||| - -4 - ;c - » IL PATRIOTA «ft Arte, Letteratura | | (the patriot) Scienza, Umorismo I £wWWVWWWWWWWVWWWWWWW»'VWWWW*WWWW%'WW%%* GLI ANGELI Novella di Kario Mun AulT! Tanta corsa, tant'ansia, tanto affanno: e giungere con un quarto d'ora di anticipo! Le sette precise. Il diretto partiva invece alle sette eun quarto. Questi be nedetti orari di ferrovia, che cam biamo ogni mese! S'é da perdere la testa ! E lui, per giunta, ci ave va peruto pure una lira per la car rozza, lanciata a tutta corsa a raggiungere un fantasma di tre no sbuffante nell'impazienza della partenza... che se ne stava li mo gio, placido, sotto la tettoia vuota, sbadigliando di noia! Si butto sopra una panca, si a sciugo il sudore. Le sette... Come é varia la vita! A quell'ora in cui un giorno tre miamo di gioia stringendo il cuore d'una donna che ci ama, un secon do giorno sudiamo d'ansia per cor rere là dove ci chiamano gli affa ri, un terzo ammazziamo il tempo attorno a un tavolo di caffé chiac chierando di politica, un quarto, magari, soffochiamo d'angustia negli spasimi di un crampo allo stòmacb.* ' % '-t .1 i.Le sette... La'seta innanzi prfc •V • .*!> 1 .f v osamente alle sette, gocciavano di sflhgue 4-'pHftà!ii° , sot!f# l ; 'agUìsia' del * 0 tó 1 ' 1 f ssle, m? t un viale solitario, tj§ri da una straìia ra avventila- <Ì'aiyore, gèva fra le braclfa una fiella cfon-' na. Bella, ah si; ventidue anni, chiusi con semplicità elegante in, un lungo cappetto marrone, onde come da ,un calice, sbocciava La morbida e fresca brunezza d'un Viso ovale. Poi, una voce! una voce! Aveva dolcezza—chissà (fi flauto, quella, voce cosi esile, co sì: pallida, cosi velata, cosi sfuma ta... Come s'erano conosciuti? Nel modo più strano. Già più volte s'erano incontrati, veduti, sfiora ti, senza salutarsi, ma sorridendo v leggermente quasi per un mutuo tenue consenso di simpatia. Una sera—l'altra sera— pa: all'angolo d'un strada, venendo da direzioni opposte, il caso li fa urtare. Due parole di scusa ; la scusa si piega in un timido complimento ; dal complimento scivola una breve di chiarazione di simpatia, sussurra ta a mezza voce nella trepidazione della risposta ; si fa La strada in sieme, dove? chissà?; si cammina, si cammina; si esce in un largo viale di platani su cui piove palli do l'oro del crepuscolo; le mani si muovono irrequiete nell'avidità di toccarsi; un po' d'audacia... No, un bacio soltanto tremò sot to la penombra viola della sera; un bacio da fratello e sorella, in fretta, perché era già tardi; tre mavano d'argento, i platani. Ma fu la promessa dolce di mille e mille altri. Si sarebbero veduti: la sera dopo, ogni sera, Lungamen te. Non potendo, avrebbero scrit to, sotto uno pseudonimo, fermo pcfrta. Lei avrebbe cercato di ri maner sola, libera, per dedicarsi a lui esprimergli tutto 1 Empito della simpatia onde il cuore aveva tre mato ad ogni incontro, legarsi con una amicizia affettuosa, chissà? eon un amore buono e profondo, eon un amore di cui la sua vita a ve va avuto perennemente sete... Sola? libera? Aveva dunque un fidanzato, un marito, un amante ? Mistero. Primo patto : non inda gare. Accettasse se aveva piace re (caspita, se aveva piacere!); ma, per ora, nessun 'altra spiega «ione. Gli bastasse sapere che un vivo oscuro fascino d'attrazione le aveva subito suscitate il suo viso chiaro e leale; ella aveva deside rato a Lungo di rivederlo, di par largli; una terribile voluttà d'a mare, sentiva affluire al cuore; co megli uomini, anche le donne han no il diritto di non morire d'ipo crisia sotto le leggi ingiuste di u na convenzione stupida onde l'a vevano appiccicata addosso a un u0m0... Un marito? Ah, s'era scoperta ! Un marito. Da gentiluo mo, eh? Delicatezza e prudenza. L'avevano dunque appiccicata ad dosso a un omaccione grosso co me una botte, con un pancione da fattore di campagna, due mustac chi da maresciallo dei carabinieri, una voce cavernosa... E. il carino era che ci faceva il sentimentaLe con tutto quell'adipe in corpo! "Bimba mia! Animuccia mia! Cuoricino mio!", e le palpava le mani, le accarezzava il viso... Brr ! N'era stanca, lei. Aveva bisogno d'altro che d'esser stritolata 'da un atleta, lei, cosi sottile, cosi deli cata, cosi...' 1 ;t 'Vs2v -41 Si parte !'' ' Oooh ! Altro che ,le f cosine .sottili è delicate! Il tre no partiva*. Sarebbe stato enorme, dopo ay4r atteso d'jjjra. vederselo stappare-* sotto il nasb... ibn 01Qiìimij'. - O.f jj'i QU-.M ,c .'. IV: • & w Sali, chiuse, si rallegran dosi 1 che lo èra vuoto e che avrebbe viaggiato so lo, dormendo un lungo sonno tran quillo. Solo? Non tini di spegnere il cerino che, tradì, la maniglia cric chiò, lo sportello B'apri e due va ligie vennero spinte innanzi. Un signore indugiava a salire, par lando con una donna; domandava teneramente. ' ? " —Ti ricorderai di me?" * Che seccatura viaggiare in com pagnia, senza libertà, accanto a gente che ti comincia a parlare dei propri guai, ti scatta in sussulti di nevrastenia, ti rompe il sonno rus sando, ti... " —Perché mi fai questa do manda?" Trasali. .. " —Non sai che vivo solo per te?" Possibile? * "Solo per la tua felicità, per il tuo bene?" La voce, quella Dolce, pallida, velata: un flauto. " —Cara, cara, cara!" Tre baci schioccarono, e il signo re sali. Il treno fischiò s'avviò. Dal finestrino aperto, egli riconob be, sorridendo di sorpresa, il cap potto marrone, il volume bruno dei capelli, il lampo vermiglio del la bocca... Lei, lei • • • Quel signore dirimpetto, dun que; della larga faccia di cuoco,' ispida di due baffoni schizzanti in nanzi per dieci centimetri da maresciallo dei carabinieri ' ' i setil torea!); quell'omone dalla grossa pancia ballante sopra le eoscie. madido di sudore, sbuffante come una foca, era il marito di quell'- altra cosettina fatta di foglie di rosa e di chiari di luna, di cristal lo e di ariaf —Permette ? Lo svegliò, come un boato una voce ricordò l'aggettivo —"caver nosa ''. Il signore s'era alzato, cer cava un posto comodo per le vali gie. —Che fastidio portarsi diedro dei bauli !—e sbuffava, sbuffava. Le donne ! Andate a prendere Sabato, 24 Novembre 1917 o sul serio le donne ! Oggi ti casca no nelle braccia gemendo che vi vono solo per la tua felicita, con la medesima disinvolutra con cui ieri son cascate nelle braccia d'un al tro, magari conosciuto all'angolo di una strada... —Permette ? Il signore s'era affondato nel di vano, accendeva un sigaro. —Pumi quanto vuole. ? —Sono trabueos. Un odore che non piace a tutti. Poveretto ! Gli si Leggeva sulla faccia di luna piena una voglia matta di parlare: sorrideva (le punte dei baffi, agli angoli, s'apri vano), si passava la mano sulla fronte, s'agitava, smaniava, come ehi porti in cuore il tumulto dolce d'una tenerezza da sfogare. A che ora 3'arriva a Castellam mare di Stabia? ' —Non so. —A un'ora dopo mezzanotte,:mi pare,.. -, —Può darsi. —O alla due? —Può anche darsi. C'era da divertirsi a cavargli da sotto i baffi a poco a poco, incon sapevolmente. il segreto che lo tormentava! Cominciarono dall'o rario ferroviario : passarono* a par lare delle varie acque diuretiche di Castellammare di Stabia; si fer marono un momento sulle varie qualità dei sigari esteri; saltaro no allo splendore delle : stelle che tralucerdno trcmahd'd dérf" vet'il* •v~ • ' • de,! finestrini ; una sosta di passag gio:—Oh, la vita é bella!; è il si gnore scoppiò, bofonchiando in fretta, convulso, gli occhioni iù centi, i baffi sconvolti dalla mano che vi strisciava sopra per asciu gar La saliva. —Ha visto quella signora, ac canto a me, quando son partito? —Mi sembra... —Portava un paltò marrone. —Non ci ho badato... —E ' mia moglie, quella. Ha vo luto accompagnarmi fino alla sta : zione. Còme mi ama! Che deli catezza, che sfumature di senti menti! S'immagini; ieri sera ini infastidirono dei disturbi, con ri spetto parlando, agli intenstini. (Ne soffro da cinque anni). Ebbe ne, bisognava veder lei, che pre mura! "Povero Vittorio mio!"; e sempre attorno. "Perché non vai a Castellammare di Stabia ? Li ci sono acque miracolose. Vai. Guarisci. Ti voglio veder sano, giocondo".;. L'altro potè appena frenare ilj lampo del sorrise ehe gli solletica va gli angoli della bocca. —Le dicevo io: "E come farai senza di me?" (Le dispiace tanto, poverina! di rimaner sola). E lei) "Ma io faccio qualunque sacrifizio per te." Tesoro Tesoro! Si fer mò; dolce: —Il signore ha moglie? —Per carità! —Come! Non prende moglie? —Dio me ne seampi! Lo disse con un 'ari* cosi spaven tata ehe il fazzoletto dell'omacchi one dirimpetto, strisciante sulla frónte bagnata, improvvisamente j sostò, e scivolo fino alle ginocchia. —Lo eapàseo, lo capisco, Qual che disillusione. Una donna che non l'ha compreso 0 una donna ehe l'ha tradito. Indovino! Ma. creda a me —gli occhi, i baffi tre marono un poco—r, creda a me. Ci sono le donne che amano davvero. Se ci sono ! -Ne stia sicuro. Ci vuol tempo a trovarle; tempo e fede. 10, per esempio, ci ho speso tutta La mia giovinezza. Ma, creda a me, quando la si é incontrata la donna ehe ti comprende si ha un angelo accanto... Permette che smorzi la luce? Tanto anche lei arriva a Napoli... Grazie. Un an- gelo si ha accanto, creda a me. "Buttò il suo grasso quintale di polpa lungo il divano. L'altro az zardò, a mezza voce : —E ' quanto tempo si trattiene a Castellammare di Stabia? —Io vorrei una quindicina di gi orni ; ma mia moglie insiste per tutto il mese. Sono indeciso. Chis sà? —Certo o ei si va per guarire del tutto 0 non si ci va affatto... —E ' vero, é vero. Diceva anche mia moglie cosi. Aveva ragione, poverina! E io la sgridavo!... —Con un mese a Castellammare é garantitoj ogni forma di eatarro viscerale scompare radicalmente. —E io radicalmente vorrei gua rire Capirà, é una brutta seccatu ra.,. :Si, allora ; senz 'altro un me se. Glielo scriverò domattina, alla mia himba. Buona notte, signore, Vittorio Ravanelli, negoziante di rosoli. Si voltò,*chiuse gli occhi, s'ad dormentò, mugolando teneramen te la gioia di un sogno azzurro pie no di angeli dalle pupille di stelle e dalle alucce d'oro e stringendo forte un lembo del divano che, nell'inganno del sonno, doveva es sere un braccio della moglie. Anche l'altro si stese, chiuse gli occhi, s'addormentò; e anche l'al tro sognò un bel sogno profuma to, nella penombra bluastra del treno. Ma gli*angeli, ahimé, non j avevano né le alucce d'oro «|é le ptìjwlle "di* e piegavano 4a 1 bofcca in certi lampi di malizia che somigliavano assai a quelli del dia volo, quando ne pensa qualcuna delle sue. Mario Massa. ' fVr ,PER RIDERE Il soldato Marmotta s'incammi nava tranquillamente verso la pi azza del Duomo quando, allo svol to l'una via, andò quasi a cozzare col capitano medico. —Ma voi siete quello del forun colo che ho visitato stamattina ! esclamò l'ufficiale fissandolo seve ramente;—Vi avevo prescritto di non portare la cravatta e invece messa. E' Cosi che obbe dite ai miei ordini ? Marmotta spiegò che per ottene re la libera-uscita dar sergente di picchetto, aveva dovuto mettersi in tenuta regolamentare. —Cosa c 'entra il sergente di pic chetto il capitano.—ll me dico sono io, 0 é lui! Toglietevi subito la cravatta, e andatevene prima che vi ordini agli arresti. Il soldato si mise la cravatta in tafeeà e continuò la sua strada. Ma, in piazza del Duomo, mentre col naso in aria seguiva il volo d'un aeroplano, una voce con tono sec co ed energico gli gridò : —Voi, militare! Mi pare che si ate senza cravatta! fi povero Marmotta si voltò, e rimase pietrificato nel trovarsi da vanti al colonnello. Levò di tasca maechinalmente la striscia di tela inerijninata, ma non ebbe né il co raggio, né il tempo di spiegare co lme stavano le èose. . —Rimetteteti la cravatta—ordi- L nò il colonnello. . • Marmotta, più morto ehe vivo, obbedì. —Ed ora, dietro fronti Rientra te in quartiere direttamente, e consegnatevi per dieci giorni di prigione. La disdetta, però, non aveva fi nito di perseguitare il disgraziato Marmotta.. Appena in caserma si trovò di nuovo a faccia a faccia col capitano medico. . —Ancora eon la cravatta?— e sclamò, fulminandolo eon lo sguardo. E ' troppo ! Questo si chi ama infischiarsi dei superiori! IV PAURE E FOBIE Si discorre molto, di questi tem pi, di paura, di fobia, ecc. Non é quindi superfluo accennare a note voli osservazioni, recentemente compiute, e delle quali interessanti dati in varie pubblici-* zioni, ma specialmente in uno stu dio del dott. Janet, che può defi nirsi uno specialista del generer. L'uomo in perfetta salute non conosce la paura, che sotto una doppia forma : la-paura del perico lo di cui ha coscienza e che gli con cepisce al disopra delle proprie forze, ed il panico, che si abbatte di colpo sulla sua coscienza, con uno choc ideo-emozionale. L'uomo debole conosce poi una forma di paura cronica, ossessionante, che si ramifica in tante diverse paure : le fobie. Le "paure intellettuali". Alcune di queste fobie sono sta te definite dal Meunier : paure in- ; tellettuali; esse nascono da uno stesso meccanissmo mentale; la paura di sé stesso. La "paura di sé stesso" é la; più angosciosa di tutte le paure. Essa combatte nel cuore e nella mente-di ehi-ne «"affetto, incessan ti lotte che, purè* esriéhliÉr'itf gene .raziocinanti,. norf sono perciò ifteno; .ej*ppim«sLÌie Ah in mé ! Nietzsche'aveva ragione 1 la; civiltà ci ha in certo .modolibera ti dalla paura delle belve —soppri- mendo le belve—ma ci ha lasciato la paura di noi stessi, la paura di quel me ammalato che viene ana lizzato minuziosamente e che an che negl'incubi del sonno, anche nelle ebbrezze cercate, persiste in flessibile. I varii generi di fobie. Le fobie propriamente dette so no meglio conosciute delle paure intellettuali. I medici le hanno descritte e forse anche troppo vol garizzate nella loro clientela ec cessivamente nervosa. Si é avuto quindi un fatto assai curioso: che cioè per taluni—e naturalmente per i meno ammalati—la fobia é divenuto un peso sopportabile. Non solo taluni fanno mostra di essa, ma La esagerano a piacere, la ricercano in sé stessi e finiscono per iscoprirla ! Ed i medici cata logano, senza troppo preoccuparsi delle conseguenze. In tal modo possiamo distingue re l'agorafobia 0 paura delle gran di piazze ; la claustrofobia 0 paura degli ambienti chiusi ; la patofoßi? o paura delle malattie ; la micro fobia, paura dell 'infinitamente colo; l'astrofobia, paura pi; l'antropofobia, paura dellaaSF cietà ; la tanatofobia, paura della morte ; l'autotanatofobia, paura del suicidio; la fobofobia, paura di aver paura ; la pantofobia, pau ra universale, paura di tutte le cose, ecc., ecc. Ma tutte queste distinzioni pu ramente verbali sono una ben po ea eosa. Altrimenti importante e delicato é lo studio del meccani- rete dieei giorni di prigione, • poi ritornerete alla visita. Fu cosi che il soldato Marmotta dovette fare dieci giorni di prigi one per non avere portato la cra vatta, e poi altri dieci per averla portata. • • • Colta alla stazione alla parten za del diretto per... Un viaggiatore giunge all'ulti mo momento, ansante e trafelato, e sale rapidamente in un comparti mento pieno leppo. si*o psicologico, che serve di base a (questi varii stati. Di esso si ét diffusamente ed eaauri p.entemente il Janet, in uno studia £>reso in molta consideratone da scienziati. Coma si può guarir*. Per l'uomo affetto da fobia, l'- atto più semplice diviene talvolta insormontabile. Il Meunier rac conta di aver conosciuto un giova ne artista, ossessionato, a volta a volta, dal desiderio e dalla paura del suicidio. Egli non osava abi tare nei piani elevati delle non osava toccare una rìvoltel!a r né attraversare le vie eorse dai veicoli. Ora, come egli era pove rissimo ed era obbligato, dalla sua stessa professione, ad uscire ogni |sera, fu costretto dalla necessita 'ad abitare un sesto piano, a fare ! lunghe corse attraverso i punti pia | tumultuosi di Parigi, a rientrare a casa, in un quartiere equivocò, niu j nito di una rivoltella, che i suoi a- I mici gli avevano fatto acquistare a viva t forza. Sì capisce odine do- penosa* la yjfca quoti* elice Apa* vita i jK"^''' Itf-perè(JhÌ'àretre di TòKtÌ ragionano e, qualche volta, ragio nano giiìsto. Sostenuto dallo sfor zo quotidiano, dallo sforza conti nuo che era costretto a compiere su sé stesso, il giovane artista gua ri o ,per lo meno, la fobia che Io a-# veva sempre perseguitato, si occul tò. La paura del "malocchio" Le paura del malocchio é una del forme più basse delle paura intel lettuali, le quali non hanno il ca rattere meschino e ridicolo delle fobie. Vi sono degli esseri che han no paura di certi occhi o paura di tutti gli occhi. Nella via, essi han no paiftk degli sguardi dei passan ti che ' ' arrestano ' ' i loro pensieri o addirittura "li portano via"; in un salone essi diventano incapaci di associare due idee, se quei tali occhi li fissano. E' questo indub biamente un fenomeno di autosug gestione, interessante a ma che, psicologicamente, si rieol ve nella paura di perdere le padror nanza su sé stessi. Al grado più elevato si trova lie paura della " meditazione ", che 6 0 ria delle più temibili, perché pn£ condurre difilato alla follia. WÈer conchiudere, i "paurosi" a ['«fobici hanno, più che altro, solato di una volontà amica, di uà balsamo per le loro ferite; bisogno di qualcuno che pigli pa ternamente la loro testa fra le ma ni e dica loro forti parole. Ma vare tali persone nella vita é raro^ 1 giorni passano ed i poveri amma lati oscillano tra le angoscio appe na palliate, per qualche dalle medele del corpo e da quelle dell'anima. T, B. Un giovinotto, tra i viaggiatati stipati nella carrozza, urtata bi» scàmente dal sopravvenuto, ai la scia sfuggire alcune frasi di pre testa. Il viaggiatore ritardatari* risponde per le rime. Replica irosa dei gioviuottou La lite sta assumendo proporzi oni allarmanti. Ad un tratto». 9 giovinotto -esclama : —Ma cke modi son questi f Lai finisca o I» metto a posto io! E l'altro di rimando: —Magari ! Nono cerco di iin>gJiipT