IL PATRIOTA m Arte, Letteratura jj I (the patriot) Scienza,Umorismo| ri % % * 'l- %■%%%% %%%% V%^è | NEL REGNO t DEI SERPENTI La vita che la signora Nicholls conduceva a Lone Star State, nel Texan, non era certo delle più pia cevoli né sicure. La fattoria per I allevamento del bestiame in cui ella abitava con suo marito, una figlioletta che cominciava a muo vere appena allora i primi passi, e due domestiche negre, era infes stata dai serpenti d'ogni specie, d'ogni colore, d'ogni dimensione. II terreno era stato disboscato da poco e una densa foresta lo limita va da tre lati ; perciò vi pullula vano gli orrendi rettili, specie du rante la stagione dei rigidi tem porali del Golfo. Allora erano ne cessarie le più attente cure. La casa e le adiacenze venivano chi use in un recinto di corde di crine dure e spesse, solidamente fissate al suolo, e questa precauzione ser viva a tenere lontani, per buon tratto, i serpenti. Ma qualche pun to non ben chiuso o trovavano sem pre essi, per introdursi nel recinto e di qui nella cucina che, con la dispensa e le camere delle domes tiche, era, secondo l'usanza del Te xas, a una quindicina di metri dal la casa padronale. Il mostro nella stufa. "Un giorno—narra la stessa si gnora Nicholls —un giorno di fred do e d'umido, udii alte grida di terrore che venivano dalla cucina, e immaginando che Mammy, la bambinaia negra, fosse «raduta nel fuoco o per lo meno scalvata dagl' indiani, corsi in suo soccorso. Ed ecco che cosa era avvenuto. La cuoca si era recata a fare le prov viste nella città vicina, lasciando acceso nella cucina economica un po' di fuoco, e Mammy, dopo aver messo a dormire la bambina, ave va pensato di prepararsi una taz za di té. Ella aveva cacciato del carbone nei fornelli, e udendo ad un tratto uscire uno strano rumo re dall'interno della stufa, aveva naturalmente aperto lo sportello a mezzo, per vedere di che si trat tasse. Rannicchiato là dentro e pronto a scattare, stava un grosso serpente a sonagli giallo !... Con uno strillo Mammy aveva rin chiuso lo sportello di ferro, in tem po appena per imprigionarvi il rettile, mettendosi quindi a grida re in modo da farmi accorrere. Gi unta nella cucina e saputa la co sa, afferrai la maniglia e la tenni strettamente, mentre Mammy ur- lava a più non posso. Frattanto il rettile, eccitato dal le nostre grida e dal calore cre scente, vibrava colpi tremendi, scuotendo la grossa stufa a facen do un rumore indiavolato. Io non osavo allontanarmi, per paura clie il serpente riuscisse ad aprire lo sportello non più tenuto dalle mie mani, quando mi venne l'idea di aggiungere dell'altro combustibi le, che per fortuna era li, ai miei piedi in abbondanza, e di cuocere il rettile! Mezz'ora dopo la mia cucina economica ardeva tutta, e il serpente cessava di menar col pi. Per essere più sicure lo la sciammo cuocere altri 15 minuti. Quando suo marito, che le occu pazioni tenevano assente 10 o 11 ore della giornata, fu di ritorno, pensò di misurare il rettile: era lungo quasi 1 metro e mezzo, ed aveva degli anelli enormi che il signor Nieholls volle conservare in ricordo. Assai più terribile ed e mozionante fu l'avventura acca duta alla bambina dei signori Ni eholls. La piccina sulla veranda. Era d'estate e faceva caldo spa ventevole. Tutti soffrivano terri bilmente; già s'erano verificati va ri casi d'insolazione fra gli uomi ni, la signora era mezzo ammala ta, e la sua piccina torturata da alcuni denti che le spuntavano, e dal caldo, s'era ridotta un filo, de stando le più vive ansie per la sua salute. Un giorno che le sue domesti che erano andate in città a pren dere del ghiaccio, la signora Ni cholls portò sulla veranda, per farle godere quel po' di fresco che era possibile trovare. Sur una bi anca pelliccia distesa sul pavimen to, vicino alla porta, la bambina si mise a giuocare. Ma nessuno dei suoi trastulli le piaceva; gettava via la cara bambola, i cari animali dell'Arca di Noè, continuando a piagnucolare. Allora la mamma le disse se voleva il bel sonaglino d'avorio e d'argento che tanto le piaceva. No, ella desiderava il suo sonaglio del serpente (allu dendo ai sonagli che il signor Ni cholls aveva tolti dal rettile cotto) Perciò vedendo che la bimbetta e ra stanca e poteva forse addor mentarsi, se l'accontentava, la mamma corse nella càmera a prendere l'oggetto desiderato; ma prima di ritornare presso la figlia, s'indugiò a chiudere le finestra e. a preparare il lettino. Per qualche momento ella udì la piccina ciangottare alquanto, finché la vocetta si tacque. La si gnora Nicholls ebbe un sospirone di sollievo, pensando che finalmen te doveva essersi addormentata : si mosse pian piano, togliendo fu ori la piccola veste da bagno e rimboccando le lenzuola della cul la, quindi entrò nella veranda a dagino, per prendere la bimba. Attimi indimenticabili. "Come avevo pensato—narra la signora—ella dormiva profonda mente, con la sua vecchia bambola tutta sciupata stretta fra le brac cia. Ma un'altra occhiata mi fe ce rimanere li, sulla soglia, para lizzata dal terrore, coi capelli let teralmente ritti sul capo, con le carni corse tutte da un brivido di spavento. Ravvoltolato accanto alla mia creatura adorata, con la lingua bifida dardegiante proprio sopra il suo roseo braccino ignudo, era un grande e giallo serpente a sonagli, simile a quello famoso del la stufa ! Per buona sorte io ero cosi para lizzata dal terrore che rimasi mu ta e immobile, con gli occhi fissi sull'orribile rettile. Era con que sto che la mia bambina aveva par lato, mentre io era lontana da lei ! A tal pensiero mi sentii spinta ver so la mia figliole ta, per strapparla via dal rettile ; ma l'animale strin sevieppiù gli anelli é rizzò più fi era la viscida testa in modo cosi minaccioso ch'io dovetti arrestar mi. No. non già me, avrebbe col pito il mostro, ma la bambina... lo sapevo bene! Dovevo dunque ri manermente zitta e immobile, stu diando qualche mezzo per uccide re il serpente o portar in salvo la mia creatura... Mentre la bestiac cia indisturbata accomodava il suo corpo, grosso come il braccio di un uomo, nel candido tappeto di pelliccia, volutu osamente, l'e stremità della sua coda, tutta co perta d'anelli squamosi, toccava proprio il braccio della bambina. I suoi occhi dovevano essere chiu si, giacché lo non li vedevo. Pel momento la piccina pareva non corresse alcun pericolo. Il serpente in trappola. Sabato, 10 Novembre 1917 □ Ma che sarebbe accaduto se si fosse mossa nel sonno?... Un sudor freddo mi bagnò la fronte, ed io decisi di agire, in qualunque modo di gettarmi come potevo tra il ser pente e mia figlia. Non osavo a doperare il fucile, per paura di colpire la bambina, mentre non potevo usare la rivoltella, tutta tremante come ero. Allora pen sai, disperata: "Forse potrei get tare sulla bestia una coltre e im pedirle almeno di attaccare la pic cina..." Prima di entrare in ca mera guardai il serpente; era ri gido, e i suoi brillanti anelli ave vano un moto regolare, come se esso dormisse. Era il momento, per agire. In camera urtai nella piccola vasca da bagno di mia fi glia che ia avevo lasciato là per ché le domestiche la pulissero e che esse avevano dimenticato. Fu un lampo alla mia mente !... Presi li recipiente e tenandolo capovol to, ritornai sulla veranda. Si, il rettile era immobile, la sua testa era quieta. Ecco il momento bu no. Col cuore in gola, spiccai un salto in avanti e gettai addosso al serpente la bagnarola, in modo da farlo restare completamente co perto da quella prigione di zinco. Solo pochi centimetri di coda guiz zavano convulsi al di fuori. La povera bambina, graffiata un po' dall'orlo della sua bagnarola, si svegliò piangendo, e allora, sen za lasciar mai il recipiente, io le ordinai di andare nella camera e di chiudere la porta." L'eroica madre stette ferma te nacemente, finché l'arrivo delle domestiche e del marito la libera rono dall'affannosa situazione, uc cidendo il serpente già mezzo sof focato. PER RIDERE Il soldato Marmotta s'incammi nava tranquillamente verso la pi azza del Duomo quando, allo svol to l'una via, andò quasi a cozzare col capitano medico. —Ma voi siete quello del forun colo che ho visitato stamattina! — esclamò l'ufficiale fissandolo seve ramente. —Vi avevo prescritto di non portare la cravatta e invece l'avete messa. E' cosi che obbe dite ai miei ordini? Marmotta spiegò che per ottene re la libera uscita dal sergente di picchetto, aveva dovuto mettersi in tenuta regolamentare. —Cosa c 'entra il sergente di pic chetto !--tuonó il capitano.—ll me dico sono io, o é lui? Toglietevi subito la cravatta, e andatevene prima che vi ordini agli arresti. Il soldato si mise la cravatta in tasca e continuò la sua strada. Ma, in piazza del Duomo, mentre col naso in aria seguiva il volo d'un aeroplano, una voce con tono sec co ed energico gli gridò : —Voi, militare! Mi pare che si ate senza cravatta! Il povero Marmotta si voltò, e • « • Me l'ha raccontata un ufficiale francese. Quando lo ''chauffeur'' di Jof fre l'anno scorso andò in licenza invernale le donne del paese gli si fecero intorno a tempestarlo di domande, di cui il ritornello era sempre questo : —Che dice il generale quando finirà la guerra? Il giovanotto si schermiva, esi tava. —Possibile che non ti abbia mai detto niente? —insistenvano le co mari.—Su, Giovanni, dicci qualco sa. —Si, veramente —rispose il gio vinetto dopo una certa esitazione j —una mattina me ne parlò... ATTENTI AL NOME! Vorrei chiamarmi Asdrubale, oppure Menelik, ho un nome troppo classico che non mi sembra chic. Mi piacerebbe Totila o meglio Radamés; se alcun dicesse; ''scolpati" si volgerebbe a me. Se mi chiamassi Panfilo mi vestirei chaki, con un gilet verdissimo di gusto liberty. Non avrei tanti scrupoli circa la società, passeggerei in pantofole per tutta la città. Farei l'affittacamere in Grecia o nel Perù, e presterei centesimi senza volerli più. Se invece fossi Agenore I mi sposerei Fanny, . e avendo un primogenito lo chiamerei Ninni. Con ventre rispettabile andrei lunghesso il Po, cogliendo dei papaveri da porre sul comò; oppure in mezzo all'Africa con tanto di burnii commercerei lo zenzero, fra ventidue tribù. II nome ti può tagliere parecchie libertà; ha dei doveri Candido, che Cesare non ha. Fedele infelicissimo per via della metà non può tenersi in bilico, con qualche infedeltà. Severo non può ridere, Fosca non può brillar, Felice non può piangere, né Alice può ingrassar. Se Mariantonia é mistica se Bastianello é re, ffl se tutta grazia é Zotico, se idillico é Moisé; se Sofonisba eterea mi sogna l'ideai, in forma d'un Melchiorre poeta e general ; Che stonatura orribile é il vivere social, sarebbe meglio andarsene nell'Africa centrai. Magari a comprar indaco e a vendere zebù, 0 a provvedere i capperi per quei di Timboctù che avendo un grugno tragico, e un cuor di scimpanzé, s'appaiano benissimo coi nomi in ragamé. Esoping L'ARRIVO DELLE TRUPPE IN GLESI IN ITALIA Roma —Le truppe britanniche accorrono numerose e speditamen te al fronte italiano per aiutare le forze del Generale Cadorna a re spingere gl'invasori. 1 soldati inglesi al loro arrivo in Italia hanno avuta un'ovazione dalla popolazione. Si ignora il numero delle trup pe inglesi e francesi arrivate, ma si conosce che le ferrovie tra la Francia e l'ltalia sono ora adibite all'esclusivo servizio militare ed arrivano continuamente treni ca richi di soldati provenienti dalla Francia. —Che disse, che disse? —Saliva in automobile e toccan domi sulla spalla disse: "Gio vanni. quando finirà questa guer ra?" • • • LA GUERRA E LA MUSICA Anche la musica la Germania ha mobilitata, organizzata per la sua grande, suprema, unica idealità nazionale —la guerra. E non la musica dei canti di Tirteo, e non quella dell'inno di Mameli, nobili e generosi incitamenti alla lotta contro il nemico e alla vittoria su di esso. Bensi, per quando plas mata e disciplinata secondo i cri teri moderni che la cultura artis tica ha prodotti, quella stessa mu sica con la quale gli antichi ger mani sbigottivano, nei loro canti di guerra, fatti più di urla che di suoni, i romani. E' la musica del cannone, che é la più soave che possa darsi, ('osi l'insigne critico musicale tedesco Friedlander, cosi il famoso violinista tedesco Kreis ler, in un volume Quattro settima ne in trincea, che egli ha testé pubblicato, dopo aver preso parte alla guerra in Galizia e nel quale ha raccolte le sue impressioni bel lico-musicali. E' inutile: grattate il tedesco, sia pure il tedesco dotto, sia pure il tedesco artista, e troverette il barbaro: il barbaro raffinato, or ganizzato, più odioso, pertanto, del barbaro primitivo e impulsivo, ma il barbaro. Pei nostri soldati la musica, le canzoni d' amore e di guerra, gli inni nazionali e pa triottici, sono, come per gli ariti chi greci dalla squisita anima d'- artisti, conforto, dolcezza, nelle fa tiche del campo, suscitamento di energie sane e nobili per la lotta. Pei tedeschi il canto di guerra é quello del barbaro e del selvaggio ; l'urlo incomposto, bestiale, terribi le col quale egli vuole atterrare il nemico come cerca atterrarlo co prendosi di pelli feline e pingen dosi con mostruosi segni e spaven tosi colori la faccia. E i professo ri della kultur musicale non solo danno a quella musica diritto di cittadinanza tra le forme d'arte, ma la esaltano come espressione d ' arte altissima. L'autorevolissimo Friedlander ha elencato ben un milione e mezzo di canzoni di guerra pubblicatesi quest' anno in Germania, e con sicumera che vi lascia stupiti per la sua enormità, rileva il loro caratteré... musicale di urlo barbarico, selvaggio, co me una vera e propria caratteristi ca che ben si adatta alla musica di guerra, che tale deve essere e non altro. E afferma che la mu sica—quella musica—ebbe sempre grande importanza nelle guerre te desche, a cominciare da quelle dei figli di Arminio e dei seguaci di Attila. E poiché qualcuno po trebbe dubitare delle sue afferma zioni veramente mostruose per quanto veridiche ed esatte, il Friedlander dice: "Infatti, pei ! soldati che vanno al fuoco, le pa role* della canzone non contano: conta la musica." Non il signifi cato del canto, insomma, ma il su ono, che é poi urlo. L'urlo, im porta, la parola non conta. 0 Bee thoven, o "Wagner; anche per voi la parola contava poco o niente; ma che direste se poteste udire le alte elocubrazioni dell'illustre prof. Friedlander e vedere a che si é ridotta la musica dei vostro paese, cioè all'urlo della bestia? Nei rapporti tra la musica e il cannone, bisogna poi ascoltare l'- austriaco Kreisler. Avreste mai imaginato che il cannone potesse esser tanto... musica pei concitta dini di Strauss e di Lehar? Per gli orecchi del Kreisler il rombo del cannone, continuo, monotono, i assordante, diventa musica, e mu- sica deliziosa. Si é tratti a pensa re ehe per orecehi tini ed educati alla musica, quel suono debba es sere strazio... Invece no: esso ó delizia. Si é inferocito, quell'o recchio. é ridiventato belluino. Il Kreisler può aggiungere perfino che quel suono dà al suo spirito un'esultanza dionisiaca, come glie la dà lo spettacolo del sangue e dei caduti intorno a lui. Da bene [organizzato tedesco, egli, anzi, mette a profitto della guerra il suo istinto musicale, e trova che nes sun migliore impiego può farne. Onde si gloria di aver potuto, col suo finissimo orecchio di musicista, essere utile a scoprire la posizione delle batterie nemiche. Dopo non ' breve esperienza sul campo di bat ; taglia, egli si trovo, infatti, in gra do di determinare l'esatto luogo di provenienza dei proiettili lan ciati dalla più lontane batterie, il che spesso gli permise di rettifica re il tiro delle batterie austriache. La guerra—egli dice—non solo non ha diminuite, ma ha raffinate le sue facoltà musicali. Essa—il Kreisler proclama—non uccide la musica, ma ne perfezione la per cezione e il gusto e nessuna e spressione musicale é più alta e squisita di quelle ehe la guerra produce. Cosi, i voluttuosi valt zer che il Danubio azzurro ispirò, che la patria del valtzer creò, so no énfoncés. E in essi non si can ta "sei tu felicità se non per rife rirsi a quella che ad un ben co strutto orecchio e ad una delicata anima musicale offrono il rombo, il brontolio del cannone, e il ru mor secco delle fucilate e degli shrapnells. Quella si, quella é musica, che culla non, come sareb be pur naturale e logico, i sonni di un rude soldato incapace di inten derne altra, ma quelli di un musi cista finissimo come il Altro fenomeno di quella defor mazione, di quella degenerazione psichica che, grazie alla Germania, si é venuta e si viene producendo; e contro la quale é giusto, é neces sario insorga, depositaria e custo de eterna della bellezza, l'anima latina. L. Ursini. ISTRUZIONE OBBLIGATORIA Sembrerebbe che la terribile tempesta da cui l'Europa é squas sata dovesse richiamare l'attenzio ne e le preoccupazioni dell'univer so intero. Ma non é cosi. Un'in chiesta fatta da un professore in glese, e riassunta dal Figaro, é concludente a questo riguardo e getta una luce singolare su certi aspetti della politica americana. Interrogando gli alunni d'un col legio del Middle-West, il profes sore, stupefatto, ebbe le seguenti risposte.—"Chi é Joffre?"— "Un celebre boxeur."—"Chi é Lloyd George?"—"ll Re d'lnghilterra" rispose un alunno; e un altro dis se : "E ' 1 editore della rivista At lantic Monthly: egli perdette la vita nel naufragio del Lusitania, ' nave americana affondata dallo fiotta inglese."—Chi é Asquitbf ,r —"Una città della Francia"—"R Salonicco?"—"Un celebre violini sta" "E Lord Kitchener?" "L'ambasciatore tedesco in Ame rica." Il professore tentò qual che altra domanda, ma si senti ri spondere che la Polonia é nna grande città cinese, Verdun una grande città tedesca e la Romania una città italiana. Non volle sa pere altro, e se ne andò profonda mente edificato dalla beata igno ranza dei bravi alunni del Middle- West.