La libera parola. (Philadelphia, Pa.) 1918-1969, May 11, 1918, Image 4

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    Appendice de "I-a Libera Parola" Numero 4
FRANCESCO IVI AST RIA IVI I
LA CIECA DI SORRENTO
ROMANZO
Basileo trasse di saccoccia il
mazzo di chiavi, e si disponeva
ad aprir l'armadio; ma Gaetano
gli andò innanzi, e, quasi avesse
voluto fargli una cortesia per e
vitargli di salire sopra una sedia
onde prendere il documento che
stava sull'ultimo palchetto, gli
tolse di mano con bei modi le
chiavi. Spiccato un salto rapida
mente sopra una sedia, dischiuse
l'armadio, ne tolse la carta che
gli doveva servir di pretesto, e
poscia finse di richiuderlo; ma
non fece altro che dare due tinti
gin alla chiave, che egli levò dal
la toppa e consegnò a! principa
le, lasciando in tal modo aperto
l'armadio dentro il quale era il
testamento voluto dall'incognito.
Lo stratagemma era ottimo,
tanto più che Gaetano, col prete
sto di dover prendere alcune in
dicazioni da quella carta, aveva
motivo di rimanere nello studio
anche oltre l'ora in cui era solito
andare a casa.
Mezzodì sonava alle campane
della vecchia Napoli, e Basileo,
lodando questa volta lo zelo e la
premura del suo commesso che
non si mosse dal lavoro benché
fosse sonata l'ora in cui pel con
sueto interrompeva le sue occu
pazioni, usciva dallo studio per
recarsi a pranzo a casa sua. nel
borgo Loreto. Non trascurò tut
tavia di raccomandargli di ben
conservare e chiudere nella cas
setta della sua scrivania l'atto
notarile, da cui doveva estrarre
le indicazioni.
L'avaro notaio, sentendo nella
sua tasca risonar le chiavi, si cre
deva al sicuro da qualunque in
discrezione: e. disponendosi a
pranzar tranquillamente, non la
sciava dietro a sè neanche un
pensiero.
Gaetano restò solo.
Lasciò passare dieci minuti
per dare il tempo al notaio di al
lontanarsi, ed anche per assicu
rarsi che per qualche caso colui
non tornasse addietro.
Quando si credè sicuro, andò
alla porta dello studio, spinse il
paletto affinchè nessuno potesse
penetrai - là dentro mentre egli e
ra intento all'operazione, risalì
su quella medesima sedia, aprì
gli sportelli dell'armadio lasciato
dischiuso, e si diede in tutta fret
ta a cercare il protocollo del te
stamento richiestogli.
"Del dì 21 agosto 174 "i
registrato il 6 settembre detto
anno," ripeteva a sè medesimo
leggendo questi indizi sul brano
di carta su cui li aveva notati.
"Volume 270, casella 1024."
E ciò dicendo, andava rovi
stando tra quelle vecchie carte,
dando sempre uno sguardo pau
roso verso la porta dello studio,
sembrandogli ad ogni momento
di e ; ser sorpreso dal reduce no
taio.
Cinque minuti scorsero in sif
fatta operazione, a capo dei quali
Gaetano mandò un profondo so
spiro rinchiuse l'armadio e scese
prestamente dalla ,-edia, tenendo
in mano un grosso e vecchio zi
baldone, composto di molti qua
derni di carta cuciti tra loro.
Ecco il testamento ! Ora ve
dremo. signor cavaliere, se la
consegna di questo documento
vale cento o mille piastre Ah !
voialtri signori gettate un pugno
di monete, e credete di aver fat
to tutto: ma non basta. La divi
sione deve essere più giusta,
quando si tratta di delitti e di de
naro. Ciascuno di noi abbia ugua
le porzione nel beneficio della col
pa. Vedremo di che si tratta.
Co«ì parlando, andava sfo
gliando quelle carte con impa-
zienza. A un tratto si ferma e
toglie una lettera di mezzo ad
uno di quei quaderni.
Cielo ! esclama. Quale
scritto è mai questo! No, non
m'inganno! E' la sua scrittura!
La lettera era dissuggellata.
Gaetano la spiegò in fretta e les
se quanto segue:
"Quaglieno, 13 ottobre 1827.
"Mio caro Tommaso,
"Tutto è scoperto. Corrono
sulle mie tracce. Siamo stati tra
diti ! Sta' sicuro, peraltro, che, se
sarò arrestato, non fiaterò sui
conto tuo. lo giuro per la ila
donna Annunziata, di cui porto
il nome. Io sto qui sott'altro no
me, ricettato da una brava don
na di campagna, alla quale ho
dato ad intendere che >ono un
cacciatore dei dintorni. Esco sol
tanto pei campi, e vado sempre
armato di ottimo archibugio. In
tanto. siccome la vita e la morte
sono in mano di Dio. ti affido la
ca- fettina dei gioielli del valore
di ventimila ducati, che troverai
scavando dieci palmi sotto la set
tima quercia a destra entrando
nella selva del signor marchese
del Callo. Detta selva, chiamata
lo Streppato. trovasi poco lonta
na da codesta città, e propria
mente al disopra del vallone di
San Gennaro dei Poveri. Adopra
ogni cautela nello scavo del ter
reno; prendi teco la cassettina:
una metà di quello che contiene
è tua, secondo il convenuto; l'al
tra metà, se io sfuggo alle mani
della giustizia, verrò da te a ri
prenderla; .-e muoio, confido nel
la tua coscienza per l'aria avere
ai miei poveri figliuoli in Cala
bria. Avrai bensì cura di vendere
questi oggetti a diversi negozian
ti, e rimettere i! denaro alla mia
famiglia, senza dire qual'è l'ori
gine di quei diecimila ducati. Di
rai che li ho lasciati in testamen
to! Insomma, che i miei figli i
gnorino. nel fondo del loro villag
gio. l'infamia del padre loro.
"Non so quale sarà la mia
sorte: un funesto presentimento
mi avverte che non godio lunga
mente del frutto del mio delitto.
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Il sangue sparso mi morde l'ani
ma, e l'immagine della mia vitti
ma mi accompagna per ogni do
ve, mi si corica allato, e mi strin
ge il respiro nelle mie notti af
fannose. Oh ! in certe notti sento
un rimorso atroce ! Sento sveller
mi il cervello al ricordo delle tran
quille nottate passate al fianco
della mia buona moglie, degl'in
nocenti figli miei, benedetto da
quella santa vecchierella di mia
madre ! Maledetta la miseria !
Maledetti i vi» che mi trassero
a questo passo ! Il sangue uma
no non si sparge impunemente!..
Perdonami, Tommaso, se ti con
turbo con queste idee. Perdona
ad un resto d'inutile virtù che
ancora mi si affaccia pallida e
grama, e che a niente altro or mi
giova se non a lacerarmi vieppiù
l'anima col pungolo de' rimorsi.
"Addio: ti raccomando ia stret
ta osservanza di quanto ti ho
ingiunto di fare, ti raccomando i
figli e la madre.
"Addio.
"Il tuo NUNZIO".
Ogni parola di que-ta lettera
pareva che configgesse un pugna
le nel cuore di Gaetano: le sue
labbra imbiancavano come per la
morte: i suoi capelli si solleva
vano. e nelle vene egli sentiva
raffreddarsi il sangue, il quale af
fluiva tutto verso il cuore.
Rimasto pochi momenti nel
l'atteggiamento della più doloro
sa concentrazione, egli cominciò
a camminare a lunghi passi pol
lo studio, e di quando in quando
si soffermava, rileggeva dall'un
capo all'altro la lettera che ave
va nelle mani, ed era un nuovo
passeggiar concitato, un dar pu
gni sonori sul banco, uno smoz
zicar tra' denti parole poco intel
ligibili, imprecazioni contro un
innominato nemico.
Questo durò 1111 quarto d'ora.
Ma all'improvviso una gioia fe
roce rischiarò la sua buia fiso
nomia, a guisa di una scarica di
cannone che getta la sua fiamma
livida e affumicata sul volto del
l'rtigliere. Riporre il protocollo
nell'armadio d'onde l'aveva tolto,
intascare la lettera, aprire lo stu
dio ed uscire, fu fatto in minor
tempo che pensato.
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Gaetano si era incamminato
verso una via che metteva capo
al borgo Loreto.
Vl ' -
IL COMPLICE
L'abitazione del notaio Basileo
era situata, come abbiamo detto,
nel borgo Loreto. I na misera ca
mera sotto il tetto di 1111 casji
mento lercio, con le pareti anti
camente bianche ed ora d'incerto
colore, componeva tutto il suo
quartiere: non c'era neppur cu
cina. Ma ciò poco importava al
notaro, poiché il suo vitto con
sisteva in cibo che non aveva bi
sogno, d'esser cotto, cosicché nes
sun istrumento culinario vi si ve
deva, tranne una scodella, un
piattellino di creta, di quelli che
si usa nelle bettole di campagna,
un mestolo ed 1111 coltello di ferro
senza manico.
In quanto alle suppellettili, un
pagliariccio gettato sopr; un'as
se sostenuta da due panchette di
legno, tre sedie, di cui due pote
vano appena rispondere al loro
impiego, una tavola, appartenuta
agli antenati, ed un alto cassetto
ne di noce, formavano tutti gli
arnesi e le comodità del suo vive
re. Nulla si può immaginare di
più gi-amo. Questa mostra di mi
seria era congiunta alla più laida
trascuratezza; il cesso stava
trionfante, degno immobile tra
quegli spettabili mobili, di modo
che in quella stanza il puzzo era
insopportabile. Per fortuna nes
suno ci entrava mai. e, in quanto
al padrone di casa, il suo olfatto
era tanto corrotto da quel puzzo,
che non lo sentiva più. Erano cir
ca venti anni che anima vivente
non metteva il piede in quella fo
gna. La finestra che si apriva so
pra un'immonda terrazza era
sempre chiusa in ogni stagione,
perchè l'avaro temeva che qual
che ladro potesse penetrare, per
mezzo di una scala, da quell'a
pertura. Per conseguenza di que
sto timore, non soltanto i vetri;
ma le grosse imposte erano chiu
se sempre a sbarra, tranne che
nelle ore in cui il padrone era in
casa. Allora egli era costretto ad
aprirle per avere un tantino di
luce.
nata passione dell'avarizia of
fuschi la ragione ela metta al
disotto dell'istinto brutale: è in
concepibile, ma pure è vero, che
gli avari siano non solamente in
namorati del loro denaro, ma che
lesinano a loro medesimi anche
due cose che Iddio dispensa u
gualmente con profusione a tutto
il genere umano: la luce e l'aria.
Basileo aveva terminato il suo
pranzo: mezzo filone di pane, una
fetta di formaggio vecchio, due
mele e un bicchier d'acqua; que
sto vitto, di cui si nutre il più mi
sero dei miseri, nutriva quell'uo
mo che poteva contare un patri
monio di oltre sessantamila du
cati. In ciò vedi la mano della
Provvidenza, che pareggia mira
bilmente gli uomini per mezzo
delle loro passioni, e che, accan
to alle immeritate ricchezze, po
ne sempre una seipe morale che
ne marcisce i frutti.
Il vecchio avaro aveva aperta
la seconda cassetta del suo cas
settone, dopo aver dato uno
sguardo intorno alla camera pei
istinto di circospezione, e. con
mano tremante, tolta di là una
cassettina di ferro, l'apriva, e si
deliziava alla vista di tanti rilu
centi oggetti che in essa da mol
ti anni riposavano. Un raddop
piamento di tenerezza, un miste
rio-o sentimento di maggior sim
patia gli richiamava alle ciglia le
lacrime, quasi ad un padre che,
per un segreto presentimento, sa
di doversi dividere tra poco dalla
carissima prole.
Un picchio fu udito alla mas
siccia porta della scala.
Gli avari non hanno campanel
li ai loro usci.
Il notaio sobbalzò, e chiuse in
fretta nel cassettone l'oggetto
del suo amore; poi rimase al sue
e si pose ad ascoltare at
tentamente. poiché gli sembrava
impossibile che avessero bussate
alla sua casa. Chi mai poteva ve
nirlo a trovare? A nessuno aveva
mai detto nè la strada nè il nume
ro del suo portone; anzi, per evi
tare qualunque visita, il sordide
uomo aveva scelta un'abitazione
in un vicolo senza nome ed ur
portone senza numero. Credette
di essersi ingannato, poiché qual
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che minuto trascorse senz'altro
udire. Ma bentosto il cuore gii
palpitò fortemente: un altro pi c .
chio era risonato più vigoroso.
Basileo, accostatosi allora alla
porta, incerto se dovesse o no si.
miliare la pronunzia e l'accento
domandò con voce tremula:
Chi è ?
Sono io, signor Tommaso.
Era la voce di Gaetano.
Il notaio si riassicurò alquan
to.
Che cosa vuoi da me? Che
vieni a fare a casa mia?
Vengo a dirti due parole di
somma urgenza.
Me le dirai quest'oggi allo
studio.
Non c'è da perdere un j. j|
stante di tempo; si tratta di far- L
vi guadagnare una buona som- |
metta.
Il notaio tolse tosto il pesante 1
paletto, girò tre chiavi, la porta I
fu aperta e subito rinchiusa.
Gaetano fu introdotto.
Nell'entrare, costui gettò in- I
torno a sé un rapido sguardo in- I
dagatore. Egli era tranquillo e i
le sue sembianze non avevano 1
niente di straordinario e d'in- |
quieto.
Di' dunque di che si tratta. I
Un momento, signor Tom- I
maso; la faccenda è un po' lun- I
ga; sediamo.
Entrambi sedettero. L'avaro si I
sedè con le spalle volte verso il I
cassettone, quasi a guardia di es- I
so; i suoi occhi esprimevano una I
grande perplessità.
Abbiate la bontà di porvi a I
quella scrivania. disse Gaeta- $
no indicandogliela.
E che vuoi che io faccia?
E' indispensabile che vi I
mettiate a quella scrivania.
Il notaro vi si pose di malavo- I
glia.
(Continua)
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