Le metamorfosi del sicario Il pubblico conosce molto da vicino il sicario che, per una mangiata di fave, aggredisce il galantuomo che gli fu prodigo di aiuti e di consigli ed elogia il banchista candidato al fallimento di cui ieri cantò vita e miracoli. Ciò nondimeno, non crediamo superfluo sot toporre all'attenzione dei connazionali certi documenti che essi avranno potuto dimenticare per stigmatizzare ancora una volta le cri minali gesta dell'animale più pervèrso, più immondo che abbia fino ad oggi infestate le colonie italiane di America. Qui appresso riproduciamo due documenti denotanti la indipendenza di carattere e la correttezza di coscienza del sicario: il primo, uno scritto diffamatorio pubblicato sull'Opinione del Popolo del 19 Settembre 1914, contro il Cav. C. C. A. Baldi; il secondo, un articolo di elogio apparso nella Cloaca del .1 Maggio 1917 per la Federazione delle Società Italiane della quale è presidente il Cav. C. C. A. Baldi e per la Società per gl'lmmigranti in compenso, forse, quest'ultimo, dei 50 dollari che Padre Terlizzi ha contribuito per da re alla Colonia di l'hiladelphia un foglio perverso. Quando, tre anni fa, il sicario si accingeva, per la 5.a o 6.a volta, a dar vita, con il denaro dei banchisti e della dote della se conda moglie, ad un giornale ricatto, si recò dal Cav. C. C. A. Baldi per ottenere la reclame della sua ditta. Costui, rifiutandoci di ac cedere alla richiesta e conoscendone l'animo pravo, lo pregò di lasciare da parte il giornale e di dedicarsi ad un lavoro più consono al la sua capacità. A tanto rifiuto ed a così saggio consiglio chiunque altro avrebbe ringraziato il Cav. C. C. A. Baldi, ma il sicario, che al lavoro ha sempre preferito la vita parassitaria e ricattatrice, non piacque il suggerimento ed incominciò ad attaccarlo. Lo scritto che riproduciamo è uno della serie. Intanto, dopo un paio di anni, il sicario, dimenticando di aver chiamato il Cav. C. C. A. Boldi TJN GALEOTTO CHE MERITE REBBE UN NUMERO AL BERRETTO A RIGHE E LA CATENA AL PIEDE; ignorando di averlo delinito UN AFFARISTA IL LUSTRE, L'UOMO DALL'ANIMA TENEBROSA, il connazionale LOSCO ED APPROPRIATORE incomincia un tirocinio per riav vicinarlo. Corre alla Banca di costui a fare proteste di stima al figlio V'ito; prega connazionali perchè chiedano per lui un posticino all'Opinione e contemporaneamente va alla festa dei MACCHERONI e ne scrive bene; parla della Federazione e dice che a capo di es sa vi sono SPICCATE PERSONALITÀ'. Ah, sicario maledetto: ladro di francobolli! Sono DESSI LE SPICCATE PERSONALITÀ', I GALEOTTI CON IL BERRETTO A RIGHE E CON LA CATENA AI PIEDI? Il Cav. C. C. A. Baldi, però, è volpe vecchia; si mostra cerimonioso col sicario e lo fa sperare. Ma dopo avergli fatto compiere l'at to umiliante gli fa sapere che l'Opinione non ha bisogno di ricattatori, pardon, di articolisti e perciò era costretto rifiutare l'opera mercenaria del diffamatore che di punto in bianco si trasforma da lil>ellista in cantore di apoteosi! Ed il Signor Vito, al quale qualcuno ricordava gli attacchi del sicario al padre, rispondeva: E' COSI' CHE SI CONDANNA UN PERVERSO: LO SI UMILIA E POI GLI SI DA' IL CALCIO. Ma non è tutto. Nello scritto del 19 settembre 1914 il sicario chiama Giovanni A. Donato, ex redattore de La Voce del Popolo ed in quel momento alla Direzione dell'Opinione, DIRETTORE TRAVET; oggi, invece, cioè nell'ultimo numero della cloaca, riportando una risposta polemica contro Giuseppe Di Silvestro (senza però stampare quello che costui scriveva di Donato) lo definisce UNA E ftlMIA EI) ONESTA FIGURA DI GIORNALISTA. Dunque, sicario, era un DIRETTORE TRAVET Giovanni Donato o UNA ESIMIA ED ONESTA FIGURA DI GIORNALISTA? Dicci, degenerato, eri tu un farabutto quando insultavi Donato o oggi che lo difendi? Noi ti diamo un consiglio, sicario: mettiti su un vapore mercantile, legati al collo un grosso macigno e poi dall'alto mare get tati a capofitto nell'Oceano. Se ti gettassi nel Delaware il fetore della tua carogna potrebbe appestarci. Ecco, intanto, i due documenti: L'Opinione del Popolo del 19 Settembre 1914 Cloaca del ."» Maggio 1917. Cicale, Grilli e Zagzare Il Prof. Raffaele De Luca, già capitano di Stato Maggiore ed insegnante nella Scuola Militare di Modena, ebbe la disgrazia, cin que anni fa, di entrare nella redazione del loc»le quotidiano "L'Opi nione", un giornale, sorto con i quattrini di tanti buoni e bravi connazionali, che è finito poi, per virtù di un puro e semplice giuo ihetto di bussolotti, di diventare di assoluta, indiscutibile, inappel labile proprietà DI UN AFFARISTA ILLUSTRE che il patrio go verno non volle e nè seppe risparmiare all'insulto atroce di un» ono rificenza, nmbita e sollecitata ad opera di un bill pagato »l Bellevue Strafford Hotel, in occasione dell» venuta a Filadelfia di una semi Eccellenza avente a quell'epoca grande prestigio su tutte le sfere facienti e regnanti per lungo e per largo i v»sti corridoi di Monte citorio. Il Prof. De Luca, persona coltissima e di mente equilibrai» sot to ogni rapporto, trovandosi in America per i soliti deplorevoli -cherzi che monna Fortuna sa furfantescamente preparare a tutti quelli cui dovrebb'essere riservato un avvenire migliore, fu co stretto, per necessità di vita, entrare nella redazione de "L'Opi nione" e. sebben alla sua penna rimanessero, per condizione "sine qua non" impost» d»l cavaliere proprietario, continuamente attac cati il morso ed il bavaglio perchè egli avesse potuto dire tutto ed interamente della efficienza e del valore della su» capacità di scrittore serio e di giornalista equilibrato ed efficace, non tardò però » rivelarsi tutto quello che realmente era: una coscienza ben formata, una mente nutrita di forti studi e di vaste cognizioni. Egli è rimasto per cinque anni consecutivi alla redazione de 'L'Opinione", pagato a s»lario di fame; per moltissimo tempo, per chè, solo »11» redazione, fu costretto »d un lavoro improbo; amma latosi seriamente, sentì il bisogno, per avere le cure dovute, ricove tarsi in un ospedale della città: nessuno del personale dirigente de "L'Opinione" pensò mai di chieder conto della sua salute; appen» convalescente, ritornò al suo posto di lavoro; durante il tempo del ti malattia (oltre due mesi) non gli venne pagato salario, nè elar gito un sussidio qualsiasi. Seguitò a dare l'opera sua cosi come ave va fatto sempre; il coraggioso Cav. C. C. A. Baldi. QUEGLI CHE IN COLONIA MENA CONTINUO VANTO DI ESSERE L'AMICO DEI BISOGNOSI. IL SALVATORE DEI SOFFERENTI, IL BE NEFATTORE DEI SUOI CONNAZIONALI, lo fece licenziare la settimana scorsa dal suo DIRETTORE "TRAVET" del giornale, nell'istessa maniera come si possa licenziare un cane randagio cui -i dette solamente l'incarico di consumare pochi ossi sfuggiti alla rapacità del divoratore della carne, senza nemmeno il complimento farisaico di quel tale avviso preventivo di un» o due settimane che possano bastare ad un individuo per procacciarsi un'altra occupa zione. Se noi non conoscessimo CARMINE BALDI e non avessimo a vuto, in tanti rincontri, l'occasione di SCANDAGLIARE L'ABIS SO DELL'ANIMA SUA TENEBROSA, avremmo potuto in certo modo meravigliarci del tiro birbone fatto al Prof. Raffaele De Luca the non aveva proprio commesso alcun torto per meritarlo. DI QUESTO E DI ALTRO ANCORA NOI FACCIAMO CAPACE CARMINE BALDI, e se abbiamo sentito il bisogno di interessarci di quest'altra azione brutta di cui solamente lui può essere sciente mente capace, lo abbi»mo sentito più per gli altri che per noi, per tutti quelli cioè che, per un» ragione o per l'altra o magari per par tito determinatamente preso nell'interesse di cricche e di camerille locali, non riescono ancora » persuadersi ed a trarre opportuno pro fitto da CERTE VERITÀ' CHE NOI EI) ALTRI ANDIAMO PRO CLAMANDO E ILLUSTRANDO DA QUALCHE TEMPO A QUE STA PARTE ED AL SOLO, esclusivo scopo di additare alla nostra collettività il punto precisi», l'ubicazione matematica di certe maga gne, di certe piaghe cioè, che, producenti sempre m»i dolori atroci, noi sentiamo il bisogno impellente di curare » dovere fino » rimuo verle completamente. II Prof. R»ff»ele De Luca, quegli che per ben cinque »nni. ma lamente pagato e per nulla ben considerato, seppe rimanere I» macchina mentalmente motrice del quotidiano "L'Opinione", non meritava assolutamente di essere licenziato da "L'Opinione" per un semplice o, forse LOSCO E INTRIGATO CALCOLO DELL'IN DEBITO APPROPRIATORE DEL GIORNALE; egli era merite vole di ben altri riguardi edi ben diverse considerazioni. Ad un uomo dei precedenti e della cultura del Prof. De Lue», ad un gior nalista del suo v»lore non va mai dato un licenziamento ingiustifi cato ed intempestivo. Il Professor De Luca non è affatto giovane perchè possa egli trovare oggi, dopo cinque anni di lavoro eccessivo e mal retribuito prestato ne "L'Opinione", facilmente occupazione. H» egli per giunt» un» famiglia d» sostenere, ed all'amarezza di la sciarlo senza un soldo di stipendio o di sussidio durante la sua lun ga malattia non si sarebbe mai dovuta aggiungere l'altra di un ina spettato licenziamento. Tutto questo ci sentiamo in dovere di dire per un collega che può esserci anche maestro in tante e tante cose, e lo facciamo al so lo intento di servire »d uno scatto legittimo e ad un atto di ribel lione giustificatissiino dell'animo nostro. L'impudente affarismo e la grande faccia tosta di certo nostro elemento coloniale che. più che stare alla testa di negozi e aziende per esrcitarvi la più incontrollabile delle egemonie, MERITEREB BE UN NUMERO AL BERRETTO A RIGHE E LA CATENA AL PIEDE, LA 'DOVE LA GIUSTIZIA DEGLI UOMINI SUOLE, QUALCHE VOLTA. PER RIEMPIRE I VUOTI, MANDARE SPESSE VOLTE I BUONI E (ÌLI INNOCENTI. DON PROCOPIO. Il peccato originale Non c'è discorso che possa farsi in mezzo a noi, nei pubblici e nei privati ritrovi, sia che potessimo avere occasione di parlare per una festa o per un infausti» avvenimento, che non si abbia sempre motivo o ragione di rispondere con le solite parole: "ma in Co lonia non si è mai fatto nulla di buono, in Colonia non faremo mai nulla, non conchiuderemo mai nulla." E se ne dicono ,e se ne e spongono in mille guise, in mille forine, in tanti modi le ragioni, j mentre non mancano di coloro che si abbandonano a dare consigli e suggerimenti, atteggiandoci a medici pratici, a sanitari periti per la cura dei mali e delle piaghe che si ha ragione di lamentare non so lo, ma deplorare anche. Tutto finisce però col finire della festa, col ; chiudersi della conversazione, col prendere commiato dal simposio 0 dal convegno, perchè, appena il giorno appresso e coincidendo l'oc casione propizia nella quale si potrebbe fare qualche cosa di serio, j 1 primi a disinteressarsene completamente, i primi a volgere bruscamente le spalle alla buona occasione sono appunto quelli che l'avrebbero voluta per approfittarne nell'interesse della comunità. Non crediamo vi possano essere, tra i nostri lettori, di quelli che partano da un principio tutto o meno che differente dal nostro cir ca il modo di così riferire intorno ad un vecchio vizio di ambiente che a noi piace oggi di definire il "peccato originale" dei nostri) maggiori coloni. * * * Troppe chiacchiere s'e abituati a fare; fatti però sempre pochi o niente addirittura. Si manca spesso di iniziativa e si soffre la ma-1 latti» di peccare abitualmente nei tempii serenissimi di de» Coneor- i di» e di santo Affiatamento. Non parliamo poi del vizio inveterato J in noi di scoraggiarci o avvilirci reciprocamente in qualunque huo- ] na proposta si potesse avere occasione di fare; e ciò avviene perchè j ognuno vorrebbe la priorità per la propria; nessuno s'è mai sentito chiamato in mezzo a noi ad esprimere un encomio, un incoraggia mento, un plauso per 1» buon» opera dell'altro. Errori più madornali di questi non crediamo si possano com mettere a danno della nostr» comunità, giacché, a guisa di bacilli insidiosissimi nel corpo di un ammalato, ne rodono l'esistenza della compagine e ne impediscono lo sviluppo di ogni interesse collettivo. Nè c'è chi possa cullarsi nella speranza che tanto terribile male potesse rimaner combattuto, curato e vinto entro un periodo di tenir po più o meno breve, perchè I» cura non ne è stata ancora intrapre sa. Determinare il tempo, si» anche approssimativamente, in cui una data cosa potrebbe accadere, in cui un dato avvenimento po trebbe verificarsi, significherebbe affermare l'assurdo e non vor rebbe dire che pretesa di poter sollevare un macigno senza un punto d'appoggio per 1» leva necessaria per sollevarlo. Oh quante volte abbiamo scritto intorno a tanti» male; oh quan te volte ci siamo accorti, mentre scrivevamo, che non avremmo se non fatto opera vana chissà pei- quanti anni ancora! Torniamo a scriverne di nuovo, ma questa volto meno sfidu ciati, meno pessimisti d'un tempo. Non si creda e ritenga peraltro che la fiducia che abbiamo che si vada presto a conchiudere qual che cos