L'ALBERO di NATALE <> Novella Quel giorno Nuccio usci di casa più oppresso e umiliato del con sueto e s'incamminò per La solita strada, reggendosi con maggior stento e fatica sulle grucce e stra scicando con più rilassamento le sue povere gambette atone. L'avvilimento e l'umiliazione formavano da un po' di tempo la sua condizione d'animo abituale, ma quel giorno ne senti più forte il peso, e più amara l'essenza che lentamente e sordamente gli at tossicava la vita. Ah poter guarire... poter guari re ! Era arrivata da un paesucolo li mitrofo una parente di famiglia, lontana da molti mesi, la quale ve dendo Nuccio tuttora con Le gruc ce si era rivolta alla sua mamma esclamando : —Ma... questo benedetto ragaz zo, sempre cosi? —Sempre cosi! —Cesù buono!... Ma che razza di male gli é venuto addosso? —Eh... lo saprà lui... che razza di male é! La sua mamma che pure gli vo leva bene, aveva pronunciato quel le parole con un tono di voce un po' aspro che dinotava una latente irritazione : ed egli ne era arrossi to e avea provato come un morso al cuore. Già, era un po' che lo capiva! In casa sua si comincia va a perdere la pazienza. Quello strano e persistente ma le infastidiva un po' tutti. IL bab bo specialmente che si vedeva cre scere in casa quel ragazzo inutil mente, come una pianta che si de ve coltivare e concimare sempre, pure sapendo di non ricavarne mai un frutto. Ma egli era più addolorato e talvolta più spazientito di tutti, messi insieme, e quale razza di ma le gli fosse venuto addosso, invece non lo sapeva proprio. Era un intelligente fanciullo d'- una decina d'anni, buono, mite, solitario, e adesso continuamente un po' melanconico a causa appun to di quella inesplicabile infermi tà alle gambe che da due o tre an ni lo costringeva a camminare con % le grucce. Il medico condotto del paese non aveva saputo né spiegare ne cura re la strana malattia e all'Ospeda le della vicina cittadina di provin cia, ove non c'erano né scenziati studiosi né sistemi di cura moder ni, lo avevano rimandato a casa con una prescrizione di cura del tutto inefficace ed illusoria. E Nuccio aveva dovuto rassegnarsi, appartarsi e sopportare quello strano male, che per una dolorosa abitudine fini poi coi diventare il suo male. * Fattosi grandicello avrebbe vo luto egli pure andare a lavorare come i suoi due maggiori fratelli, artigiani, per essere di sollievo al la famiglia, almeno per una parte di quello che consumava; ma con le grucce lavoro non se ne trova e da un po' di tempo assisteva con amarezza alla propria inutilità u miliante, e alla propria passiva in erzia di piccolo parassita Intuiva che in casa si sentiva il peso della sua esistenza impro duttiva e questa intuizione lo av viliva sempre maggiormente. Si vedeva il più trascurato : talvolta non osava nemmeno soddisfare ap piena la sua fame, senza che i suoi lo comprendessero; e cosi una pri ma anlara convinzione aveva a po co a poco preso forma e consisten za nell'esiguo deposito della sua nebulosa ed incipiente espe rienza : Che la povertà doveva es sere una cosa molto triste e fune sta, se poteva cosi disseccare le a nime e creare tali condizioni e fa re prevalere sull'affetto e sulla pietà altri sentimenti indefinibili ed inconfessati, di specie però ben meschinamente diversa e più bas sa ! Se avesse potuto guarire ! Ma nessuno osservava la picco la fiamma delle sue pupille, nessu no avvertiva sul volto l'espressio- ne del continuo spasimo interno. Vedeva la gente passargli accan to, tutta sempre cosi indifferente, dedita soltanto alle proprie cure, dominata ed occupata cosi esclusi vamente e continuamente dai soli propri pensieri, senza mai il meno mo spiraglio di spazio o ritaglio di tempo da dedicare altrui, s? trat tasse pur d'un infelice, che nella sua piccola mente una seconda convinzione essa pure amarognola giusta o sbagliata che fosse, gra datamente si era profilata, e gior no per giorno si era concretata an dando a far compagnia alla prima ; che cioè gli uomini dovevano esse re tutti egoisti e che da essi nulla assolutamente si poteva sperare. Solamente una volta aveva in contrato chi s'era momentanea mente, ma vanamente, interessato della sua mala sorte e gli aveva diretta qualche buona parola di compianto. Ma era stato un im potente sventurato come lui, che veniva da chissà dove, e chissà do ve era diretto; un vecchio mendi co di passaggio, che camminava e gli pure sorreggendosi sulle grucce e strascicando le gambe morte, e che incontrando Nuccio s'era in dugiato ad osservarlo con compa timento, rivolgendogli poscia La parola : —Oh povero figliuolo, anche tu.. già cosi? Nuccio aveva sospirato, guar dando con altrettanto ed istintivo ! compatimento quel suo fratello maggiore di sventura, il quale ave va soggiunto: —Sei poverello anche tu... come me, vero? E' una brutta cosa... quando si a cosi, e non si può, la vorare.. ! Povero figliuolo! Al mon do son proprio più i dolori che le gioie ! Mah ! Impari presto anche tu! Però sii sempre buono, hai ca pito? Sii sempre buono.. aIL vol te il bene fa nascere il bene... quando non avviene il contrario... Mah ! Come ti chiami ? —Nuccio. —Nuccio? Ma guarda! Ho co nosciuto un altro ragazzo che si chiamava come te. Ma era un si gnorino altezzoso... Tu sii buono, hai capito? E non avvilirti. Si era quindi allontanato, lasci andolo con l'eco risonante nelle o recchie, di alcune parole più signi ficative. "Al mondo ci sono più dolori che gioie... però sii buono... alle volte, essere buoni...!" Era poi passato del tempo, ma la figura allampanata e un po ' ma linconica del vecchio mendico, che aveva cosi bene compresa la sua intima ed oscura condizione di de relitto, non gli s'era più cancella ta dalla memoria. Aveva anche saputo tanto bene esprimere in parole un pensiero ch'egli già da tempo, ai primi palpiti della sua mente, aveva avuto in forma inde ! terminata ! —AI mondo più... i dolori che le gioie ! Mah ! Egli aveva un po' sempre con fusamente pensato qualche cosa di simile e il sentirlo confermare da quel vecchio, lo aveva alquanto impressionato ed indotto a medi tare. Che fosse dunque proprio vero? Certo, per quanto lo riguar dava, era proprio vero. Si senti va piccino, debole, solo e colpito ingiustamente. La sua infermità gli pesava, lo rattristava, acuiva e rendeva più delicata la sua sensi bilità nervosa. Era precocemente disposto a soffrire un po' di tutto e talvolta inconsciamente invoca va quasi di morire per liberarsi da quella oziosa, inutile e pur tanto faticosa vita. Sensazioni tutte un po' indistin te e sorde e lente, ancora avvolte nell'ombra, ma in un'ombra che ogni giorno perdeva di densità. Eppure una lontana e del pari va ga speranza di guarigione non l'- aveva mai abbandonato. Era un presentimento; come li na piccola stella che in quell'om bra non si era spenta. La sua poca ed incerta ma già amara esperienza di vita, e la sua strana sensibilità, come lo aveva no indotto a dubitare completa- mente degli uomini che aveva d"- ! intorno, che intuiva ignoranti, roz zi ed indifferenti, gli avevano in vece suscitata una mistica :.s, da zione religiosa, una indefinibile de verso qualche cosa di supcrio re e di misterioso, verso un Ente ,vero grande e giusto e miserieor- I dioso, e che non poteva di conse guenza non vedere e non occupar !si della sua sorte si ingiusta e mi serabile. In casa sua non gli avevano | troppo insegnato né a frequentare la chiesa né a conoscere e a pre- ! gar Dio. Ma egli sapeva tuttavia che gli uomini credevano in una Forza, in una Volontà e in una Bontà supreme, al di sopra della forza e volontà e bontà proprie, generalmente assai manchevoli; sapeva che ci doveva essere una Potenza meno caduca e una Giu stizia meno irrisoria delle potenze e delle giustizie terrene. Aveve confusamente una primitiva ed in definibile intelligenza di tutto que sto, e come ogni essere debole bi i ' sognoso d una speranza a cui ap poggiarsi, aveva volte tutte le sue malsicure aspirazioni ed illusioni a questa misteriosa Entità, sovru mana e sovrannaturale, che, a sod disfazione istintiva dei suoi sensi, i aveva personificata in una grande statua troneggiante in un altare , laterale della chiesa parocchiale. L'altare era dedicato al Reden tore, e nel mezzo c'era una mae stosa e pur dolcissima figura di Cristo, Dio e uomo, accennante al cielo con una mano. Quella figu ra nobile ed eretta, di grandezza quasi naturale, e quel volto ricco davvero d'espressione e di mae stà divina, che per gli occhi soavi e azzurri e per il taglio della bion da barba alla nazzarena pareva, nella penombra, un vero volto vi vente, esercitavano un misterioso fascino sull'animo di Nuccio. Co me se già fosse stato un austero asceta, egli soleva andare in chie sa soltanto quando essa era deser ta. L'ombra, la solitudine, il si lenzio ed il riposo di quel sacro lu |Ogo lo attraevano arcanamente. E sempre s'indugiava ad assorbire e assaporare con una specie di casta ! e morbosa voluttà quel complesso e mistico odor di chiesa, formato dagli odori riuniti di incenso, di fiori vizzi, di cera e di luogo chiu so. E quando ne aveva ben impre gnato e saturato i suo olfatto, si recava a contemplare lungamente, in umile silenzio, quella nobilissi | ma statua, che per lui significava, e personificava tante cose indistin te ed indefinibili. La guardava e la supplicava con l'anima, e intui va che se un prodigio a suo ri guardo si fosse compiuto sarebbe venuto di là, da quella divina Fi gura... (Continua.) ! RIFIUTATE le IMITAZIONI! 63 Bevete sempre II Genuino FERRO-CHI N A-BISLERI Specialità della Ditta FELICE BISLERI&C. , Milano I AGENTI GENERALI G. 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Salimmo nel calesse ; i cavalli si slanciarono al trotto; la polvere ci avvolse completamente. Quanto sarebbe più bella la Co lifornia... se non ci fosse la polve re! Assiello possedeva la bellezza di 800 acri di terreno fertile, soleg giato, ricco d'acqua e di ogni ben di Dio : una casa tutta bianca cir condata da cedri, aranci e meLa grani. 11 siciliano ci accolse colla mas sima cordialità. Era un uomo di circa 65 anni, La macchina del "business man Macchina unica a caratteri visibili 10 GIORNI DI PROVA GRATIS % I La macchina Woodstock ha un valore d SIOO e si da per soli $69.50 a solo titolo di reclame. L'Unica Macchina da Scrivere Negli Stati Uniti Con Pagamento Facile di Soli 10 Soldi al Giorno. * Agenzia Italiana 15 N. Carpenter Ave. INDIANA, PA. dal torace ampio, le spalle robu ste. lo sguardo penetrante, le mani solcate da grosse rene, i capelli folti, grigi... Sono qui da 35 anni, disse a un tratto Assiello. quell 'epoca a Cherby esistevano soltantq delle l boscaglie. Io lavoravo nell'azien da di Ramon Medez, un messicano che abitava a Villa Rosa, a due mi glia da Cherby. Quando ebbi rag grenellato un po' di denaro com pirai alcuni acri di foresta e comin ciai a tagliare le piante. Poi pre si un compagno : Marino Fiore, un ! giovane calabrese che aveva due! braccia d'acciaio. Alla notte dor mivamo a turno. Quello che ve gliava era armato di fucile e ave va cura di tenere accesso il fuoco attorno la capanna... Sovente la boscaglia echeggiava di ruggiti... Passarono alcuni anni, anni di lavoro, di speranze, di trepidazio ni. Volevo ammogliarmi, ma le don-* ne difettavano. Vi erano soltante tre ragazze nei dintorni di Cher by: la figlia di Ramon Medez. la sorella di un missionario protes tante e la nipote di un <4 raneher" irlandese. In quanto alla figlia del messicano nessun giovanotto dei villaggio poteva avvicinarla... A vcva una superbia ! La sorella del pastore era una buona creatura, ma la quistione religiosa ci divi deva. La nipote dell'irlandese nu triva il massimo disprezzo per gl'- italiani. Un giorno arrivo a Cherby un altro missionario. Era un france scano parmense, un giovane ani moso, pieno di fede edi zelo. Pa dre Ernanzio—cosi chiamavasi il nuovo arrivato—divenne subito mio amico. Possedeva molte co gnizioni. E mi dava dei saggi con sigli. Gl'indiani, pero, lo avevano ac colto ostilmente. Ina sera mi disse: "Vi é una po vera giovinetta ammalata, la figlia di Gagar (il capo della tribù). Co nosco alquanto la medicina. Mi sono presentato alla famiglia, of frendo l'opera mia. ma ebbi un ri | tìnto. Assiello riempi i bicchieri, indi prosegui : —lo sapevo che nel vicino vil laggio gl'indiani preparavano un gran convegno al quale doveva in tervenire anche Sagar. Infatti e gli vi si recò, lasciando l'inferma lin custodia della moglie e di un suo fratello. Conoscevo quest'ulti mo, perché era venuto parecchie volte a chiedermi dei servigi. An dai a visitarlo, gli parlai a lungo della nipote, accennai al france scano. I/altro mi ascolto, poi con fabulo colla cognata. La donna scosse il capo. Temeva la collera di Sagar... "Ebbene, dissi mentre stavo per andarmene, domani la vostra Wydna (era il nome della pazien te) sarà morta." E ritornai a ca sa. Due ore dopo lo zio di Wydna venne da me. "Dov'è il "father"! mi chiese. "A Villa Rosa, risposi, ma ritor nerà fra breve... "Lo aspetterò, disse l'indiano. E allorché, padre Ermanzio ar rivò, lo zio di Wydna ebbe una so la parola : 44 Vieni. 11 missionario passò tre giorni e tre notti nella tenda dell'amma lata. Quando Sagar ritornò, trovò la figlia completamente guarita. Il capo tribù volle vedermi. "Mio fratello mi ha raccontato tutto, diss'egli. E depose ai miei piedi un fascio di pelli. ("Continua a pagina 8)