4 L'inaccessibile NOVELLA Levatevi, Itabrab, e rispon dete ai vostri giudici, suonò la voce del Gran Sacerdote, rivol gendosi al giovane figlio del Rajah di Aleb. Vorrete voi di scolparvi della terribile accusa che vi si fa, di avere profferite la più orrenda bestemmia, che da secoli il sacro suolo dell'lndia abbia udito? Itabrab sorse in piedi, rivolse 10 sguardo verso i Sette Grandi Giudici assisi sui gradini del Ta bernacolo, avvolti nelle bende sa cerdotali, fra i quali splendeva, nella veste di oro e di fiamma, il Sommo Pontefice di Budda. Ita brab rimirò il fiero tribunale in nanzi a cui era stato tradotto, benché principe e figliuolo di Re: tribunale che mai aveva avuto pietà nè riguardi per anima viva. Itabrab contava appena venti anni; già sapeva la sorte che gli era serbata, ma non provò alcu no sgomento. —Di nulla devo scolparmi, perchè di nulla mi sento colpe vole, disse lentamente, piana mente; ho affermato in pub blico quello che avevo nella men te e nel cuore, quello che dovreb be essere limpido e chiaro per o gni creatura vivente. Ho affer mato che il principio trialistico della vostra fede, impersonato in Brama, Visnù e Siva, non è la ve rità ma l'errore. Gli astanti fremettero all'au dacia del giovane: i volti dei giu dici s'impietrarono, e in quell'o ra essi si chiusero alla miseri cordia. Ho affermato che il princi pio dualistico delle religioni d'Oc cidente, Dio e Satana, il Bene e il Male, la Luce e la Tenebra è del pari un errore, forse un più grande errore. E' questo mio delitto. L'Univei so è tuT*> gover nato da un solo principio, unico e supremo; Brama, Visnù e Siva: Dio e Satana; il Bene e il Alale: la Luce e l'Ombra non sono che gli aspetti multiformi dell'unica Norma Regolatrice del Creato. Non altro ho detto, non altro ho da dire. Se negassi ciò ricadrei nell'errore, e io non ho altra sete che quella della Verità. A Voi ora l'applicare contro di me la legge, che da secoli innumeri, regge l'lndia, ad essa sottoponen do popoli e Re. Siedctte, conscio e rassegnato al destino, che già gli era stato decretato, prima pure che com parisse innanzi ai suoi giudici; ma che egli aveva ora, da sè stesso, ribadito con anelli di ac ciaio. 11 Sommo Sacerdote aprì il Li bro Sacro, e ne segnò una carta; l'uno dopo l'altro, i sei Grandi Preti, che gli erano a fianco, ap posero il loro segno presso a quello del Supremo Pontefice. Questi si levò in piedi, dal gradi no maggiore del tal>ernacolo, e pronunciò: ltabrab, il vostro delitto senza esempio meriterebbe la più crudele delle pene; ma la clemen za di Brama è senza confini. In vece di abbandonarvi all'ira di Siva, noi vi condanniamo soltan to a varcare la Vetta dell'lnac cessibile; di là vo tornerete fra noi, e redente sarete di nuovo no stro principe e nostro Re quan do Visnù avrà chiamato a sè la grande anima di Lhassa, vostro padre. Sorrise Itabrab alla ipocrisia sacerdotale. Attraverso le epoche lontane si trasmetteva il ricordo di tre altre simiglianti condan ne; nessuno però era tornato in dietro, vincitore del cimento. E gli guardò la montagna che si ergeva innanzi alla Pagoda San ta, drizzò lo sguardo al culmine alto 7777 cubitei, e sorrise: Grazie, Pontefici di Budda, della vostra clemenza infinita; che Brama, che Visnù, che Siva aleggino intorno a voi, lieti della vostra mitezza verso il traviato figliuolo. Dopo di ciò sorrise una secon » da volta. Itabrab, il giovane m; - forse grande filosofo, irrideva a I suoi giudici. Ì Uscì dalla Pagoda e diresse i J passo verso la mèta senza spe ranza, che la ferocia del tribuna i le sacerdotale gli aveva assegna jta. E camminò sempre in alto ; calpestando una via ripiena di a sprezze che divenivano ogni i stante più gravi. Però egli volevi vincere nella lotta, benché sapes Ì se che la lotta era immane, e 11 vittoria impossibile, assurda. Egli saliva verso la cresta, se gnando il cammino dell'orma de «uo passo fatale, guardando su su, l'altezza irreale che gli era li mite e fine, quando il suo pied< toccò, i lsuo sguardo scorse a( un tratto per terra lo scheletn di un uomo intatto, e vicino uni grande pietra ettagonale, sulU quale era incisa la cifra 1111. Ristette, guardando la pietre ■he segnava l'altitudine, guar endo i resti ossei dell'uomo, >enza alcun dubbio uno dei tr< viaggiatori, che l'ira della casta ieratica aveva condannati ad uns via senza ritorno —: era ad un settimo dell'ascesa totale. Egli poi mirò in alto, lo sgo mento non penetrò nel suo spi rito. La strada percorsa era sta ta difficile, più difficile ancora e ra quella a percorrere ; una vitti ma tangibile gli indicava che era purtropiK) facile soggiacere alla prima tappa Camminò ancora, vincendo gli ostacoli che gli si pararono innanzi, il passo fermo e franco, la mente serena, il cuo re forte e baldo. Voleva vincere contro gli uomini che si diceva no interpreti e custodi del pen iero divino, mentre egli senti va più prossimo a lui il soffio del la divinità. I n;i seconda pietra io fermò, nche a sette angoli, anche essa tenente al fianco uno Schele tro intatto come il primo; sulla pietra era incisa la cifra 2222. Era la seconda tappa, quella che non aveva saputo, non aveva po tuto oltrepassare il secondo viag giatore, l'altro condannato dal Collegio dei Sette, imperanti nel ta Santa Pagoda. Un sottile brivido lo percorse, la visione della nuova vittima fiaccò una parte della sua giova nile baldanza. Tuttavia riprese il lungo cammino che gli restava a fare, pensando che ogni esitazio ne era una viltà, e che, quale si tosse il fato serbatogli, «egli do veva sfidarlo fino all'ultima stretta nelle braccia della Morte. ,\CYi¥ Saliva egli, saliva sempre, sali va ancora; sempre avanti, batta gliando contro lo sgomento, con tro la stanchezza, contro il tor pore che cominciavano a posse derlo. E una nuova, terrifica visione, lo dominavatutto; quella del ter zo cadavere, che egli sentiva, senza dubbio avrebbe trovato più in alto. Fece un altro sforzo, vinse al tri ostacoli, superò un altro trat to di via, e, mentre pensava a prendere un riposo alla lunga fa tica, la terza pietra a sette lati gli apparve di fronte, la terza pietra su cui era incisa la cifra 55333, e vicino alla quale giaceva l'inevitabile, l'atteso, il terzo scheletro, intatto come il primo e come il secondo. II freddo gli penetrò nelle ossa ua vittima predesignata. No, ri petette la sua voce uscente dalle lablira; qui è la fine: raccoglia moci. -frr9fc "T'inganni! sorgi e cammina: qui è il principio e il comincia mento." Si volse. Una pura e dolce fi gura di fanciulla gli era al fian co, una mano gli fu tesa, e le lab bra di lei ripeterono le parole: "Sorgi e cammina". Chi sei domandò lui chi sei che mi rivolgi questo ap pello nell'ora in cui ero prossimo ad annullarmi? Sono la Donna, cioè la Vita ; gli altri che vedesti più innanzi sono morti perchè non seppero giungere fino a me, e io non po toevo scendere fino a loro. Tu verrai con me, salirai con me, e toccherai con me la Vetta dell'l naccessibile. E l'ascesa ricominciò, lei avan ti e lui dietro. I pericoli aumenta rono e le asprezze erano innume revoli. Giunsero alla quinta tappa, al la quinta pietra dai sette angoli, che portava inciso il numero 5555. Dovevano ancora salire, e la montagna era sempre più ripida, ma nulla più sgomentava Ita brab, poiché con lui era la Don na, cioè la Vita. In alto, più in alto; la febbre li prese, li avvinse, li invase; essi si trascinavano l'un l'altro, lot tando, combattendo, sanguinan do e dolorando; ma vincendo sempre ; in alto, più in alto, la se sta tappa si approssima, essa è vicina, la toccano, è la; la sesta pietra dai sette lati, con la cifra 6666 scolpita nel masso, è innan zi ai loro occhi, è presso i loro piedi, l'hanno raggiunta. Si fer mano e attendono un solo istante prima di sorpassarla, prima di slanciarsi all'ultimo assalto, pri ma di volgere il piede verso la mèta, non più insperata e inaf ferrabile, ma certa, sicura, che nulla più ad essi contende. Ogni ostacolo s'infrange, ogni pericolo è vinto, il destino si pie ga a sua volta e attende il Vitto rioso. Essi corrono sopra le nubi e salgono, salgono in una corsa vertiginosa e folle; hanno ascesi gli ultimi mille cubiti, e poi gli ultimi cento, e poi gli ultimi die ci ; varcano infine l'ultimo cubito, sotto di loro sul cuspide acuto del monte è la settimana pietra ettagonale sulla quale è scritta la cifra magica: 1-1 ' L' Si fermano e guardano il dor so della montagna che ha un de clivio d'infinita dolcezza. Di là è il regno che sarà di Itabrab, e che egli potrà ora senza alcuna fatica raggiungere ; dove egli re gnerà sicuro e temuto sovrano, dove egli potrà anche fiaccare il prepotere sacerdotale, egli che è stato il vincitore dell'lnaccessi bile. Addio, Rajah di Aleb dice lei i tuoi sudditi ti at tendono, vanno ad essi, vanne ad essi che piangono già il principe scomparso. Sì, vado: ma non solo, con te, o Donna, io scenderò la vetta del monte, con te che sei la Re gina e la Vita. No, Itabrab, io resto: una donna non può scendere mai ; guai se ciò accade; bisogna rag giungerla e guadagnarsela, ma non bisogna mai costringerla a varcare il declivio dell'ascesa. \ a, Itabrab, sii felice e sii Re. j Egli non ascoltò il suo invito, ' ma si volse a lei e disse con voce che partiva dalla sua anima pro fonda: Anche io resto, sulla vetta dell'lnaccessibile il mio regno sa rà più vasto di tutta l'lndia, di tutta la terra, di tutti i mondi che formano l'infinita armonia dell'Universo, perchè il mio re gno sarai tu, tu sola, nella Vita e di là dalla Vita. Ettore "arbati LA STORI A DEL LAPIS Il modesto lapis che tutti u siamo, è divenuto un oggetto in dispensabile in ogni professione, ha una storia interessante, e la si può narrare brevemente, risa lendo fino alle origini. Gli antichi ignoravano completamente l'uso della matita e anche del piombo ' suo antenato, come materia che potesse servire per scrivere o per disegnare ; soltanto il Medio E vo adoperò il piombo per traccia re segni, linee e tratti. Il primo compito assegnato a questo me tallo fu quello di rigare la carta e di tracciare dei segni rettilinei e semplicissimi. Nel secolo XVI, la scoperta della grafite diede o rigine alla creazione di un ogget- 1 to del tutto nuovo, il lapis, che ebbe subito un successo clamoro so. Esso nacque in Inghilterra, dove appunto "'era scoperta la prima miniera di grafite, che per moltissimo tempo rimase anche ''unica. La grafite fu usata allo sitato a piccole as ' È i 2 Telephone, Walnut 8025 ! ; 1 il Anthony Rossi - SALOON . 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Più tar di, dato il grande consumo che si faceva di questa materia, dive nuta sempre più preziosa, si pen sò di fabbricare il lapis artifi ciale, utilizzando i detriti della grafite; ed il chimico Condè, nel 1794, riuscì a comporre un impa sto di piombaggine, grafite, ar gilla, che dette meravir'iosi ri sultati. Da allora l'inaustria del lapis era nata, e prese in breve uno sviluppo enorme, specie in Germania, in Francia, in Inghil j terra. Nel secolo XIX la scoper ' t;a di un'altra ricchissima minie ra di grafite in Russia assicuva il pieno trionfo della matita. LEGGETE "LA RASSEGNA" AVVERTENZA A tutti i sofferenti di cancre ne o piaghe cancrenose. 11 più grande e meraviglioso rimedio è quello dello specialista Vincenzo Cipolla. Rimedio infal libile e sicuro per la guarigione di esse. eDtto specialista col suo nuovo ritrovato, a cui diede il no me di "Balsamo Manus Dei", fa dei veri miracoli. 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