La rassegna. (Philadelphia, Pa.) 1917-????, April 14, 1917, Page 4, Image 4

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La notte insonne
Lunga, lui La, tormentosa, an-,
gosciusa. .Nuli iiiipoiUi se .a co
ne lenza e tranquilla, quanuo non
« uanquiiio e regolare U iunzio
namenio deli'organismo: la not
te insonne e ugualmente op
pressiva per il colpevole cne sen
ie neu manìa. . assillo memorabile
dei rimordo, quanto pei" 1 inno
cente che ..a splendide luci nel
l'anima ed immense dolcezze nei
cuore; e ugualmente oppressiva
per chi sente oitre n sonno ed
oltre la veglia, nella realta in
combente l'urgenza di risolu
zioni improrogabili o di dolori
che non è possibile umanamente
evitare ; e per chi, solo desideran
do il necessario riposo, abbando- '
na fra le coltri il corpo stanco,
attendendo l'oblio ristoratore che
a molte fatiche è compenso e di
novelle energie fecondo.
notte insonne raggiunge
uuvoita certe intensità' ai pa
rossismo che le danno tutta 1 es
senza, di un anima tormiuauiie e
spaventosa, cne opprime in uno
spasimo intendo, ineducabile, 1-
nesprimiuile. il si concreta in u
na sofferenza che ai attutisce e
s'intensifica a volta a volta sen
za interrompersi mai: sofferen
za fisica che porta seco, come ;
necessaria conseguenza, una gol- j
ferenza morale ; entrambe crude
li, terribili, insostenibili.
Non e la fantasia che detta,
non è l'immaginazione che lavo
ra: e chi non ha provato non po
trà' mai comprendere quale som
ma di esperienza queste righe
contengano.
Il sangue corre per le vene con
più forza e picchia con più fre
quenza alle tempie ed ai polsi : e
un po' di febbre. L'insonnia, qua
lunque sia la causa che la gene
ra, è spesso accompagnata da au
mento delia temperatura, che ci
da' un'agitazione fastidiosa co
me se avessimo minutissime spi
ne acuminate fra le coltri. La
notte ci stringe come in una mor
sa di strazio, ci opprime e ci an
gustia; ci pare che un immane
mostro cattivo ci tenga sotto di
sé con un ginocchio sul nostro
petto. E noi ci voltiamo, ci rivol
tiamo, torniamo a voltarci or di
qua or di la', prendendo nello spa
zio di pochi minuti dieci posizio
ni differenti, accoccolandoci e di
stendendoci, raccogliendoci e di
stenendoci ancora, senza che il
conforto d'una positura sia appe
na superiore a quello arrecatoci
dalla precedente. Le tenebre ci
danno noia, il silenzio ci da' noia ;
il minimo rumore ci irrita, il più
piccolo suono ci urta; l'ansito
lieve del nostro stesso respiro ci
fa male. Se ci copriamo si ha
troppo caldo: ci si sente soffoca
re, ci si sente morire; se ci sco
priamo si ha troppo freddo: ci si
sente gelare, ci si sente ugual
mente morire. La testa si è fatta
pesante, ed arde e freme e sof
fre; le palpebre si sono fatte pe
santi, ed ardono e fremono e sof
frono.
E' una sofferenza lenta e te
nue che nonostante è terribile.
Terribile perchè è tutta raccolta,
concentrata in noi stessi e non è
possibile comunicarla alle tene
bre e al silenzio che ci sono intor
no perchè in essi si propaghi, in
essi si diluisca, in essi si perda
E' un principio di delirio che non
si intensifica ma che snerva, che
esaurisce, che annienta. Non si
può sopportare l'oscurità', non si
può' sopportare la luce; si vor
rebbe ragionare, fare uno sforzo
di volontà per ribellarsi al mar
tirio, alzarsi, camminare, fuggi
re, scacciare l'incubo incipiente,
soffocare l'affanno, annientare la
pena ; e si rimane lì accasciati, in
una semi-incoscienza che attuti
sce tutti i sensi e tutti i senti
menti e fa anche perdere la per
. cezione del luogo in cui si è, del
la posizione nella quale il corpo
si trova. Siamo voltati a destra e
ci pare di essere supini; siamo
voltati a sinistra e ci pare di es
serlo a deatra. E, altro fenome
no strano ed inesplicabile, pare
I anche di sentire una soluzione di
continuità nell'armonia dei mo
vimenti cne ogni nostro arte
compie in relazione ali arto cor
rispondente. E' la stessa sensa
zione che l'uomo prova talvolta in
momenti di estrema confusione,
quando, ad esempio, si senta col
to in fallo.
Àeila notte insonne queste sen
sazioni si lanno più uurevou e
proionue. £. si veuono tose cntr
non si trovano allatto dinanzi
alle pupille, si odono suoni e ru
mori cne non pervengono allatto
alle nostre orecchie. Lm armonie
gli stridori, le dissonanze della
notte giungono ai nostro organo
deturpati ed incomprensibili. l,'o
scui'ita ìreiue, il silenzio vibra : e
come un misterioso palpito Ultra
terreno che avvivi queste due
potenze della notte, è come un
soffio di mistero che passi per
i aria e scuota ad onde consecu
tive e lente, insistenti, incalzan
ti. in quelle tenebre si vedono te
nebre più profonde, macchie più
cupe ancora che passano, ripas
sano e tornano come ombre fan
tastiche m taciturna sfilata ver
so il nulla Nell'alto silenzio Si
percepiscono silenzi ancora più
: alti, silenzi ancora più intensi che
sgomentano e danno come un bri
! vido di freddo. Ci si sente come
immersi in un fluido sconosciu
to che ci tiene e ci culla, traspor
tandoci in un viaggio apocalittico
per inesplorate plaghe di eterno
abbandono. Si ha la intuizione
indistinta, ma persistente, di
qualche cosa intorno a noi, che
* non si tocca che non si sente ma
che si muove e ci sfiora e ci ac
carezza e si allontana, tenue, e
vanescente, impalpabile come u
n'onda di energia che provenga
da irraggiungibili lontananze, ol
tre il mistero della vita, oltre il
mistero della morte, oltre il mi
stero dell'essere e dell'eternità'.
Se si chiudono gli occhi si ve
dono giuochi rapidi e complicati
di luce e di ombra; guizzi e ba
gliori che si intrecciano e si sus
seguono, scintille che scattano,
che scoppiettano e s'inseguono,
descrivendo parabole ed archi,
componendo fulgidi scherzi che
si àlternano sempre differenti e
simmetrici come nell'interno di
un caleidoscopio. Anche attra
verso le palpebre abbassate si ve
dono cose bizzarre senza un ri
scontro nella realta', cose assur
de senza un riscontro nella vita:
cose fuggevoli sulle quali la no
stra attenzione rimane momen
taneamente incatenata senza vo
lerlo e sulle quali però non può'
affatto fermarsi, anche volendo.
E strani pensieri passano per
la mente: strani ed orribili e
spaventosi e raccapriccianti.
Strani ricordi si ridestano in pre
senza di cose e di visioni che con
essi nulla hanno di comune, nul
la di simile, nulla di lontanamen
te correlativo. Ed ancor più stra
ni ricordi concomitanti si accom
pagnano a quei primi, deforman
doli, travisandoli, trasformando
li. Nuove rappresentazioni si af
facciano in folla alla nostra co
scienza e ciascuna da' alle cose
che noi pensiamo o ricordiamo
una delle proprie essenziali ca
ratteristiche.
Ne consegue una visione ibri
do-fantastica, che ci riesce nuo
va senz'altro pur parendoci anti
ca. Molte cose e molti fatti ci ap
paiono alterati ingranditi smi
i nuiti nella loro essenza. E ci sen
tiamo profondamente diversi da
noi anche noi stessi. Nell'anima
, nostra passano e si alternano i
i sentimenti più disparati. Rimor
i si di colpe non commesse, impe
• ti, rinunzie e desiderii che non si
- saprebbero nè spiegare nè com
- prendere, bontà' inusitate e cat
tiverie non mai volute, tenerezze
J e rancori, diffidenze e speranze,
z accasciamenti e certezze. Tutto
J in una ridda che non cessa e che
- ci lascia come desolati della no
- stra medesima stupefazione.
e L'assurdo e l'impossibile prendo
LA RASSEGNA PHILADELPHIA, PA., SABATO. 14 APRILE 1917
no ore ve torma e consistenza
momentanea. Si nanno paure
insensate e dubbi che spaventa
no : pare che una parte di noi ab
uia trasmigrato di la' dalla ter- j
ra, verso mondi sconosciuti e lon
tani, e clie una parte di un mon
do sconosciuto e lontano ci sia
venuta incontro tenebrosa e mi
steriosa. Fluttuano larve nell'a
ria ed ondeggiano parvenze: i
gnoti aligeri di altri regni ci sus
surrano mute parole che noi non
comprendiamo: si è nella realtà'
e fuori di essa: si è nella vita e
nel sogno: l'illusione ha tutte le
apparenze del fatto, il fatto tut
te le apparenze dell'illusione. Il ;
nulla, l'assoluto, l'infinito, l'eter
nità danno della loro essenza
sensazioni che sgomentano. E lo
sgomento stesso si manifesta in
una forma passiva che non ci
sorprende. Le tenebre hanno per
noi mille occhi, il silenzio mille
labbra. Infinite mani si proten
dono e si intrecciano sul nostro
capo; fremiti di mistero scuoto
no quelle tenebre e fanno vibrare
quel silenzio; brividi di follia pas
sano nell'aria, l'anima ri si fon
de, vi si diluisce, vi si immede
sima; non sentiamo più di esse
re sul nostro letto, nella nostra
camera, in casa nostra. Siamo
sperduti nel caos. E quello sgo
mento nostro cede il posto da u
na sonnolenza pesante che da' al
la veglia penosa una parvenza di
abbandono.
Il sonno, il desiderato, l'invoca
to sonno, è finalmente vicino:
ma oramai è già' lontana la not
te. L'alba ha già' scacciato le te
i tebre ed U sole sta per sorgere
> nel trionfo stesso della sua luce.
La notte insonne è un tormen
i to che ci viene dall'infinito: ed
; essa può racchiudere in sè il su
i premo significato di una pena
• meritata, di una minaccia non
■ vana, di un ammonimento che.
rimane impresso nella mente,
. perchè passato attraverso i mo
• ti dell'anima, in un momento nel
I quale essa, tutta racchiusa nel !
suo mistero', si sente più vicina
all'eternità' sua origine e sua
" fine
i ! Gavino Boy
HA FATTO FIASCO!
E' un modo di dire comune :|
, tutti lo ripetono, specie quando si
, tratta di opere teatrali, in prosa
od in musica: e tanto più volen
tieri lo dicono i colleghi del
l'autore fiascheggiante ! Ma
quanti conoscono l'origine di co
desta frase? Biancolelli, il cele
bre arlecchino, recitava da varie
sere in una commedia fortunata,
facendosi specialmente applaudi
re in un lungo monologo che egli
> diceva, con festevoli smorfie, te
nendo in mano un oggetto ad o
. gni recita diverso, ora una lette
ra rinvenuta in casa della sua
innamorata, ora un cavastivali, j
ora una parrucca, e così via, su- -
scitando sempre la più fragorosa
ilarità'. Una sera venne in iscena
con un fiasco nella destra : non e
ra egli in vena o il monologo era ,
insipido? Sta il fatto che il pub- 1 '
blico non rise. Allora Biancolelli,
volta la parola al fiasco, esclamò : 1
"E' colpa tua, se stasera sono u- |
na bestia!" e se lo butto' dietro'
le spalle. Il pubblico rise, ma il ;
successo mancò per quella sera. ; i
Da allora in poi, quando ad un
artista toccava una sorte Bimile, !
si uso' dire: ' E' il fiasco d'arlec-1 1
chino!" oppure: è un fiasco, ha
fatto fiasco!
DARE A BIZZEFFE
ì Tutti sanno che vuol dire. Ma
i l'origine ? Eccola. Quando il som- j
1 mo magistrato di Roma voleva,
- fare grazia illimitata ad un sup- (
- plicante, scriveva sotto il memo
i riale: Fiat, Fiat. In seguito, per;
- brevità', segnava soltanto F. F. 1
- Per la quale ragione chi ottene- i
ì neva tale favore soleva dire: "Io
, ho avuto la grazia a bis effe"
j cioè con due effe, che significava 1
ì "interamente" in contrapposto a |
- quella limitata che portava una
F sola. Corrottasi poi la s in zz, '
- ne nacque il termine bizzeffe. I
GUGLIELMO TAGLIALEGNA
L'imperatore Guglielmo 11,
grande amatore degli esercizi fi
sici e dello sport, prima che scop
piasse la presente guerra, si di
vertiva a fare il taglialegna nel
(parco di Sans-Souci. Parecchie
volte, mentre l'lmperatore, in
pieno inverno, vestito col suo co
stume da caccia, si divertiva a
spaccare il legno con colpi di a
, scia da maestro, l'lmperatrice
assisteva al divertimento delirio
imperiale consorte e ogni volta
che con qualche colpo magistrale
i i'lmperatore spaccava dei grossi
| tronchi d'aiberi, l'lmperatrice si
lasciava sriggire grida di ammi
razione. E' inutile aggiungere
'•he il legno spaccalo dall'lmpe
ratore Guglielmo II veniva im- '
piegato pei bisogni del parco
stesso e che i giardinieri lo con- i
sideravano come una cosa sacra.
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