UN CAPPELLANO MILITARE Novella di Alfonso fi. Monjjiardini ■ Don Lino, sì, bisogna che ve lo dica, mi pare che me li faccia- Ite diventare troppo sentimenta | Il sacerdote non rispose. Guar dava fuori dall'apertura del rico vero, con i suoi grandi occhi az zurri che mettevano una luce di dolcezza quasi soprannaturale sul suo volto aristocratico, e tramu tavano in una maschera ascetica quella che serbava le stigamte di luna antica stirpe di guerrieri e jli dominatori. Il capitano intanto, frugando ta. il ciarpame di .svariatissimo [enere che ingombrava la sua ta la. riuscì ad estrarre, sotto ur, iagotto di mutande e di carte to «grafiche legate insieme frater lamente con un paio di gambali ina vecchia cassetta da munizio ni ; l'aprì, e ne tolse con aria trionfante una bottiglia, che misu Botto il naso del sacerdote. * Guardate che cosa vi offro! ■ Oh ! Maraschino di Zara ! il cappellano sorridendo, fi- E come l'avete qui? Mantene te dunque un traffico illecito eoi nemico? Non deve essere facile di farsi venire oggi del Maraschi no dalla sua povera città di ori- I No; rispose il capitano. » Ne avevo molte bottiglie in Basa prima della guerra. All'ulti ma licenza, me ne son messe due nella valigia, perchè mi pareva che dovessero portare fortuna mila nostra avanzata. Avete qui, sulla fronie italiana un po' «di Dalmazia in bottiglia! E' un bel fatto, non è vero? Mi dispia ce però, reverendo, di non posse dere bicchierini Spero non vi Handalizzerete se vi offrirò il dentro una scatolet # Per qualunque lavoro Tipografico RIVOLGETEVI ALLA TIPOGRAFIA DELLA I RASSEGNA B ■ 1 920 S. 10TH ST., PHILA ta da conserva, che almeno, posso garantirvi, è stata accuratamen te lavata Grazie, sono astemio. Ah no! oggi dovete fare u n'eccezione! Come? Un liquore d' aZra, non èun liquore E' u na bandiera ! Va bene, appena una goccia per assaggiarlo rispose il sa cerdote accettando per far piace re all'ospite. Dicevamo dunque, reveren do? continuò il capitano, ri prendendo il suo primo discorso Ecco sì i soldati vi adorano, e ne ho piacere. Vi adorano per la vostra bontà squisita; ed an che perchè non avete la minima paura delle pallottole Vi spin gete fino alla prima linea, siete sempre dovunque la vostra paro la, il vostro conforto, il vostro e sempio possano sollevare un mo rente, far sorridere un affranto rinfrancare un timoroso. Ricono sco anche volentieri che i subli mi sentimenti che voi inspirato nei miei uomini, con una strana e quts. Musplkah.'te suggestioni immediata, ourn uiscono molto 3 renderli ii-rietan ente discipli nari, impavidi sotto il fuoco, as solutamente sprezzanti della molte all'assalto Ma però c'è qualche cosa, talvolta, nei vostri discorsi ai poldati, che, a mio ve dere, rammollisce un poco il loro cuor* 1 Voi nr.u li fate piangere di commozione sul nemico cadu to o ferito E' un po' troppo' Non dovreste dimenticare le mazze chiodate, i pugnali, i gas asfissianti, le false rese, i tiri con*." • ' portaferiti Non dovre ste I menti 'are che abbiamo di contro un n..mici< che ci odia, eh . ò sp.-isc sleale, che si serve di LA RASSEGNA PHILADELPHIA, PA., SABATO, 28 APRILE 1917 mezzi indegni Bisogna essere un po' più duri con quella gente ! E se non giungeremo ad adope rare i loro stessi mezzi, perchè ci j sembra che maccherebbero l'o nore delal nostra divisa, non è nemmeno il caso di fare troppi' complimenti In quell'istante le pareti del ri covero furono scosse come dal terremoto; sembrava che tutto dovesse dilaniarsi e crollare, al cuni ciottoli si staccarono dalla volta. Ma nessuno dei due uomini si mosse. Qualche attimo dopo, ur caporale venendo dal cammina mento si presentò sulla soglia della tana. —Un trecentocinque? gli domandò l'ufficiale. Sì, signor capitano, credo. Ma non ha fatto nulla. —Dov'è caduto? Ad una trentina di metri dietro la seconda trincea. Nessun danno, nè agli uomini nè ai ma teriali, nè ai camminamenti. eßnissimo. leri tiravano troppo corto, e oggi troppo lun go. Va pure. Che cosa pensate dunque, reverendo, di quanto vi ho detto? continuò il capitano quando i) caporale fu scomparso. Non mi' avete risposto una sola parola. Forse mi avete risposto una sola parola. Forse vi dispiace? Ve ne siete avuto a male? No, no! esclamò subito il cappellano alzando la mano sot tile e nervosa. Poi abbassò la va sta fronte su quella mano e rima se un momento assorto. No, no, non è questo. Continuò poi con voce più pro fonda. E' che voi riaprite una piaga, è che voi ridestate in me un conflitto interiore che io vo levo già chiuso Che cosa penserete voi esclamò poi ad un tratto con voce concitata rial zando fieramente la testa se vi confesserò che dieci volte al gior no, traversando una trincea, son preso da una smania pazza di af ferrare un fucile e di mettermi a sparare anch'io di racocgliere una bomba a mano e di scagliarla contro il nemico Voi esclamò l'ufficiale vivamente interessato. Possibile' Voi così mite, voi che sembrate rifuggire dalla violenza? Voi che talvolta chiudete gli occhi e vol gete la testa dall'altra parte, co me per non vedere il sangue, per non vedere l'uccisione —Sì, io! proprio io! ripre se il sacerdote fissando il suo interlocutore e assentendo violen temente con la testa. E se chiudo gli occhi, è per non vede re quello che tanto mi attrae, per sfuggire alla tentazione del com battimento, insomma! Vi di menticate che dietro me ci sono otto o dieci generazioni di uo mini di guerra, ci sono tutti quei conti e quei duchi che vestirono di ferro fin dall'adolescenza, e che tennero sempre la spada sgu ainata; ci ho avuto poi il nonno che ha combattuto con Carlo Al berto, e ci ho uno zio bene questa è un po' grossa per un sa cerdote! ci ho uno zio che 5 entrato a Roma in quel tal gior no del 1870 attraverso alla famosa braccia. Lasciamo an dare! Insomma, da che mi son messo addosso questa bella divisa grigio verde, con tanto di stellette, da che sul mio cappel lo a prete son germogliati i gal loni, il sangue di tutta quella mia vecchia gente mi ribolle nelle ve ne No. non ridete capitano: se sapeste quanto io ne soffro! Sì, ne soffro perchè non ho il di ritto di sentire così. La mia voca zione religiosa è stata sempre sincera e profonda, e lo è tut tora e lo sarà sempre. Io sono qui per consolare gli afflitti, per sai vare le anime, e non per uccide re "Io faccio dunque uno sforzo continuo su me stesso per essere sempre e soltanto quel sacerdoto che sono. E ladesso voicapiretd bene cometalvolta io possa forse esagerali nel predicare la bontà e i! perdono, cosa di cui mi ave te poc'anzi rimproverato. Io vo glio, ad ogni costo, reprimere quel che c'è di bellicosa nella mia natura, ed a cui rinunzia per sempre 1 gorno in cui indossa, i paramenti sacerdotali; io vo glio sradicare dal mio essere fin l'ombra dell'eccitazione alla vio j lenza fisica, e alla vendetta. ! Io deve essere soltanto il segua ce di Colui che volse l'altra guan cia quando fu colpito dalia cef fata 'Egli disse, è vero, altre sì: date a Cesare quel che è di Cesare". A voi, soldati di Cesare spetta dare la forza, la giovinez za il sangue, per la Patria Io devo "dare a Dio quel che è di Dio" cioè le anime E devo insegnare la dolcezza e il perdono. "Queste mani consacrate a cu rare pietosamente la ferita, a se gnare la croce nel gesto dell'asso luzione, non possono, non debbo no fremere dalla febbre di strin gere un fucile, per l'assalto ma gnifico, eroico, per il combatti mento corpo a corp ner la /it toria "Ah non ridete, vi prego nuo vamente, non ridete di questa mia eccitazione! Anche esclu dendo i miei sentimenti religiosi riprese poi don Lino più cal mo vi è una considerazione di lealtà puramente umana. Le leg gi internazionali ci proteggono, impediscono che si tiri su di noi ; e dunque compiremmo un vilissi mo tradimento se impugnando un'arma ci rendessimo uguali ai combattenti. —Oh in quanto a questo, interruppe finalmente il capitano ridendo i vostri scrupoli sono superflui. Quella gente là, lo sa pete bene, non bada tanto pel sot tile; e, quando possono, tirano vo lentieri contro i sacerdoti, con tro la Croce Rossa, contro i feri ti Vedrete, vedrete! Capiterà anche a voi, e allora Allora terminò don Lino che aveva ripreso completamente l'impero su sè stesso io cadrò chiedendo al Signore che perdoni ai nemici, e che li illumini, e salvi le anime loro, poiché essi sono ac ciecati e non sanno quel che si fanno Il sacerdote era rimasto di nuo vo con gli occhi chiari e dolcissi mi assorti nella luce che veniva dalla soglia. Egli aveva una tale espressione di estasi mistica, ch« il capitano non osò più scherzare né insistere. Ma sentiva molta voglia di dire al suo compagno che aveva sbagliato mestiere. Pei bacco ! che magnifico ufficiale dei bersaglieri si sarebbe fatto con quell'uomo! Alcune settimane dopo, duran te una notte di bufera, don Lino accorreva verso una trincea di prima linea. Un reparto austria co si era avvicinato, col favor delle tenebre e della tempesta, per gettare qualche bomba den tro i nostri parapetti. I bersaglie ri erano usciti al contrattacco. C'era stata sul terreno scoperto una mischia feroce e confusa alla luce sinistra dei lampi, dei riflet tori, dei razzi, in una fantasma goria di scoppi di splendori, di fragori I nemici erano stati ri cacciati ; ma il terreno fra la no stra e l'avversaria trincea era ri masto cospaso di feriti. Bisogna andare subito, su bito a raccoglierli! insisteva don Lino, appena giunto nella trincea; ma il tenente gli faceva osservare che era impossibile; i! terreno era spazzato di continuo dalla mitraglia Più tardi si poterono incomin ciare le trattative, col megafono. Fu stabilito che prima sarebbero usciti gli italiani a raccogliere 1 loro feriti, poi gli austriaci. La rabbia della mitraglia si tacque. Alle prime luci dell'alba, don Lino accompagnato da vari por tatori con lettighe e dal vessillo bianco con la rossa croce, scaval cò il parapetto della trincea. Alla fioca livida luce di quella matti nata tempestosa, egli cercava ri conoscere i nostri ;si chinava, li chiamava, li faceva caricare sul le barelle, che svelti li portavano a salvazione. Altre voci lamentosa implora vano, sempre più in là : e don Li no si allontanava sempre più dal punto di partenza, si inoltrava in una valletta scoscesa, dove mag giore era la distanza fra le trin cee nostre e le nemiche. Si accor se di essere ormai molto più vici no a queste che a quelle ; ma non si turbò Ad un tratto un sibilo acuto gli passò presso l'orecchio. Il portaferiti che era vicino a lui si gettò rapido a terra. Tirano a noi, reverendo! esclamò. Ma don Lino nonché curvarsi, alzò fieramente la te sta, afferrò il vessillo, e lo sven tolò in aria. Ormai la luce era sufficiente perchè si potesse ve dere da qualunque punto la rossa croce sulla bianca bandiera - Altre quattro o cinque palle pasarono sinistre vicino alla sua testa. Una crepitò nell'asta del vessillo Arrendetevi gridò una voce vicina. Si-imo della Croce Rossa t rispose il sacerdote. Ma sei baionette sbucarono dai cespugli, dalel pietre, dal suolo. Egli, e due seguaci furono spinti verso il po sto avanzato nemico, dove furono cacciati giù nel camminamento col calcio dei fucil(i. Don Lino con le ciglia aggrottate ed il capo basso, i denti stretti, chiedeva al Signore la calma e costringeva la furiosa collera fremente nel suo cuore. Dopo dieci minuti di marcia si trovarono davanti ad un ufficiale tozzo, rosso, con un grugno bru tale affogato in un ispido pelame rossigno. 5