicale.
Il cavaliere Amedeo indovinò
nel marchese l'uomo che avrebbe
potuto servire ai suoi proponi
menti ambiziosi, e cercò di avvi
cinarlo, la qual cosa non gli fu
difficile, essendo egli amico del
conte Franconi, che era amicissi
mo del marchese. Un bel mattino
dunque il cavalier Amedeo si tro
vava nella villa Rionero a Sor
rento.
Veder la cieca e concepire to
sto l'ardito disegno di divenir ge
nero del favorito diplomatico, fu
la faccendo di un istante. E non
fu contento finché non ebbe
strappata al marchese una pro
messa di matrimonio. Dissimula
zione, ipocrisia, astuzie, tutto fu
posto in opera per sedurre l'ani
mo del padre di Beatrice ; ma non
giunse però a ingannar l'anima
di costei, nella quale, come in
limpido cristallo, venivano a ri
flettersi i vizi di lui e la mal ce
lata ambizione.
Questi pochi cenni bastano per
giudicar di quest'uomo e per
comprendere quale rabbia lo di
vorasse allorché udì l'aborrito
inglese parlare a Rionero come
un figlio parla al padre.
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disse ironicamente il cavalier
Amedeo. Vedo di essere un
quarto non invitato.
Ma che giunge opportuno,
osservò Gaetano con ghigno
beffardo.
Amedeo gettò sul medico uno
sguardo feroce.
Signor cavaliere, in verità
oggi non vi aspettavo, disse
il marchese tanto è vero che
vi avevo scritto una lunga lette
rale m'incresce che ora dobbiate
leggerla in mia presenza, poiché
il suo tenore vi riuscirà sgradi
to. Ma l'uomo è nelle mani di Dio
e la volontà umana è sottoposta
alle leggi della Provvidenza cui
dobbiamo tutti rassegnarci Ab
biamo novità in famiglia. Sapre
te tutto dalla lettera.
Ho saputo più di quel che
volevo, rispose fremendo il ca
valiere. lndovino queste leggi
della Provvidenza di cui parlate.
Dite benissimo; si vede che que
sta è l'opera della Provvidenza.
Infatti, quale donna, se non una
cieca, sposerebbe un mostro?
A queste parole Gaetano si al
zò pallido di furore.
Signore, disse il marche
se rivolto al cavaliere ricorda
tevi che siete in casa mia e alla
mia presenza.
Io sono un mostro, disse
Gaetano, le cui labbra tremava- '
no convulsivamente perchè
Dio così mi fece; ma tu sei un
codardo e un infame, indegno di,
portare questo nastro, che serve
a nutrir la tua stolta superbia, j
Ciò dicendo, Gaetano si av-|
ventò al cavalier Amedeo e gli j
strappò dall'occhiello della giub- j
ba nera il nastro, che gettò sde-j
gnosamente in terra.
Non sappiamo a quale atto di
violenza si sarebbe spinto l'orgo
glioso Amedeo, se il marchese
non si fosse frapposto tra i due
rivali.
Uscite, signore, disse al
cavaliere voi avete insultato in
mia presenza il signor Blackman
e mia figlia; uscite; non soffrirò
che qui, in questa sala, al cospet
to di questa disgraziata, si scam
bi tra voi una sola paiola, un so
lo gesto di violenza e di collera.
Esco, esco, signor marche
i a e, conosco i riguardi dovuti ame i
e «il vostro nome ; ma prima di j
uscire prendete, signore: dis-
Ise rivolto a Gaetano eccovi il
mio indirizzo a Napoli; se avete
cuore, domani aspetto una vostra
visita.
Gaetano prese freddamente il
bigliettino e lo intascò.
Il cavalier Amedeo era già fuo
ri.
XII.
UN RICORDO INOPPORTUNO
Il domani di bun'ora Gaetano
partiva per Napoli, dove aver
rassicurato il marchese e Beatri
ce, promettendo loro di non bat
tersi col cavalier Amedeo.
Non dovrò adoprar altre ar
mi, ei disse loro che una pa- !
rola. Non dubitate ; resterò tut- ;
t'oggi in Napoli, avendo lasciato
le mie carte all'albergo delle Cro- ;
celle. Domattina ritornerò a Sor
rento per non partirne più.
Il marchese gli raccomandò
prudenza e circospezione, e lo
pregò di consegnare al cavaliere j
la lettera che gli aveva scritta il
giorno innanzi, e che nella colle-i
ra avea dimenticato di dargli.
Verso le undici del mattino,
Gaetano giunse a Napoli.
Si recò subito alle Crocelle, si
stemò le sue carte, si fece porta
re abiti nuovi e tagliati all'ulti
ma moda, si vestì con eleganza,
caricò un paio di pistolette ingle
si a quattro colpi e le pose nella
tasca della sua giubba color del
fumo, una giubba di Londra, do
ve era altresì riposto un portafo
gli che conteneva gran numero
di biglietti di banca, e un picco
: lo scrigno d'oro, nel quale erano
j rinchiusi vari gioielli.
Uscito dall'albergo, fece chia
mare una carrozza, dette una
occhiata al biglietto da visita del
cavalier Amedeo, e disse al coc
chiere :
(Continua)
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