La libera parola. (Philadelphia, Pa.) 1918-1969, August 31, 1918, Image 4

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    Appendice de Ubera Parola"
FRANCESCO IVI ASTRI AISJ I
LA CIECA DI SORRENTO
ROMANZO
"Oh, quanto sono grata a mio
padre per non avermi mai con
dotta in quei ritrovi, nei quali mi
sarei sentita come in un deserto
infocato.. Quelle voci di letizia,
quelle danze inebrianti, quei suo
ni pregili di tanta dolcezza sa
rebbero stati per me simili ai
turbini mossi dal vento delle
terre di fuoco !
"Come ammiro e stimo la de
licatezza del mio genitore nell'a
vermi allontanata dalla capitale,
dove sarei stata troppo vicina al
rumore dei balli e dei diverti
menti, ed esposta all'ironica
compassione di donne altere, che
avrebbero goduto di umiliare la
figliuola del marchese Rionero!
"Come debbo sembrare stupi
da e fredda agli occhi degli uomi
ni! I miei movimenti sono lenti,
incerti, sospettosi, mentre le al
tre donne, alla mia età, si ab
bandonano a tutta la vivacità del
loro carattere! Le mie frasi so
no prive di immagini, il mio vol
to privo di anima, e la mia ani
ma priva di espressione.
"Non so qual senso dolorose
io provo quando sento ridere!
E il cavalier Amedeo che ride,
ride ad ogni insulsaggine insi
gnificante! Oh, come ciò irrita i
miei nervi! Mi mette quasi vo
lontà di piangere! Quando sente
ridere in mia presenza, mi pare
che si rida sempre alle mie spalle
e sul mio stato infelice.
"La prima volta che mi fu par
lato di un'arte che chiamano la
pittura, dissi tra me: è cosa che
io non potrò far mai Mi dice
vano che su quelle grandi tek
che mio padre ha nel salotto era
no figurati paesaggi magnifici e
personaggi che han vissuto in al
tri tempi. Molte volte portai la
mano su quelle tele, ed un gior
no mi parve di ritrovare sotto le
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dita la testa di una donna, messi
in una grande cornice, propria
mente in mezzo al salotto. 11 cuo
re mi diceva che quella testa eri
di donna Isella e giovine. Io tro
vavo un piacere indicibile ne
passare la mano su quel volte fit
tizio. Mi venne un pensiero, eh
mi fece balzare il cuore dalla gio
ia! Che l'osse mia madre! I
chiamai Geltrude con tutta li
forza de' mie polmoni.
" Di chi è questo ritratto
chiesi con ansia a Geltrude.
" Di Albina di Saintanges
di vostra madie, mi risposi
colei.
"Ed io caddi in ginocchio, di
rimpetto a quella tela, e detti ui
grido di gioia, mentre mi senti
vo stemperare il cuore dalla te
nerezza e dall'amore.
"Da quel momento, ogni mat
tina vado a baciar mia madre, a<
accarezzarla, a dirle tante cose
a farle tonte domande, alle qua!
ella risponde, poiché una miste
riosa voce vien da quella tela, u
na voce ch'io sento nell'anima
che passa pei- le mie orecchie, (
mi rivela tanti misteri, e dice d
aspettarmi nel cielo dove ora elh
si trova.
"Oh. mi ricordo che un gioì'
no, nel baciar quelle labbra, m
parve che ella mi avesse reso i
bacio !
"Ero sicura di essermi forma
ta un'idea esattissima del volt(
di mia madre.
"Vorrei formarmi una chiare
idea di quel che chiamano il eie
ló. Mi ricordo che nella mia te
nera fanciullezza, quando mi tro
vavo fuori di casa e alzavo le pu
pille, mi vedevo sul capo una co
sa intangibile, sottile, di bel co
lore; ma forse ora la mia fan
tasia m'inganna. Se potessi toc
care il cielo con la mano, ne a
vrei un'immagine perfetta.
"La vista per me è un mistero.
Non saprei crearmi altra idea
della vista che paragonandola ad
una specie di ' mano immensa,
fantastica ed impalpabile come
l'anima.
"La luce, i colori, le ombre so
no per me parole senza significa
to. Quando cerco di comprendere
i misteri della luce, m'ingolfo in
assurdità ed errori: io ho biso
gno della fede e della rivelazione
per comprendere la vita avveni
re e lo spirito della religione.
"A questo rigore si potrebbe
dire che io non appartengo albi
medesima specie umana alla qua
le appartengono gli altri. Un a
bisso, un bai-atro, mi divise dai
resto dell'umanità, e questo ba
ratro è un senso di meno! Ma pui
la Provvidenza ha fatto sì che
quel che mi manca sia in qualche
modo sparso e compensato nella
perfezione degli altri sensi!
"Su me non imperano le tristi
passioni che hanno tanta poten
za sull'uomo e sulla società. La
ambizione, l'avarizia, la vanità
non albergano nella creature del
la mia specie".
E finalmente le ultime parole
da lei scritte nel suo giornale e
rano le seguenti:
"L'idea del matrimonio mi
spaventa, mi fa ribrezzo Un
marito è per me una specie di
tiranno, di despota, che avrà su
me l'impero datogli dalla forza
della sua vista !
"E quando penso a colui che
sarà mio marito! Non so perchè
quell'uomo mi desta diffidenza e
terrore; sarà forse un sintomo
della mia debolezza fìsica. Ma
sento che io non sarò felice quan
do sarò sua moglie.
"No, io non sarò felice col ca
valier Amedeo. Anche senza
quello che mi ha detto il medico
testé nel giardino, io sentivo che
quell'uomo ha un falso linguag
gio ; le sue parole non partono dal
cuore. Il cavaliere Amedeo è un
uomo finto; egli inganna forse
mio padre. No, io non sarò felice
con lui ; ma oramai è troppo tar
di ! Mio padre ha promesso, ha
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LA ÜBERA PAROLA
dato la sua parola ed io sarò
moglie del cavalier Amedeo. Id
dio mi assisterà. Alla perfine,
sento che la mia vita non sarà
lunga."
IX.
DUBBI E SPERANZE
Beatrice aveva in quel mo
mento lasciata la penna che ver
gò quelle ultime parole, quando
suo padre si presentò sulla soglia
della sua camera.
11 marchese Rionero stette po
chi momenti immobile a guarda
re sua figlia, prima di entrare.
Egli aveva pianto, poiché aveva
gli occhi arrossati e le gote co
sparse di tristezza. Scompigliati
e a diversi gruppi gli cadevano i
capelli ancora lunghi e neri sulle
tempie. Una cravatta di seta ne
ra male annodata intorno al col
lo, una veste da eamera che co
priva tutta la sua alta persona,
indicavano abbastanza alla straoi
dinaria lotta di pensieri alla qua
le egli era stato in preda.
Beatrice chiuse il quaderno del
suo giornale, e salutò il padre
con grazia. S'intende già che con
quel tatto morale maraviglioso,
per cui i ciechi indovinano la per
sona che entra nelle loro camere,
Beatrice non scambiava mai il
padre pel cavalier Amedeo, o Gel
trude per la cameriera.
Buon giorno, figlia mia.
Sei commosso, babbo ! e
sclamò la fanciulla, ed il suo vol
to si alzò verso di lui quasi aves
se voluto guardarlo in viso.
Sì, figlia mia, te lo confesso,
non intendo celarti lo stato della
mia anima.
E che avvenne, mio Dio ?
La giovinetta impallidì, e ri
mase in quella posizione, immo
bile e quasi stupida, in cui so
gliono rimanere i ciechi nei mo
menti in cui la loro anima è in
tumulto.
Il marchese intanto aveva chiu
so la porta della camera, ed era
venuto a sedersi accanto alla fi
gliuola.
Ascoltami, figlia mia. Quel
lo che debbo dirti, e che in que-
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st'istante mi agita fremenda
mente, è cosa che dovrà decidere
del destino dell'intera tua vita.
Parlate, padre mio; sono
tranquilla e rassegnata alla vo
lontà vostra, che è pur quella di
Dio.
Il marchese aveva guardato,
entrando, il giornale della giovi
nette, e subito gli era sorto un
pensiero; per mandarlo ad effet
to, si strinse vieppiù accanto alla
figliuola, in modo che la sua ma
no poteva distendersi sul tavoli
no dov'era il manoscritto.
Mai il marchese aveva violato
i segreti della figlia, e, benché
non poche volte gli venisse fatto
di posar Io sguardo su ciò che el
la aveva scritto, non aveva mai
voluto, per delicatezza d'animo,
profittare della cecità della figlia
per indagare i pensieri che ella
confidava alla muta amicizia del
la carta. Questo delicato senti
mento del marchese si manifesta
va non soltanto in questa parti
colarità, ma in ogni altra qua
lunque occasione in cui gli fosse
dato di valersi di quel misero
stato della fanciulla per faVe co
sa alcuna di cui ella fosse incon
sapevole. Egli trattava la figiia
come se non fosse cieca, ed alla
presenza di lei si comportava nel
la stessa guisa come se ella aves
se osservato ogni atto o gesto di
lui.
Ma questa volta il marchese a
veva un motivo potente d'ingan
nare la vigilanza della figlia.
L'avvenire di lei poteva forse di
pendere da una parola che egli a
vrebbe letta a caso in quel libro;
forse poteva trovarci una inatte
sa rivelazione che lo avrebbe illu
minato sui sentimenti della cieca.
Egli sapeva come fosse angelica
l'anima di quella creatura; sape
va che ella avrebbe fatto sempre
il volere di suo padre, a costo di
morirne poi ; sapeva quanti e
quali misteri di delicato senti
mento si nascondevano nel pro
fondo di quel cuore, santuario di
fimore, d'abnegazione, di pazien
za e di carità. Sapendo tutto ciò,
il marchese si era deciso a strap
parle dal cuore, anche a suo mal
grado, un lampo che l'avesse ri
schiarato sulla risoluzione che
doveva prendere riguardo a lei.
Prima di tutto, figlia mia,
ho bisogno che tu mi apra intera
mente il cuore; te lo chiedo in
nome di tua madre. Poni da par
te il bene che mi porti; parlami
come se Dio medesimo ascoltasse
la tua confessione. Dimmi : ami
tu Amedeo?
La fanciulla arrossì e chinò il
capo quasi che avesse voluto chi
nar gli occhi.
Padre mio, disse poscia
con voce debole e tremante a
me rivolgi questa domanda? Pos
so io amare altri sulla terra che
te?
Tu dunque non ami il cava
lier Amedeo?
Sì, l'amo come i miei fiori,
come Geltrude, ma non l'amo co
me te. Quando egli mi dice di a
marmi, quando dice che sono bel
la, anch'io lo trovo bello, ma pur
le sue parole non mi sembrano
sincere, padre mio.
Che ne sai tu s'egli è bello!
Oh, così bello fosse il suo
cuore come il suo volto! Scom
metterei che egli è alto, ben fat
to, che ha capelli e baffi neri.
Il marchese restò colpito.
Geltrude ti avrà detto tutto
ciò.
Oh, no, ti assicuro! Geltru
de non mi parla mai del cavalier
Amedeo; io gliel'ho proibito.
Il marchese non aveva udite
queste ultime paiole, poiché con
somma destrezza gli era riusci
to di aprire il quaderno appunto
all'ultimo foglio scritto, e i suoi
occhi avevano letto distintamen
te:
"No, io non sarò felice col ca
valier Amedeo. Anche senza
quello che mi ha detto il medico
testò nel giardino, io sentivo che
quell'uomo ha un falso linguag
gio; le sue parole non partono
dal cuore. Il cavalier Amedeo è
un uomo finto; egli inganna for
se mio padre. No, io non sarò fe
lice con lui ; ma oramai è troppo
tardi ! Mio padre ha promesso,
ha dato la sua parola ed io sa
rò la moglie del cavalier Amedeo ;
Iddio mi assisterà. Alla perfine,
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sento che la mia vita non sarà
lunga."
Il marchese respirò e congiun
se le mani in atto di ringrazia
mento a Dio. Egli si sentiva sol
levato da un peso mortale, poiché
fino a quel momento aveva credu
to che sua figlia fosse innamo
rata del cavalier Amedeo, ed è
facile comprendere come queste
sarebbe stato un ostacolo insor
montabile per la proposta dei
Blackman.
Dobbiamo accennare che, do
po la rivelazione fattagli dal me
dico inglese, il padre di Beatrice
aveva pregato Dio d'illuminargli
la mente e suggerirgli quello che
gli conveniva di fare. Non era
possibile credere fìnto l'amore di
Blackman ; le sue ardenti parole
e il suo stoico carattere non dava
no luogo a dubbio alcuno. Dap
prima il marchese aveva respin
to con ribrezzo l'idea di una unio
ne con sua figlia, chè troppo era
la deformità dell'inglese; ma il
pensiero che ella ricuperasse la
vista lo seduceva, l'abbagliava, e
gli faceva scordare le fattezze di
colui che avrebbe ridonato tanto
bene all'infelice giovanetta. D'al
tra pai'te, Oliviero Blackman era
ficco e rinomato, ed amava im
mensamente Beatrice. La ric
chezza, la gloria e l'amore non
avrebbero forse un giorno fatte
sparire agli occhi di sua figlia la
deformità del marito?
Tali considerazioni avevano in
parte persuaso il marchese ad ac
cogliere la proposta di Oliviero;
na un dubbio lo rendeva tituban
te: che sua figlia fosse innamo
rata di Amedeo. Ciò lo avrebbe
iecisamente costretto a respin
gere quella specie di contratto
propostogli dal medico.
(Continua)
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