La Rassegna Both Phone* ANNO I. No. 16 * PER UN COMIZIO COLONIALE 11 Comitato Esecutivo prò-ri generazione politica dell'ambien ti, seguitando a gesticolare insa namente per una lotta di sapore tutto personale che s'è prefisso di ingaggiare ad oltranza, ha in «enunciato a tenere le sue sedu t« preparatorie per un "grande comizio" che si ha intenzione di far seguire la sera del 4 ottobre p. v. Da quello che è stato detto con una prima lettera-circolare dilaniata per le convocazioni preparatorie del Comitato igtesso insulta, evidente mente, che il "grande comizio" in progetto lo si vuole organizzare in famiglia, col consenso e col concorso di gente molto amica, troppo ligia, di facile condiscen denza cioè ai desideri di parec chi dei capi dirigenti del morbo -10 ed inconsulto movimento. In fatti con la su menzionata circo lare "si fa speciale raccomanda zione ai Figli d'ltalia di interve nire numerosi all'adunanza, onde dare una novella prova di quella disciplina che costituisce il se greto della forza dell'Ordine. Sa rà presente il Grande Venerabile, perchè il soggetto che si. discute rà, è della massima importanza." j Che si voglia organizzare uii "grande comizio coloniale" all'in tento determinato di concertare e muovere un'azione contro od a favore di chicchessia o per qual siasi altra cosa passi pure, giac ché anche per i comizi dev'esser vi posto a questo mondo. Resterà 1010 a vedersi che specie di posto l'occasione potrà riserbare a quello per il quale il Comitato pro-rigenerazione s'è già voluto dare ad un'opera di affannoso scamieiamento. Però quando si vuol procedere alla organizzazio ne di un comizio bisogna, innan zi tutto, aver cura di discuterne 11 fine e le modalità in mezzo al la rappresentanza delle differen ti fazioni che possano sempre ì mai costituire la collettività ai di «ui bisogni il comizio s'intende far servire. Pensare ch£ un co mizio potesse sortire un qualsiasi buon effetto nei rapporti di qua lunque cosa senza che per esso si pensi a dare il diritto di intervento alle minoranze, da to che la grande somma degli e '«menti invitati per costituirlo potesse dire tutta del colore di li na bandiera spiegata ai venti vorticosi di una certa insurrezio di animi e di coscienze, signi fica illudersi grandemente. Gli e semft e l'esperienza del passato ci autorizzano a così dire, senza il più piccolo pericolo che da altri ci si potesse obiettare differente mente. oi abbiamo in Colonia le ri spettabili istituzioni di due Grandi Logge: ui\a dei "Figli d Italia" cosidetti, e l'altra di" Quelli che, pur essendo "Figli d'l dia , si trovano di essere "Indi P«ndenti". Ove il "Comitato Esecutivo" Prepostosi alla organizzazione, del mizio non avesse avuta la di azia di partire da principii inclemente errati, per i quali ogni ' a *°r° che si accinge a fa re dovrà fatalmente cadere, e e future cronache coloniali sa- 1 pranno a suo tempo riferirne ai overe,— avrebbe senz'altro dovu 0 ener presente che un invito | "r Indipendenti", con la "spe ; la e i accomandazione di inter ine numerosi" s'imponeva in : «tto caso nelPistessa maniera ' e è sentita per gli apparte ; • Btl all'altro Ordine. •* ITALIAN WEEKLY NEWSPAPER lJe\<>te the vveltare and advancement of tlie Italiane* in America s. LIBERATORE, Direttore E vero: gli ascritti al primo Ordine sono più numerosi di quelli che si trovano di far capo all'altro Ordine; ciò non vuol di re però che per essi si sarebbe dovuto avere l'istessa considera zione avutasi per i primi. Se in una prima seduta preparatoria s'ebbe premura di sollecitare l'in tervento, strombazzandolo a di smisura, di un Grande Venera bile quello che immezzo ai Figli d'ltalia" viene chiamato l'lndomito Servitor del Ue, per chè non si pensò ad estendere l'invito anche agl'lndipendenti e per essi al suo Gl ande Venera bile che non è "appropriatore in I debito", "truffatore", "falsario" e "spergiuro" come il collega del i l'Ordine antagonista? Ci dicano, ci confessino, senza tanti complimenti tutti gli one sti o i presunti onesti del famoso , Comitato Esecutivo, giaccliiè è a loro che rivolgiamo la parola, se non han fatto molto male a così comportarsi. Quando si vogliono portare a discussione, fino a renderle di dominio coloniale, certo, talune quistioni, presumibilmente inspi rate a strette finalità o cause di puro e semplice altruismo, è necessario che si sappia usare di ogni considerazione nei riguardi delle fazioni- che si }■>«♦«■; ano ogni riguardo supporre dissiden ti o in altra maniera avversa rie. Quando così s'è comportato il "Comitato Esecutivo" promotore di un "comizio coloniale", non ha fatto che seguitare a dar ragio ne a noi che, in tutto il movi mento che s'è voluto fare sotto il pretesto di poter esso servire ad una certa rigenerazione colonia le, non abbiamo visto dal primo tempo se non delle ragioni asso lutamente personali per le quali ogni più biasimevole condanna ognuno sentiva il bisogno di pro nunziare irremissibilmente cornei in effetti è avvenuto nell'animo ili molta gente che, in mezzo a noi, a differenza di tanti altri, 1 possono ben dire di valere ed o perare moltissimo ogni qualvolta si tratta di dire, di pronunziare l'ultima parola intorno a certi l'atti cui si vuole a dritto od a ro- 1 vescio attribuire il carattere di "coloniale". Si fa presto ad insorgere per; la predicazione di un verbo nuo vo; resta a vedersi sempre però! quanti saranno e -chi saranno quelli che potranno facilmente ri manere conquisi dalla predicazio ne di esso. Potranno es si esser molti e potranno, maga- ! ri, esser pochi; della specie non è il caso parlare perchè si sa be- 1 nissimo che essa deve essere | sempre una emanazione diretta o indiretta della parte dalla quale proviene originariamente. Sono però talvolta più pericolosi i mo vimenti reazionari che quelli cosidetti dell'insurrezione, specie quando le ragioni per reagire sono tanto potenti per quanto, forse, non potettero essere quelle informanti l'insurrezione. Noi non vogliamo distogliere il famoso "Comitato Esecutivo" j dai suoi lavori di preparazione per il "Grande Comizio Coloniale, perchè ognuno, secondo il nostro modo di vedere, ha il diritto a fare una qualche cosa a questo mondo. Però vogliamo ancora av vertirlo di esser cauto ed ocula to anche nel metter fuori i suoi proclami bellicosi, così come si trattasse di proclami di guerra belli e buoni, perchè, ove in certe PHILADELPHIA, PA., SàlìATO, 11 AGOSTO 1917 cose esso non riuscisse a fare be ne, ogni causa che si propone di joaibattere andrebbe perduta al lo sparare dei primi colpi. Si crede per davvero alla ne cessità di un comizio perchè la | causa presa a difendere trionfi così come si vuole? Allora il co 1 inizio si sappia concertare con la j partecipazione di tutte le rappre |sentanze che in Colonia si possa no avere nelle relazioni delle dif ferenti correnti che tempestosa mente la affliggono e la divido no. Certamente questo Comizio dovrà servire alla fecondazione di tante buone cose; è necessario quindi che ognuno sia abilitato a portarvi il suo contributo di idee fin dallo stadio della sua prepa razione. Perchè ove così non si facesse, gl'inconvenienti ne ver rebbero in gran numero, di na tura assolutamente ribelle e le denti in maniera vitale tutto i! programma che si avrebbe inten zione di portare alla dignità di li - na discussione qualsiasi dinanzi ad un grande comizio." Si seguiti pure a gridarci la croce addosso ed a pensarla come si vuole a nostro riguardo da tut ti quelli che formano parte inte grante o fanno capo alla nefasta (. Consorteria degl'lnnominabili, "pmrtnè noi *rron retrocederemo mai di un sol punto da tutto quello che abbiamo scritto fino ra. Noi scriviamo, siamo abituati [a scrivere per convinzione; nes- I suno tra di noi può avere il di ritto a critica ed a controllo di ciò che possa formare la pianta stabile di un ideale, di un princi pio, di un'idea. Con ciò non è det to che, come ogni essere umano a questo mondo, noi non si possa in tanti casi sbagliare perchè la pretesa della infallibilità l'hanno solo quelli dal cervello molto cor to e dalla presunzione troppo lunga. Ci siamo interessati abbastan za vastamente della nuova im portante quistione che incombe ai destini della nostra Colonia e, parlandone con quella franchezza di linguaggio che costituì sempre uno dei nostri migliori meriti, non esitammo a qualificarla di carattere assolutamente perso nale, dal quale è mestieri che si prescinda bruscamente quando trattasi di bandire crociate e di ingaggiare lotte nel nome e nel l'interesse di una collettività che si pretende di poter prendere ad amministrare. Si pensa di provvedere alla ri forma del nostro ambiente per chè —si dice rovinato poli ticamente, e si va subito a pen sare ad un "comizio di protesta". Un comizio è, generalmente, li na gran bella cosa, giacché vi so no dei casi in cui da esso -molto può ottenersi, sempre però se •ben pensato e ben condotto. Nel caso che ci riguarda il comizio c'entra proprio tanto poco quan to niente, e le ragioni ne saltano evidenti agli occhi di tutti, anche di quelli dalla vista un pochino corta. I comizi servono per lo più, nella generalità dei casi cioè, a far colpo sulle masse, per un'a zione immediata, di effetto con seguentemente sollecito. Ove si ha intenzione di agire per orga nizzare e disciplinare le masse per un lavoro di lotta e di scalata 1 a quelli che stanno sui seggi di pubbliche amministrazioni o di : ]>oteri legalmente o altrimenti i costituiti, di ben altro allora sii ha bisogno. Occorrerebbero molti ' ;e non un solo comizio ove si cre desse di fare per davvero in tal modo la propaganda del pro gramma che si vorrebbe racco mandare all'altrui convinzione. Ed in tal maniera non si dovreb -1 be mai peccare di personalità e di idee dicenti il proprio torna-j conto, giacché lq linee di un pro-i gramma qualsiasi, marcatamente j ' l partigiano e cosi fatto, non riu-i 1 scirebbero mai a tiare alcuna im pressione sull'animo di quelli che dovrebbero rappresentare e co stituire la forza necessaria all'a zione da compiere e da mandare felicemente ad effetto. Più che all'organizzazione di un comizio che r easo mai dovesse ! avere luogo, non -potrebbe che se gnare un'altra pagina dolorante ' della nostra stòria coloniale, a 1 ben altro lavoro si sarebbe dovu to dare l'onorevdje "Comitato E- j . secutivo" dal programma e dalla I 1 pretesa di rigenerare politica-j mente il nostro ambiente. Perchè! non lo abbia fatto noi non riu- j i sciamo ancora a comprendere, specie dopo tutti i suggerimenti e tutti i richiami opportuna . mente partiti da queste colonne. , 1 Si vuole, adunque, il comizio noi sapremo combatterlo così co me merita di esaer combattuto 1 nelle attuali contingenze della vi -3 ta coloniale. Nelle ragioni che an dremo ad esporre in seguito a so ■ stegno della nostra tesi cerche -1 remo, anzi ci sforzeremo di esse- i > re il più logici <ìd obiettivi che r"araTrasaimir frper noi ' non va, non corre, non ha proprio piedi per camminare; manche i remino ad uno dei nostri primi - doveri di giornalisti abituati a - lottare contro le "consorterie" di i ( ogni genere ove dovessimo non i combatterlo con tutte le forze a portata del nostro foglio. Cu riangelo > SPIGOLANDO Dalla storica, clamorosa polemica Jacolucci-Di Silvestro (Dal "Mastro Paolo" del 12 Marzo 1910). PER INCOMINCIARE? BAH!! E siamo da capo. A crederla sembra invece che siamo alla fi ne. E dico Amen sicuro che la fiera mascherata vorrà conti fìuafè a'deluaerini coli*le suo Ri mette. Incominciavo a pigliarvi susto ed essa nel bel meglio vuoi fare sciopero. Che faccia parte dell'Unione? Non lo credo coinè non credo alla promessa. E ve diete che io non mi sbaglio. Per quel che riguarda l'inizia tiva, il comitato provvisorio, la relazione, gli aderenti, lo scope che si voleva raggiungere, il nu mero dei delegati, il modo di metterli al potere, il sine qua non, il ritiro della maggioranza degli aderenti, il disdegno dei non votanti, il mancato intervento di altri aderenti, le cretinerie e tira e molla di taluni così detti gior nalisti, e l'apoteosi finale Pacifi cazione della Colonia, si è scritto ad esuberanza, e chi ha seguite attentamente la polemica, a que st'ora avrà compreso il significa to vero di ciò che s'intendeva ot tenere. Ritornarvi sopra mi seni bra tempo sprecato; anche per chè ai muli sarà data l'opportu nità', fra brev. Tomaso Fantacone, di Mira bella, di anni 65 circa figlio di D. ; Italy s Mission in the War By AGOSTINO DE BIASI , (Editor of "11 Carroccio") 'l'o the Editor of The Tribune. Sir: An editorial published on ■ the 28th inst. in a New York , evening paper has objected to i Italy's aims in the Adriatic as ! brought out in an interview with , Admiral Thaon di Revel, chief of i the Italian Royal Navy. it is not lust of domination and conquest, nor commercial i appetite on the seas which sur round her, that compelled Italy to war 011 Austria. Italy is a liomegeneous nation, her people united, of an ancient civilization, of the siime langua ge, of the same customs, with naturally determined boundaries mountains and seas having become independent through enormous sacrifices, struggling against her enemies especially Austria, the most oppressive, ambitious and unprincipled autocracy. Italy has been the very first nation to free herself and become independent, pro claiming the principle of nation ality, the very one for which the great war to-day is being waged Italy's Aim in the Near East Italy's aim is to liberate ter ritories inhabited by oppressed Italians of Italian nationality already acknowledged by Au stria in her governmental insti tutions. And it is just for this reason that those Italians re main targets for persecutions and for hideous competition from foreign elements imported to their own cities by Austria | for the purpose of denationaliz j ing and bringing about their minority. Italy is a united nation. Au stria-Hungary, on the contrary, is not a nation it is an autoc ratic monarchy an agglomera tion of different nationalities hound among themselves by the cunning of a retrograde mon archy to-day an evident and •positive offence to the most elementary sense of democracy. All nations may speak of Adria tic dominion except the Viennese despotism, which represents no one people of one nationality le gitimately and liberally establi shed in the form of government. Italy absolutely cannot allow Austria to remain mistress of the Adriatic, the monarchy that oppresses and subdues her sons previously torn from the mater nal breast by violence and ruth lessness. • Vienna, the Oppressor The same effort which the monarchy of Vienna and Buda pest must sustain to suppress the natural and proud senti ments of the Italian people under its subjugation people desir ous of liberty and rebellious to tyrannic dominion would cause the continuation of the same unfriendly feelings which have always existed between the i Italians and the Austrians which did not change even when the government of Rome was obliged to accept the yoke of thirty years of the Triple Alliance imposed by the-Special -Kit rope then, by the duty to safe guard the unity of the realm and, with every national sacri fice, the peace of Europe. The continuance of the same state of affairs, to day aggrav ated by the abyss dug by the bloody war, would cause the ex j istence of the same situation from which this iniquitous war issued forth that is, the very conditions which President Wil-j son says "must lie altered in such! fashion as to-prevent any such j hideous thing from ever happen ing again." This war was brought about by the Balkan state of affairs. The war was provoked by Au stria because of her limitless am bition to annihilate whoever bar red her way to Salonica. Should the Balkans be kept in continuous agitation by allowing Austria to dompinate in the Adriatic? llow could Italy tole rate Austria with her coasts so near the peninsula? How could Italy be perpetually menaced and her coasts exposed to the attacks of the enemy's fleet without probability of adequate defence? How could the United States re main indifferent to a situation which has been denounced by its President in his Flag Day ad dress, delivered under the sha dow of the Washington Monu ment on June 14, in unequivocal terms ? The President said: "These men (the military masters of Germany, who proved to he also the masters of Austria-Hung ary) have never regarded na tions peoples, men, women and children of like blood and frame as themselves, for whom govern ments existed and in whom go vernments existed and in whom governments had their life. They have regarded them merely as serviceble organizations which they could by force or intrigue bend or corrupt to tlfeir own purpose. They have regarded the smaller states, in particular, and the peoples who could be over whelmed by force as their natu ral tools and instruments of do mination." Austria Must Be Crushed But more: Austria, which ba ses the right to exist solely on her autocratic monarchy, which governs the different peoples in continuous struggles with one another whose only desire is that the outcome of this war should be such as to make the world safe for democracy Austria must be crushed so as to bring about the destruction of the coalition of the Mitteleu ropa formed from Antwerp to Constantinople. The United States and the Al lies will never defeat Teutonic militarism unless they destroy and tear asunder the Austrian monarchy,, because the union of Germany and Austria, with the addition of Bulgaria and Turkey, already represents a victory for feutonism, the everlasting dan- ger for world's peace, for the liberty and for the democracies of the peoples. Italy's mission in this war is to strike Austria to the heart, which in turn is the heart of Prussian imperialism, which has in this war already suceeded in realizing its dream of European expansion. The allies with the United Sta tes, whose future is at stake in this war, to quote Mr. Lansing's words, must cooperate so as to shatter this evil dream of an historic insanity in order "to make the world safe for demo cracy." "The House of Hapsburg must be destroyed," so ends Vice-Pres. Marshall's speech, May 31, IUI7, which received thunderous applause from the United States Senators assem bled at the Capitol. New York, July 31, 1917