Appendice de "La Libera Pan la" Numero 3.
FRANCESCO IVI ASTRIA PsJ I
LA CIECA DI SORRENTO
ROMANZO
Non faccia però maraviglia il
vedere come nell'animo lacerato
di Gaetano queste continue stille
di piombo rarefatto, congiunte al
sentimento della propria defor
mità, non meno che al peso indi
cibile di un orribil segreto che gli
faceva sempre maledir la sua esi
stenza, dovessero ingenerare in
lui il più gran disprezzo del ge
nere umano e la più mortale apa
tia ai mali ed alle sofferenze al
trui. Non è questo il momento di
dire perchè questo giovane si fos
se dato con tanto fervore allo
studio dell'arte salutare, mentre
avrebbe dovuto trovare un certo
sollievo nei tormenti e nella mol -
te de' suoi simili.
Nel tempo in cui comincia que
sto racconto, cioè nell'anno 1840,
Gaetano aveva fatto passi gigan
teschi nella sua professione. I
suoi compagni, dopo che egli eb
be parlato così dottamente alla
cattedra di anatomia, lo teneva
no già in concetto di esperto me
dico, ed i professori gli affidava
no varie cure di malati, che egli
portò a guarigione perfetta. L'o
culatezza, la somma penetrazio
ne, la fredda disamina del morale
dell'infermo erano le principali
qualità di Gaetano nell'esercizio
della sua arte. La voce della sua
valentìa giunse all'orecchio del
notaio, il quale, per quella specie
di rancore che gl'ignoranti ser
bano sempre contro gli uomini di
ingegno, non scemava affatto i
maltrattamenti verso il suo com
messo, anzi, li accresceva, spe
cialmente quando egli indugiava
di pochi minuti la sua venuta al
l'ufficio.
IV.
IL TESTMENTO ALL' ANIMA
Un giorno Gaetano stava solo
nello studio.
Erano le dieci del mattino. Il
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notaio era andato verso Toledo
1 per una scritta nuziale. Secondo
il consueto, egli aveva lasciato a
Gaetano di che occuparsi, e ave
va portato seco tutte le chiavi
delle scansie dove teneva stivati
ì protocolli secolari.
Gaetano, seduto pres. o il ban
co, con sopra enormi quaderni,
copiava in quel momento una car
ta che teneva spiegata dinanzi.
Ma il suo pensiero aveva attac
cato i cavalli di posta, e fuggiva
ben lungi, mentre le dita obbedi
vano macchinalmente.
Sua sorella eia morta da pochi
mesi, ed egli era trista, tristissi
mo; pareva che in qualche modo
l'avesse abbandonato anche quel
la febbrile passione per l'arte me
dica che aveva sostenuto fino a
quel momento il suo coraggio. La
vita gli pesava; sentiva, forse
per la prima volta, piegare la sua
anima di l'erro sotto la continua
pressione di un destino inesora
bile che sembrava compiacersi a
distillar nel suo cuore il veleno
dello scetticismo, mentre -già da
lungo tempo vi aveva gettato il
germe di un odio implacabile per
l'uomo.
E pensava pensava alla spi
golar pertinacia del suo destino,
che ne' suoi ventisette anni di vi
ta non gli aveva concesso un soì
giorno di piacere.
I suoi occhi, che seguivano
macchinalmente le righe di scrit
tura che tracciava, non si erano
neanche vòlti al rumore di una
carrozza fermatasi davanti allo
studio.
Quella carrozza era tirata da
un bellissimo cavallo bianco. Un
fantino in giacca rossa all'ingle
se scese subitamente dal seggio
lo del servitore, e venne ad ab
bassare il montatoio.
Un giovane smontò. Aveva il
voito vermiglio e vivace, la barba
nera e folta. Un elegante cappel
lo dica toro di Francia copriva
la sua chioma lucidissima e (ina.
Portava un nastro rosso all'oc
chiello della giacchetta..
E' questo lo studio del no
taio Basileo? domandò en
trando a Gaetano, il quale allora
soltanto si accolse della presen
za di colui.
Sì, signore, rispose il
commesso, senza alzarsi dal po
sto e senza lasciare la lunga pen
na di tacchino, le sole penne di
cui si facesse uso in quello stu
dio.
Egli è assente, non è vero?
Sì, signore.
E indugierà molto a ritor
nare ?
E' facile, perchè è andato
in città per un contratto matri
moniale.
La fisonomia del giovane si ri
schiarò, un leggiero sorriso pas
sò sulle sue labbra, ma egli si af
frettò a nasconderlo portandosi
mano destra ai baffi. Sette in
silenzio alcun poco, guardando
attentamente il commesso, (ma
si avesse voluto studiarne l'indo
le attraverso il ghiaccio delle
sembianze; ma invero la cera in
gnignita, le risposte laconiche, e
la quasi inurbanità del contegno
di Gaetano non erano tali da in
coraggiare il cavaliere a prose
guire un dialogo che lo scrivano
ombrava perfettamente dispo
sto a far terminare in monologo.
11 giovine, che probabilmente
aveva le sue ragioni per catti
varsi la benevolenza dtel commes
so, e che non pareva affatto con
trariato di non trovare il princi
pale, pensò che il sedersi dareb
be più chiara idea della sua in
tenzione di continuare a parlare,
ed infatti ~;i sedè sopra una se
dia a fianco del banco su cui scri
veva Gaetano.
Vuol ella forse aspettare
che il principale sia di ritorno?
chiese Gaetano.
No, avrei due parole da dire
a voi direttamente.
A me?
Gaetano guardò in faccia l'in
terlocutore.
Sì, a voi, mio buon amico;
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Don Gaetano; sta bene! E
il cognome?
Gaetano impallidì mortalmen
te ; si lasciò cader di mano la pen
na, e si trasse un po' indietro con
la sedia, con un movimento di
paura o di sorpresa.
E non rispose.
L'altro, che probabilmente a
veva fatto quella domanda tanto
per dire, come un preliminare di
conversazione, e che aveva ben
altro in testa che conoscere il co
gnome di Gaetano, trasse in que
sto mentre un taccuino dorato
dalla taschetta di fianco del suo
panciotto, e vi lesse un appunto.
Dite un po', giovinotto: sie
te voi perfettamente cognito del
la classificazione dei protocolli
del vostro principale?
Perfettamente.
Anche dei più vecchi?
Anche di quelli.
Molto bene Ora, avete vo
glia di guadagnar cento piastre ?
Gli occhi di Gaetano si spalan
carono, e cercarono di trovare
tutto il loro parallelismo per
guardar negli occhi l'interlocuto
re, e capire se aveva parlato per
scherzo o da senno.
L'altro, non sentendo risposta,
soggiunse con voce più energica
e alquanto impazientito:
Dunque, volete o no guada
gnare queste cento piastre?
Che cosa debbo fare per
meritarmi questa somma?
chiese Gaetano, a cui un lampo di
speranzo fece brillar inusitata
mente lo sguardo.
Niente altro che consegnar
mi una carta che trovasi nel vo
stro studio.
Gaetano sembrò meditare un
istante: un sorriso, non saprem
mo dire se di vendetta o di gioia,
fece oscillar le sue labbra.
Accetto; ma non avrete la
vostra carta subito, bensì doma
ni.
Perchè domani?
Ho le mie ragioni ; ma non
intendo che sborsiate ora un sol
quattrino. Domani io vi conse
gnerò il documento che bramate,
e voi mi pagherete. Accettate ?
Il cavaliere riflettè alcun po
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co; poscia, appagandosi di una
mala voglia dell'indugio, rispose:
Ebbene sì, accetto.
Datemi ora gl'indizi della
carta in questione.
Eccoli ; compiacetevi di
scriverli.
Gaetano passò la penna alla
mano sinistra con un movimento
tanto rapido che non fu osserva
to.
"Testamento all'anima, in lin
gua latina, rogato dal notaio A
niello Basileo (zio di Tommaso),
del dì 21 agosto 1745. Registrato
al pubblico Repertorio il dì 6 set
tembre detto anno, volume 270,
casella 1024, ecc."
E voi vorreste, disse
Gaetano dopo aver preso queste
indicazioni quest'atto origina
le, non è vero?
Precisamente.
Sapete che, consegnandovi
quest'atto, io condanno alla gale
ra a vita il mio principale?
Quanti anni ha, il vostro
principale?
Sessantaquattro circa.
Vedete dunque che il bra
v'uomo non rimarrebbe pei' mol
to tempo in galera.
Voi ragionate perfettamen
te.
Siamo dunque "intesi?
Sì. Domani avrete ristru
mento: dove abitate?
Non occorre che veniate in
casa mia. Ci vedremo domani al
le ventitré sotto l'Orto Botanico
a Forìa.
Tutto è inteso. Alle ventitré
in punto sarò colà.
Badate di non fare attende
re le cento piastre.
E voi badate di non farle
mancare. 11 vostro nome, di gra
zia? Ah ! scusate, commette
vo una indiscrezione.
Addio, amico.
Addio .signore.
L'incognito, accomiatatosi dal
commesso, salì in carrozza e di
sparve.
V.
LA LETTERA
Gaetano rimase alcuni minuti
in una indicibile perplessità :
combatteva in lui l'istinto dell'o
nestà e della virtù ; la miseria in
cui da tanti anni viveva non lo
aveva mai indotto ad una cattiva
azione. Dobbiamo dire frattanto,
pei - far conoscere bene ai nostri
lettori il carattere del nostro
personaggio, che se la sua vita
era scorsa fino a quel momento
senza colpa, in lui non eia meri
to di profonda fede nella virtù;
la sua breve esistenza era stata
tanto ameraggiata, che i saldi
principii di morale crollarono nel
l'animo suo: ei disprezzava tanto
la razza umana, che attribuiva a
tutte le azioni degli uomini un
principio di egoismo e d'interes
se: la sua deformità fisica troppo
si opponeva alla poesia della vir
tù e degli alti e sublimi concetti
del bello. Qual era dunque in lui
il principio pel <iuale si sottopo
neva ad una vita laboriosa, infe
lice, ricolma di ogni sofferenza,
ma pur non contaminata da vizi
o delitti? Ciò accadeva perchè
Gaetano (a suo tempo ne diremo
la precipua cagione) rifuggiva
financo dal pensiero di un furto,
ed avrebbe preferito qualunque
altra infamia a quella di lordarsi
le mani involando la benché mi
nima cosa.
Questa volta, tuttavia, ogni ri
pugnanza era vinta in lui dall'i
dea di vendicarsi della sordida a
varizia del notaio. D'altra parte,
la sua rassegnazione era ormai
stanca. La miseria costante, im
placabile. aveva affranto l'anima
sua, l'aveva rimpicciolita con la
oppressione d'incessanti bisogni.
Era ormai tempo di finirla, al
meno provvisoriamente, con le
orribili privazioni cui era stato
soggetto per così lungo volgere
di anni. Era ormai tempo di con
solare gli ultimi giorni della sua
vecchia nonna, allegerendole la
grave soma de' malanni della
vecchiezza.
Affrettiamoci a dire che la ra
gione per la (piale Gaetano prese
un giorno di tempo per consegna
re il testamento all'incognito era
che egli voleva mettere a profitto
questo caso inaspettato, e far va
lere la sua opera più delie cento
piastre. Egli voleva conoscere a
fondo di che cosa trattavasi: e,
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se la faccenda valeva mille ni
stre, anziché cento, non vofe
lasciarsi sfuggire una così l*» a
occasione.
L'ora si avanzava, ogni tu
banza poteva far svanire l'imnr
sa. - j
Gaetano si accinse dunque -
l'opera.
Come fare pei- aprir I'armadiJ
dov'era rinchiuso il protocollo #?
cui aveva ricevuto le debite indi
cazioni ?
Il mazzo di chiavi lo teneva 1
notaio Basileo ; non si poteva 112 J
saltare la toppa senza visibile ;-l
frazione; un'astuzia era necessj
ria. Gaetano cominciò a darsi!
pugni nel capo per trarne uni
dea. Dopo non molto discerveila,!
si, gli venne un pensiero, pei- g»
tuare il quaJe doveva aspetta»
Hi-ttqjjtliaJ Principale allo st t
dio.
\ «t Mezzogiorno, Basileo r.
tornò, e, gettato uno sguardo sul
le carte di Gaetano, lo rimproy*
i o per aver troppo lentamente di
simpegnato il lavoro. E Gaetana!
scusando il fatto, gli disse chi
aveva perduto tempo perchè si J
ra presentato allo studio un sii
gnore, il (piale aveva domandai
alcune indicazioni sopra un cere]
istrumento. Diciamo, come pa.l
rentesi, che questo istrumento J
cui Gaetano per astuzia accenna*
va, stava chiuso nel medesimo!
armadio in cui era quello chiesto!
dall'incognito. Queir armadio
conteneva le più vecchie schede
le carte di maggiore importanza
e segretezza del notaro, il quale
mai trascurava di chiuderlo ed a
prirlo da se medesimo.
(Continua) '
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