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Ultima lettera alla Madre di Giosuè' Borsi
ii "Corriere d'ltalia" del 23 Feb
braio pubblicava la seguente lettera
di Giosuè' Borei sacrificatosi al fron
te italo-austriaco per la grandezza
d'ltalia. Noi la riproduciamo perche'
e' un documento meraviglioso che i
giovani d'ltalia dovrebbero lunga
mente meditare.
21 Ottobre 1915,
Mamma,
Questa lettera, che ti giungerà'
soltanto nel caso in cui io debba ca
dere in questa battaglia la scrivo in
una trincea avanzata dove mi trovo
di stanotte coi miei soldati, in attesa
dell'ordine di passare il fiume e muo
vere all'assalto. Volevo scriverla con
minor fretta e con più' calma, oggi,
se, come tutto faceva credere, fossi
mo rimasti ancora accampati per un
giorno a Zapotok.
lersera già' mi disponevo ad ad
dormentarmi sotto la mia tenda, e
pensavo con vera gioia che oggi avrei
avuto una intera giornata tranquilla
per prepararmi al grande cimento e
mi sarei comunicato, poi ti avrei pre
parato questa lettera di commiato, e
finalmente, in pace col mondo, con
me stesso e con Dio, avrei atteso la
sera meditando e pregando ai miei
soldatini, pronto a tutto, ben prepa
rato ad ogni evento, pienamente di
staccato da tutti i legami terrestri.
Invece giunse l'ordine repentino di
levare le tende e prepararci alla mar
cia di avvicinamento. Ci guardammo
io e il tenente Maltagliati, mio com
pagno di tenda: Ci siamo! —Ci
stringemmo la mano con quella dolce
effusione fraterna che solo chi e' sta
to in guerra può' capire; riunii il mio
plotone, feci l'appello, e corremmo
al comando di battaglione per riepi
logare attentemente tutto il piano di
attacco con le carte topografiche alla
mano. Poi il colonnello ci disse qual
che parola, ci strinse la mano ad uno
ad uno. Finalmente ci siamo messi
in marcia sotto la luna, abbiamo sali
to il monte, siamo discesi dall'altro
versante e giunti sulla riva dell'lson
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sonzo, ci siamo disposti in linea. Si
no all'alba ho lavorato coi miei solda
ti a scavare la nostra trincea, vi ho
disposto tre delle mie squadre e ne
ho condotta una quarta con me, in
questa trincea coperta, lasciata dagli
avamposti. Sotto questa trincea scor
re l'lsonzo, che vediamo dalle feritoie
in tutta la sua incantevole bellezza.
A monte sulla nostra sinistra, e' il
ponte per il nostro passaggio. A val
le si trova la testa di ponte di Piava,
con due reggimenti pronti a rincal
zare la nostra avanzata. In faccia a
me sulla riva opposta del fiume, si
stende un bel paesino ridente. E' De
cla. All'alba di stamani e' cominciata
la battaglia, col fuoco delle nostre
magnifiche e formidabili artiglierie.
Lo spettacolo e' terribilmente super
bo e maestaso. Tutte le posizioni ne
miche sono state bombardate da una
gragauola di proiettili d'ogni calibro.
Tutte le trincee degli avversari sono
state sconvolte ad una ad una, feri
toia per feritoia, con una precisione
matematica, inesorabile. Una pattu
glia austriaca che occupava una trin
cea sulla mia destra, s'e' vista rima
nere sepolta, e due soldati sono stati
scagliali in aria come fuscelli. L'ar
tiglieria avversaria ha risposto debol
mente e senza risultati. Sul cammi
namento coperto che conduce alla
trincea coperta occupata da me, e
dove forse i nemici hanno scorto
qualche movimento di soldati, e' ca
duta una quarantina di granate, di
cui soltanto cinque o sei sono scop
piate, senza recare il minimo danno,
rresso la nostra trincea ne sono ca
dute una ventina, di cui una sola ha
colto nel segno, ferendomi un solda
to e spezzando un fucile. Adesso, sia
mo arrivati al pomeriggio. Sulle no
stre ali si e' impegnato un fuoco di
fucileria violentissimo e rabbioso,
mentre l'artiglieria continua l'opera
propria. Poco sappiamo di quel che
accadde presso di noi. Io ho mangia,
to poco fa, ho scambiato qualche pa
rola e qualche biglietto con gli uffi
ciali dei due plotoni che mi fiancheg
giavano, Maltagliati del primo e Vi
viani del terzo. I miei soldati sonnec
chiavano, l'attesa si prolunga, ed ho
pensato di cominciare a scriverti, nel
la speranza che il tempo non mi man
chi per dirti almeno una parte dei
pensieri e degli affetti che mi traboc
cano dall'anima per te, mamma mia.
Sono tranquillo, perfettamente sere
no e fermamente deciso a fare tutto
il mio dovere fino all'ultimo da forte
e buon soldato, incrollabilmente sicu
ro della nostra vittoria immancabile.
Non sono altrettanto certo di vederla
da vivo; ma questa incertezza grazie
a Dio, non mi turba affatto e non ba
sta a farmi tremare. Sono felice di
offrire la mia vita alla patria, sono
altero di spenderla cosi bene, e non
come ringraziare la Provvidenza del
l'onoie che mi fa, offrendomene l'oc
casione in questa fulgida giornata di
sole autunnale, in mezzo a questa in
cantevole vallata della nostra Vene
zia Giulia, mentre sono ancora nel
fiore degli anni, nella pienezza delle
forze e dell'ingegno, e combatto in
questa guerra santa per la liberta' e
per la giustizia.
Tutto mi e' dunque propizio, tutto
mi arride per fare una morte fausta
e bella; il tempo, il luogo, la stagio
ne, l'occasione, l'età'. Non potrei me
glio coronare la mia vita, sento tutta
la compiacenza di farne un uso gene
roso. Perciò* non voglio che tu pian
ga, mamma, perche' iu verità' offen
deresti la mia sorte. Non piangere
per me, mamma, se e' scritto lassù'
che io debba morire. Non piangere
perche' tu piangeresti sulla mia felici
ta'. Io non debbo esser pianto ma in
vidiato.
Tu sai quali speranze inneffabili
mi confortano, perche' sono le spe
ranze in cui anche tu hai riposto ogni
tuo bene. Quando tu leggerai queste
parole, io sarò' lontano dalle miserie
del mondo. La mia guerra sara' finita
ed io sarò' alla pace. La mia sorte
quotidiana sara' morta, ed io sarò'
giunto in alto alla vita senza morte.
Saro' in faccia ai Giudice che ho tan
to temuto, al Signore che ho tanto
amato. Pensa, mamma, che quando
tu leggerai queste parole, io ti guar-
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festa ad aspettarti, a vegliare su te
e su Gino, a prepararvi con le nostre
preghiere il luogo della vostra gloria
sempiterna. E questo pensiero non
deve bastarti solo, ad asciugare tutte
le tue lacrime, e a riempirti di una
gioia indicibile? No, no, non piange
re mamma mia santa, e sii forte co
me sempre bei stata. Anche se non ti
basta la compiacenza di aver offerto
alla nostra adorata Italia, questa ter
ra gloriosa e prediletta da Dio, il
santo sacrificio della vita di uno dei
tuoi figli, pensa in ogni modo che
non devi ribellarti neppure per un
istante ai decreti divinamente sapien
ti e divinamente amorosi del nostro
Signore. Se egli voleva serbarmi ad
altro, poteva farmi sopravvivere: se
mi ha chiamato a se', e' segeo che
quello era il migliore dei partiti e il
miglior bene per me. Egli sa quel
che fa, a noi non resta che inchinarci
e adorare, accettando con giubilo fi
ducioso la sua altissima volontà'.
(CONTINUA AL PROSSIMO NUMERO)
I SACCHEGGIATORI
Le gesta dei soldati austriaci e te
deschi nella guerra odierna ricordano
singolarmente quelle degli antichi
lanzichenecchi, terribili uomini che
si battevano soltanto per il danaro e
vivevano nella sola speranza del sac
cheggio, devastando i paesi per cui
passavano. Tutto il loro desiderio
era di occupare una provincia ricca e
di rimanervisino a che questa fosse
totalmente rovinata. Questi mercena
ri non facevano quartiere e quelli
che impiego' l'imperatore Mattia non
avevano per paga che un fiorino ad
ogni testa tagliata che portavano al
loro superiore. I capi valevano gli
uomini: essi non avevano altra preoc
cupazione che di fare grosse fortune
alla guerra la parte dej leone in tutti
1 saccheggi e le devastazioni. Uno di
di essi, il margravio Alberto Achillt
di Hohenzollern, dichiarava che "l'in
cendio e' l'ornamento della guerra co
me il magnificat e' il coronamento dei
vespri '. Ufficiali e soldati non giudi
cavano del valore delle campagne se
non dai frutti che esse avevano pro
dotto. La bella campagna era quella
che riempiva le tasche, la brutta quel
la che le lasciava vuote. La più' bel
la campagna fu certo il sacceggio di
Roma nel 1527, in cui seimila uomi
ni furono massacrati e il bottino fu
valutato a dieci milioni.