Appendice de "La Übera Parola'
FRANCESCO MASTRIAN!
LA CIECA DI SORRENTO
ROMANZO
Prendete un po' di carta e
una penna.
Ebbene ?
Abbiate la bontà di lare voi
pure un piccolo computo, come
l'ho fatto io. per vedere se mai
mi fossi ingannato.
II notaro guai dava il suo com
messo per vedere se sul volto di
lui appariva il minimo segno di
demenza; ma niente vi appariva
di tale; anzi, esprimeva la mag
gior tranquillità.
Scrivete, -igrnoi Tommaso:
"Diecimila ducati, all'interesse
per cinque per cento per tredici
che somma vi dà ?
Ebbene, la somma è di sei
mila cinquecento ducati.
Benissimo; ci troviamo per
fettamente d'accordo nei calcoli.
Ora. moltiplicate trenta per do
dici.
Fanno trecentosessanta.
Moltiplicate questi trecen
toses-anta per dodici.
Abbiamo quattromilatre
cento venti.
Da questi quattromilatre
cento venti togliete la somma di
quattrocentotrentadue.
Abbiamo treir'laottocentot
tantotto.
Bravissimo: i vede che in
materia di aritmetica >iete mae
strone, mas imamente quando «i
tratta di addizioni e moltiplica
zioni. Ora. addizionate queste tre
somme, cioè diecimila, seimila
cinquecento e tremila ottocentot
tantotto.
La somma totale èdi ven
timi latrecentottantotto.
Ebbene, questa somnv. di
ventimilati-ecentottantotto duca
ti è appunto quella che mi dove
te.
Il notaro rimase con la penna
in mano, e guardava il commesso
tra Io stupido ed il beffardo : non
sapéva a che attribuire questo
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scherzo insipido e impertinente.
Che vuol dire cotesta com
media ? chiese dopo alcuni mo
menti di silenzio.
Vuol dire semplicemente
che mi dovete consegnare in que
sto istante aiedesimo la detta
somma, di cui sono vostro ci edi
tore.
Il volto di Gaetano era sereno,
e non ammetteva dubbio alcuno
sullo stato normale del .-uo cer
vello. Il notaro cominciò a cre
dersi invaso da un sogno tremen
do; le sue mani tremavano co
me per freddo acutissimo; le >ue
gote si erano ingiallite; un ve'.u
di morte passava suiie >ae palpe
bre. La parola gli era rimasta in
gola.
E così? chiedeva imper
turbabilmente Gaetano. Mi a
vete capito? Mi sono, io credo,
chiaramente spiegato.
Il notaio trovò la forza di
smozzicai" tra i denti :
Finiamola con que-to scher
zo, e di' prestamente ciò che qui
ti conduce.
Quel che qui mi conduce,
già ve l'ho detto: è la riscossione
pronta e completa del mio credito
verso di voi.
Il notaro ebbe un istante d
nesprimibil furore: ma si con
tenne. perchè in rea.tà non po
va in che mondo i fosse. N"?n
potè pertanto fai- di meno di ac
costarsi con occhi infiammati al
suo commesso, e. guardatolo in
viso fieramente, gli disse:
Se tu sei pazzo, cominci a
stancar la mia pazienza. Esci di
casa mia sul momento.
Il commesso, senza scomparsi
alla minaccia di violenza de: prin
cipale. si àlzò anch'egli. tolse d:
tasca la lettera trovata nello stu
dio, e. freddamente, mostrandola
al notaro:
E' giusto; gli disse è
d'uopo ch'io vi mostri i! titolo del
mio ci edito. Guardate questa let
te; a.
Il notaio inforcò gii occhiali, e
fece per afferrare lo scritto pre
sentatogli ; ma il giovine calabre
se, tenendolo nelle proprie mani,
glielo fece leggere.
Ri.iunziamo a dipingete lo --ta
to d'animo di quell'avaraccio nel
divorai" con gii occhi quelle righe.
Un orrendo tremore, un capogi
ro, uno svenimento, e cadde so
pra una sedia.
Gaetano sorrise, e, togliendo di
tasca un'ampollina in cui era po
sto un certo farmaco alcoolico,
l'accostò alle nari del vecchio di
cendogli :
Ho preveduto questo -veni
mento ed ho portato da rimediar
vi. Per buona ventura mi intendo
un poco di medicina. Questa as
senza fa svanire gli svenimenti.
Rimettetevi, signor Tommaso: la
vostra vita in que to momento
mi è cara oltremodo. Abbiate
amenza per pochi minuti, e poi,
se volete, morite a vostro talen-
Poco dopo, il notai o, rianimato
dallo -p: vento e dalla sorpresa
più che dall'azione dell'assenza,
con faccia pallidissima e con oc
chi -tralunati domandava:
Dove trovasti questa certa?
Oh bella! N"on è questo il ti
tolo principale del mio credito?
Del tuo credito!
Certo Su via, notaio, slar
ga la tua borsa e finiamola.
Oh. mio Dio. mio Dio! Ma
ue-to è un assassinio!
Ben dicesti, un assassinio,
di cui tu fosti complice!
l'omo o demonio, che pre
tendi da me?
Semplicemente la somma di
' entimilatrecentottantotto duca
ti.
E perchè pretendi questa
somma?
Te lo -piegherò in poche pa
role: io sono Gaetano Pisani, fi
glio di Nunzio, tuo complice, che
fu impiccato nel Mercato il dì 9
otto! . e I*2B. e che è l'autore di
questa lettera.
Il notaro rimase stupefatto.
Menzogna! Menzogna!
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esclamava. Tu sei Gaetano di
Borgia.
E' vero, Gaetano Pisani, del
circondario di Borgia, .o hai det
to! Questa somma di ventimiia
trecentottantotto ducati ?i com
pone nel modo seguente: dieci
mila ducati di capitale lasciati a
me da mio padre, e che tu pensa
sti bene di tenere per tuo conto,
mentre l'infeiice. condannato a
cosi ignominiosa morte, manten
ne il giuramento tatto per te e
non palesò alla giu.-tizia il suo
complice, fidando nella tua lealtà
e nella tua coscienza per la con
segna del denaro ai -uoi figliuoli;
seimiiacinquento d'interessi ai
cinque per cento per tredici anni,
dall'anno 1827 al IS4O in cui ci
troviamo: ed il re-:o, pei merce
de di dodici anni di fatiche da me
fatte nel tuo studio, calcolando a
ragione di trenta ducati al mese.
Bada che dalla somma di quat
tromiìatrecentoventi ducati, to
talità di questa mercede, ti fo to
gliere la somma di ducati quat
trocentotrentadue. la .quale è il
totale dei dodici anni passati nel
tuo studio e da te pagatimi con
la meschii i somma di trenta car
lini al mese. Ti abbuono le rite
nute e le multe che mi facevi pa
tire continuamente.
E dove vuoi che io prenda
questo denaro?
Se non sai dove travarlo, lo
troverò io: ho portato all'uopo
qualche strumento da magnano.
E si avanzava verso il casset
tone armato di ordigni per fare
saltare la toppa.
Il notaro gettò un grido di do
lore. e con le braccia aperte, fa
cendosi innanzi al giovine escla
mò:
Fermati, scellerato, aspet
ta! Ora ti darò la cassettina del
le gioie. Per pietà, non volermi
assassinare! Ora apro io. Io non
ho denaro, sono un povero uomo ;
non assassinarmi !
Assassinarti ! Lo dovrei, ve
ramente. perchè tu mi hai fatto
morire il padre sopra il patibolo,
e una sorella nell'ospedale; ma
non brutterò le mie mani nell'im
mondo tuo sangue. Orsù, fuori il
denaro o le gioie, se sono ancora
intatte presso di te ! Benché il lo-
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ro valore sia di ventimila ducati,
pur mi contento ; ma sbrigati, al
trimenti domani pre-enterò que
sta lettera e andrai in galera a
finire l'infame tua vita.
Il notaro, barcollante e qua.-i
cadavere, andò a schiudere il cas
settone, ne tolse le gioie, guardò
la cassettina con occhi di sangue,
e la con-egnò a Gaetano.
Un ghigno di gioia passò sul
le labbra del giovine commesso,
il quale esaminava i gioielli.
Oh Dio ! diceva il notaro
ho dato la mia vita, si, la mia
vita, perchè io ne mono, ne mor
rò. . ,
Tanto meglio! La società
non piglierà certamente il bruno
per la tua molte.
—Tu aggiungi la burla alla
scelleratezza. Ora, dammi quella
lettera, per mia tutela.
Per tua tutela! Oh, imbeci'-
le! E la mia. quale sarebbe?
Chi mi assicura che domani tu
non mi faccia arrestare dicendo
alla giustizia che ti ho involato
quelle gioie che custodivi per
semplice deposito? Oh! ì tuoi pa
ri non si vergognerebbero di fal
ciò! Questa lettera è la mia ga
ranzia.
E la mia?
Quando mai gli assassini
hanno bi. ogno di essere talenti
ti? Addio.
Gaetano stava per valicare la
porta, quando udì lo scoppio di
un'arma da fuoco.
L'infame notaro, mentre Gaeta
no era intento ad esaminare le
gioie, aveva tolto di soppiatto dai
cassettone una pistola carica, e
nel momento in cui il commesso
gli volgeva le spalle per aprir
l'uscio delle scale, aveva tentato
di assassinarlo :ma la mano già
convulsa aveva mal diretto il col
po. e la palla era andata a forar
ia porta.
Gaetano si voltò verso di lui
placidamente, e con disprezzo gli
disse :
lnfame ! L'inferno e non la
forca ti aspetta, perchè pochi al
tri giorni ti rimangono da vive
re.
n commesso uscì. Il notaro cad
de semivivo sopra una sedia.
PARTE SECONDA
L
Albina Saintanges.
E' necessario, per seguire gli
avvenimenti che abbiamo preso
a narrare, di volgere uno .sguar
do indietro e conoscere certi fat
ti antecedenti al tempo da cui ab
biamo cominciato il nostro rac
conto.
Il marchese Paolo Alfonso Rio
nero, figlio unico, discendente di
antico e nobil casato napoletano,
aveva ereditato dalla morte di
suo padre un patrimonio rag
guardevole. Nella giovanile età
di ventidue anni si vide padrone
assoluto di sè medesimo: ma le
doti eccellenti del suo cuore, i_ sal
di principi di onor e di probità in
funigli da un'educazione compi
tissima e dall'esempio inalterato
di tre generazioni di uomini del
le virtù più austere, difendevano
la sua giovinezza da ogni perico
lo; tanto più che non era estra
neo alle belle lettere, alle arti, e
a tutte quelle discipline cavalle
resche di cui si onora e si abbel
lisce la vita di un gentiluomo.
Di volto avvenente ed espressivo,
di modi gentili e leali, di animo
veramente nobile, ispirava la
simpatia, la fiducia e il rispetto.
Per le attinenze e relazioni
procurategli dalla sua nascita e
dal suo ingegno, egli si trovò ben
pi-esto a contatto con gli uomini
del più alto ceto del paese, ed
ebbe però il campo di studiare la
Società nelle sue regioni elevate
senza rimanere impaniato nei
| vischio dei vizi brillanti e delle
corruzioni inoi-pellate del gran
1 mondo: e da questo lo saivò quei
senso morale che gli faceva -ce
verare il frivolo dall'impertinen
te, il difetto da) vizio, la carica
tura dall'imitazione, l'esagerato
' dal passionale. Bene accolto nelle
1 riunioni, caro alle dame, accetto
da tutti per la maniera con cui
1 sapeva adattare la conversazione
■ all'indole ed al carattere delle
' persone con cui si trovava, il suo
nome già correva lodato nei cir
• coli privati e diplomatici, tanto
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steri, per alta raccomandazione,
fu prescelto nell'anno 1819 a re
carsi a Parigi, in qualità di ag
giunto alla legazione napoletana
in quella capitale.
La Francia era in quel tempo
sotto il governo di Luigi XVIII
portato sul trono de' Capeti dal
le almi della "Santa Alleanza"
La nobiltà francese, sempre co
dina, era tornata con la Restau
razione: i salotti si aprivano ai
lunghi balli, alle veglie galanti, ai
concerti musicali. Parigi rigurgiti
.tava di belle donne, di cocch
-plendidissimi: i Campi Elisi,
Versailles, il Bosco di Boulogne
di brillanti equi
paggi.
Il marchese Rionero trovava
in quella vita di svariate occupa
zioni un fascino attraente, a se
gno che, frequentando tutte !e
case del quartiere San Germano,
slanciavasi a gonfie vele nell'at
mosfera profumata della vita e
legante.
Tra le altre case, rinomatissi
ma per le che dava, quella
del conte Dubois accoglieva ogni
sabato tutti gli uomini più alla
moda in quel tempo, e più nota
bili nella politica, nella milizia e
nelle arti: i membri del ministe
ro Des-olles, allora al potere, gli
agenti diplomatici stranieri, i più
distinti letterati, e tutte le più
belle dame della nobiltà parigina
convenivano in casa Duboi . per
corruscarvi di vezzi, di lusso e di
eleganza. Il marchese Rionero vi
fu presentato dall'ambasciatore
napoletano.
(Continua)
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