Nell'Ordine Ind. Figli d'ltalia Grazie all'attività straordina ria che, da qualche tempo a que sta parte, s'è andata spiegando dai maggiorenti dell'Ordine nello Stato di Pennsylvania, le file de gl'lndipendenti si vanno giornal mente ingrossando. E' questo un indizio sicuro ed eloquente al l'istesso tempo che l'Ordine In dipendente dei Figli d'ltalia rag giungerà presto e senza molti o stacoli quei grado di potenza col lettiva cui seppero mirare i suoi fondatori, asservendone sincera mente le pagine del programma ad ideali nobilissimi e ad uno spirito di italianità vera, intima mente sentito, coltivato sefiza reconditi fini, spassionatamente, così come solo quelli che amano l'ltalia e gl'ltaliani sanno e pos sono fare. Niente camerille dai fini loschi o semplicemente puliti, nessuna idea di egemonia, nemmeno il pensiero di piccoli o grandi sfrut tamenti, non pretese czaresche e camorristiche, nè accampamenti a diritti enfiteutici sulle merce di bottegaie e sulle cariche si ha motivo di deplorare e di condan noare in mezzo alle schiere ri spettabilissime dell'Ordine Indi pendente dei Figli d'ltalia. Il concetto della fratellanza pura e semplice, del mutuo soccorso op portunamente e doverosamente spiegato ed effettuato, quello in fine di dare, ed a ragione, più prestigio al nome italiano in ter ra straniera; ecco i cardini capi tali sui quali si fa agevolmente girare il grande asse che imper nia tutto il grande programma dell'Ordine. Queste e non altre sono state le ragioni che hanno indotto un gran numero di nostri stimabili connazionali, sempre restii fino a qualche tempo fa all'idea delle associazioni in genere, ad entra re nell'Ordine Indipendente, e la loro entrata si noti non è avvenuta così alla cicca, per semplice condiscendenza all'ami co o al conoscente sollecitante, ma solo perchè s'è fatto toccare con mano quella verità di cui si sentiva il bisogno assoluto, indi spensabile per la decisione del caso. Adesso che nuovi elementi, probabilmente tra i migliori in mezzo ai nostri connazionali, sono entrati a far parte della grande famiglia dell'Ordine In dipendente, c'è da aspettarsi di conseguenza e con tutta certezza un nuovo e maggiore impulso al le cose dell'Ordine istesso. Lad dove le energie aumentano, la produzione deve aumentare di pari passo, e sarà grande e sin cero il nostro compiacimento ap pena l'Ordine Indipendente dei Figli d'ltalia avrà raggiunto quel grado di importanza coloniale che è nelle finalità non solamnte dei suoi fondatori, ma anche di tutti gl'italiani che sentono il princi pio dell'onestà e la religione del dovere. Non è molto che venne in men te a parecchi sia dell'uno che del l'altro campo, di propugnare la fusione degl'"lndipendenti" con i "Figli d'ltalia" originariamente detti. Vi furono delle discussioni su qualche giornale, ma queste discussioni furono semplicemen te vaghe e passeggiere ; manca rono fra l'altro del merito essen zialissimo dell'argomentazione positiva perchè si potesse appro dare a qualche cosa di concreto. Come accade però, quasi sempre, in tutte le nostre cose di colonia, le discussioni, oltreché vaghe e passeggiere, furono anche mon che e brevi fino al punto da non riuscire ad interessare se non po che, pochissime persone,forse so lo quelle che pensarono di trattar la quistione così tanto per trattarla. La proposta, discussa e dibattuta tesi, sebbene senza contradittorio, cadde sotto il pe so di una rachitide ingenita e non se n'è più parlato sin d'allora. Noi che demmo alla cosa la do vuta importanza, come importan za va sempre data alle proposte che hanno, non fosse altro, il me rito dell'obiettività sincera, e questo merito è doveroso ammet tere in tutto e fino a prova in contrario, avemmo in buon concetto quelli che propugnava no la fusione dei due Ordini ; ma non sapemmo nemmeno riprova re tutti quelli che della fusione non ne vollero sentire. Così pen sammo allora, perchè in certo modo estranei alle due t'azioni e non volemmo interloquire in nessuna maniera ; oggi però, sic come della fusione si parla an cora ed ove fosse il caso di inta volare intorno ad essa discussio ni e polemiche, saremmo recisa mente contrari e combatterem mo ad oltranza perchè non avve nisse. Ne accenniamo fugace mente le ragioni : Per quanto a nessuno ricono sceremmo mai il diritto di fo mentare e secondare odi, rancori e rivalità di qualunque specie tra i due Ordini Figli d'ltalia, pur tuttavia approviamo che essi co stituiscano sempre due fazioni differenti, non fosse altro per e mularsi e gareggiare nelle buone opere, controllarsi, riprendersi e riprovarsi a vicenda nelle cattive azioni veramente détte ed anche TANTO PER DIRE DI PALO IN FRASCA Col vento che spira, parola d'o nore, rinunzio a fare il Re, an che a costo di contrarre un . de bito. Mentre tante volte in mia vita ho avuta l'occasione di escla mare: Se l'ossi Re! E quante cose mi sarei ripromesso di fare, se una corona, reale sempre, mi avesse ornata la fronte, ed il mio braccio si fosse irrigidito a star teso con lo scettro del comando, come il braccio d'un fakiro in estasi. Mentre oggi Dio ne li beri! ed io preferisco di pensar la come quel contadino che, non avendo la mente arricchita dalla lettura dei Reali di Francia, Mil le e Una Notte, Guerino detto il Meschino e Trabazio, diceva: Se fossi Re mangerei sempre insa lata, frittata e cappucci novelli; la penserei magari come Cecco d'Ascoli che scriveva : Torrei per me le giovani leggia dre, Le brutte e vecchie lascerei al trui. . • ma non vorrei neppure per un'o ra essere Guglielmo Secondo, il quale, perchè imperatore, voleva pigliare il globo terraqueo, arro tondarlo un po' meglio e scriver ci ai lati: Made in Germany. E adesso invece deve badare che i Franco Inglesi non gli sfondino la linea Cambrai -S. Quentin, o che i suoi compatrioti non si ri solvano a trattarlo come un Ni cola dei miei Romanoff dagli sti valoni di marmo. Io però molte e molte volte, qui in America, ho pensato : Ah ! se fossi Zar! evi confesso che, quando seppi che Nicolino l'ave vano mandato al fresco, senza dargli il tempo di cambiarsi gli stivaloni, se da un canto esultai per la liberazione del popolo Rus so, d'altro canto mi vennero le lacrime /pensando a quei cari Scinì. Era il Re che ci voleva, il Re che si m< Mvano, il Re che li aveva compresi, il Re, che in Russia ci dava soddisfazione, con questa gente, che in America ci fa crepare Del resto le recri minazioni sono inutili, e la Sto ria sta scrivendo le pagine più memorabili del «uo gran libro; sebbene qualche pagina certo l'a vrà lasciata in bianco, aspettan do che un Boccaccio, un Abbate Casti, o un Paolo de Coc ne va da a completae i capitoli: la pa gina intestata a Gregorio Ra sputin! Grand'uomo quel Ra sputin! Quel monaco, senza conoscere sillabario o teologia, LA RASSEGNA PHILADEIPHIA, PA., SABATO, 7 APRILE 1917 in quelle che potessero peccare semplicemente di una qualsiasi incorrettezza. Ove si fosse in una sola fami glia, l'abuso, la soverchieria, o magari l'ingiustizia la più leggie ra potrebbero, in assenza di una pietra di paragone qualsiasi, per petuarsi non solo, ma degenerare anche in cose peggiori, senza che il danneggiato potesse sperare in una qualsiasi difesa diretta o indiretta atta non solo a risto rarlo in qualche modo del danno patito, ma che potesse anche suonare acerba rampogna per gli abusatori di carica e di autorità possibilmente tollerati o auto rizzati dalle solite, immancabili, pur troppo riprovevoli e funeste cricche autocratiche che inflig gono seriamente i nostri sodali zi all'Estero. Esistano adunque e l'uno e! l'altro ordine come due grandi famiglie a parte. L'uno prenda ad esempio, faccia a gara con l'altro per le opere buone ridon danti sempre a decoro, vanto e ad utilità degli italiani immigra ti. Si dieno la caccia a vicenda, si controllino incessantemente e si combattano fieramente ogni qualvolta c'è ragione plausibile per combattersi, purché, sia nella gara per il bene che per la lotta contro il male, si rimanga domi nati dallo spirito vivamente sin cero di giovare alle nostre collet tività. Curiangiolo profondo solo circa il capitolo 'De Matrimonio" della Morale di S. Alfonso Maria, senza usar bussola, e solo con la guida del timone, aveva rizzata la prora fino alle alcove della corte di Russia, fermandosi beato in quei porti e seni naturali, come a una base di rifornimento pel suo viaggio verso il paradiso. Fortu nato lui, che senza saper legge re, aveva capito il latino: La gloria del cielo a mezzo dei pia ceri della terra e che piaceri ! Peccato ch'egli sia nato troppo tardi ed ucciso troppo presto per le donne Russe; altrimenti a vrebbe l'atte le fiche a Confucio, a Cristo e a Maometto, ed alla sua religione si sarebbero con vertite oltre che le Zarine di Russia, anche le cannibale del l'Africa centrale.' E chi poteva rifiutare di essere un suo degno ministro? Poi era prudente quel Raspu tin, perchè le sue massime e teo rie, le svolgeva nelle sale da ba gno e nelle camere a porte chiu se, e non c'era donna, che, dopo la discettazione, non restasse sottoposta e soddisfatta dalla so lidezza del suo argomento. Bene a ragione quindi la Zarina ne se guiva il niveo, argenteo feretro in fitte gramaglie: Rasputin le aveva schiuse le porte del para diso, mentre quel Nicola dagli stivaloni, pur essendo capo del Santo Sinodo, glielo aveva fatto solo intravedere così solo un pezzetto il regno dei cieli Ed ora la Principessa di Hess, ex Zarina, sta leggendo nel pa lazzo d'lnverno il Paradiso. Per duto di Milton; Nicola dagli sti valoni passa il tempo ad incide re su d'un grosso corno di renna regalo di Rasputin alcune massime di Boezio, e le princi pesse e le dame di corte passano le ore a cucire cuffiotti e vestine per gli orranelli nascituri • al ternando il lavoro spalando, as sieme alla Principessa di Hess, ed ex aZrina, la neve su cui si seggono, non so perchè, ogni tan to. Anzi,"si racconta, che un Uf ficiale di Guardia, che le vide un giorno tutte col di dietro af fondato nella neve, insospettito abbia esclamato : Che non sia ri suscitato Rasputin e lo tengano nascosto lì sotto? Poi conosciuta la ragione vera, abbia mormora to: Neve, neve! per quae peccat homo, per haec et punietur. Quel Rasputin! A. D'Aloia Curiosit?' sul Prestito Nel medio evo contraria mente ai nostri tempi, nei quali l'argent fait la guerre era la guerre che produceva l'argent. Non deve, ìierciò, arrecar mera viglia se Eirico 11, re di Fran cia, per avere cinquantamila scudi in prestito dal cantone sviz zero di Soletta (Soleure), dovè sottoscriverà un- atto, col quale autorizzava i discendenti di Gu glielmo Tel! a saccheggiare, in caso di inadempimento da parte sua, il limitrofo territorio fran cese. Assai strano è quel prestito in vocato da (temente VII, durante l'assedio di Roma da parte del ,Conestabilo di Borbone (1527). Egli "convoco' i romani così il Guicciardini perchè i più ric chi prestassero denaro per solda re fanti. Alla qual cosa non trovò corrispondenza alcuna; anzi è restato alta memoria che Dome nico di Massimo, ricchissimo so pra tutti i romani, offerse di prestare cento ducati ! Della qua le avarizia patì le pene, perchè le figliuole andarono in preda dei soldati, ed egli con i figliuoli pri gionieri ebbero a pagare gran dissima taglia. Ed ora due parole sul prestito promosso da Giuseppe Mazzini nel 1850-51, il quale dette origi ne in Roma ad un clamoroso in cidente. Ecco precisamente come andarono le cose. Nel "Giornale di Roma" del 10 marzo 1851 ap pariva questo comunicato: "La vigile polizia ha requisito cin quanta cartelle intitolate Presti to Nazionale Italiano, firmate o- ! riginariamente da Mazzini, Sir tori, Montecchi, Saliceti e Saffi, da 25 franchi ciascuna, presso un individuo che fu già' fra i tira glioli all'epoca del cessato rivolu zionario governo della repubbli ca. Il possesso delle dette cartel le, cui furono pure rinvenute va rie stampe antipoliche, si trova in potere della giustizia ed il tri bunale criminale procede contro iil med'JS." i'vr sai dì !*£«*' ,j Trattavasi di cel to Perozzi, i se guaci mazziniani si affrettarono però a dar comunicazione del fat to ai liberali con la seguente se greta diffida: "Associazione Na zionale Italiana, Il Comitato Centrale degli Stati Romani ren de noto a chiunque che le 50 po lizze di 25 franchi del prestito nazionale italiano, cadute in ma no dell'intruso governo Antonel li-Mastai, sono contrassegnate con la lettera A e coi n. 9700 a 9749 inclusivamente. E intende con questo avviso di diffidare coloro cui venisse offerto l'acqui sto di alcuna di quelle polizze per fini di spionaggio o di truffa. Roma, 12 marzo 1851." 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