LA LIBERA PAROLA (The Free Word) PUBLISHED EVERY SATURDAY by A. GIUSEPPE DI SILVESTRO EDITOR-IN-CHIEF 906 Carpcnter St. Phila.. Pa. Bell Phonc. Wllnul 74-72 Anno 1. - Maggio 25. 1918 * No. 6 S l_l B S C R I F*T I O rsj Oot year, in advance . . $ 2.00 Si* months „ » '*2 s Single copy ADVERTISING RATES Display adt. per inch,single column $ 2.00 Politicai notices „ „ . „ 3.00 Amusement» „ • tt 2-00 Rcading matterper line o( J3em» „ 0.15 Ali payments must be made to LA LIBERA PAROLA motti di spirito chiacchiere e freddure giornalismo e giornalisti Pasquale Farina, professore ne campo dell'arte, volle dunque entrare nel giornalismo coloniale, diventando con mille promesse di futuri affari tri g'.i americani, cointeressato ne "I Momento". pare che il suo primo compito, mes so subito in pratica, fosse quello di fai cambiare rotta a Costantino Costanti ni, tanto che questi in una certa circo stanza sentì il bisogno di pubblicari una diffida contro ciò che 6Ì stampava E tanto più dovette farlo in quanti che "Il Momento" aveva anche inco minciato ad attaccare l'Evemnj Ledger, che in verità tanta simpatis aveva mostrato per gli italiani e pe le cose nostre, nel cui giornale Costan tini lavorava e lavora, e per causa d l'acquale Farina, professore nel cani pa dell'arte, si era visto in procinto d essere licenziato, oltre alla figura bar bina fatta di collaboratore ed avversa rio nel tempo stesso. Costantini, cedendo alle moine d Pasq :ale Farina, professore nel cani po dell'arte, che gli aveva fatto intra vedere un roseo avvenire economico mai avveratosi, fu neutralizzato e forse, senza il suo diretto assentimen to, la direttiva del giornale subì uni radicale trasformazione, e da organi contrario al faccendiere coloniale di ventò, per diverse ragioni, un'appendi ce dell'Opinione. Fra le diverse ra gioni vi è quella, dettaci dal professo re stesso, che il faccendiere gli avevi reso dei favori e per conseguenza n era divenuto ammiratore ed amicc mentre prima del rendimento dei fa vori ne era stato avversario, l'ltem 1 La Voce del Popolo ricordino. cosichè, per merito di Pasquale Fa fina, professore nel campo dell'arte fa soppressa.'una delle tante spine ch< davano ffistmio al cavaliere con ufficii nelle scuderie al No. 1013 So. otti strade. faccia tosta l'Opinione di venerdì, 17 corrente pubblicava che Frank Lattari, condan nato a morte il 31 gennaio scorso, pe omicidio, è stato salvato dalla sedia e lettrica dalla Corte dei Perdoni, in se guito ad interessamento della solita fi lantropica istituzione, la cosidetta Fe derazione delle Società Italiane, impudenza delle impudenze! dopo la condanna del Lattari ali: pena di morte, mentre la famiglia d suo fratello, che risiede vicino al no stro direttore, dava incarico per l'ap pello all'aw. C. S. Patterson, con uf ficio al No. 1435 Chestnut St., qualcu no le si presentava proponendole chi se avesse pagato 2 mila dollari, il so lito cavaliere si sarebbe interessato d non fargli subire la pena capitale. la famiglia Lattari un po' ptrehi non avrebbe potuto sborsare quelli somma, un po' perchè le sembrò trop po filantropica l'opera che si volevi spendere a quel proposito, licenziò i messaggero interessato. E l'awocat< Patterson continuò le pratiche prims per avere una nuova causa, e poi, ne gata questa, per ottenere dalla Corti dei Perdoni, una sentenza a vita. I nostro direttore, al quale fu impedite in quel momento di mettere in luce i retroscena, perchè la famiglia L,attai\ temeva una rappresaglia, ebbe u na conversazione con l'Aw. Pat terson, il quale as6icurò, nel mo do più solenne, che il per dono si sarebbe ottenuto perchè il me dico delle carceri ed altri specialisti che lo avevano visitato, erano interes sati in favore del condannato, essendo il Lattari affetto da convulsioni di cui pare abbia sofferto anche in Italia. L'avvocato aggiunse anzi al nostro di rettore che con molta probabilità an che il District Attorney avrebbe con corso per l'ottenimento del cambia mento di pena. intanto, abituati sempre a vestirsi delle penne del paone, l'altro cavaliere, l'lspettore carcerario Fioravante Bal di, si recò alla famiglia Lattari e, do po averla dolcemente rimproverata, di non essersi recata dai Baldi, prima di servirsi dell'opera di avvocati, que sto però fece quando la causa era a buon fine, le promise tut to il suo appoggio perchè, egli disse, per gl'italiani io mi struggo tutto. L'opera dei Baldi è limitata alla firma posta in una petizione fatta cir colare dalla famiglia dell'interessato. il Lattari però, come la etessa fami glia del fratello dice, è stato salvato dal medico del carcere che ha strenua mente appoggiato il caso e dall'Aw. Patterson che ha saputo ben presen tare la causa. infatti ecco che cosa dice la stampa americana in proposito: "The board explained that the cominutation to life imprison ment was due to the menta] and physical condition of Lattari. onore pagato è sempre l'Opinione. Nel suo nu mero del 21 corrente essa pubblica "che gli amici del Cav. Uff. C. C. A. Baldi, segretario del Penna Underta ker Board, gli hanno offerto un ban chetto, martedì éera, al Ristorante De Frate a Spruce St., in Scranton, Pa. proprio in questo Ristorante, il 12 corrente, il nostro direttore, che si era recato a Scranton per iniziare la log gia Gloria di Old Forge, ha saputo che il Cav. Baldi, o qualcuno per lui, ha dovuto pagare i posti per i 12 o 13 italiani intervenuti, e pare pure che... non vogliamo dirlo. E' certo però che il signor Ventura, rappresentante del la Follia di New York, il quale era stato richiesto di partecipare al ban chetto, gratuito per i commensali, essendosi rifiutato, il padrone del Ri storante lo rimproverò dicendogli: mi fai perdere tre dollari, e lui ili riman do, in linea di scherzo: "io non mi con tento di un dollaro come hanno fatto gli altri, ma voglio un dollaro e ven ticinque soldi se debbo intervenire a conferire onore all'anfitrione." gli spropositi di Vito Baldi la settimana scorsa fu in Filadelfia S. E. l'Ambasciatore d'ltalia, Conte Macchi di Cellere, per ricevere, in no me e per conto del senatore Gugliel mo Marconi e del Governo Italiano, la medaglia "Franklin" assegnata da quell'lstituto al grande inventore. alla cerimonia non era rappresen tata l'Opinione, perchè non vi era nes sun Dolfinger germanese da dover di fendere contro gli italiani, nè la mat tina seguente essa pubblicò cosa alcu na sulla consegna. a qualcuno che rimproverò il signor Vito di tale assenza e della mancata pubblicazione, costui rispose, con gli occhi fuori dalle orbite: Questo è il risultato dell'opera te desca che sta svolgendo il Console di Filadelfia. Egli, che è uno SCRIVANO del governo, avrebbe dovuto scriverci, i Ah, signor Vito, quanto male certe volte fanno gli spropositi! E' figlio di padre o di madre tedesca il Regio Console, che lo credete capa ce di tanto prussianismo ? 1 d'oltre tomba dal "paradiso celeste" abbiamo ri cevuto una missiva nella quale ci 6i domanda, per poterli rintracciare fra i ricoverati, quale è la provenienza di Anna Maria e di suo figlio Alberto di cui parlammo nel numero scorso. abbiamo subito risposto che nacque ro nell'altipiano di Santa Lucia, Pro vincia di Salerno, sotto la cui giuri sdizione funzionava il Municipio scas sinato. messo alla porta quel tale imbroglione che non ha mai pagato i $12.00 per due anni di abbonamento a La Voce del Popolo e che fa il servizio chccks, in una se duta mortuaria fu messo alla porta dal farmacista della Cugina istitu zione. * * * le proteste della serva Dacché i giornali costano due soldini La mia padrona è sempre in grar ( pensiero Perchè per copiprare il Messaggero, Deve spendere un sacco di quattrini. E per sapere i fatti dei vicini E quello che succede al Ministero, Senza leggere un foglio o bianco o ne' (ro Si farebbe la parte dei critini. Ma lei vuol leggere sempre il Mes (saggerò' Io le ho fatto osservar con grande (flemma Be', lo legga due volte tutto intero Da cima a fondo e poi dal fondo n (cima E vedrà che con questo strattagemma Viene a pagarlo un soldo come prima LETIZIA SERVIBENE per finire Economia ben intesa. Che stravaganza di aver com perato a tua moglie un anello cosi d valore! Niente affatto, dal giorno chi gliene feci presente mi fece risparmia re il 50 per rento di guanti. SANCIO PANZA Asterischi di Guèrra L'OFFENSIVA PACIFISTA Mentre il nemico accumuli nuove forze imponenti al nostre fronte, per tentare quel de cisivo contro l'ltalia che fallì ne novembre scorso per l'eroismc indomito dei difensori del Grap pa e del Piave, rifiorisce la male fica leggenda di una "prossimi pace" a "buone condizioni" offer ta generosamente dagli impcr centrali ai popoli dell'lntesa. Li pace è matura si dice —; li pace astrarrà dall'esito di questi o di quella grande battaglia; t non v'è dunque alcuna necessiti che noi ci prepariamo ansiosa mente a più gravi cimenti; chf noi tempriamo ancora più forte mente lo spirito per affrontare prove sempre più difficili; che noi pensiamo ed agiamo, insom ma, come se la lotta fosse anco ra lunga e maggiormente aspra come se il nostro presente e il no stro avvenire dipendessero esciti sivamente dalle sorti della guer ra. Triste giuoco, di marca noto riamente tedesca. Gli imperi cen trali preparano così le loro vitto rie. I gas asfissianti dell'offensi va pacifista devono addoiTnenta re l'avversario, perchè sia facili tato il compito delle schiere ar mate di Ludendorf e di Conrad E infatti ogni loro successo è pei tre quarti successo di preparazio ne pre-bellica Appena l'incante simo funesto della loro "penetra zione pacifica" è rotto, le marcie dei. vittoriosi sono arrestato Così alla ritirata di Caporetta succede la reazione vigorosissi ma degli Altipiani e del Piave. Ora gli austro-tedeschi sogna- ! no una nuova tragedia italiana. Ce ne accorgiamo dal prologo: l'offensiva pacifista. Ma un bis di Caporetto non è possibile, non deve esser possibi le. Sanno i combattenti e sa il nostro Paese che il nemico è in- j generoso, inumano coi vinti. 11 prigionieri della seconda armata sono, a quest'ora, ben pentiti di non aver combattuto fino alla morte. La storia delle loro soffe renze, delle loro umiliazioni, del loro martirologio è più tetra d'o gni più sinistra storia di morte. Il popolo russo, che invocò a Brest Litowski una pace equa - o la defezione meritava bene un generoso compenso - trovò un ne mico inesorabilmente crudele, rapace, spogliatore, prepotente. Tutto han perduto i russi, senza salvare l'onore. E l'esempio è appena di ieri, perchè possa essere dimenticalo dal popolo italiano. Il quale deve aver compreso ormai e glielo han detto con doverosa schiettez za i suoi uomini di governo che la pace non è possibile fino a che il militarismo austro-prus siano non sarà costretto, con la forza, ad abbandonare ii fanta stico bagaglio dei suoi propositi di dominio e di rapina. Noi non libereremo i nostri fratelli oppressi, non riconquiste remo la libertà che ci è cara e la traquillità che ci è necessaria, fi no a che ai patti di una obbro- j briosa "pace tedesca" non potre-| mo sostituire i patti di una pace dell'lntesa, che non astrarrà da quei principii di giustizia e di li bertà che hanno unito il mondo intero contro la quadruplice bar barica. La salvezza è nella guerra, nel la guerra soltanto, nella guerra vittoriosa. Il nemico, sbarazzatosi degli e serciti russi, è più forte che mai, più imbaldanzito che mai, e più che mai lontano dai propositi concilianti che potrebbero affret tare la fine dell'orrendo macello. Ma l'lntesa, dopo l'intervento a mericano, e senza contare il pro babilissimo intervento giappone se, è ancora in prevalenza sugli imperi centrali per numero di combattenti, per ricchezza e po tenza di armi. Non disperiamo dunque del nostro domani. L'esercito italiano ha superato felicemente la crisi autunnale. Dal fronte vengono le notizie più consolanti su! morale delle trup pe e sulla organizzazione delle o pere di difesa. Sia il paese tetra gono ad ogni insidia vecchia o nuova, conforti i combattenti con la più tenace resistenza mo rale; e i piogetti austro-tedeschi di conquista e di sterminio s'in frangeranno contro la realtà ma ravigliosa di una Italia tutta uni ta nello sforzo supremo della sua rivincita, della sua liberazione, « della sua marcia serena e irrefre nabile verso il migliore avvenire che ci spetta e che avremo sa puto meritarci. Continui pure il nemico a in scenar commedie di fraternizza • zione proletaria, a ideare ipocriti | allettamenti nuovi per la diser | zione, a preannunziare offerte di pace tanto generose quanto bu j giarde. La nostra risposta non dovrà, non potrà mutare. E sarà data a colpi di cannone. IL MARTIROLOGIO DEI SOL DATI IRREDENTI Un amico d'ltalia mi manda un giornale della Penisola, richia j mando la mia attenzione su di una notizia che è sfuggita agli organi magni italo-americani, i quali in ogni occasione non ri stanno dal celebrare il loro servi zio cablografico speciale. E la no tizia è questa: In seguito alle recenti disposi zioni dell'autorità militare, che toglievano dalle prime linee gli ufficiali ed i soldati irredenti, al lo scopo di sottrarli alla selvag gia vendetta austriaca ove cades sero prigionieri, il Conim. Salva tole Segrè, alto commissario ag giunto per i profughi di guerra, facendosi interprete del senti mento dei volontari di guerra ir redenti, indirizzava al Comando Supremo dell'esercito una lettera nella quale dice: "Il provvedimento che deter mina l'allontanamento dalla fron te di tutti gli irredenti ha provo cato tra questi un senso di vivo dolore e di profonda amarezza. Ora, mentre per le aspirazioni pei- le quali la nostra patria è sce sa in guerra, la migliore gioven tù d'ltalia è alla fronte a versare il proprio sangue per la difesa della patria, ri tir àie gli irredenti dalla fronte significa metterli in una condizione di inferiorità mo rale rispetto agli altri italiani, e in merito a tale provvedimento essi elevano una viva protesta. "Gli irredenti conoscevano, ar ruolandosi all'inizio della guerra, i pericoli ai quali andavano in contro qualora fossero caduti prigionieri ; oggi per loro nulla è cambiato: essi si considerano ita liani come tutti gli altri italiani e LA LIBERA PAROLA reclamano il diritto che è conces so al più umile cittadino, quello di morire per la Patria. Essi in tendono compiere il loro dovere lino al giorno in cui la vittoria non coroni gli sforzi della Nazio ne e non sia vendicato il sangue sparso dai nostri morti e dai no stri martiri. Il martirologio irre dento non deve arrestarsi al feb braio del 1918". Invitiamo i nostri lettori a considerare il significato alta mente morale di questa protesta dei volontari irredenti, che si riassume nella più completa ab negazione di se stessi, volendo che sia loro riconosciuto il diritto al sacrificio. API. Dirige l'Autore La battaglia incomparabile di vampa. In urti ed in rimbalzi, in un fluttuai- d'oceano percosso da venti contristanti, in vortici e in voragini, in un furor matemati co, sfrenato come la follìa, esatto come la cifra, con una passione infernale coronata di lucida cal ma, la battaglia scuote un ango lo di mondo, un tratto di vita, in cui sembrano essere i cardini del mondo e della vita. Vibrano i cardini nell'impeto formidabile. Si sente lo scricchiolìo acuto, suono di tormento e di forza, che hanno i vasti tronchi delle j querce nell'uragano. E sale dal I cuore, con un desiderio infinito, ! misto di profonda angoscia e di esaltazione religiosa, l'auspicio di vittoria: Il mondo non può essere men forte dell'uragano Chi in questi giorni riesce a pas sar indifferente le ore è un bru to. Sia detto senza offesa; sia detto con l'invidia leopardiana per la felicità delle bestie. E non troviamo e non sapremmo, volen do, trovare un paragone per colo ro se ve ne sono ! che pos sono in questi giorni non respin gere da sè con orrore l'ipotesi della abilità di un'Europa inte descata. Perchè il nemico non dissimula più. Non dissimula nè la volontà di porre all'Europa il giogo ale manno nè la coscienza della cor sa all'epilogo. Si annunzia che Guglielmo II ha assunto perso nalmente la direzione della bat taglia. E' il momento in cui la ci ( viltà pur dopo quasi quattro anni di stragi, appare più soffocata L'ALCOOLISMO ovvero L UOMO E L ALCOOL (Continuazione del numero precedente) Il bevitore abituale dunque non solo distrugge sè stesso, ma rovina la sua famiglia ed offende e danneggia la so cietà, la quale deve fiiu> all'ultimo su birne il fardello delle conseguenze. In fatti i bevitori in generale vanno a fi nire la loro misera esistenza negli o spedali e le loro famiglie ricadono sulle pietà delle istituzioni di carità: gli uni e le altre non si reggono se non a spese della comunità! Gettiamo ora uno sguardo sulle cau se che spingono l'uomo alla bevanda. In certe regioni e clima, dove il si stema nervoso degli abitanti è più forte e la temperatura non è molto va riabile, in quella zona che è stata chia mata la zona della temperanza e che comprende la Spagna, l'ltalia, la Fran cia meridionale, la Serbia e la Persia l'uso abituale del vino conduce rara mente ali'ubbriachezza, ma nella zo na così detta dell'intemperanza, e che include la parte nordica dell'Europa e gli Stati Uniti d'America, con un cli ma freddo e variabilissimo, l'abitudine di bere alcoolici, sviluppa in molti ca si il vizio dell'ubbriachezza. Molti ac quistano e coltivano il vizio in casa propria, ma i più, o per propria inizia tiva o spintivi dai compagni, comin ciano a bere ed abusarne in luoghi pubblici, dove i liquori vengono smer ciati. Il più importante, il più perico loso, il più inesorabile di questi luo ghi è la birreria, il bar. Esso è sen za dubbio il principale fattore nella formazione dell'abito del bere ed il più potente fattore nel mantenerlo vivo. L'essenza stessa del business del mercante di liquori è quella di au mentare sempre lo smercio. Perciò noi vediamo che egli aggiusta il suo loca le nel modo più attrattivo che può: fornitura elegante, specchi, luci, cri stalli, ventagli elettrici, free lunchs, musica, ecc., tutto per attirare l'avventore, il quale se ha la mano larga, è sempre il benvenuto, se non spende, è guardato di mal'occhio. Nel la birreria bisogna spendere sempre, bere sempre: infatti se gli ordini si rallentano, il padrone del posto gene ralmente offrirà da bere, per far ri cominciare il turno degli inviti. La natura socievole dell'uomo lo rende facilmente pieghevole alle ten tazioni e l'uso dell'invitare a bere e del ritornare l'invito, che è in vigore nelle birrerie è una delle sue peggiori e più dannose costumanze. In tal modo l'in dividuo, senza quasi accorgersene, ei trova d'aver bevuto assai più di quel che voleva, e spesso d'essersi übbria cato, senza averne avuto l'intenzione. Intanto l'abitudine, l'attrazione della birreria e dei compagni adesca, ed ecco formato il vizio del bere, colle sue disastrose conseguenze sul bevitore e eulla sua famiglia. Molte e molte volte il bevitore impenitente, acciecato, va alla fine della settimana a spendere nella birreria tutti i suoi guadagni e la sua famiglia, che digiuna Io aspet tava a casa perchè portasse i mezzi, frutti dei suoi sudori, per apprestare un pasto frugale, lo vede invece arri vare übbriaco fradicio e senza la cro ce d'un quattrino. Quale scena pieto dal gigantesco carnaio. Ed è in sieme il momento in cui, imbal danzito, il tedesco ha ripreso il tono del 1914 : dettai* le leggi e far bottino. Guglielmo II è alla testa. Bene. Dirige l'Autore. Perchè nessun dubbio sorga : sull'autenticità della sua "produ zione", ai giudizi dell'ambascia tore di Germania a Londra se guono le confessioni dell'ex di rettore di Casa Krupp, il dottor Muhlon. A metà luglio le "alte sfere" tedesche avevano già pre disposto tutto; e questo tutto e ra la guerra mondiale. Al signor Krupp von Bohlen l'lmperatore aveva aggiunto: E si vedrà questa volta che non muterò di parere —. Questa frase vale una autenticazione di mano imperia le. C'è tutto Guglielmo 11, incal zato dalla impazienza dell'erede, dietro il quale premevano da an ni tutti gli appetiti dell'lmpero, compreso quello del proletariato tedesco. L'Autore era sospettato o accusato di fiacchezza. Non si fidava molto in lui per un' "ope ra" capitale. L'amor proprio e il clima lo eccitarono. Si pose al la voro. Compose la Catastrofe mondiale. E l'opera è oggi al quarto o quinto atto. Spettacolo enorme. Gl'inscenatori alemanni hanno pensato a tutto, persino al can none che de\*e bombardare Pa rigi durante la battaglia: parti colare squisito del lusso di be stialità infame ma coreografica di cui è capace il cervello tedesco quando pretende di dai - ai nemici la sensazione della fine del mon do. C'è tutto in questo atto: l'odio contro l'inghilterra; la rabbia di aver fallito il calcolo sulla viltà occidentale; la vergogna di con statare la forza e la tenacia dei popoli che la Gei-mania aveva pubblicamente giudicati "impu triditi" ; l'illusione di sbalordire e di atterrire con forme supple mentari di teatralità; una Spe ranza enorme sul cavallo di Atti la (e dietro la Speranza, mal dis simulata, ferma in groppa, av vinghiata a lei, la Disperazione; e non si sa quale delle due gette rà l'altra di sella) ; e la preghie ra al vecchio Dio perchè "liqui di" la creazione, cedendola alla Gei-mania. E' giusto che diriga l'Autore. E i superstiziosi aggiungono che è di ottimo augurio per noi. ■sa ed abbominevole nello stesso tem po! Il proprietario della birreria, in tanto, che gli ha dato da bere lino a che non l'ha visto übbriaco e senza de nari, riderà alle sue spalle e s'impin guerà a sue spese. Hoddard diceva: una birreria in una località significa cenci e miseria per molte delle persone che vi abitano e sessanta mila birrerie nella nazione significa cenci e miseria moltiplicati 60.000 volte. La felicità e prosperità universale non possono esistere nella medesima contrada dove è stabilita la birreria più di quel che la pace e la salvezza può esistere nell'ovile, dove è entrato il lupo. L'uomo dovrebbe ripiegarsi in sè •stesso e rifletere sulla propria con dotta. Prima di avviarsi alla birreria, dovrebbe considerare le conseguenze che gli deriveranno dal battere quella via ingannatrice e pericolosa. Se l'uomo bevesse qualche bicchiere di alcoolici e non frequentemente, il male non sarebbe grande o forse non ve ne sarebbe addirittura; ma il ma le è che molti se bevono un bicchiere ne beveranno siile fine. Costoro che hanno natura facile, volontà oscillan te, non dovrebbero toccare goccia di bevanda. E' appunto in base a questa conside razione che in molte città degli Stati Uniti esiste la legge della temperanza, che proibendo assolutamente la ven dita di qualsiasi bevanda alcoolica. ■sopprime la tentazione. Qualcuno po trà dire: Ma come i medici ordinano il brandy od il vino agli ammalati in molte malattie o convalescenze? Be nissimo, ma il medico ordina spesso anche l'arsenico, la stricnina, la digi tale ed altri veleni potentissimi; ma li ordina, ugualmente, come l'alcool, in certi casi, per un tempo limitato e a dosi proporzionate all'effetto che egli desidera, in rapporto ad una data ma lattia. L'uso poi di dare vino e birra ai bambini, a volte di soli pochi mesi, è una pratica inconsiderata ed im perdonabile; perchè non solo si produ ce un danno alla loro salute, ma s'in tonde in essi l'istinto, il desiderio per gli alcoolici, che forse potrà svilup parsi ancor maggiormente col crescere dell'età ed esercitare un'influenza fu nesta sul loro avvenire. Molti operai dicono: ma senza bere ' qualche bicchiere di birra, vino o whiskey che ci metta nelle vene un I po' di forza, non si potrebbe lavorare. Ora questa asserzione è erronea e suggestiva. E' erronea perchè l'alcool non dà la vera forza, ma stimola sol tanto: è come lo scudiscio o il basto ne che farà lavorare o muovere svelto un uomo od un animale: gli effetti ul timi sono quelli che bisogna tenere in considerazione e questi li abbiamo precedentemente esposti. E' suggesti va perchè l'operaio la sente ripetere e vede mettere in pratica da altri e l'ac cetta volentieri, senza discussione od analisi. Infatti, l'operaio in Italia, nelle campagne lavora 10 o 12 ore, non be ve che acqua, e di rado ha la possibi lità di mangiare della carne, eppure è forte, rubicondo ed ha vita lunga e sa na. L'ltaliano in America acquista il vizio del bere, che in Italia non aveva, j solo per imitazione e per continua e forte tentazione che gli viene dai com pagni e dall'ambiente che lo attirano nelle loro spire. Non vi è vizio in natura più degra dante e distruttivo per l'uomo che | l'intemperanza. Essa gli ruba la ra-, gione, la riputazione, gli averi; lo rende disadatto, indegno di vivere nel consorzio umano; lo abbassa al disot to dei bruti e lo espone al ludibrio, alla condanna ed al disprezzo gene rale. , La vista di un übbriaco in atto e il miglior sermone contro quel vizio, che potrebbe mai essere predicato. Il giudice Colerige diceva: v'è rara mente un delitto, che viene dinanzi a me, che non sia stato causato diretta mente od indirettamente dall'abuso di bevande alcooliche. E Jefferson, il grande patriota a mericano, soleva dire: l'abitudine del l'intemperanza fra gli uomini in uf ficio, ha causato più danno al pubbli co e fastidio a me che qualsiasi altra causa, e, se io dovessi cominciare la mia amministrazione di nuovo, la pri ma domanda che farei al riguardo di un candidato per ufficio, sarebbe: fa egli uso di liquori? E questa stessa domanda è ripetuta dalla maggior parte di quelli che oc cupano impiegati od operai, perchè si cerca sempre di disfarsi, di tener lon tano il bevitore, il quale finisce per diventare un uomo inutile. I m ANTINEVROTICO DE GIOVANNI a base di Genziana, Valeriana, Stroiano e Stricnina Tonico ricostituente de! sistema nervoso figgili indicato specialmente contro la NEURASTENIA, L'ISTERIA E L'IPOCONDRIA | 3 Formola del Prof. Comm. 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