La rassegna. (Philadelphia, Pa.) 1917-????, April 14, 1917, Page 5, Image 5

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    formica
NOVELLA DI GUERRA
Lo avevo mandato via su due
piedi perchè la cosa mi aveva e
sasperato.
E' inutile! Non lo ripiglio
neanche se si trascina carponi a
chiedere perdono.
Si, e poi che è da imaginarsi
un alpino che chiede perdono ? E
quello lì, anche, era fiero come
gli altri, fiero come le cime delle
sue montagne che non si scotono
neppure quando la tramontana
con fischi rabbiosi si abbatte su
di loro e solleva il nevischio al
l'ingiro.
Ma, perdio, si ha un bell'essere
indulgenti' Ma andare in licenza
e vedersi arrivare a casa il baule
con dentro due paia di scarpe
sporche, messe in mezzo alla
biancheria pulita, mischiata con
fusamente a quella sudicia, coi
vestiti tutti spiegazzati, dover
far vedere quella bella roba a ca
sa mia, sfidare i sorrisi della
vecchia domestica che trovava
una rivincita a quando ero soli
to dire: "Un attendente vai cen
to donne", eh sì, era roba da far
mangiar la bile a chiunque. E
quando ero tornato dalla licenza,
a lui, al buon Formica, come lo
chiamavo, che m'era venuto in
contro tutto servizievole, aveva
detto che se ne andasse, che mi
sarei cercato un altro.
Avevo veduto l'uomo dei mon
ti diventare rosso di mortifica
zione, indi impallidire di dolore
Non mi aveva risposto nulla ed il
suo posto era stato occupato da
un lungo Astigiano che beveva
come una spugna e cantava in
falsetto, quando la colonna si
snodava pesantemente sui fian
chi delle montagne
Tutto questo pensavo in quel
la sera fosca, non sorrisa neppu
z' |
Per qualunque lavoro Tipografico
RIVOLGETEVI ALLA TIPOGRAFIA DELLA
1
,
U
920 S. IOTA ST., PILA.
B K
re dal languido sguardo di una
stella, tutta carica di nubi, men
tre l'aria gelida m'investiva
prendendomi tutto in un freddo
intenso che mi faceva di volta in
volta aggomitolare entro la pic
cola mantellina da alpino.
Nella trincea era un silenzio di
tomba. I soldati, stanchi della
lotta della giornata, si erano am
mucchiati nei ricoveri e dormiva*
no gli uni addossati agli altri pei
riscaldarsi, e quasi per sentire il
palpito di qualche vita dopo la
raffica di morte che li aveva in
vestiti e li aveva spinti alla con
quista.
Ed io pensavo a tante e tante
cose lontane: al lungo periodo di
preparazione passato nel Friuli
durante tutto l'inverno, agli ulti
mi momenti di trepidazione
quando le notizie dei moti della
capitale ci arrivavano con giorni
di, ritardo, e poi alla grande noti
zia, alla fulgente notizia della di
chiarazione di guerra al barbaro,
alla nostra prima fulminea avan
zata, all'emozione dei cippi di
confine violati, alla prima scara
muccia, al primo corpo a corpo,
alla prima grande battaglia
Riudiva la eco degli applausi al
le ardite imprese dei nostri sol
dati, eco che ci giungeva sull'ali
di un gran vento che spirava dal
l'anima di tutti gli Italiani. Pen
savo alla mia casa lontana, alla
mia mamma, alla mia fidanzata
che forse non avrei più rivedute,
anzi che non avrei certamente
più rivedute se
Povero Formica! un'onda di
tenerezza mi torse il cuore e mi
fece stillare una lacrima calda. Io
la sentii rotolar sulle guance,
sentii sulle labbra il suo sapore
salato. Povero Formica Mi ri-
LA RASSEGNA PHILADELPHIA, PA., SABATO, 14 APRILE 1917
cordai che un giorno, (egli era
stato già rimpiazzato dal lungo
astigiano) in un giorno di inver
no, prima che cominciasse la
guerra, durante l'istruzione in
tema io aveva a lungo parlato ai j
soldati dell'impresa alla quale
saremmo stati mandati, per redi- j
mere i nostri fratelli oppressi, j
per obbedire a un ideale che di
generazione in generazione gli i- i
taliani si tramandavano col san
gue.
Era quel periodo in cui nei sol
dati era un poco di diffidenza per
la grande impresa, quel periodo
in cui l'animo restava un poco
dubbiosa. 10, desideroso di senti
re fra di loro serpeggiare l'entu
siasmo, avevo parlato a lungo, di
cendo semplici parole. E in ulti
mo, conoscendo la devozione che
gli alpini hanno per i loro capi
immediati, per vedere l'effetto
delle mie parole, avevo esclama
to:
Orsù! C'è nessuno di voi
che si sentirebbe di morire per il
capitano, per me?
Ci fu nella vasta camerata un
silenzio confuso, un confuso
brontolìo di parole L'alpino ta
citurno si vergognava ad uscir
fuori con una parola che forse
a lui sembrava inutile, che forse
nel tranquillo periodo della pace
gli poteva sembrare una bravaz
zata senza scopo.
Ma, finalmente, di fondo alla
stanza, sorse una voce timida :
lO, signor tenente, io, per
Lei
Mi volsi da quella parte, di
scatto Era lui, lui, il buon For
mica, la creatura ripudiata, che
1 mi guardava con quei suoi oc
chioni tondi, rosso in viso, strofi
' nandosi un poco le mani per si
mulare l'imbarazzo,
ì Povero buon Formica! Non
i era stato la sua una vana pro
i messa, una bravazzata da tempo
, di pace.
•E mi prese allora l'imagine di
- quella giornata, di quella giorna
ta stessa, della lotta che aveva
spossato gli alpini gagliardi, che
riposavano ora nei ricoveri gli u
ni addossati agli altri.
Avevamo iniziato l'attacco con
un vivo fuoco di fucileria, spal
leggiati dalla nostra artiglieria
che faceva sentire frequenti, co
me i tuoni in un temporale d'e
state i suoi colpi lunghi, cupi.
Poi, al momento opportuno, e
ravamo balzati in piedi, e in u
n'altema vicenda di fuoco e di so
ste eravamo arrivati ad un cen
tinaio di metri dal nemico. E il
capitano e v a balzato in testa alia
compagnia urlando la grande ter
ribile parola: "Alla baionetta "
Gli aveva risposto l'urlo freneti
co della compagnia I chiodi del
le scarpe fischiarono sulle rocce
e la massa si slanciò, mentre i
proiettili nemici fischiavano,
miagolavano, crepitavano ai no
stri orecchi, accompagnati dagli
accordi regolari e continui delle
mitragliatrici.
La distanza diminuiva, il gri
dare diveniva anche più freneti
co, si distinguevano le facce con
tratte dell'austriaco balzato in
piedi sulla trincea per sparare gli
ultimi colpi prima di fuggire o di
darsi prigioniero. Mi sentii ad un
tratto agguantare alle spalle per
di dietro, vidi un'ombra precipi
tarmisi davanti: feci per respin
gere l'uomo. Questi mi cadde ai
piedi, colpito in pieno petto, men
tre il nemico gettava le armi ed
alzava le mani. Era lui, lui anche
una volta, il povero Formica, non
più rosso in faccia, non più con
gli occhi Confusi, ma pallido di
morte, con una luce grande negli
occhi !
Fece cenncfdi volermi parlare,
ed io mi curvai su di lui, con gli
occhi brucianti:
"Signor tenente mi mor
morò con un fil di voce scusa
mi se ti sono passato avanti te
l'avevo detto che sarei morto per
te ..-, scrivi alla mamma "
Torse gli occhi un poco, fece
una smorfia e si abbandonò 1
Povero, povero amico mio ! 1 1
Ora dormiva in una fossa scavata I
nella terra conquistata, ed io vi i
avevo piantata sopra una rozza i
croce II mio pensiero volava al- 1
la sua casa deserta, alla mia casa <
ove ancora non sapevano che se -
io ero ancor'vivo lo avevo dovuto ;
a un martire eroe
Nel campo era tutto silenzio
Più lontano, in fondo, vidi passa
re una ombra scura I
Era la sentinella, la vigile scoi- |
ta. colei che teneva in mano tutte ;
le nostre vite. i
Giorgio Anserini i
KITFRNÌ 1 :
1
Le aninr! appassionate dicono <
che a loro qualche volta è accadu- 1
to, non foss'altro che una chime
rica apparizione. Se si potesse
domandare a Eraclito e a Demo- i
crito: perchè piangete?, perchè
ridete ? potrebbe darsi che rispon
dessero: Chimera! Or l'amo
re in ogni suo aspetto non sara' 1 ;
altro che una chimera. Platone
nel "Simposio" si sforza a met- ! i
tere nella bocca di Socrate tutte
le sublimita' dell'amor, plato
nico. Chimere, tutte chimere. E j
sia. L'indomani di una solenne j
pompa nuziale, la sposa ebbe ad
esclamare in presenza alle ami- -
che, forse più disillusa che cor- j
rucciata: "E via!, per questo?''
Ella forse intendeva che l'amo
reggiamento di cui aveva goduto !
pienamente le gioie non spezza
te da violenti orgasmi, le aveva
teso una insidia per trascinarla
verso l'inaspettato, per condurla 1
al sommo principio della conser
vazione della specie. Ella si ac- j
corse ahi ! tardi) di esser divenu
ta «no strumento a tal fine; che
aveva aperta la via ad un'altra
vita col sacrificio di tutta se stes
ila. Ella aveva chiuso gli occhi
per non vedere ; ma gli occhi del- ■
la mente erano aperti e tutti in- !
tenti a considerare il momento
rispetto alla pomposità' del gior- j
no che era scomparso per sem
pre. Se le avessero chiesto: da
dove vieni'' Da una penitenza!
avrebbe risposto ; e se le aves
sero chiesto ancora: perchè?
avrebbe ugualmente risposto :
per l'amore !
Ma il tempo cancella tutto, e
l'amicizia che succede quasi sem
pre vera fra i due coniugi fa ben
sopportare, nel cuore tenero di
una donna, anche il disgusto. L'a
more della maternità' che allon
tana i dolci ricordi supplisce que
sti ed a sazietà'.
Se poi Platone avra' voluto si
mulare talune teorie contro la
soppressione dei detti dolci ri
cordi, cioè a danno della moltipli
cazione dei pani, all'amor pla
tonico spetta il primo posto.
Le anime appassionate posso
no dirlo perchè qualche volta lo
ro è accaduto. Raramente per i
strada ove l'umanita' s'incontra
frettolosa e di sfuggita; ma nei
pubblici ritrovi, negli alberghi, in
chiesa, ove uno sguardo che
odora d'incenso è tutta una cosa
di cielo passeggiando sulla
"coperta" di un piroscafo in rot
! ta, in treno
Rincantucciate presso il fine
strino due figurine muliebri, bi
sbigliano senza guardare altro
che i loro volti : è una giovinetta
pallida, dagli occhi chiari e lan
guidi ; è l'altra, anch'essa giovi
ne, apparentemente una donna.
Presso il finestrino opposto un
lettore appassionato della politi
ca: si crederebbe che legga il
giornale, invece dorme placida
mente. Al centro e di fronte alla
giovinetta un bell'uomo del viso
rotondo, abbronzato, della fron
te alta, i capelli, non corti e non
! lunghi, tagliati a spazzola; ha gli
occhi grandi e neri, come i ca-
I pelli ; ha una espressione calma e
gioviale. Dev'essere un pensato
re.
ffeétì*
In un treno v'è il mondo. Una
locomotiva che spezia i cicloni e
devia i fulmini strisciando come
un atomo innanzi allo spazio, gui
data da due uomini soli e già'
tanto familiarizzati col pericolo:
nella intelligenza di essi, nelle
loro mani, c'è, come in un bilico,
la vita di tanta gente. Nelle loro
mani c'è il commesso viaggiato
re, un signore che gira il mondo,
un ammalato che rimpatria nella
speranza di guarire, un operaio
arricchito all'estero, un bisogno
so che emigra in cerca di lavoro,
una coppia di sposi in viaggio di
nozze, la mamma col bimbo lat
tante piange in silenzio, reduce
dalla visita al marito infermo;
un soldato che va in licenza, un
generale a riposo per una colpa
che non è sua, un cassiere che ha
commesso un peculato, un uffi
ciale che va alla guerra; due ca
rabinieri traducono un detenuto;
un ergastolano in liberta'. In quel
gran congegno ansante è un pic
colo mondo che vola. Anche lì
dentro si la l'amore.
***
La giovinezza alza gli occhi su
lui e i loro sguardi s'incontrano.
Egli è sorpreso da uno strano
bagliore ed il sangue gli si rime
scola entro il petto. Colei svia lo
sguardo, lui lo ricerca col suo
dianzi sviato dal fascino potente.
V'è negli occhi di una giovinetta
qualche cosa del raggio solare;
guai a chi n'è tocco: vi si acce
ca ! Quell'abisso spalancato or
si è richiuso. Lei è inquieta ed
impacciata, e scambiando con la
sua compagna qualche parola
tronca inciampa sovente in di
strazione. Gli occhi di lui l'han
sorpresa con somma dolcezza:
ella ha d'un subito quasi tutto
obliato ; pensa/ solo che già' sente
di amarlo e non vuol rammen
tarsene. E' una strana contrad
dizione questa, che scaturisce
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