La rassegna. (Philadelphia, Pa.) 1917-????, April 21, 1917, Image 1

Below is the OCR text representation for this newspapers page. It is also available as plain text as well as XML.

    ■Both Phones
ANNO 11. No. 5
LE COSE A POSTO
Si va dicendo, si va susurran
do, si va insinuando in Colonia,
i con una gran dose di malignità
; s'intende, perchè ove la mali
gnità venisse meno, certe cose
non potrebbero sussistere, che
noi de "La Rassegna" siamo sor
ti per combattere l'Ordine Figli
d'ltalia e la Banca dei Figli d'l
talia.
Niente di più sbagliato, di più
errato, di più assurdo.
Chi pubblicamente o privata
mente, magari, ci accusa di tanto
non fa che compiere opera malva
gia, ove nell'azione prevalgano
sentimenti di animo perfido e
maligno ; non fa che sempre con
sumare opera strana ed imbecil
le ove solo il senso della superfi
ciale osservazione delle cose po
tesse consentire l'accesso al di
ritto del giudizio e della critica.
No. Noi non siamo nè contro
l'Ordine dei Figli d'ltalia, nè con
tro la Banca che dei Figli d'ltalia
ha voluto opportunamente pren
dere il nome.
Sono entrambe per noi delle ri
spettabili istituzioni cui va sem
pre l'atto tanto di cappello. Ab
biamo di tutte e due parlato sem
pre bene; quello però che non ci
va i genio in proposito di esse è il
l'atto del controllo assoluto, del
l'egemonia la più impudente, la
più sfacciata che una cricca di
furfanti e di snaturati, da tempo
affliggente la nostra Colonia,
pretende di potere esercitare sul
l'una e sull'altra senza che dalla
parte di altri, da parte degli one
sti cioè, si potesse dire o ridire
all'occorrenza in modo opportuno
o, in qualche maniera, logicamen
te.
Abbiamo scritto in altri rin
contri dell'Ordine Figli d'ltalia,
lodandone incondizionatamente la
forte compagine che, nella sua
sintesi, sta plausibilmente a di
mostrare, nè più e nè meno
peraltro di come si fa dalla par
te degl'lndipendenti, che gl'i
taliani all'Estero incominciano a
sentire il bisogno di organizzarsi
in grandi famiglie per aver dirit
to in alcun modo alla considera
zione ed al rispetto legittima
mente dovuti in mezzo a popo
lo che ci ospita, in mezzo agli a
mericani cioè che, solo da qual
che tempo, incominciano a guai 1 -
darci con occhio più benigno di
quello che non avessero mai fatto
prima. E se ciò fanno è, di
spiace a noi più di tutti il dirlo,
non per merito acquisito delle
nostre masse all'Estero, ma per
tutt'altre ragioni che trovano e
vantano la loro genesi nello svol
gimento di ragioni di indole na
zionale interna, nei rapporti im
mediati, obbligatoriamente cioè
consecutivi a quelli di politica e
stera, dato il conflitto europeo.
Abbiamo sempre e sinceramen
te inneggiato alla fusione delle
masse degl'italiani all'Estero
perchè, spassionatamente, ab
biamo sempre ritenuto che solo
da una fusione stretta, compat
ta, cosciente, informata a princi
pii fattivi e non distruttivi, noi
italiani potessimo dire sempre e
sufficientemente all'estero. Di
sgraziatamente però all'estero il
più grande, il maggiore dei nemi
ci dell'italiano, del nome italiano,
del prestigio italiano, è l'italiano,
sempre l'italiano.
Perchè si segua e si coltivi tan
ta condotta, noi non siamo mai
riusciti a comprendere, nè a spie
garci in alcun modo. E' cosa cer
<* IT ALI A N WEEKLY NEWSPAPER
Devoted to welfare and advancement of the Italiana in America
S. LIBERATORE, Direttore
•ita però che tutta questa nostra
, strana condotta, tutto questo no
i stro strano procedere non fa che
•j nuocere, seriamente e positiva
s mente nuocere agl'italiani che
: j credono di riporre, di affidale a
■ gl italiani maggiori la loro fidu
i eia, quella fiducia cioè che, altri
menti, andrebbe chiamata buona
fede nell'affidare ad altri il man
i dato per l'esperimento delle pro
prie ragioni.
i Per quanto significa l'istitu
. zione della Banca Statale "Figli
i d'ltalia", noi non abbiamo a ri
: petere che sia essa la benvenuta
. in mezzo a noi, solo però se viene
. con intendimenti per davvero e
. | satti circa l'espletamento di una
funzione dicente a pieno o che po
. I tesse dire anche in piccolo modo
di evoluzione coloniale, di interes
-11 se coloniale. Perchè ove il pro
gramma generale della massa de
t gii azionisti dovesse essere il con
trario, dovesse avere cioè di mira
la lotta ad altre istituzioni ita
. nane del genere, oppure l'assurda
. pretesa di volere e saper fare
. meglio degli altri e contro degli
. altri, noi, dal nostro povero po
i sto di giornalisti che non sono u
| si a scrivere per accondiscendere
passivamente alle volontà altrui,
i sentiremo sempre, per impulso
i e scatto di coscienza semplicc
i mente e non per altro, il dovere
, di patiate ed v: :or«e*£ awrtovwc v
Riepilogando, sia nei rapporti
dell'Ordine dei Figli d'ltalia, sia
in quelli che riflettono l'istitu
zione che da esso ha voluto pren
dere il nome, noi dobbiamo, sen
tiamo il dovere di rispettare, in
massima, e l'una e l'altra istitu
• zione. Tanta professione di fede
1 e di rispetto non ci è dettata,
I si noti esi noti bene, da sensi
di paura o di qualsiasi altra cosa
1 del genere; è solo in base ad un
solido principio di disquisizione e
di critica giornalistica che noi
parliamo.
Si noti però che noi siamo de
terminati, assolutamente deter
minati di alzare la voce, forte
mente e vibratamente alzarla o
gni qualvolta nel seno di queste
due rispettabili istituzioni si ab
bia menomamente ragione a ri
dire per l'infiltrazione preponte
' rante e malintenzionata in mez
' zo ad esse di elementi che la più
parte della nostra Colonia seppe
da tempo riprovare non solo, ma
aborrire anche.
La Rassegna
Comunicato
Sig. S. Liberatore
direttore de
"La Rassegna"
Sono un appartenente all'Ordi
; ne Figli d'ltalia; partecipo però
> dell'Ordine fino quando mi si
• riesca a dimostrare che esso sap
) pia veramente giovare agl'inte
ressi operai, cioè a dire ali inte
■ resse di quell'operaio che usa e sa
i veramente usare delle sue ener
; gie, delle proprie energie per as
■ solvere dignitosamente il com-
I pito difficilissimo della vita di
• oggigiorno.
Io sono membro della "Loggia
, Atalia"; fui presente, passiva
mente presente alla seduta che
detta Loggia tenne la sera di
i martedì scorso. Dico passivamen
• te presente, perchè io, poco o
■ niente desideroso di emergere in
PHILADELPHIA, PA., SABATO, 21 APRILE 1917
mezzo alle assemblee, non sono
uso farmi notare per partegiante '
dell'una o dell'altra fazione che in '
mezzo a tale loggia si contendo
no e si contrastano il primato j
semplicemente oratorio.
Io che scrivo si noti sono
un operaio. Sentii in quella sera
parlare molta gente in favore
della classo operaia. Vincenzo Ti
tolo da una parte, i fratelli Di
Silvestro dall'altra. Gli operai ap
plaudivano, sentivano giusto ad
applaudire ai discorsi, o per me
glio dire alla chiacchiere incon
cludenti dell'uno e degli altri; ap
plausi in "sine fine" e ovazioni a
"not plus ultra" agli spunti ora
tori dell'una e dell'altra parte.
Però, io credo, ben pochi capiva
no che tutta quella roba era pro
venienza di un armadio assoluta
mente affaristico, vergognosa
mente affaristico. Titolo disse
contro i Di Silvestro; i Di Silve
stro seppero rispondere a Titolo.
Tutta questa gentilissima gente
volle e seppe artificiosamente
parlare in nome della classe ope
raia.
Quando si trattò però di ad
divenire alla nomina dei delegati
per la prossima suprema con
venzione dei Figli d'ltalia, i fa
voliti dell'urna cieca e sempre
imbecille sono stati i fratelli Gio
vanni e Giuseppe Di Silvestro e
Vincenzo Titolo, nessuno di que
sti può dirsi con coscienza vera
di essere operaio; quelli vera-
Agli uscieri dalla
"Per copia conforme"
Vi siete affannati, vi siete
scalmanati, vi siete indotti o ri
dotti a risponderci per conto
non vostro, giacché voi siete as
solutamente deile meschinità in
materia di vita coloniale, ma
per mandato imperativamente
dovuto agli inetti ed agl'impoten
ti. Nemmeno sotto la fal
sariga impostavi dai vostri pa
droni, ci siete apparsi nè servi
coscienti, nè uomini e nè tampo
co giornalisti. Vi dovremmo su
bito dire: andate al diavolo, alla
malora, perchè siete semplice
mente dei grandi imbecilli e
quindi non sispondervi nemme
no; ma siamo pur grandi e gene
rosi noi per non sentire il bisogno
di prendervi sotto la protezione
ilei nostro manto sociale-giorna
listico coloniale.
Stiamo da tanto tempo assi
stendo allo scandalo veramente
deplorevole e vergognoso all'i
stesso tempo di gente che, pur in
Italia essendo andati oltre il gin
nasio, il liceo e l'università, dan
no prova in Colonia di professio
ne giornalistica bastarda e mer
cimoniosa. Deploriamo questo
fatto con tutte le forze dell'animo
nostro, e ce ne addoloriamo, al
contempo, sia per quelli che si
prestano a tanto giuoco, sia per
gli altri che per tanta povera,
stupida, mercimoniosa opera,
credono di farsi sgabello per
montare sublimi nel campo delle
nostre cose coloniali.
ls- i/
7Tsi sì
Don Tommaso l'ineffabile,
il sempre ineffabile Don Tomma
so Catalogna, immemore di pre
cedenti dichiarazioni che lo han
no sempre fatto compatire nei ri
trovi pubblici o privati dove gli
viene, sempre per pura e sempli
ce elemosina o che, in altri ter
mini, si voglia o si possa dire pu
mente dalla coscienza pulita, co
me può sempre essere la coscien
za di un onesto operaio. Potran
no essi essere dei grand'uomini
in altro campo, ma in quello ope
raio no, assolutamente no.
E' curioso, egregio direttore
de "La Rassegna" che certa gen
te vinca, riesca a vincere delle
cause in nome della classe ope
raia, solo in base ad un program
ma che è tutto un insulto, tutto
un oltraggio alla classe operaia.
Quando arriveranno a compren
dere tutto questo i nostri operai?
10 sono di quelli, egregio signor
Liberatore, che combatto ad ol
tranza per l'Ordine dei* Figli d'l
talia; però certi cibi, alibccorren
za, in occasione, ntìn 4 vogliono,
non possono assolutamente anda
re giù. Conviene, allora, ricorrere
al modico ed il medico, in questo
caso, in questo difficilissimo ca
so siete voi. Sappiate curare a
dovere.
Un membro della
"Loggia Italia"
11 comunicato cui abbiamo da
to pubblicazione non ha bisogno
•li commenti; è eloquente a me
r;\vi«rlia in tutta la sua interez
za. I ,o conserviamo nel suo origi
nale, anzi lo manteniamo a dispo
sizione di chiunque potesse es
ser colto dalla debolezza di tocca
re empre con lo mani per crede
re.
n .d r.
ia e semplice pelosa carità fra
terna, accordato un pochino di
compiacente attenzione, s'è im
pennato a guisa di asino di
pantelleria ferocemente e, gui
dato ed assistito in parecchi
punti dall'altrui falsariga, ha
tentato di andare in alto, di vo
lare in aito, a guisa di Icaro, di
menticando o ignorando addirit
tura che le ali di cera son destina
te sempre a perdere ogni virtù al
semplice, immediato contatto dei
raggi portentosi del sole, raggi
scovritoli e purificatori di tanti
germi maligni ed insidiatori del
l'uman genere e di tutto ciò che
di genti e genere delle genti po
tesse sempre dire in qualunque
modo.
Don Tommaso Catalogna, sem
pre sfruttato in tutto il succo
delle sue invertebrate forme dai
compari di cui oggi ardisce pren
dere le difese fu sempre com
patito da noi nelle sue supi
ne velleiteà giornalistiche, e
tutto questo per solo rispetto a
monna senilità che, burbera e
minacciosa, s'erge sul di lui ca
po più a castigo della sua perfi
dia d'animo che della somma dei
suoi parecchi anni.
Don Tommaso Catalogna, dopo
aver permesso ad altri di scrive
re, giacché egli'non ha mai a
vuto nè il diritto e nè l'abilità di
scrivere sulle colonne di un gior
nale, — insulsaggini e vituperi a
riguardo e nei riguardi dei ban
chieri privati, allorché si trattò
di gittare e far fecondare il se
me per la banca statale che oggi
lo ha pensionato 1 a guisa d'invali
do reduce valorosissimo delle pa
trie bottiglie, se ne vien fuori
con delle frasi paliative a riguar
do dei banchieri privati ; e tutto
questo lo fa con una prosa che sa
più di lavandaia che di ordinario,
icomune giornalista coloniale il
quale non sa, non può guardare
più oltre del proprio naso probo
sceidale.
Non sapremmo definire tanta
anfibia condotta da parte di chi
posa per davvero a giornalista
magno e sommo in mezzo al no
stro ambiente, ove non ci fosse
dato di conoscere a fondo uomini
e cose, storie e disgrazie, vita e
miracoli di tutto l'orbe coloniale
!di un ventennio a questa parte,
i Trattandosi però di un Tommaso
Catalogna, celebre per le requisi
torie che usa fare contro i fra
telli Siamesi ogni qual volta qual
cuno gli paga da bere per farlo
parlare, la cosa può anche passa
re sotto il manto caritatevole di
una generosità d'animo che ci fe
ce sempre distinguere in mezzo
alle genti di nostra Colonia.
A voler contentare tutta la prosa,
stupida, illogica, assolutamente
meccanica del nostro Don Tom
maso, significherebbe fare il
giuoco semplicemente di altri e
non suo, giacché il poveruomo,
l'eroe del "teaccuino del pubbli
co" non ha scritto, oppure non si
è fatto tenere la penna scrivendo,
se non sotto la minaccia di poter
perdere i venticinque scudi men
sili dell'avviso per il giornale ser
votta e le venti pezzarelle setti
manali che, appena la scadenza
lei primo semestre costringeran
no la banca nostra ad un assess
ment superiore di quello che non
avrebbe mai potuto avere ove al
j l'ufficio di impiegati non avesse
preposti dei giornalisti che, con
U. loro coltura, vr.n » q oltre il
liceo e l'università.
: E' pregio dell'opera però, e sa
remmo degli asini se non lo fa
cessimo, mettere in rilievo come j
Don Tommaso, chissà forse se
presente o assente la nostra sim
patica Donna Giovannina, si sia
voluto dichiarare uno dei rivendi
catori più strenui della nostra o
pera, del nostro apostolato gior
nalistico.
Sentano i lettori che cosa ci ha
egli voluto dire con la sua epi
stola :
"Nel giro di pochi anni sono
surte in colonia tre aziende ban
carie italiane : la Italian Co-Ope
rative Banking Associatimi, tra- !
sformatasi ultimamente in South
Philadelphia State Bank ; la Eco
nomical Co-Operative Banking
Association e la Sons of Italy
State Bank.
"Intorno alle due prime la
stampa non ha trovato nulla a
ridire, anzi fu loro piuttosto lar
ga di incoraggiamento, pur sa- \
pendo che a danno dei nostri po
veri connazionali bisognosi si o
perava un certo tal quale strozzi
naggio, in virtù del quale era pos
sibile dare agli azionisti larghi
dividendi, che han ripagato loro
il capitale investito.
"Se vi fu alcuno che mosse un
attacco contro una di esse, e se
non andiamo errati, contro due e
due, fu appunto il pennaiuolo che
ora di entrambe si è fatto pala
dino".
Anche un principiante mastur
batore in giornalismo saprebbe
leggere attraverso tanta eloquen
tissima prosa: La Co-Operative
Banking Association e la Econo
mical Co-Operative Banking Ass.
1 vennero su in colonia con deter
minata intenzione di esercitare lo
strozzinaggio. Intorno alle opera
zioni di queste due banche dice
ed asserisce Don Tommaso sulla
fede dei suoi cinque lustri di vi
ta giornalistica "la stampa
> non trovò nulla a ridire, anzi fu
loro piuttosto di incoraggiamen
to ecc. ecc." Tra questa stam
ipa incoraggiatrice stavano Don
Tommaso, i suoi padroni ed il ri
manente dei giornalisti che van
no oltre il ginnasio, il liceo e l'u
niversità. "Se vi fu alcuno che
mosse un attacco contro una di
esse seguita a sciorinare Don
Tommaso Catalogna e se non
andiamo errati contro tutte e
due (sì, proprio contro tutte e
due, n. d. r.) fu il pennaiuolo
ecc "
Noi non abbiamo mai voluto
1 menare il vanto di essere riusci
ti con una serie completa di arti- 1
coli serrati ad indurre le banche
co-operative, e più specialmen |
te quella delle undici strade, a
cessare dallo strozzinaggio cui a- '
vevano creduto darsi per ragioni J
tutte interne di azienda, giac
ché non fu mai prerogativa no
stra quella dell'auto-decantazio
ne ma se altri ci riconoscono
il merito di certe azioni, non ci
rimane che cortesemente ringra
ziare. Furono allora gli altri a
tollerare, anzi ad incoraggiare lo
strozzinaggio ; noi a combatterlo I
t ino a vincerlo. Lettori, avete j i
bisogno di commenti ulteriori?!
Non crediamo perchè non abbia-1
mo mai creduto che voi foste di <
quella tal quale ignoranza che vi ;
si vuole sovente attribuire dai no
stri giornalisti sommi.
Se poi dalia banca delle undici ,
strade "avemmo" dei denaro a i
campagna Unita, diremo in al- !
no numero, rsoi siamo sempre '
qua per dare conto di noi, del no
stro presente, ui tutto ciò che|
riguarda noi «..quelli che stannoj
t*on noi. Ci piace la luce sempre e
dovunque, e se altri tenta di to
gliercela, noi non sapremo per
donare.
Ed ora una parola, una sola ■
parola all'orecchio al grande gior- 1
nalista Catalano che osa impen
narsi senza ragione e che solo
per mandato ricevuto corre al 1
salvataggio di taluni naufraghi 1
pericolanti :
Tieni o non tieni sempre a
niente tutta la maldicenza che
per mesi, per anni interi sei an
data facendo contro i fratelli Di
Silvestro? Non ti ricordi quanto
ne hai detto e contro l'uno e con
| tro l'altro, in ispecial modo con
! tro Peppuccio che secondo le
tue asserzioni ti aveva rubato il
frutto dei sacrifici di cinque lu
stri di giornalismo? Senti anco
ra, Don Tommaso carissimo, av
vicinati un po' p:ù alla nostra vo
ce e tendi bene le asinine orec
chie : Ti ricordi quando sei anda
to, mentre facevi la campagna
prò istituenda banca Figli d'lta
lia, a premurare il signor Frank
Bisciotti perchè dicesse a quelli
della South Phila. State Bank che
tu, armi e bagagli—fortunamen
te sfiatati—con tutto il tuo gior
nale saresti stato disposto a pas
sare dalla parte loro e schierarti
contro gli altri ove ti avessero as
sicurato un compenso di cen
to dollari al mese ?
Con la proposta facesti ridere e
più di tutti rise—anti ti compian
se, cosa peraltro che non avrà
mai ragione di fare a riguardo
: nostro, quel grand'uomo di
Ciccio Palumbo che tu hai pur
; tante volte insultato non ostante
ti pagasse puntualmente sei pez
zarelle al mese per l'avviso.
Via, Don Tommaso, non ardi
re di parlare ; lascia stare la pen
na, cessa di fare il giornalista o
■ per lo meno non conformare
i quello che solo altri ti costringo
no a pubblicare e rimani, rima
i ni sempre quel maligno compi
i latore che sei de "Il Taccuino del
Pubblico" e del "Diario della
■ Guerra". Quando un'altra volta
5 soldi la copia
UFFICIO : 920 So. lOth Street
ti vorranno lanciare contro quel
brigante di Silvio Liberatore sap
pi rispondere, negandoti: "An
diamo a fare un bicchiere "
Silvio Liberatore è un osso
troppo duro perchè certe mascel
le sganassate potessero essere
capaci di intaccarlo menoma
mente.
Ed ora a te, o Angiolo Curi.
Tu hai scritto tre lunghe, fit
te, compatte e ben nutrite colon
ne di prosa che vanno oltre il gin
nasio, il liceo e sorpassano pure
l'università.
Noi provenienti dalla terza
classe elementare non abbiamo
potuto comprendere delle tue tre
colonne se non l'ultimo periodo:
"Io posso bene permettermi il
lusso di pisciat e allegramente po
lirà i vostri squallidi singulti"
I ecc.
Ebbene, caro Angiolo Curi : se
hai creduto di pisciare tu sulle
tue tre colonne di prosa, non vo
gliamo commettere la scostuma-
I tezza di pisciarci noi. Siamo edu
! cati noi della terza classe elemen
■ tare più di quello che non sap-
I piano essere i provenienti dai li
cei e che lambirono pure l'univer
; sita.
Il galateo innanzi tutto.
Silvio Liberatore
A ciii possa imerissare
Allorquando Silvio Liberatore
| mi richiese per la costituzione di
una compagnia editrice, delia
quale poi sono stato nominato
presidente, aderii di buon grado
alla richiesta per due semplicis
sime ragioni: la prima perchè
conoscevo da parecchi anni il si
gnor Liberatore, e mi sentivo a
lui ligato da vincoli di buona ami
cizia per stimarlo e come uomo e
come giornalista ; la seconda per
che mi convinsi delle ragioni che
mi si addussero intorno alla ne
cessità d'avere in Colonia un fo
glio ben l'atto non solo, ma indi
pendente anche. Queste garenzie
peraltro le trovavo non nelle sem
plici affermazioni, ma in tutto un
passato di movimentato ed one
sto giornalismo coloniale che sta
e starà sempre per dire di Silvio
Liberatore.
Accettando poi la presidenza
della compagnia editrice, seppi di
assumere delle responsabilità e
le assunsi con piena coscienza.
Non si venga quindi a parlare di
presidente "travicello" o di altre
storie, perchè tutto questo non
potrebbe rimanere che una sem
plice, stupida affermazione di
gente abituata a vedere sempre
con gli occhi degli altri.
Angelo Cusano
RIDI, PAGLIACCIO...
11 generale austriaco Koevess
ha detto qualche cosa che non bi
sogna lasciar perdere disatten
tamente. Ha detto: Oh, l'eser
cito era scettico per la possibili
tà di una pace rapida; e "la causa
; del suo scetticismo era il contat
to col nemico". Se i politicanti
vedono le cose a modo loro e se,
lungi dai campi di battaglia, i
"contatti" possono essere d'ogni
specie e mettiamo anche d'ogni
risma, sui campi di battaglia do
ve non rimane posto o comodità
sufficiente per gl'intrighi c'è una
sola ma capitale materia di giudi
l zio. 1 soldati austriaci del gene
i rale Koevess notavano che il ne
i mico il nemico combattente