La libera parola. (Philadelphia, Pa.) 1918-1969, July 13, 1918, Image 4

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    Appendice de "La Libera Parola"
FRANCESCO M ASTRI AN I
LA CIECA DI SORRENTO
ROMANZO
"La pace sia con voi," disse,
nell'entrare. "Non c'è nulla da
sperare dall'uomo: tanto più bi
sogna confidale in Dio: e già ho
qualche pegno della sua prote
zione."
La voce del marchese interrup
pe Geltrude, e la chiamò. Era
l'ora di preparar la colazione.
Interrotta così nella sua lettu
ra, Geltrude pose il nastrino di
seta in mezzo alle pagine del
Manzoni, al punto in cui aveva fi
nito di leggere, lasciò il libro sul
la panchina ed entrò in casa a
preparal e la colazione.
Beatrice restò sola nel giardi
no. Ella s'incamminò verso la
Flora, così ella chiamava un bo
schetto di aloe in mezzo al quale
sorgeva, tra gentile aiuola di fio
ri, una bella statua di marmo
rappresentante una Flora farne
siana. La cieca aveva imparato a
conoscere, dallo stelo o dalla for
ma dei petali, e spesso dal sem
plice olezzo, ciascun fiore. Quei
fiori avevano bella disposizione:
vedevi il campestre fiordaliso di
un azzurro sbiadito, al quale fa
ceva corona la candida tuberosa,
il cui soavissimo odore è capace
da sè solo di profumare un'aiuo
la; vedevi levarsi altiera e ricco
di petali l'amaranto purpureo,
quasi pennacchio di cavaliere, e
più lungi l'anemone col suo diseo
celeste che si agita al più insen
sibil soffio dell'aura, anche quan
do gli altri fiori stanno immobili ;
eravi l'angelica rapita in estasi
misteriosa, i cui verdastri ombrel
lini coprano la cupida violetta
mammola che, a metà nascosta,
vien tradita dalla deliziosa fra
granza che effonde; e finalmen
te, sul suo stelo peloso e ricurvo,
il trifoglio spiegava le sue san
guinose foglioline; al suo fianco,
spaventata, tremante, la pallidis
sima giunchiglia
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Sotto i piedi di Flora scorreva
un rivoletto, coperto interamente
dalle larghe foglie di una pianta
acquatica; e Beatrice rimaneva
talvolta lunghissime ore a udire
il monotono gemere di quel filo
d'acqua, che sembrava il som
messo pianto di un'amante tradi
ta Non si può dire quanta varie
tà di sentimenti trovano i ciechi
nei suoni, e specialmente nella u
mana voce, dalla quale giudicano
della bellezza corporale di una
persona, almeno secondo le idee
che si sono formati della bellez
za in generale.
Dal mormorio del ruscelletto,
Beatrice si formava un concetto
delle bellezze naturali, e trovava
un accordo tra la sua anima e
quelle voci malinconiche.
11 marchese Rionero abbracciò
sua figlia e la baciò in fronte.
Buon giorno. Beatrice. Co
me stanno i tuoi fiori?
Il loro profumo è più che
mai gradevole stamani.
Questa mattila avremo vi
site, figlia mia, avremo gente a
pranzo con noi.
E chi mai ?
Amedeo, il tuo fidanzato,
coi suo amico Lioneili e il conte
Franconi, il quale mi ha promes
so di presentarci il famoso medi
co inglese Oliviero Blackman, ar
rivato da pochi giorni in Napoli.
Altro medico! A che prò,'
padre mio? Sono oramai cieca da
diciassette anni e t'illude ar.cora
la speranza che io possa guarire?
Al postutto, io sono felice, bab
bo, vicina a te, a Gelti ude, in
mezzo ai miei fiori, sono rasse
gnata al volere di Dio, e l'univer
so che mi sono creato nella mia
10 lo conosco, il tuo volto; no, non
fantasia non può esser meno bel
lo di quel che è in realtà. Se desi
dero la luce, è soltanto per vedere
11 tuo volto Oh, ma che dico!
m'inganno, io ti vedo nel mio
pensiero Come sono belli i tuoi
occhi! Con che amore si fissano
su me ! Eppure, se io ti vedessi
un solo istante, non avrei niente
altro da desiderare, e morrei con
tenta!
Gli occhi del padre erano vela
ti di lacrime.
Figlia, benedetta figlia mia,
il volere di Dio sia fatto innanzi
tutto. Se Egli vuole che tu sia
per sempre priva di veder l'uni
verso, bisogna piegare il capo ai
suoi imperscrutabili decreti;
ma.... di' pure che io sono troppo
proclive alle illusioni ; non e spen
ta nel mio cuore la speranza che
un giorno tu debba riacquistale
la luce degli occhi. Oh, come da
rei volentieri il resto della mia
vita, se per un attimo io potessi
ricontemplare le tue pupille! Lo
sguardo dei tuoi occhi mi è rima
sto scolpito nel cuore e nella men
te; io li ritrovo accanto alla me
moria della tua sventurata ma
dre. La notte tremenda del 23
gennaio, che per te dura tuttavia
e che ancora ti circonda con le
sue sanguinose tenebie, dovrà
diradarsi. Iddio non può permet
tere che quella esecrabile notte
pesi eternamente sulle tue pu
pille.
Beatrice alzò la fronte al cielo,
congiunse le mani, ed esclamo
con accento commosso :
E mia madie! Chi ne
desterà il sonno di morte? Oh,
babl>o, se voi la vedeste come la
vedo io nel raccoglimento della
mia anima! Quella notte per me
non è finita. E quando a Dio pia
cerà di chiamarmi a lui, io mi de
sterò dal mio sonno, ecco tutto!
11 giorno della mia morte sarà
pei- me come il domani del 23
gennaio 1827 Rivedrò mia ma
dre !
Taci, figlia mia, taci; non
dire coteste cose che mi squar
ciano il cuore! Abbi fiducia in
Dio. Hai mai sentito parlare di
Oliviero Blackman?
Sì. talvolta si è parlato di
colui nelle nostre conversazioni;
so che gode una fama grandissi
ma.
Basti il dire che, appena
hanno saputo a Napoli che era
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egli si trova, è ingrombro di cai -
rozze da mattina a sera; le più
illustri famiglie se ne contendo
no una visita. Si cita prodigi
l'atti da costui, massimamente
pei la infermità degli occhi.
Beatrice abbassò il capo, dan
dogli una leggiera ondulazione
quasi che avesse detto al padre:
"Illusioni! vane speranze!" Il
marchese osservò quel movimen
to, ma finse di non averlo com
preso, c continuò:
—Ti dirò in confidenza, fi
gliuola mia, che ho ritardato il
tuo matrimonio a bella posta. Il
conte Franconi mi aveva scritto
da Londra sulla- straordinaria a
biiità di questo Oliviero Black
raan; mi aveva detto che questi
aveva fatta prodigi sui ciechi.
Puoi immaginarti quante premu
re feci al conte, affinchè induces
se il Blackman a fare una pas
seggiata in Italia. E una bella
mattina ebbi la consolazione di
leggere, in una del conte,
che il medico si era finalmente
deciso a passare in Napoli la sta
gione autunnale, e che forse a
vrebbero fatto insieme il viaggio.
Infatti, pochi giorni fa, giunsero,
ed io mi accordai col mio amico
per menarlo qui un bel giorno col
pretesto di fargli fare una scap
patella in campagna. leri appun
to egli mi scrisse che questa mat
tina sarebbero venuti. Ma bada,
figlia mia, che ho avuto cura di
invitare anche il tuo Amedeo. Il
fidanzato mitiga l'asprezza del
medico, il quale, a quanto si di
ce. è un vero selvaggio isolano.
Beatrice sorrise, e ii suo volto
si soffuse di rossore.
Dobbiamo dire che il cuore di
Beatrice, semplice, puro ed inno
cente, non sentiva amore che pel
padre. Un giorno questi le aveva
detto che un giovine si era inna
morato di lei, che aveva chiesta
la sua mano, e che, essendo nobi
le, ricco e dabbene, l'avrebbe fat
ta felice. Beatrice che faceva in
tutto la volontà del padre, nòn si
oppose al proposto matrimonio.
Nella sua infantile innocenza el
la non vedeva nel nodo coniugale
che un dovere impostole dalla re
ligione, e nel marito un fratello,
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chie volte Amedeo le aveva ri
volto il discorso allorché si tro
vavan soli, ed ella, nelle parole
del fidanzato, scorgeva un gene
roso e nobile sentire, accoppiato
ari una eleganza estrema di modi
e di linguaggio. A sentirio parla
re di arti, di letteratura, di disci
pline cavalleresche, l'animo della
giovinetta era rapito, ma il suo
cuore rimaneva freddo; poiché
nell'accento di lui era qualche co
sa ch'ella non sapeva spiegarsi,
ma che pur le metteva una certa
paura come di lontano disastro.
Questo misterioso sentimento re
primeva gli slanci del suo vergi
ne cuore. Ciò nondimeno, amata
da Amedeo, ella si rassegnava a
sottoporsi alle leggi maritali ben
ché non corrispondesse quell'a
more, spintavi da un pensiero di
gratitudine verso un uomo che
giovine, ricco, di bel volto e d'in-1
gegno. e che poteva aspirare a
un brillante maritaggio, aveva
scelta per sua sposa una povera
cieca.
Ma era poi vero l'amor di A
medeo ?
111.
IL MEDICO INGLESE
Verso le due dopo il mezzodì
della stessa giornata, un grazio
so carrozzino tirato da due caval
li sauri si fermava alla villa Rio
nero. Due signori ne scendevano.
L'un di essi, smontato il primo
offriva la destra inguantata al
l'altro, e gli diceva in inglese:
l'iease to step down, sir.
E l'altro, senza toccar la mano
del compagno, di un balzo fu a
terra.
Varcato che ebbero il cancello,
incontrarono il marchese Rione
ro, sceso a riceverli.
Bravo conte! Ero sicuro
che non mi avresti mancato di !
paiola. Questo signore è
Mister Oliviero Blackman,
il famoso dottore di Londra, di
cui ti ho scritto i prodigi.
Il medico chinò leggermente il
capo, mentre il marchese gli fa
ceva profonda riverenza.
Parla italiano il signore ?
Come un fiorentino, caro
marchese, soggiunse il conte.
Tanto meglio, ripigliò j
Hionero potrò allora signifi
cargli in lingua italiana la mia
profonda riconoscenza per esser
si dato il disturbo di onorarmi fin
qui.
Oliviero Blackman non rispo
se.
Era questi un personaggio sin
golare. Tenuto in concetto di uo
mo ricchissimo, dalle sue vesti
appariva tutt'altro che persona
agiata. Di lineamenti orribili, il
suo volto esprimeva superbia e
cinismo. Ma sulla sua fronte sol
cata si leggeva una vera potenza
di intelletto, e nell'arco delle sue
spalle antica consuetudine di stu
di severi e penosi. L'egoismo, o
per meglio dire, un indicibile di
sprezzo degli uomini, era espres
so nell'obliquo suo sguardo, reso
più selvaggio da una deviazione
della pupilla. Pareva che sentisse
profondamente la superiorità da
tagli dalla sua scienza. Parco di
parole a segno che restava qual
che volta per ore intere in com
pagnia di altra gente senza far u
dire il suono della sua voce; e a
tal proposito diceva che la più
bella lingua del mondo è l'inglese,
perchè formata quasi tutta di
parole radicali monosillabe, con
cisa e filosofica.
Il marchese Rionero introdus
se i suoi ospiti in un salotto nel
quale erano già raccolte varie al
tre persone. Presso un tavolino
da giuoco erano seduti il cavalier
Amedeo e un giovine biondo ed
esile, suo amico: Beniamino Lio
nelli. Una partita d'ècartè assor
biva interamente l'attenzione di
questi due individui, per modo
che non si voltarono neanche a
guardare i personaggi che entra
vano.
Di lì a poco, la conversazione
fu generale; ma il medico ingle
se di rado interloquiva negli sva
riati ragionamenti, limitandosi a
rispondere, quando era costretto
a farlo, con brevi parole} Il suo
sguardo bieco e profondo si fer
mava in modo particolare sul ca
valier Amedeo, il quale, alzatosi
unitamente al suo amico dal ta
volino da giuoco, sedè insieme
con gli altri a ragionare, e pren
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scorsi che trattavano argomento
i di buon gusto.
Eppure, lo sguardo bieco del
| britanno rimescolava alquanto le
i idee del cavaliere, che provava u
na certa pena, come quando un
uomo si trova in incomoda posi
turaq. Inoltre, la fisonomia del
l'inglese non gli garbava, e tro
vava insopportabili i modi di lui
goffi e selvaggi. In verità non ca
peva perdonare al suo futuro
suocero di avere ammesso in ca
sa sua ed invitato a mensa quel
lo strano uomo, nè sapeva per
suadersi che la scienza si fosse
annidata in quel capo bitorzoluto
e privo di ogni regola naturale.
Era scorsa circa un'oretta dal
l'arrivo di Oliviero Blackman nel
la villa del marchese, allorché
questi stimò opportuno di fargli
osservare sua figlia. Chiamatolo
in disparte, lo pregò di seguirlo,
e lo condusse nella stanzetta di
Beatrice, mentre ella era intenta
a trarre armonici concerti da un
piccolo pianoforte.
Il marchese e Oliviero erano
entrati senza far rumore, poiché
dalle stanze attigue avevano udi
to il suono dell'istrumento ed Oli
viero aveva piegato il marchese
di sostare alquanto in silenzio
per sentir la voce delia fanciulla.
Per le sue- profonde cognizioni
sulle infermità umane e sul ca
rattere degl'individui che ne so
no affetti, Oliviero comprendeva
che una donna cieca ha tanta ri
pugnanza ad esporre la propria
voce, quanta ne hanno le altre
donne ad esporsi nude agli occhi
di un uomo, dato che per le cie
che la voce è tutta la persona fi
sica e morale.
(
(Continua)